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Autore: Nichigin    29/09/2013    3 recensioni
"Arthur stava iniziando a irritarsi seriamente. La camicia bagnata gli si era attaccata alla pelle e la voce assurda dell'americano gli faceva venire il mal di testa. Il pomeriggio non doveva andare così; erano previsti solo lui e il suo tea. Magari qualche unicorno di passaggio, al massimo, ma NON Alfred!" [UsUk]
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo due
 
Arthur maledì, per qualcosa come la miliardesima volta nella sua vita, il dannato giorno in cui i suoi genitori aveva deciso di trasferirsi in America.
Si trovava all'inferno (doveva essere per forza l'inferno, perché non trovava nessun altro termine adatto a descrivere quell'orrore) e quel che era peggio, Alfred sembrava essere perfettamente a suo agio. Tentò di scacciare le prepotenti immagini di Alfred in versione diavolo che gli venivano alla mente, e si fece strada tra la gente seguendolo.
Si trovava effettivamente in un maledetto McDonald. Uno di quei locali così schifosamente americani, che in quanto gentiluomo inglese rispettabile si era impegnato ad evitare come la peste. E invece no, eccolo lì a prendersi nello stomaco le gomitate di clienti che reggevano cibi talmente unti e pieni di schifezze che avrebbero potuto stendere un toro. Per non parlare dell'odore di fritto che minacciava di fargli vomitare gli scones che aveva mangiato poco prima.
- Non vorrai davvero farmi mangiare una di queste armi di distruzione di massa? - chiese preoccupato ad Alfred, che sembrava impaziente di ordinare.
- Certo. Ti piaceranno tantissimo, vedrai. - rispose lui, ridendo. God, quella maledetta risata gli avrebbe fatto saltare i nervi.
- Non credo proprio. - disse, ma Alfred era troppo occupato a sciorinare una quantità incredibile di schifezze fritte a una cameriera lievemente esasperata. Intendeva davvero mangiare tutta quella roba da solo? Avrebbe fatto meglio a chiamare in anticipo il becchino perché lo venisse a prendere…
- E lei, signore? - la cameriera si rivolse a lui, sperando che non fosse vorace come il suo amico.
Arthur scorse velocemente la lista di panini appesa alla parete. Orrore. Non avrebbe mai mangiato quelle schifezze. La cosa più commestibile sembrava l’insalata. Ordinò quella. Con un tea, perché il suo solito tea delle cinque era sulla sua camicia – ed era un po’ difficile berlo così.
- Certo. Ve li porto tra un attimo. - sorrise la ragazza.
Alfred trascinò Arthur fino a uno dei tavolini e lo fece sedere. - Allora, come ti sembra? -
- Cosa, questo posto? - Arthur storse il naso, disgustato. - Un vero incubo. -
- Come sei noioso. Dovresti prendere esempio da un eroe come me.
- Certo. E chi saresti, fatman? - ghignò Arthur sarcastico. - Una sola delle cose che hai ordinato ha più grassi di quello che ho mangiato in una settimana.
- Tutti anticorpi. Ti rinforzano. - ribatté Alfred facendo spallucce.
- Certo, quello che non ti uccide ti rende più forte. - disse Arthur, alzando un sopracciglio con aria di disapprovazione. - Ma penso che perfino tu finirai per morire, se continui a mangiare quella roba. -
- Morirò felice, allora! - rispose Alfred, scoppiando in una rumorosa risata.
Ma perchè doveva essere così maledettamente americano in tutto quello che faceva? Se solo fosse stato un po' meno caotico ed egocentrico e irritante, avrebbe potuto anche sopportarlo… ma evidentemente chiedeva troppo.
I suoi ragionamenti vennero interrotti dall’arrivo della cameriera, che stava per soccombere sotto il peso di tutta la roba ordinata da Alfred. Ad Arthur venne servita un’insalatina che aveva visto tempi migliori, e il tanto sospirato tea. No, fermi.
Cosa ci faceva il suo tea in un bicchiere di carta della Coca Cola?
Fece scorrere uno sguardo panicato dal tea alla faccia di Alfred, che si stava ingozzando di hamburger. Aveva perfino un po’ di ketchup che gli colava dal canino, neanche fosse stato un vampiro. Beh, di sicuro non era un vampiro figo.
- Il tea. – articolò Arthur con una voce da oltretomba.
- Cosha…? – mugugnò Alfred con la bocca piena, smettendo per un secondo di strafogarsi.
- Il tea è… è in un bicchiere! – sbottò l’inglese, additando la bevanda come se fosse una bomba sul punto di esplodere.
- E allora? – si limitò a dire Alfred, per nulla impressionato.
- Come allora, è un… un sacrilegio! –
- Mah, se lo dici tu… perché non lo bevi? Così non sarà più nel bicchiere. –
Che razza di ragionamento cretino. Però Arthur dovette ammettere che non era privo di una certa logica. Portò con estrema cautela il bicchiere alle labbra e prese un sorsetto di tea.
Per poco non lo sputò in faccia ad Alfred. – M-ma è FREDDO! – boccheggiò disgustato.
- Perché non l’hai chiesto caldo. – commentò tranquillo Alfred.
- Pensavo fosse ovvio!
- Ovvio lo sarà per te, che sei vecchio e non conosci il tea freddo. – rispose Alfred, facendogli la linguaccia.
La sopportazione di Arthur raggiunse il limite massimo. Scattò in piedi e puntato un dito contro l’americano, esplose: - Come osi, maledetto yankee obeso? Fino ad ora ho cercato di sopportarti, ma adesso hai passato il limite. Forse non te ne sei ancora accorto, quindi probabilmente dovrò dirtelo chiaro e tondo: io ti detesto!
Alfred lo fissava con gli occhi spalancati, e per un attimo Arthur credette di leggere del dispiacere nella sua espressione, ma si convinse di aver sbagliato quando l’altro rispose, con una voce più gelida di un iceberg: - Beh, la cosa è del tutto reciproca, stupido bevitea.
Senza dire un’altra parola, Alfred si alzò e uscì. Arthur si lasciò cadere sulla sua sedia, scioccato. Questa non era una reazione da Alfred. Non da quell’idiota infantile che conosceva lui, che si sarebbe fatto una risata e lo avrebbe ignorato. Era quello che doveva succedere. Non questo.
Lasciò cadere lo sguardo sul tavolo e venne colpito da una rivelazione sconvolgente: Alfred aveva lasciato a metà il suo hamburger. Era una cosa impossibile, quasi come se la Terra avesse smesso di girare intorno al Sole per andarsene a spasso nello spazio… ok, forse questa era un’esagerazione, ma rendeva l’idea. Il problema era grave. Molto grave. Ma la cosa più assurda del litigio era il motivo.
Uno stupido bicchiere di tea freddo.
  
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