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Autore: loveisnotnice    30/09/2013    0 recensioni
Charlotte abitava a Bellbrook, Ohio. Dopo essere stata stuprata, abbandonò la sua famiglia ad appena 19 anni per trasferirsi a Londra in Inghilterra. Tante nuove cose la aspettavano: un nuovo lavoro, una nuova casa, un corso di fotografia, due nuove amiche e lui..
[La storia non è mia. L'ho presa da una ragazza su Wattpad, con il suo pieno consenso.]
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Mi svegliai presto per preparare le ultime cose. Odiavo la mia camera, odiavo la mia casa, odiavo la mia città, odiavo la mia vita. Da quando ero stata stuprata non riuscivo più a scrollarmi di dosso quel senso di sporcizia, non quella fisica ma quella spirituale. Sentivo come se qualcuno avesse violato la mia anima, come se l'avesse macchiata indelebilmente. Non volevo passare un solo minuto ancora in quella casa così mi affrettai nel prendere le cose restanti e tutti i soldi che avevo messo da parte. Il mio aereo partiva alle 8.00 così feci velocemente colazione e mi avviai verso l'aeroporto. I miei mi imploravano di restare, mi promettevano che avrebbero sistemato tutto ma per me quelle parole erano come benzina sul fuoco e l'unica soluzione era partire. Dopo vari saluti una voce metallica annunciò che il mio aereo sarebbe partito a breve così tra una lacrima e l'altra dei miei mi avviai. Mi sentivo come un bambino pronto ad uscire dalla pancia della mamma, come se avessi dovuto rinascere ancora una volta per ricominciare a vivere e così era. Decisi che entrando nell'aereo avrei lasciato fuori la mia vita e che per quanto possibile era ne avrei cominciato una nuova. Posto 12. Un signore sulla cinquantina era seduto accanto a me ed era visibilmente stanco. Presi il mio cellulare e lo misi in modalità aereo e poi incominciai ad ascoltare musica per addormentarmi. Mi risvegliai mentre l'aereo atterrava. Sistemai i miei lunghi capelli castani e bevvi un sorso della bottiglietta d'acqua ormai calda che mi ero portata appresso. Non appena scesi dall'aereo chiamai un taxi che mi condusse al centro. Nonostante venissi da una famiglia moderatamente benestante avevo deciso che nessuno mi avrebbe aiutata nello stabilirmi qui così optai per il fermarmi in un hotel fino a che non avrei trovato una casa e un lavoro. Incominciai a sfogliare gli annunci, il mio diploma mi avrebbe aiutata più o meno. Eccolo! Era il lavoro che cercavo. "Studio dentistico cerca segretaria con una modesta capacità nell'usare il computer. Per maggiori informazioni rivolgersi al seguente numero" Segnai l'annuncio con l'evidenziatore e intanto controllai se la nuova scheda telefonica era stata attivata. Digitai il numero e mi rispose una voce maschile. Avevo il colloquio il mattino seguente alle 10 in punto. La mia vita ricominciava. Dopo un esasperante giro per le strade di Londra trovai un hotel in cui alloggiare così ringraziai il concierge e presi l'ascensore. Era uno di quegli hotel modesti, di quelli con le camere essenziali: letto, armadio e bagno. Non mi importava, presto sarei andata via da quella topaia e avrei vissuto in una casa tutta mia. Fatta una lunga doccia andai a dormire con la sensazione che quell'orribile sogno che facevo da ormai un mese si sarebbe ripresentato. -Alzati!- -Ti prego no..- -Stai zitta e subisci!- Mi svegliai in preda al panico e mi calmai una volta appurato che quel sogno era ormai parte della mia vecchia vita e che presto avrei smesso di farlo. Mi sistemai i capelli in una coda ordinata e messi dei jeans, un maglione e delle scarpe comode, uscii dall'hotel e mi diressi allo studio dentistico consultando il gps del mio cellulare. Arrivai alle dieci in punto e ad accogliermi c'era una fila di aspiranti segretarie, così pensai che le mie probabilità di essere assunta erano pari a 0. Fu il mio turno ed entrai titubante. Il colloquio durò mezz'ora, la più lunga della mia vita, in cui mi facevano domande idiote ma mirate. "Le faremo sapere" furono le parole più strazianti. Avevo bisogno di quel lavoro più di chiunque altro o la mia vita sarebbe precipitata prima ancora di ricominciare. Uscii dallo studio e andai a mangiare lì di fronte. Una volta pagato il conto mi alzai e incominciai a passeggiare nervosamente con una sigaretta per le mani. Prima di partire avevo imposto ai miei genitori di non farsi sentire per la prima settimana così mi sentivo sola, spaesata e triste. Anche se un connubio di emozioni negative stava bombardando il mio cuore, la mia voglia di restare li era pari all'odio per l'Ohio in generale. Decisi di ritornare in albergo, le strade di Londra erano tristi se non si aveva almeno un' amica con cui percorrerle. Sentivo le risate delle ragazzine che correvano per i marciapiedi, i passi pesanti degli uomini che avevano terminato la pausa pranzo e si affrettavano nel ritornare a lavoro, il fastidioso rumore delle ruote dei passeggini e i gossip scambiati dalle mamme curiose. Non faceva poi così freddo per essere febbraio anche se il sole ogni tanto faceva capolino da dietro alle nuvole e il che non prometteva nulla di buono. Arrivai in albergo esausta così decisi di riposare un po'. Dopo poche ore squillò il telefono ed era lo studio dentistico che mi comunicava che il posto di lavoro era stato dato a me e incominciavo Lunedì. Ebbi una sensazione di sollievo così decisi di recarmi in un'agenzia per farmi mostrare alcune case. Durante il colloquio mi dissero che lo stipendio sarebbe stato di ottocento dollari al mese così decisi che il mio affitto non doveva superare i 300 dollari. L'uomo dell'agenzia fu gentile e mi disse che erano disponibili poche case arredate per quel prezzo e che sarei potuta andare il giorno dopo per vederle. Uscii sul balcone e presi una grossa boccata d'aria e poi mi guardai intorno. Il panorama era così bello che decisi di prendere la mia macchina fotografica e di fare alcuni scatti. La fotografia era una delle mie grandi passioni che cercavo di coltivare prima di.. bhè insomma. Scattai delle foto a quell'immenso panorama da ogni angolazione senza perdermi il minimo dettaglio fino ad accorgermi che si era fatta sera. Rigirai tra le mani quella macchina fotografica, era l'unica cosa che mi era rimasta di casa mia. Me la regalarono i miei, insieme a un paio di obiettivi, il giorno di Natale. Rientrai in camera con la paura che, una volta chiusi gli occhi, la terribile immagine di quel giorno incombesse di nuovo su di me. Presi sonno quasi subito tanta la stanchezza. Quell'odore a me familiare, quel porticato con ancora le luci di Natale e quell'uomo che mi intimava di entrare ad aspettare la moglie. Era tutto confuso in quella casa, c'era un gatto che mi fissava con gli occhi color zaffiro intenso. L'uomo cominciò a picchiarmi ma insolitamente non sentivo dolore, vedevo solo il mio corpo distruggersi in mille pezzettini sotto il suo tocco infernale. Gemetti di terrore fino a che un fastidiosissimo suono non cominciò ad incombere nella stanza. Aprì di colpo gli occhi e mi ritrovai a fissare il soffitto giallino della camera d'albergo. I battiti del mio cuore erano accelerati e nonostante fosse inverno, avevo la fronte imperlata di sudore. Voltai il mio sguardo ormai stanco di quella assurda persecuzione e fissai la sveglia. Erano le 8.30 del mattino e io tra poche ore avevo l'incontro con l'uomo dell'agenzia. Forse la mia vita stava facendo la muta come i serpenti e quindi avevo bisogno di tempo per riprendermi. Mi buttai sotto la doccia e resi il getto d'acqua tiepido in modo da non avere fastidiose sorprese una volta offerto il mio corpo a quel tubo metallico che mi irrorava. Uscii dalla doccia subito, ho sempre odiato stare ore li sotto, la vista del mio corpo nudo non mi aveva mai fatta stare a mio agio neanche quando ero completamente sola come in quella circostanza. Mi vestii pesante quel giorno, il freddo londinese proprio non lo sopportavo. Mi precipitai per strada e notai che il cielo quella mattina era sorprendentemente azzurro e privo di nuvole. Forse qualcuno stava cercando di dirmi che la mia vita sarebbe cambiata di li a poco o semplicemente ero io che mi facevo troppe illusioni. Magari non bastava semplicemente cambiare città per liberarsi dei proprio scheletri o magari era così. Dovevo solo vivere per scoprirlo. Non volevo vivere perchè dovevo, così decisi di darmi una mossa. Ma proprio mentre stavo per entrare in agenzia mi squillò il telefono.
  
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