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Autore: cashtan    29/09/2013    2 recensioni
Appena si raggiunge lo stato di massimo relax, è già l'ora di partire per una nuova missione, comunque, amo il mio lavoro per cui...nessun problema!
Genere: Azione, Comico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ok, sono a Tokio, e a quanto pare Chidori è ancora a rischio rapimento.
Questo è quello che definirei, il riassunto più sintetico di quanto è scritto nel fascicolo.
In esso ho trovato varie cartine e foto, che ho subito buttato nello zaino a casaccio visto che conosco la città a memoria, riducendo così la mole di fogli da leggere.
Il fascicolo contiene un foglio sul quale sono scritti gli ordini e gli obbiettivi, dice che mi devo recare in un appartamento proprio accanto al suo, ottimo! Standole così vicino la potrò difendere meglio.
Dovrò essere invisibile negli spostamenti, e ho il divieto assoluto di uccidere, divieto che non comprendo mai appieno, comunque gli ordini sono ordini.
Sono ancora le nove e mezza di sera, il parco è deserto, fatta eccezione per alcune coppiette che passano ogni tanto scambiandosi romanticismi, mi sono nascosto sotto un bellissimo piccolo ponte di pietra che passa sopra un rigagnolo.
Molto silenziosamente comunico la mia posizione e la mancanza di problemi al sottomarino “Tuatha the Danaan”.
Capisco che è meglio aspettare un ora un po’ più piccola, opto per le due di notte,infilo i fogli nello zaino, imposto la sveglia a vibrazione del mio orologio, e mi accuccio sul terreno umido. Il gorgogliare del rigagnolo concilia il mio sonno, ma mi addormento ugualmente a fatica, presto vedrò Chidori, e questa cosa mi suscita emozioni forti, mi ricordo di quando l’ho portata a pescare dopo un’estenuante missione, fu breve ma intenso, come si usa dire. Chissà come reagirà vedendomi…immagino che mi abbraccerà piangendo, o mi colpirà violentemente con quel suo ventaglio…e come reagirò io? Sarò felicissimo di rivederla, ma non credo che piangerò, non capisco questa cosa di piangere quando si prova gioia, so che le persone piangono quando sono tristi, ma non c’è niente di triste nel rivedere una persona alla quale vuoi bene, inoltre…Ronf zzz, ronf zzz, ronf…

Sono stato addestrato a dormire in un modo particolare, secondo il quale riesco a rimanere leggermente cosciente, in questo modo posso recuperare abbastanza energie rimanendo comunque vigile.
Alla seconda vibrazione riprendo del tutto coscienza, e mi preparo a muovermi.
Strizzo gli occhi per sollecitarli a funzionare meglio, poi metto tutto il materiale del lancio (paracadute primario e d’emergenza, bombola d’ossigeno, casco, respiratore, barometro e tuta) nella sacca datami a inizio missione, e la nascondo bene sotto al ponte, verrà recuperata in seguito da qualche mio collega. Indosso la mimetica “Dark Urban”, che possiede varie sfumature di grigio scuro e nero, metto tutta l’attrezzatura nel grande zaino, e guardo l’ora:” 02:12”.
Salgo sopra il ponticello, e mi guardo intorno, ci sono alcuni ragazzi a quaranta metri da me, e il lampione più vicino è a cinquanta, se mi muovo lentamente non dovrebbero esserci problemi.
Saggio il terreno con gli anfibi, percepisco erbetta e foglie umide, perfetto! Il rumore sarà quasi nullo anche correndo. Gli alberi di questo parco sono disposti in modo casuale, sembrano un mix di platani, betulle, ippocastani e tigli. Attraversare un posto così senza farsi vedere, di notte, non è per niente difficile. Arrivo al limitare di questa area verde, e mi nascondo dietro un casottino della società di distribuzione dell’energia elettrica, proprio da dove sono io, il palazzo dove vive Chidori dista cinque isolati.
L’illuminazione esagerata delle strade, non mi consente di avvicinarmi a più di cento metri dal marciapiede. Per raggiungere il mio obbiettivo non posso attraversare certo la trafficatissima strada, nonostante l’ora tarda, Tokio resta attiva ventiquattro ore su ventiquattro. Comincio quindi a strisciare seguendo a debita distanza la recinzione che delimita il parco.
Evito ogni raggio di luce come la peste, e continuo a strisciare, fino a che non trovo quello che cercavo, l’entrata per le fogne.
È una botola quadrata di un metro per un metro, estraggo dallo zaino, una bomboletta di olio per armi, e lo spruzzo sui cardini, onde evitare cigolii, la sollevo e mi calo nel buio ancora più nero del dei condotti.
Indosso il visore a infrarossi e lo attivo, non faccio caso al maleodore, ne ho sopportati di peggiori.
Continuo a scendere la scaletta a pioli per un altro metro, infine mi lascio andare, e atterro dolcemente quaranta centimetri più in basso, in totale sono sceso di tre metri. Vedo scappare una brulicante massa di ratti, e vedo scorrere il fiume di acque nere che mi affianca, mi incammino a passo svelto.
Dopo aver percorso a mio parere tre isolati sotto terra, sento delle voci.
Appoggio la mano sul calcio della pistola che spunta dalla fondina, ma ci ripenso, a volte nelle fogne, si creano dei gas dovuti alla putrefazione, dei gas esplosivi.
Sposto la mano su un’altra fondina, quella del pugnale, no…non devo fare morti, ma la mia vita viene prima di tutto, lo estraggo ugualmente.
Aderendo al muro alla mia destra, avanzo piano, cercando di capire quello che dicono, ma non capisco niente, sembra una lingua straniera, forse nordeuropea.
Ora vedo una forte luce, che acceca il mio visore, me lo tolgo per vedere meglio, la luce proviene da una rientranza nel muro, appoggiato al quale sto camminando.
Mi affaccio lentamente nella rientranza e vedo tre giovani intorno a un fuoco che arde in un bidone di latta. Uno di loro è paonazzo, e ha dei capelli rasta tinti di rosso, sta fumando qualcosa che mi fa girare la testa, sicuramente droga.
Decido di lasciare loro qualcosa da raccontare ai loro amici, cammino tranquillamente di fronte a loro per poi sparire nel buio, con la coda dell’occhio noto i loro volti spaventati e interrogativi, mi urlano qualcosa, probabilmente un:”Chi cazzo sei?!?”, ma non ne sono certo.
- Ok, adesso dovrei esserci…- dico sottovoce osservando la scaletta a pioli che ho davanti, attraverso il visore a infrarossi. Mi ci arrampico e arrivato in cima sollevo il coperchio, spostandolo di lato il più silenziosamente possibile, il mio visore non viene accecato, quindi non ci sono luci qua fuori, me ne accerto levandomi il dispositivo da davanti agli occhi…buio.
Metto nuovamente la copertura al suo posto e mi guardo intorno con il visore, sono in un vicolo.
Accade l’inaspettato, cinque ragazzi mi vengono incontro, non sembrano ubriachi, ma il buio non da loro modo di capire che sono un militare armato, mi parlano.
- Ehi accattone! Torna dal tombino dal quale sei venuto! E vedi di sbrigarti! -.
Sono ancora a trenta metri, agisco tempestivamente, estraggo una granata Flashbang da una tasta di destra del gilet tattico, rimuovo l’anellino e faccio detonare la spoletta, poi lancio il diversivo fra le loro gambe, probabilmente avranno pensano che sia una lattina, il rumore che genera è simile. Mi tappo occhi e orecchie, attendo due secondi.
La granata genera in una frazione di secondo una luce di milioni di candele, e un rumore di duecento decibel, tali da generare uno stato di disorientamento e cecità per diversi secondi.
Scatto in mezzo a loro, spingendone uno a terra perché mi era di intralcio, poi in circa cinque secondi, scalo e scavalco un alto muro che è alle loro spalle, dalla padella nella brace, mi trovo faccia a faccia con altri tre idioti.
Ma in questa città i giovani non altro da fare che bazzicare vicoli alle tre di notte?!?
Sferrò un colpo a mano aperta sotto il mento del tipo che ho più vicino, facendolo svenire all’istante, il secondo si avvicina a me, sferro un calcio diretto al ginocchio, odo il dolorosissimo rumore di un’articolazione frantumata, concludo con una manata sul naso.
Ora tocca al terzo, si avvicina con una bottiglia rotta, cerca di tagliarmi con un colpo diagonale dall’alto verso il basso, dalla mia sinistra verso destra. Schizzo a sinistra, e mantengo la mano armata lontana da me con la mia destra, mentre con l’altra gli afferro la testa da sotto il mento e lo scaravento a terra…svenuto.
- Merda…- è la prima cosa che dico a voce alta dall’inizio della missione.
Noto una scala antincendio, spicco un salto e afferro il primo piolo con le mani, poi con la sola forze delle braccia mi arrampico su, un asticella dopo l’altra, fino a concedere anche alle gambe di contribuire alla scalata. Arrivato alla prima piattaforma, dopo due metri circa, salgo le rampe di scale fino al tetto, ora ricordo…in questo punto mi ci sono appostato diverse volte, l’ultima quasi un anno fa.
Accendo la radio e aggiorno il comando sul mio status.
- Qui Uruz 7, sono a cento metri dall’obbiettivo, otto allertati, tre neutralizzati, nessun allarme diramato, nessuna vittima…- comunico.
- Ricevuto Uruz 7, raggiungi l’obbiettivo, dormi qualche ora e renditi presentabile, tra qualche ora affiancherai la signorina Kaname per proteggerla, non ti dico altro, sai quello che devi fare…passa in dalla segreteria della scuola, a ritirare tutti i documenti del caso…passo e chiudo…- risponde un uomo, riconosco la voce del maggiore Kalinin.
Spengo la radio, strizzo gli occhi e penso a quanto sia confortante rivedere Chidori, proprio non vedo l’ora.
Mi metto ad osservare i palazzi che mi circondano, vedo quello dove abita Chidori, è circa a cento metri, studio un percorso sicuro per altri cinque minuti, dopodichè lo percorro senza incontrare anima viva.
Finalmente raggiungo il retro del palazzo, sono madido di sudore, e credo di emanare un odore nauseabondo, dovuto all’esposizione con la puzza di fogna.
Ricordo che in questo palazzo non c’erano sistemi di sicurezza, ma non posso permettermi di far svegliare l’intero condominio con una sirena urlante che non mi aspettavo, mi muovo quindi con estrema cautela. Con un sensore magnetico, scandaglio l’intera porta sul retro, per capire se ci sono attaccati aggeggi elettronici…nulla. Comincio a scassinare, impiego due minuti circa.
Apro la porta molto lentamente, poi entro, la stanza è perfettamente quadrata, buia, piena di scaffali, raccoglitori e ripiani colmi di fogli, sulla sinistra un computer molto vecchio, una fotocopiatrice e un calendario per adulti. Richiudo la porta a chiave dietro di me.
Estraggo la pistola con proiettili stordenti, e attraverso la stanza silenziosamente e attentamente, ripeto lo scandaglio della porta con la prossima, che da sul pianerottolo all’inizio delle scale, ancora nulla.
Non è chiusa a chiave, la apro pochi millimetri, e constato che le scale sono illuminate a giorno, qualcuno sta scendendo o salendo, ma non riesco a capirlo bene. Richiudo la porta, e osservo dal buco della serratura, grazie a un cavo ottico, collegato a uno schermo. Si tratta di una telecamera minuscola attaccata in cima a un filo, praticissima per sbirciare oltre le porte, le finestre, i muri, e così via.
Sono due uomini, ben vestiti, stanno salendo spavaldamente…armati!
Tolgo il cavo ottico e lo butto per terra dietro di me, assieme allo schermo LCD, spalanco la porta estraendo la mia Glock silenziata, l’impatto violento della luce sulla mia retina non mi fa vedere bene, ma sono aiutato dalla vampata di adrenalina.
I due si girano e mi guardano come se fossi il diavolo, con due esplosioni, simili a due miniciccioli, un duo di pallottole fuoriesce dalla pistola, abbatto così il più lontano, con un buco in testa e uno al petto.
Una nuvoletta rosa si nebulizza nel
Il secondo estrae la pistola, gliela levo di mano con un calcio, poi passo dietro di lui, e lo afferro per la gola, rimetto la pistola in fondina ed estraggo il pugnale, premendolo sulla sua soffice gola.
L’effetto del relé temporizzatore che teneva accese le luci delle scale, finisce, così io, un cadavere e uno ancora vivo ma per poco, precipitiamo nel buio.
- M-ma, ma chi sei?!? Chi cazzo sei?!? Noo!! – il tizio è colto dal panico, io lo stringo più forte.
- Chi state cercando?! – domando incazzato.
- Ci hanno ordinato di uccidere una ragazza! È il nostro mestiere! Ti prego! Lasciami andare! – risponde tutto d’un fiato l’uomo.
- Chi ve l’ha ordinato?!? CHI!?! – chiedo urlando, probabilmente metà palazzo è già sveglio.
- Il nostro capo! Si chiama Dmitrij Pavelov! – risponde in lacrime.
- Chi è il cliente?!? – domando come ultima cosa.
- Non lo so! Io non lo so!! Ti prego…- capisco che devo cercare questo russo, ho già sentito il suo nome.
Torno da dove sono venuto trascinando il tizio piangente per il collo, una volta nello stanzino lo uccido ficcandogli il coltello nel cervello da dietro il collo, si accascia a terra, torno dall’altro cadavere, lo afferro e lo porto assieme all’altro, sento delle persone scendere, tolgo la giacca a uno dei due, e con essa pulisco bene le macchie di sangue nel pianerottolo, torno dentro lo stanzino, e accendo la radio.
- Uruz 7, due vittime, nessun allarme, probabile intero condominio sveglio…- comunico attendendo la sgridata.
- che cazzo hai fatto?!? Non volevamo vittime! – urla Kalinin
- Erano sicari ingaggiati per uccidere Chidori, lavoravano per Dmitrij Pavelov, non avevo altra scelta…richiedo una rapida estrazione dei cadaveri, entro l’arrivo del portinaio, si trovano nel suo ufficio nel palazzo di Kaname. – dico.
- …mmh…bel lavoro, ricevuto…tu come stai? – chiede Kalinin.
- bene grazie signore! – rispondo marzialmente.
- Ok…passo e chiudo…- conclude lui.
M’è andata bene, penso sorridendo, poi sposto i cadaveri sotto la scrivania.
Aspetto che i bisbigli della gente nei corridoi e per le scale sparisca, dopo mezz’ora, esco dall’ufficio, e senza ovviamente accendere le luci, salgo le scale silenziosamente, ci sono quasi!
Vedo la porta di Chidori, e poi la mia, estraggo le chiavi, le giro nella serratura, ed entro velocemente chiudendo la porta alle mie spalle senza emettere rumore.
Mi tolgo lo zaino e il gilet tattico, poi entro nel bagno, e mi infilo sotto la doccia.
L’acqua tiepida mi lava dal sangue dei sicari e dal mio sudore…che nottata, penso passandomi una mano sulla fronte, sono distrutto.
Mi tolgo la mimetica ancora sotto la doccia, apro la porta scorrevole e la lancio nella vasca, finisco di lavarmi, poi dopo essermi asciugato bene, mi sdraio sul letto, mi infilo un paio di mutande, e imposto la sveglia dell’orologio per le sette.
Ho ben tre ore e un quarto di sonno, buonanotte…
  
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