Lost and insecure... you found me, you found me
Lying on the floor... surrounded, surrounded
Why'd you have to wait?... Where were you? Where were you?
Just a little late... you found me, you found me.
Ora che i due ragazzi si erano ritrovati su quel tetto la loro vita continuò serena. Felici e contenti.
No, toglietevelo dalla testa. Le cose non andavano per niente rose e fiori. Thad da quel giorno era stato malissimo, e c’era voluto una quantità di tempo assurdo solo per farlo alzare da letto e farlo uscire dalla scuola. Negli anni a seguire aveva tentato di uccidersi più di una volta, ma Seb lo trovava sempre in tempo. Una volta si era perfino tagliato con lui.
No, non si erano messi insieme. Non avevano avuto nemmeno questo lieto fine. Thad si era spezzato dentro, aveva troppa paura di amare ancora, di perdere ancora, di perdere Sebastian, che non ce la faceva.
E Sebastian aveva capito, perché anche lui si era sentito così e ancora non si sentiva pronto a fare un passo del genere. Non erano niente di definito, non erano un noi. Erano Sebastian e Thad, due persone che vivevano l’una per l’altra.
L’ultimo anno della Dalton, il college e poi il lavoro. Anche se strade diverse avevano sempre trovato il modo di farle coincidere e ritrovarsi insieme. Un insieme che era ancora niente, anche se avevano avuto i loro momenti. Momenti che stavano uccidendo Sebastian, perché dopo quasi otto anni lui era pronto. Non gli bastava più quella scopata quando Thad era particolarmente giù di morale e aveva bisogno di calore umano, quell’abbraccio quando Thad aveva gli incubi, quello sfiorarsi di labbra che Thad gli regalava per ringraziarlo. Lui non voleva questo solo quando Thad stava male. Lui lo voleva sempre, ogni giorno, per tutta la vita.
Ma Thad non poteva capirlo finché non avrebbe imparato a camminare da solo, senza l’aiuto di Sebastian.
Quando il padre di Thad era morto per un infarto, il ragazzo era tornato in Messico per un breve periodo, ma il più lungo che passava separato da Seb da quando si conoscevano. Il francese aveva insistito che andasse da solo perché era una cosa che avrebbe dovuto affrontare da solo , lui non c’entrava niente, e che sarebbe stato li al suo ritorno.
Ma al ritorno di Thad non c’era nessuno ad aspettarlo, se non una lettera sul cuscino.
Caro Thaduccio, anche se forse ora è meglio Thad
Non odiarmi per quello che ho fatto. Si me ne sono andato mentre eri via, senza salutare, senza dire niente, avendoti promesso di essere al tuo ritorno. Ma devi capire perché non ho mantenuto questa promessa. Non ti sto abbandonando, anni fa ti dissi che non ti avrei mai lasciato, che sarei stato li a scoprire tutte quelle piccole cose di te che celi al mondo. E l’ho fatto, ho passato gli ultimi dieci anni a farlo. Mi basta guardare i tuoi occhi per capire tutto quello che pensi. E nei tuoi occhi ho sempre visto che eri spezzato. Ti ho raccolto su quel tetto che eri in frantumi e ti ho rincollato come meglio ho potuto. Ma eri lo stesso solcato da profonde crepe , che ti dividevano e non ti facevano capire quanto in realtà è forte quello che ci lega.
Ti amo, più di qualsiasi cosa al mondo, più della mia stessa vita, e lasciarti ora e come strapparmi il cuore dal petto e lasciartelo li con queste parole. Ma devo farlo, perché tu devi rialzarti. Non l’hai mai fatto, sei rimasto li seduto sul tetto e io ti ho portato in braccio per tutto questo tempo.
Alzati e ricomincia a vivere, affronta il mondo da solo, trova te stesso, e quando l’avrai fatto sarò qui ad aspettarti. No, non ti dico dove sono, non chiamarmi, non cercarmi. Io non lo farò anche se soffrirò da morire.
A 17 anni mi ero promesso che ti avrei trovato e l’ho fatto. So che lo rifaremo ancora tante volte.
Ti amo.
Sebastian
Un passo dopo l’altro ce l’aveva fatta, si era rimesso in piedi, non senza cadere un numero indefinito di volte. Aveva capito chi era, si era affermato nel suo lavoro come uno dei migliori ed ora si era trasferito in Francia, perché ogni passo che faceva da solo era un passo verso di lui, e se lo conosceva bene come faceva, sapeva che se avesse voluto trovarlo era da li che doveva partire.
Ed eccolo li, un caldo pomeriggio estivo nel entro di Parigi, bello come sempre, i capelli castani più corti e gli occhi verdi sempre luminosi, ed un sorriso, un sorriso grande e pieno d’amore che non ricordava mai di avergli visto.
-Ti ho trovato-
-Lo so-
-Lo so? È tutto quello che dici dopo due anni?-
-Un anno, 9 mesi e 25 giorni-
-Li hai contati? Sul serio?-
-Dovevo pur far qualcosa mentre ti aspettavo-
-Quindi hai solo contato per tutto questo tempo?-
-Ho anche comprato una splendida macchinetta del caffè se è per questo signor Harwood. Che ne dice di venirla a provare?-
-Molto volentieri signor Smythe-
Non c’erano bisogno di grandi corse a rallentatore, gesti eclatanti, abbracci stritola ossa. Loro non erano così. A loro bastava essersi ritrovati, perché sapevano che alla fine l’avrebbero fatto, sotto lo sesso buffo palazzo che tanto era piaciuto a Flint, che era stato l’inizio di tutto e che ora era di Sebastian.
Avrei voluto scrivere di più, avrei voluto dire di più, avrei voluto fare di più, ma ogni più che mettevo stonava.
E ho deciso di pubblicare oggi perché sono malata ( di mente), perché oggi è un anno dalla scomparsa dei Pond e loro hanno aspettato, come questi due.
E dio mio ho scritto del angst, io che sono contro. LA SCUOLA NUOCE GRAVEMENTE ALLA MIA MENTE.
Fortuna che non riesco a non metterci il lieto fine, perché sul serio, avevo pensato che quando si sarebbero trovati sarebbe successo qualcosa del tipo che uno dei due moriva ( si vi deve ricordare qualcosa, se non lo fa andatevi a leggere la storia di Vals).
Detto questo voglio scrivere se vi è piaciuta la storia, Melipedia e come ultimo
Fine.