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Autore: Aries Pevensie    29/09/2013    1 recensioni
Non credo nelle coincidenze, preferisco l'inevitabilità. Ogni evento è inevitabile. Se non lo fosse, non accadrebbe.
Dal prologo:
"Un sentimento a lui sconosciuto cominciò a fargli bruciare lo stomaco, mentre sentiva come una stretta al cuore e il respiro gli divenne doloroso. Era certo di poter resistere a quell’emozione, ma presto dovette ricredersi. Sapeva che doverla vedere tutte le mattine a scuola non avrebbe fatto altro che peggiorare la sua situazione, corrodendolo dall’interno. Sarebbe esploso, prima o poi. E allora si sarebbe messo una mano sul cuore e avrebbe chiesto il perdono di Janis. Ma come?"
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Mich, che domani inizia una nuova
avventura. A te che mi sopporti e che
mi fai diventare scema.
In bocca al lupo, Poop :D

 


Inevitabile

Calore



 
Janis si era sempre sentita sicura a casa, nella sua stanza, tra quelle mura così famigliari, testimoni di momenti felici, momenti difficili, momenti di rinascita e altri di ricaduta; ma da quando viveva con zia Linette, mettere piede in casa la rendeva irrequieta e pensierosa, preferiva quasi stare a scuola, dove c’erano Carol e Melory e dove, soprattutto, poteva stare con Zayn. Non che la donna facesse qualcosa di male, ma la trattava come una bambina bisognosa di mille attenzioni, cosa che Janis non era affatto: lei non chiedeva niente, se non comprensione e silenzio, non aveva necessità di parlare o di esprimere i propri sentimenti e pensieri. Invece Linette insisteva perché lei parlasse, si sfogasse e non si chiudesse nel suo dolore. Janis non era ancora riuscita a dirle che non aveva bisogno di lei, ma voleva solo stare con chi la capiva e non la forzava, con chi non cercava di scardinare le serrature della sua anima e semplicemente aveva voglia di stare con lei, anche solo per fumarsi una sigaretta e chiacchierare di cose futili. Come faceva Zayn.
Così anche quel pomeriggio si chiuse in camera sua, la musica a fare da sottofondo alle ore di studio e il pacchetto di sigarette abbandonato sul letto, pronto ad essere svuotato più tardi, magari passeggiando per le strade della città. L’unica cosa che voleva fare, in quel momento, non era certo studiare biologia, ma era chiamare Zayn, sentire la sua voce leggermente roca, la sua risata profonda e spensierata, immaginare i suoi occhi color nocciola e il suo sorriso con la lingua fra  i denti, voleva vederlo, parlare con lui e non pensare a niente. Prese il cellulare e fissò lo schermo per qualche istante; avrebbe dovuto studiare e non distrarsi, ma la concentrazione non c’era ed era inutile rimanere lì nella speranza che le nozioni le si infilassero in testa di loro spontanea volontà. Le sue dita scorrevano sui tasti con scioltezza, senza che lei le comandasse, e presto la cartella dei messaggi inviati si arricchì di un nuovo sms.
 
Zayn stava uscendo di casa per andare a prendere sua sorella a scuola, quando il cellulare vibrò nella tasca dei pantaloni della tuta; alzò gli occhi al cielo, convinto che fosse ancora sua madre che gli ricordava di Safaa, ma quando aprì il messaggio, un sorriso gli increspò le labbra.
Stava proprio pensando a lei, ma non voleva disturbarla e nemmeno sembrare troppo pressante, così non le aveva scritto e si era tenuto per sé la voglia di vederla e di parlaci. Si avviò lungo il marciapiede e fece partire la chiamata; avrebbe potuto risponderle per messaggio, ma voleva evitare fraintendimenti e voleva che sentisse nel suo tono la voglia che aveva di passare del tempo con lei. Erano ormai due mesi buoni che si frequentavano, studiavano insieme, chiacchieravano e, soprattutto, fumavano nel cortile, per la strada, alla finestra e sui gradini della biblioteca. Erano due mesi che Zayn covava uno strano sentimento, qualcosa simile all’affetto misto al senso di colpa, che lo portava a preoccuparsi sempre di come lei si sentisse e a starle vicino il più possibile, affinché lei si confidasse e si aprisse con lui. Avvertire l’imbarazzo nella voce della ragazza lo fece sorridere ancora di più, mentre le dava appuntamento davanti alla scuola elementare della sorellina e l’emozione gli chiudeva lo stomaco.
Arrivato davanti al cancello dell’edificio, cercò un posto meno affollato dai genitori e si piazzò lì, le mani in tasca e lo sguardo fisso sulla porta d’ingresso, in attesa che la campanella suonasse e i bambini uscissero in cortile correndo e ridendo; era talmente assorto nei suoi pensieri, che non si accorse dell’arrivo di Janis, che lo affiancò e si schiarì la gola. Il ragazzo si voltò di scatto e la vide, i capelli ramati stretti in una coda disordinata, la bocca nascosta in una spessa sciarpa di lana verde petrolio, le mani rintanate nelle maniche della giacca, gli occhi vivaci e lucidi e le guance arrossate dal freddo. Le sorrise e d’istinto le passò un braccio intorno alle spalle, avvicinandola a sé per scaldarla un po’, mentre in lontananza si udì il suono squillante della campanella e la folla di genitori si faceva più stretta davanti al cancello. Di lì a poco sarebbe arrivata Safaa e Zayn non vedeva l’ora di presentare la sua nuova amica alla sua sorellina.
Janis si sentì finalmente completa, quando il calore di Zayn le penetrò nel corpo e, soprattutto, nel cuore, appoggiò la testa alla sua spalla e nascose ancora di più il viso nella sciarpa, scrutando la folla con diffidenza.
Come se un lampo l’avesse colpita, le si oscurò la vista e in un flash rivide sua madre, bellissima nel suo trench corallo, la borsa di pelle appesa al gomito e i capelli elegantemente raccolti nello chignon, mentre aspettava Oliver davanti ai cancelli della scuola elementare, chiacchierando amabilmente con le altre madri. il respiro le divenne corto e le lacrime cominciarono a pizzicarle gli occhi, si voltò con tutto il corpo e scrollò violentemente il capo, accovacciandosi poi sulle ginocchia e stringendosi i capelli fra le dita. Zayn rimase intontito un attimo, si guardò intorno e notò che solo in pochi avevano notato Janis, concentrati com’erano a cercare i propri figli. Il ragazzo alternava lo sguardo allarmato fra Janis e la porta della scuola, indeciso se curarsi di lei o della sorellina che sarebbe arrivata di lì a poco.
“Jan?” mormorò, facendo un passo indietro e mettendosi a covino davanti a lei, “Che succede?” chiese apprensivo, chinando la testa di lato, nel tentativo di riuscire a vederla in faccia. Lei alzò gli occhi arrossati verso di lui e tirò su con il naso, annuendo debolmente.
Zayn ebbe il presentimento che chiederle di raggiungerlo lì non fosse stata una bella idea, ma lì per lì non aveva pensato che potesse essere indelicato. Le prese una mano e le accarezzò una guancia, costringendola ad alzare il viso, incontrando così il suo sguardo triste e lucido. Gli si strinse il cuore ed era vicino ad abbracciarla, quando le grida dei bambini lo riportarono alla realtà, giusto in tempo per accogliere Safaa, che stava correndo verso di lui con le braccia larghe.
Appena Janis udì il ragazzo parlare, si ricordò di essere fra la gente, quindi si asciugò velocemente le guance e si alzò, stringendosi la coda e tirando su col naso; si voltò verso Zayn e lo vide chiacchierare dolcemente con una bambina, che gli stava passando il suo zaino rosa, che lui si caricò in spalla. Sorrise timidamente e si sistemò la sciarpa, in modo da coprire bene le orecchie e il collo, lasciati scoperti dai capelli, mentre osservava come la bambina fosse affezionata al fratello maggiore, che le chiedeva come fosse andata la giornata. Janis rimase qualche passo distante dai due, affondando le mani nelle tasche e studiando con discrezione il profilo di Zayn, i suoi capelli perfettamente ordinati, il lieve accenno di barba, la fisicità esile e le ciglia lunghe, che si muovevano ad ogni cambio di espressione. Ancora non riusciva ad essere cosciente che quel ragazzo fosse così interessato a lei, che non aveva niente di particolare, a parte la condizione famigliare. Se ancora si poteva definire famiglia, se ancora poteva dire di avere qualcuno. Certo, zia Linette era una donna dolce, comprensiva e non le faceva mancare niente, ma lei non era Alexander, non era Vivianne e, soprattutto, non era Oliver. E non le poteva colmare il vuoto lasciato da loro tre, non poteva occupare la camera dei genitori e nemmeno quella del fratello. Poteva solo accontentarsi della stanza degli ospiti. Perché quello ero in casa e nel cuore di Janis: un’ospite.
“Vieni?” sussurrò Zayn, avvicinando le labbra all’orecchio di Janis, che sussultò. Non si era nemmeno accorta che aveva smesso di parlare con Safaa e si era ricordato di lei, che si era fatta piccola ed invisibile tra la gente, ormai abituata a non ricevere attenzioni. Annuì debolmente e si mordicchiò il labbro inferiore, alzando lo sguardo e fondendolo con quello color nocciola di Zayn, che le rivolse un sorriso dolce, accennando con il capo al parcheggio poco distante, dove aveva lasciato la macchina.
Safaa continuava a raccontare l’esperimento che la signorina Hampel aveva mostrato durante la lezione di scienze e strillava per farsi sentire dai sedili posteriori, convinta che suo fratello si sarebbe distratto “con la sua fidanzata accanto”. Janis era arrossita tremendamente, quando la bambina aveva risposto così alla richiesta di Zayn di abbassare il tono di voce e si era voltata verso il finestrino, per vincere l’istinto di voltarsi verso Zayn e sbirciare la sua reazione. Non poteva aver sentito uno strano movimento nello stomaco, un calore intenso alla faccia e un martellare sospetto nel torace. Non poteva essersi ritrovata a sorridere come una scema, strofinando le mani sulle cosce, come a volersi liberare di tutte quelle emozioni che la spaventavano non poco.
Nell’abitacolo calò di nuovo un silenzio reverenziale, mentre Safaa tornava a raccontare dall’inizio l’esperimento, perché era stata interrotta da Zayn, che ancora una volta le aveva intimato di abbassare la voce. Il ragazzo sospirò e guardò Janis con la coda dell’occhio: si studiava le mani, intrecciate sulle gambe, la sciarpa le copriva il viso fino alla punta del naso. Sorrise tra sé e rallentò al semaforo rosso, cogliendo l’occasione per prendere il cellulare e passarlo alla sorellina.
“Chiama la mamma e dille che stiamo arrivando” interruppe di nuovo il monologo di Safaa, reprimendo un sorriso soddisfatto.
“Perché? La mamma è al lavoro” protestò la bambina con tono lamentoso, irritata dall’ennesima interruzione del fratello insensibile e menefreghista.
“Mamma è a casa che prepara la merenda per te e le cugine…” spiegò Zayn pazientemente. Controllò dallo specchietto e vide Safaa digitare sul suo telefonino e portarselo all’orecchio. Finalmente un po’ di silenzio e un po’ di pace per lui e Janis. L’aveva un po’ trascurata da quando era comparsa Safaa e adesso non voleva altro che sentire la sua voce delicata.
“Come stai?” domandò dolcemente, voltandosi appena verso di lei, che drizzò le spalle e ricambiò lo sguardo, sgranando leggermente gli occhi.
“Bene” rispose titubante “Tu?”
Zayn annuì e ripartì al semaforo verde, mentre dentro di lui succedeva un putiferio.
“Portiamo a casa Safaa e poi ce la svigniamo” disse a bassa voce, per evitare che la sorella sentisse. Janis ridacchiò e gli appoggiò una mano sul braccio, accarezzandolo lentamente con il pollice e tornando a fissare Bradford fuori dal finestrino, come se quel gesto fosse il più naturale del mondo.
Lui sussultò e si morse la lingua, la gola gli si serrò e il rimorso tornò ad agitarsi dentro di lui, come un animale dormiente svegliato dal rumore della pioggia battente. Stava portando in auto la ragazza alla quale aveva tolto tutto con un incidente. Stava guidando come se nulla fosse, come se quella notte il tasso di alcol nel suo sangue non fosse stato di tre volte superiore al consentito, come se non avesse ucciso due persone con la sua imprudenza.
 
Scesero dalla macchina e Zayn prese la cartella di Safaa, che era corsa alla porta d’ingresso, impaziente di abbracciare sua madre e le sue cugine. Janis chiuse lo sportello e rimase in piedi vicino alla macchina. Qualcosa dentro di lei le impediva di sentirsi a suo agio, uno strano sentimento le bloccava le gambe e le rendeva impossibile muoversi verso quella semplice villetta a schiera, con il giardino curato e le tende alle finestre. Zayn fece il giro della macchina e le cinse i fianchi con un braccio, accarezzandole la guancia con la punta del naso.
“Torno subito, non ti muovere” disse con voce calda, facendo rabbrividire e arrossire Janis, che annuì febbrilmente.
Mentre saliva i pochi gradini d’ingresso, Zayn si sentiva felice come non mai, perché nonostante i sensi di colpa, con Janis si sentiva bene, non aveva mai conosciuto una ragazza come lei, così bella eppure così sola ed insicura. Voleva proteggerla e questo non era solo un istinto procurato dalle sue azioni, ma era un sentimento forte, che vinceva contro il senso di colpa e la consapevolezza di essere un mostro. Baciò sua madre, salutò le cugine e Safaa ed uscì di nuovo di casa, lasciando che il suo sguardo venisse calamitato dalla figura esile della ragazza, immobile vicino alla macchina, mentre si fissava i piedi e combatteva il freddo pungente nascondendosi nella giacca e nella sciarpa. Soffiò un sorriso e la raggiunse con passo svelto, appoggiando le mani sulle sue spalle e accarezzandole lentamente.
“Hai freddo?” mormorò, rendendosi subito conto dell’idiozia di quella domanda dalla risposta ovvia. Lei annuì e accennò un sorriso.
“Ora un po’ di meno” farfugliò nella sciarpa, sperando che lui non l’avesse sentita. Invece Zayn arrossì un poco e l’abbracciò d’istinto.
Janis sorrise ora più apertamente e nascose le mani nelle tasche della giacca di Zayn, avvicinandosi ancora di più e appoggiando la fronte al suo petto, mentre lui le accarezzava la schiena con una mano e con l’altra giocava con i suoi capelli lunghi.
Janis sentì gli occhi inumidirsi di nuovo, mentre il calore del ragazzo le penetrava in profondità, sciogliendole lentamente quel blocco di ghiaccio che aveva al posto del cuore e alleggerendo la presa alla bocca dello stomaco. Sospirò e abbassò le palpebre, voltandosi leggermente e appoggiando la tempia al torace del moro, che strinse la presa e appoggiò il mento sulla sua testa.
Zayn inspirò lentamente, beandosi del profumo emanato dai capelli ramati di Janis e dalla sensazione che qualcosa passasse dal suo corpo a quello asciutto di lei, influenzato da chissà quale tipo di forza. Le baciò la testa e strinse ancora di più l’abbraccio, quasi volesse fondersi con lei, come se il contatto fra tutte le parti del corpo lo aiutasse a sentirsi migliore, utile, vivo.
Non si sarebbero mai voluti separare, avevano trovato la loro sezione aurea, l’equilibrio interno ed esterno, la giusta posizione nel mondo e la giusta intensità di calore. In due potevano farcela, divisi erano persi. 


Aries' corner

Capitolo sudato e -ovviamente- venuto di merda! Vedrò di farmi perdonare con il prossimo, promesso!! La settimana che sta per cominciare si prospetta produttiva, perché è l'ultima settimana di vacanza, poi inizia l'università, e praticamente tutte le mie amiche hanno le lezioni! Quindi tempo per scrivere e per annoiarsi, ma soprattutto per leggere!!!
Chiedo scusa a coloro ai quali ho promesso di leggere e recensire, non ho avuto un secondo libero, avevo una marea di giri/compleanni/impegni/malesseri! 
Ringrazio chi legge, chi dà fiducia a me e a questa long senza senso! Vi prometto che troverò il modo di farla finire, perché nella mia testa per ora non c'è uno straccio di trama e non so dove andrò a parare nei prossimi capitoli, non so quanti ne mancano e non so cosa succederà! :S Sono un disastro, ma mi impegnerò a migliorare!! Promiseeee!!!! <3

Bye bye!
Horan hugs to everyone! <3
Mariuga

 
   
 
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