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Autore: Dira_    01/10/2013    12 recensioni
Sono trascorsi cinque anni da quando Al, Tom e Lily hanno messo fine alla vicenda terribile che ha segnato la loro adolescenza. Grazie al mondo fuori da Hogwarts sembrano essersi lasciato tutto alle spalle. Chi è un promettente tirocinante, chi si è dedicato alla ricerca e chi, incredibilmente, studia.
Un'indagine trans-continentale, il ritorno di un vecchio, complicato amico e una nuova minaccia per il Mondo Magico li porteranno ad affrontare questioni irrisolte.
"Perchè quando succede qualcosa ci siete sempre di mezzo voi tre?"
Crescere, per un Potter-Weasley, vuol dire anche questo.
[Seguito di Ab Umbra Lumen]
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo XXIX






Young and naïve I never believed that love could be so well hid
It gets under your shirt like a dagger at work
The first cut is the deepest but the rest still flipping hurt
(The Wrong Direction, Passenger)
 
15 Luglio 2028
Londra, Whitehall
Vicino al Ministero della Magia, Mattina.

 
“… stavolta tu che scusa hai usato?”
“Ho detto che sarei andata da Violet per una serata pizza e film e che poi sarei rimasta a dormire visto che siamo in piena stagione d’amore dei draghi e Domi è barricata alla riserva.”
“Violet non sa neanche cosa sia una pizza!”
“Certo, ma papà non può saperlo … E mamma, beh… finge. E tu?”

“Pigiama party con Loki e Mike. Mio padre c’ha creduto. Li faccio davvero dopotutto!”
Rose ridacchiò, baciando la testa arruffata e violentemente bionda del suo ragazzo, mentre un prepotente raggio di sole filtrava dalle finestre prive di tende del loro appartamento; o meglio, quello che avrebbe dovuto essere il loro appartamento una volta sposati.

Un materasso Materializzato direttamente a terra, cartoni di cibo d’asporto e libri in pile precarie ovunque componevano attualmente la loro camera da letto e Rose la trovava bella così, anche senza mobili e con le pareti ancora piene di muffa.
Più o meno.
“Dovremo ritinteggiare.” Osservò facendogli un grattino in corrispondenza del tatuaggio che aveva sul collo e facendolo mugolare compiaciuto. “Scorpius?” Per tutta risposta l’altro la fece rotolare sotto di sé, pelle nuda e lenzuola che diventarono un tutt’uno. “Davvero, questo posto è ancora come l’abbiamo comprato un anno fa! E c’è una macchia di muffa che sembra un Lethifold!”
“Forse è un Lethifold.”
“Scorpius!”
“Pallocchetta, abbiamo la magia.” Osservò tranquillo. “Basta un finesettimana, il maschio aiuto di un paio d’altri ragazzi e il gioco è fatto. Tornati dalla Luna di miele avremo un tetto sotto la testa, non crucciarti!”
“Io non mi cruccio, è solo…” Si mordicchiò un labbro, poi fece spallucce, cedendo alla meravigliosa noncuranza che irradiava l’altro: era un pregio. “Vabbeh. Che colore vorresti?”
Non verde marcio.”
“Traumi infantili, eh?”
Scorpius le servì una smorfia eloquente. “È il colore dello stemma di famiglia, ma  uh … no. Sbatte terribilmente con la mia carnagione da eroina vittoriana.” Scattò a sedere sul materasso e fissò persistente le pareti, al momento di un giallo smorto. “Rosso fenice infuocata!” Decretò con un ghigno allegro. “Oh, voglio troppo vedere la faccia di papà.”
“Farai venire un infarto a quel pover’uomo…” Sospirò; negli anni, sebbene non fosse arrivata a trovar simpatico Lord Malfoy, aveva capito perlomeno quanto doveva esser stato difficile gestire quotidianamente quel terremoto di Scorpius.

Il suddetto intanto si alzò in piedi, stiracchiandosi e camminando fino alle finestre. “Ehi, credi che qualcuno possa vedermi nudo da qui?”
“Probabilmente.” Convenne Appellando la propria camicetta ed infilandosela assieme al resto dell’intimo che come al solito trovò nei posti più impensabili della stanza. Scorpius si divertiva a lanciarlo. “Non traumatizzare poveri Babbani indifesi.”
“Darei loro un buongiorno meraviglioso!” Ribatté offeso, allontanandosi però dalla finestra. Si accovacciò quindi accanto a lei con un sorrisetto monello. “Ehi, perché non saltiamo i rispettivi pranzi familiari e rimaniamo qui a rotolarci tra le lenzuola e mangiare schifezze?” Assunse un’aria da cagnolino bastonato che aveva ormai perfezionato negli anni. “Per una volta?”

“L’ennesima vorrai dire.” Replicò tirandogli un colpetto sulla spalla e sbilanciandolo, facendolo cadere così sedere sul materasso. “Dobbiamo essere cauti! Vuoi che scoprano che stiamo utilizzando la nostra futura casa come luogo di incontro segreto?” Scosse la testa alle sue stesse parole: c’era qualcosa di molto patetico nell’essere fidanzati ufficialmente e dover comunque sgattaiolare alle spalle delle proprie famiglie per poter passare del tempo assieme.
Stupide famiglie conservatrici. Papà fa tanto il progressista su un sacco di roba ma quando si tratta di farmi convivere con il mio fidanzato diventa peggio di zia Muriel …
E non che Lord Malfoy e Lady Narcissa siano meglio. Se potessero me la sigillerebbero.
L’altro sbuffò insofferente ma annuì. “Ci manca solo ci affibbino uno chaperon. Tipo, tuo fratello. Quel povero ragazzo non riesce più a guardarmi negli occhi…”
“Se solo evitassi di palpeggiarmi davanti a lui… Sai che Hugo è sensibile.”

“Manca solo un mese e mezzo Rosellina.” La consolò. “Poi avremo un anello al dito e potremo folleggiare con l’approvazione familiare!”
Rose annuì. “Il prossimo fine settimana potremo organizzare per la ritinteggiatura. Con una dozzina di persone qua dentro non dovrebbero fare storie.”
Scorpius si mordicchiò un labbro, sembrando di colpo un grosso bambino che voleva chiedere ai propri genitori di portarlo ad Hogsmeade. “Rosellina, senti … io per il prossimo fine settimana avrei un’idea, ma mi sa che la troverai stupida.”
Rose inarcò un sopracciglio, tentata dall’essere del tutto smontata dall’aria adorabile del ventenne che le occupava il letto e il cuore e picchiarlo con una delle scarpe che teneva in mano. “Cosa?”

“Vorrei fare l’addio al celibato.” Sputò fuori.  
“Un mese e mezzo prima?” Scorpius, alle volte, aveva quelle che venivano chiamate nella loro cerchia di amici ‘meteore’ : idee improbabili, potenzialmente pericolose e dal grado persuasivo altissimo. Poteva essere una di quelle? Ne aveva tutta l’aria.
Come fare un bel tuffo nel Tamigi a Capodanno. È riuscito a convincere persino Dionis!
“Sarebbe per allentare la tensione generale.” Obbiettò con l’aria di essersi preparato alle sue obiezioni. “In ufficio stiamo tutti passando delle giornatacce visto il cambio della guardia americana, Potty ha casini in casa e … beh, poi c’è tutto il resto.” Gesticolò vago, ma entrambi sapevano bene che tutto il resto era tanta roba. Esitò. “Pensi che sia stupido?”
Rose ci rifletté: era una cosa che aveva imparato a fare con il tempo, faticosamente, soprattutto grazie alle ‘meteore’ del suo fidanzato e alla sua capacità di farle capire che spesso aprire la bocca e lasciar andare non era la strategia migliore da seguire.
Dopotutto le sue meteore saranno inaspettate … ma sempre ponderate. Non gli escono dal nulla come molti pensano.   
“Penso che sia una buona idea.” Concluse. “Dopotutto il tuo compleanno ha fatto un gran bene a tutti, quindi un’altra festa forse ci vuole.” C’era però un punto da chiarire assolutamente. “Ma niente di estremo. Non dare retta a Jam e non farti trascinare in nulla che possa mettervi nei guai per i giorni successivi … Metti in mezzo almeno Bobby, okay?” 
Scorpius le rivolse un gran sorriso, chinandosi a prenderle il viso tra le mani per baciarla. “Promesso! Sei la fidanzata migliore del mondo!”
“Beh, è il tuo addio al celibato.” Gli fece notare dandogli un colpetto sul naso, divertita. “È la tua ultima occasione di libertà … usala come ti pare. Non avrei comunque voce in capitolo.”
L’altro scrollò le spalle. “La libertà è sopravvalutata. A me piacciono queste catene!” Canticchiò alzandosi in piedi. “Tu che fai con la tua? Vuoi aspettare?”

“Beh…”
Era una domanda sensata: organizzare un fine settimana privo di maschi, fuori da Londra con le sue cugine e le sue amiche più strette sarebbe stato l’ideale per prendersi una pausa dalla pressante vita di tutti i giorni.

E poi siamo in estate, e nessuna di noi è ancora veramente andata in vacanza…
Farlo un mese prima invece che a fine Agosto, con il rischio di scontrarsi con l’ingombrante compleanno di zio Harry, poteva in effetti essere l’idea geniale della settimana.
“Ne parlerò con le ragazze a pranzo.” Decise. “Roxie porterà Alexandra ed è la prima volta che la vediamo da quando è uscita dal San Mungo … è l’argomento adatto.”
Scorpius annuì infilandosi la maglietta e andando ad aprire a Donnola che uggiolava e grattava alla porta chiusa come se ne andasse della sua vita – doveva rassegnarsi, quel cane era diventato la guida spirituale del suo ragazzo. “Perfetto! Rilasseremo i nervi a tutti, scorreranno fiumi di alcolici e finirà tutto con una bella catarsi da ubriachi.” Esclamò facendo scattare il guinzaglio al collare dell’animale e regalandole un sorriso soddisfatto. “Dì un po’ mia Rosie, siamo o non siamo l’ancora emotiva della tribù?”

Non poté che concordare.
 
****
 
Diagon Alley, Accademia di Duello.
Mattina.

 
Dionis si riteneva un uomo appagato.  
Diventare padre ed essere un buon marito era sempre stato uno dei suoi sogni da quando aveva dismesso le spoglie di un adolescenza dura e spigolosa.  
Era un sogno modesto, forse, ma non gli interessava: non aveva mai desiderato una vita alle luci della ribalta come suo fratello Alin, cacciatore di punta nei Voltures. Sin da ragazzino aveva sempre saputo che il suo futuro sarebbe stato solido come una roccia.  
Certo, essere padre di una bambina meravigliosa e marito di una strega straordinaria aveva i suoi pro e i suoi contro: la mancanza di sonno era forse il principale.
Per questo, quando Sören gli lanciò un Everte Statim finì a gambe all’aria senza riuscire a tirar su una barriera decente. Ignorando il grido lacerante della sua dignità lesa accettò la mano rapidamente tesa dell’amico. “Grazie.” Sorrise. “Mi hai preso di sorpresa.”
“È stato facile.” Replicò l’altro aggrottando le sopracciglia; trovava sempre piuttosto divertente la totale mancanza di tatto di Sören, perché non era sintomo di un cattivo carattere quanto piuttosto della sua incapacità nei rapporti sociali. “Sei distratto.”
“Dormo poco.” Rispose spazzolandosi i pantaloni dell’uniforme e azzerando con un colpo di bacchetta il tabellone segnapunti, che proclamava una netta vittoria del tedesco. “Alexandra ci tiene svegli…”
L’amico assunse un’aria imbarazzata. “Non immaginavo. Sta bene?”

“Sta benissimo, ma i neonati hanno ritmi tutti loro … Roxie non può far tutto da sola, quindi siamo in due a dormir poco.” Gli spiegò facendo cenno ad uno dei suoi allievi di mettere in ordine la pedana appena lasciata. “Mi avevano detto che sarebbe stata dura, ma in confronto il Tremaghi sembra una passeggiata, ti assicuro!”
“Un bambino può essere così tremendo?”
“Incredibile, vero? Senza contare che ha già i primi scoppi di Magia Accidentale … due giorni fa abbiamo trovato tutti i libri nel salotto Trasfigurati in peluche. Pare che nella famiglia di Rox inizino presto…” “Sembra spaventoso.” Sören sembrava trattenere un sogghigno e ritenne quindi doveroso dargli una spinta. “Ogni felicità ha un prezzo, Dionis.” Replicò ridacchiando. “Questo è il tuo.”
“Niente di più vero.” Convenne sorridendogli di rimando: era bello vederlo tutto sommato tranquillo  nonostante la perdita del caso. Secondo Roxanne era tutto merito di Lily.

Se una donna riesce a calmare un mago … Beh. Non c’è bisogno di commentare. I fatti parlano da soli.
Ma lungi da lui l’idea di intromettersi.
“Stasera hai un allenamento con la Rossa?”  
Magari curiosare un po’, questo sì.
“Questo pomeriggio.” Spogliandosi e spostandosi nelle docce Sören sembrò esser preso da un pensiero tenace, perché passarono minuti prima che riprendesse a parlare. “Ho bisogno di un parere. Su una strega.”
“Lily?” 
“No.”
Oh.
Sorpreso e terribilmente curioso, si schiarì la voce e cercò di suonare il più tranquillo possibile: dal tono di voce era palese che l’altro fosse in un abisso di imbarazzo. “Certo, dimmi pure.”

“Una mia … collega … mi ha chiesto di uscire.” Il modo in cui stava letteralmente soppesando le parole dava la misura di quanto ci si fosse arrovellato. “È una persona di cui ho molta stima e…”
“Ti fermo qui perché ho già la mia risposta.” Perché andava fatto. “Esci con lei.”
Il silenzio sgomento dell’altro durò il tempo di sciacquarsi via lo shampoo dalla testa. “Non ti ho neppure detto chi è.”
“Non ha importanza. L’unica vera domanda è … ti interessa?”

Poteva quasi immaginarlo boccheggiare. “Sì … penso …” Fece una pausa. “Penso di sì. È molto bella e … ritengo che abbiamo cose in comune. Però…”
Dionis aveva ben chiaro in mente il però dell’altro. “Sören, amico mio, perdonami la brutalità. Lily sta con Scott Ross. Non puoi fossilizzarti su di lei se c’è la possibilità che un’altra ragazza, libera, possa avere il tuo affetto.”

“Ma non sono innamorato di Ama.”
Dionis uscì dal vano doccia e Appellò un asciugamano, imitato dall’altro. Dirigendosi verso gli armadietti gli lanciò un’occhiata di sbieco; Sören sembrava autenticamente confuso e una pacca sulla spalla fu quindi indispensabile. “Non tutte le storie d’amore iniziano con … beh, l’amore.”
“La tua sì però.”
Dionis fece un sorrisetto, scrollando le spalle. “Io mi sono innamorato all’istante, non appena l’ho vista scendere dalla scopa, ma Roxanne mi ha fatto patire le pene dell’inferno prima di ammettere che era stato lo stesso per lei …” Scosse la testa. “Vedi, il punto è che ogni storia è diversa. A volte scatta all’instante, a volte è una cosa che si costruisce col tempo.” Capiva le ansie dell’amico ma non era disposto a scusarle. A volte era davvero troppo melodrammatico. “E comunque, non devi sposartela, ma solo uscirci assieme.”

Sören fece una smorfia, asciugandosi con un colpo di bacchetta e prendendo a vestirsi con rapidi movimenti energici. Dionis suppose fosse il suo modo per gestire l’imbarazzo della conversazione. “Mi sembra di tradirla.” Buttò fuori. “So che non abbiamo quel tipo di rapporto, ma è ciò che sento.”
Dionis sospirò. “Ti capisco.” Convenne. “Però non puoi rimanere legato a qualcosa che non…” Esitò, perché quando si trattava di streghe e amore, non c’era modo per metterla giù leggera.

“… che non esiste.” Terminò per lui con una smorfia amara. “Ne sono consapevole. Ed Ama è … una strega formidabile. E gli interesso.” Fece un’espressione incredula. “Faust solo sa perché.”
“Continui a sottovalutarti.” Decretò finendo di vestirsi; lo spogliatoio si stava riempiendo dato che erano appena finite le lezioni mattutine e da come si stava irrigidendo l’altro era ovvio che la conversazione dovesse finire in fretta. “Sören, se vuoi un parere da amico, eccotelo. Esci con questa ragazza. Divertiti, rilassati e non pensare a Lily. Non hai il dovere di farlo.”
Sören rimase in silenzio, ma stava rielaborando l’informazione dentro di sé. “Lo farò.” Decise infine, con l’aria di chi stava per compiere un’impresa titanica. Forse dal suo punto di vista era così. “Grazie per il consiglio.”

 
Dionis aveva ragione.
Aveva ragione perché era un mago sensato, perché aveva più esperienza di lui in quelle faccende – chiunque ne aveva più di lui – e perché … aveva ragione. Punto.
Nonostante questo la sensazione di fare qualcosa di stupido era ancora lì.
Perché dovresti uscire con qualcuno quando è chiaro che non sei fatto per avere rapporti sentimentali?
Tra l’altro, Ama non ha smesso di metterti a disagio. Di cosa potreste mai parlare?
Sarebbe un fallimento.
Avrebbe voluto chiedere consiglio a Lily, ma l’idea di raccontarle tutto e domandare un parere lo faceva di nuovo sentire un traditore.
Sei proprio un idiota, principino.
“Pensi che dovrei parlarne a Lily?” Gli uscì fuori quando erano ormai lontani dagli spogliatoi e, per fortuna, soli. Fuori dall’edificio c’erano due auror in borghese, di guardia alla sua incolumità, ma finché rimaneva lì dentro poteva avere privacy.
Relativamente parlando.
Dionis gli lanciò un’occhiata stupita e poi, inaspettatamente, fece un sorriso. “Sì, dovresti farlo. Se non fosse stato per lei, io e Roxanne saremo ancora al via. Può essere un po’ invadente… e imbarazzante …” Si scambiarono un sorriso sottintendendo di esser perfettamente d’accordo su quel punto. “ … ma sa dare buoni consigli.”
“Bene.” In fondo, perché non avrebbe dovuto?
Al di là della mia stupida fedeltà, Lily è mia amica. E mi ha spesso detto che vorrebbe vedermi con qualcuno. Dovrebbe, a regola, essere contenta.
Si sentiva stranamente soddisfatto a pensarlo. Lily aveva il suo scozzese e lui sarebbe uscito con Ama; sulla carta, era precisamente ciò che era giusto accadesse.
“Glielo chiederò.”
 
****
 
Diagon Alley, Mezzogiorno.
 
Come Rose aveva immaginato, l’idea di anticipare l’addio al nubilato era stata presa in più gradi di perplessità; sedute al solito cafè che, da quando avevano tutte abbandonato Hogwarts, era diventato meta fissa dei loro pasti, Violet, Roxanne e Lily stavano dando la loro opinione. Molto rumorosamente.
“Non se ne parla! Così, dal nulla… con una settimana di preavviso! Scorpius e le sue idee folli! E tu che gli dai retta, Weasley!”
“Dai, non mi sembra così tragica … a trovare un posto carino dove divertirci e far perdere i vestiti a qualche bel ragazzone ci mettiamo un attimo.” Una pausa in cui Lily l’aveva guardata lasciva da sopra la tazza fumigante di caffè. “Sottolineo la necessità di bei ragazzoni. Nu-di.”
“Sta’ zitta sciagurata.” Rose si massaggiò le tempie, sentendosele dolere: voleva bene a sua cugina, ma c’erano momenti in cui avrebbe desiderato lanciarle un Silencio più di ogni altra cosa al mondo. Possibilmente perenne. “Non avremo uno spogliarello come Scorpius non avrà delle Incantatrici.”

Lily la guardò come se l’avesse schiaffeggiata. “Ma che addio al nubilato è altrimenti?”
“Uno con del buongusto.” Si inserì Violet.
La cugina parve ignorarla rivolgendo invece un sorriso amorevole ad Alexandra, che pareva del tutto mesmerizzata dai riflessi della sua collana da come tentava di afferrarla per mettersela in bocca. “Tu che dici streghetta?” La apostrofò. “Lo affittiamo un bel maschione unto per l’addio al nubilato di zia Ro…”
A quel punto trovò necessario lanciarle un pezzo di croissant attraverso la tavola imbandita.

“Non parlare di quella roba con una bambina in braccio! Roxanne, dille qualcosa!”
L’altra cugina inarcò un sopracciglio, apparentemente più interessata a spalmare marmellata su un bagel che a preservare l’innocenza di sua figlia. “Lexie ha poche settimane.” Sbadigliò. “Non capisce una parola di quel che le dici. Fidati, o dormirei molto di più.”
Lily sogghignò soddisfatta. “Infatti. Ha tutto il tempo del  mondo per ascoltare i saggi precetti di zia Lily.”
Ormai certa del disinteresse di Roxanne, Rose decise di lavarsene le mani per concentrare le sue attenzioni su Violet, la quale sembrava sul piede di guerra da come infilzava la pancetta che aveva nel piatto. “Letty, Lily ha ragione … non credo sarà difficile prenotare un paio di camere da letto in un resort carino, magari con una Spa, no?”
“Andiamo in mezzo ai Babbani?” Violet arricciò le labbra, prima di alzare gli occhi al cielo quando si vide fissata con disapprovazione da ben tre paia d’occhi. “Scusate tanto se non mi fido dei loro metodi per rilassarsi … Usano vasche piene di sale e piscine di acqua bollente!”

“Esattamente che idee hai dei centri benessere Babbani?” Interloquì Lily divertita. “Le fai sembrare case dell’orrore.”
“Perché, non lo sono?” Replicò l’anglo-francese, inarcando un sopracciglio da perfetta aristocratica Purosangue. A volte Rose si chiedeva se lo facesse più per posa che per reale convinzione. Per quanto ne sapeva Dominique andava pazza per il Mondo Babbano e vi trascinava l’altra di continuo.

Lily prese un biscotto e lo porse ad Alexandra, con una naturalezza materna che faceva a botte con la sua espressione lussuriosa. “Ne ho frequentato uno, a Marrakesh … Interessante, specie per la mancanza assoluta di vestiti e per la promiscui…”
No.” Ripeté con forza mentre l’altra se la sghignazzava beata, spalleggiata dal sorrisetto perfido dell’altra cugina. “Niente saune promiscue camuffate da Spa. Pensavo ad un fine settimana tra di noi, con la campagna inglese e trattamenti rilassanti. Ne abbiamo tutte bisogno.” Fece notare. “Roxie, hai due occhiaie che fanno paura…”
“Se dormissi tre ore a notte le avresti anche tu.” Mugugnò questa pulendo il visetto sporco della propria  bambina. “Stamattina pensavo di aver visto una Pluffa in soggiorno invece stavo solo avendo le allucinazioni. Dion ci ha messo mezz’ora a convincermi che non mi stava puntando.”

“E Letty, ultimamente in ufficio ci stanno facendo a pezzi…”
Violet annuì con una smorfia eloquente. “Sono dei dannati Dissennatori.”
“E per me ogni scusa è buona per scappare dal grigiore della quotidianità!” Concluse Lily. “Comunque sul serio, che sia ora o tra un mese è lo stesso … ci divertiremo!”
“Niente spogliarellisti però.”
La cugina alzò gli occhi al cielo. “Ma dai…” Sbuffò lanciando un’occhiata supplice a Roxanne, che per fortuna scosse lentamente la testa. “… oh, va bene, come volete.” Borbottò.

“I ragazzi cosa fanno?” Si informò Roxanne.
Rose scrollò le spalle finendo quello che restava della sua colazione, visto che Violet stava guardando l’orologio con una certa urgenza: il lavoro di MagiAvvocati non aveva giorni di riposo fissi e infatti avevano un’udienza congiunta per quel pomeriggio. “Credo una bevuta al pub e una partita a carte con tanto di scommesse forti e perdita di indumenti. Conosci i modi di divertirsi di Scorpius…”
Lily inarcò le sopracciglia. “Posso andare alla loro, di festa?”

Tentò di rifilarle un calcio sotto il tavolo, ma era difficile prendere una persona tanto minuta attraverso un intero tavolino. “Eddai! Lo faccio solo per salvare il pudore dei più timidi!” Si difese. “Se c’è una ragazza forse non finiranno tutti a lanciarsi le mutande da un lato all’altro del locale.”
Rose scosse la testa. “Ci sarà Domi con loro, pensi che si fermeranno? Vuoi davvero vedere gente come Prince che insegue le proprie mutande perché Jamie gliele ha fatte volare via?”
Lily arrossì. “No, no. Forse è meglio se rimango con voi…”
Eh?

Non doveva essere l’unica ad aver registrato il bizzarro comportamento della cugina, perché lo sguardo di Roxanne, perso fino a quel momento in allucinazioni da mancato sonno, tornò lucido e attento. Lily in compenso non sembrava essersi accorta di nulla perché districò le piccole dita di Alexandra dalla sua collana e continuò. “A parte gli scherzi, credo che il fratello della madre dei gemelli Finnigan lavori in uno di quei posti di lusso vicino a Bath. Mi informo?”
“Sì, informati.” Tagliò corto Violet prendendo la valigetta e facendole cenno di fare lo stesso con la sua. “Weasley, dobbiamo andare … Ho ricevuto un messaggio su Specchio proprio adesso. Pare che il nostro assistito stia avendo una crisi di nervi.”
“Di nuovo?” Sbuffò, scusandosi con un’occhiata. “Sì, fallo. Se ha un indirizzo web poi mandamelo.”
Rose si allontanò con Violet, chiedendosi se non avesse per caso mancato un’opportunità ad indagare sulla strana reazione di Lily.

Lily che arrossisce quando si parla della nudità di un ragazzo. E guarda caso, tho, è il solito Prince.
… la imbarazza pensare a Prince nudo?
Scosse la testa: forse Roxanne non era l’unica ad avere le allucinazioni.
E se non lo erano, non erano comunque fatti suoi. Per fortuna.
 
 
Lily sapeva di avere gli occhi di Roxanne puntati sulla nuca ma non aveva idea del perché. Essere una LeNa non la risparmiava dalle facce di bronzo, e la sua amata cugina rientrava alla perfezione nella categoria. Non aveva bisogno dell’Occlumanzia per rendersi incomprensibile.
Quindi, aspettando che l’altra cominciasse a parlare – perché era solo questione di tempo – finì quello che restava del proprio brunch.
“Come va con Scott?”
Inarcò le sopracciglia, appoggiando la tazza al tavolino. “Bene.” Fece spallucce. “Cioè, il solito direi.”
“È andato bene il vostro fine settimana scozzese? Non me ne hai parlato per niente…”
“Beh, sai, c’è stato altro da raccontare.” Obbiettò. “Comunque sì, è stato carino… Cioè, lo sai che non sopporto i suoi amici, ma lui è un tesoro e Edimburgo è meravigliosa.” Stava cominciando a intuire dove voleva andare a parare l’alta ma non capiva il motivo per cui lo stesse facendo.

Ho dato qualche segnale per cui si può pensare che sia insoddisfatta del ragazzone? Non mi pare.
“Hanno continuato con la storia che siete perfetto materiale da matrimonio?”
Roteò gli occhi al cielo, calmando la stilla di forte disagio che le suscitò il ricordo. “Sì, lo sai … Scotty ci prova a farli star zitti, ma quei due paiono non voler altro dalla vita che vederlo nel club dei felicemente accasati.”
“Devi proprio piacergli.” Osservò mentre cullava Alexandra, ormai per fortuna prossima ad uno dei suoi sonnellini. “A quei due, intendo.”
“Non lo so…” Scrollò le spalle. “Certo, sono adorabile e bellissima, ma credo che più che altro lo vogliano veder sposato. Con chiunque.”

“E tu?”
“Io cosa?” Quella conversazione non le stava piacendo, ma purtroppo non c’era mai un modo semplice ed efficace di scappare alle domande trancianti di Roxanne Weasley-Radescu.
A dirlo così, sembra una marcia militare.
“Stai assieme a Scott da un bel po’ di mesi ormai, un record personale … L’hai presentato in famiglia e ormai neppure James si fa partire un embolo quando sa che dormi da lui.” Inarcò un sopracciglio. “La pensi sul lungo periodo o aspetti solo il prossimo?”
“Non aspetto…” Aprì la bocca per protestare, ma poi la richiuse quando vide lo sguardo dell’altra. Roxanne non era una LeNa ma era sempre stata capace di leggerle dentro con la facilità con cui Nonna Molly avrebbe sfogliato un libro di ricette.  

Perché le sa tutte a memoria. Mi sa, tutta a memoria.
“Scott non è uno qualunque.” Borbottò incrociando le braccia al petto, in una stupidissima posa difensiva. “È … Scotty. Gli voglio bene, ci tengo a lui … ed è seria. Lo sai che è seria!”
“Sì.” Concordò tranquilla, alzandosi per posare la figlia nella carrozzina e lanciandovi sopra un incantesimo per farla muovere appena quando la bambina prese a piagnucolare, insoddisfatta dalla nuova posizione. “Il fatto è che ultimamente parli poco di lui. Di solito eri una radio rotta su quel che aveva fatto, su quel che ti aveva consigliato di leggere e su quanto fosse un dio del sesso.”
“Non è che abbia chissà quale vita avventurosa, ti racconterei sempre le solite cose … e comunque è ancora un dio del sesso.” Puntualizzò sentendo il bisogno di difendere la propria regolarità sessuale. “Ci siamo ammazzati di sesso a Glasgow.”  Anche se da allora non si erano ancora visti, né tantomeno avevano passato la notte assieme.

È che non abbiamo tempo.
Bugiarda. La tua giornata lavorativa finisce di venerdì. Perché ieri notte non sei andata da lui? La verità è che non hai neanche pensato di dormire nel suo letto in questi giorni.
… in compenso c’è un altro letto in cui hai dormito.
Dormito! Dormito e basta!
La sua smorfia colpevole – di cosa poi? – dovette essere eloquente perché Roxanne smise di rivolgere le proprie attenzioni alla figlia e le lanciò un’occhiata storta. “Che hai combinato?”
“Niente!” Buttò fuori rapida, suonando falsa alle sue stesse orecchie. Afferrò il tovagliolo e trovò del tutto proficuo stritolarlo tra le mani. “Okay, premetto che non ho tradito Scott.”
La cugina si massaggiò la sella del naso chiudendo gli occhi: lo faceva ogni volta che stava per confessarle un’alzata di ingegno.  
Che cavolo, stavolta non ho fatto niente di male!
“Sai che Ren ha perso il caso, no, per … per problemi personali.” Non scese in dettagli, che era roba da auror e comunque non era il punto della storia. “Ha passato un brutto quarto d’ora dopo … Un quarto d’ora durato una giornata e … beh, morale della storia l’ho portato fuori a cena per consolarlo.”
“Ci hai fatto sesso da ubriaca.”
“No!” Strillò facendo voltare praticamente tutti gli avventori del caffè, compresi i camerieri. Si schiarì la voce, facendo finta di niente. Era la strategia migliore. “No, non l’ho fatto…” Disse più calma. “Mi sono solo addormentata nel suo letto. Ci ho dormito assieme, come dormirei con Al o Jamie, tutto qui.”

Roxanne crederle da come rilassò le spalle. “E poi?”
“E poi niente. Ci siamo svegliati, salutati e … beh, Ren mi ha fatto un regalo, ma è tutto qui.” Ribatté un po’ piccata. Va bene, aveva avuto un’adolescenza burrascosa dal punto di vista sentimentale, ma si era calmata. Era maturata.
Non sono più la diciottenne che rischia di sposarsi a Las Vegas! Non è che ogni volta che divido un letto con qualcuno l’esito è uno solo!
Nonostante le sue idee in merito, le sopracciglia dell’altra scattarono all’insù come parentesi imbizzarrite. “Sören ti ha fatto un regalo dopo che avete dormito assieme?”
… okay, questo suona male.
Scosse quindi la testa con decisione. “Era un regalo che aveva già deciso di farmi. È solo mentre ero lì.” Alzò gli occhi al cielo. “Puoi piantarla di guardarmi come se ti avessi appena detto che ho partecipato ad un’orgia?”
“Forse sarebbe stato meglio.” Replicò lasciandola di stucco. “Lily, hai un ragazzo … perché diavolo dormi nel letto di un altro?”
“È stato un caso, non…”
“Sören Prince non è tuo fratello.” La interruppe con il cipiglio delle grandi occasioni. “Tralasciando il passato che avete condiviso assieme…” E dal tono lo stava tralasciando solo per non aprire una parentesi enorme. “… non è la persona con cui si suppone dovresti condividere il letto. Scott lo sa?”

“Perché dovrebbe saperlo?” Replicò con una nonchalance che era ben lungi dal provare: si rendeva conto che, a vederla da un occhio esterno, quella situazione non era proprio priva di malizia. “Ren è il mio migliore amico, non c’è stato niente di sconveniente.”
Roxanne rimase in silenzio; quello che apprezzava della cugina era che non partiva subito a razzo con le congetture e i giudizi, come per esempio faceva Rose. Ma era solo questione di tempo prima che le dicesse la sua.
Roxie è inevitabile. Come le tasse Babbane … e la morte.
“Già solo il non averglielo detto non è una bella cosa, Rossa. Se dormisse con una sua amica senza dirtelo, a te farebbe piacere?”
“Dipende dall’amica.” Non si sarebbe fatta mettere sotto; non aveva fatto niente di male e il solo sospetto di Roxanne gettava una luce squallida sul rapporto tra lei e Ren. E questo la faceva infuriare. “Sören non si approfitterebbe mai di una situazione del genere!”
A questo l’espressione della cugina si ammorbidì. “Non sto dicendo che avete fatto qualcosa alle spalle di Scott … So quant’è corretto lui, e quanto sei onesta tu quando ti impegni.” Sentendo Alexandra piagnucolare mise la mano dentro la carrozzina per sistemarle la coperta. “Ma ti conosco da una vita Lily, e mi rendo conto quando le tue attenzioni cambiano binario.”
Si sentiva la bocca secca e la singolare urgenza di darsela a gambe lasciando il conto impagato: e visto che toccava a lei offrire non sarebbe stato carino. “Che intendi dire?”

Roxanne, sospirando all’ormai incipiente pianto della figlia, la prese e cominciò a cullarla. Nonostante il gesto materno, gli occhi erano feroci depositari di verità. “Che da quando è arrivato Prince, Scott è passato in secondo piano.”
“Non è…”
“Tu non ragioni quando c’è di mezzo quel ragazzo.” La interruppe per l’ennesima volta. “Quando c’è lui il resto degli uomini per te scompare. Scott non l’ha fatto, è vero, ma…” Ammise e per Lily fu la scialuppa di salvataggio. Perché si sentiva affogare.

“Perché sono innamorata di Scott.” Sottolineò con forza. Sperò di non averlo urlato, anche se dalle occhiate che si sentiva addosso era piuttosto probabile. “Lo amo, e voglio davvero costruire qualcosa di duraturo con lui! Ren ed io abbiamo un rapporto complicato, okay, ma non c’entra niente con quello che c’è tra me e Scott! È lui che voglio!”
Roxanne accolse la sua confessione accorata con la solita, placida tranquillità con cui aveva sempre accolto ogni suo tracollo nervoso. “Allora devi metterlo in primo piano, Rossa.” Replicò. “Perché credimi, in quest’ultimo periodo non lo stai facendo.”

“Okay, l’ho un po’ trascurato…” Ammise perché continuare su quella strada ormai era inutile: era stata scoperta in flagranza di reato. “Ma Ren aveva davvero bisogno di me, e non me la sentivo di lasciarlo solo… Non posso ancora dividermi in due.”
La cugina non disse niente per qualche attimo, in apparenza più occupata ad accarezzare i riccioli ribelli della figlia e mormorarle sciocchezze a bassa voce. “Lily.” Esordì poi ed era il tono delle grandi rivelazioni, quindi si irrigidì. “Sei sicura che sia Prince ad aver bisogno di te?”
“Che…”
“Non è che sei tu che hai bisogno di lui? La storia degli allenamenti, per esempio…”
“Certo che ho bisogno di lui.” Non era poi questo gran mistero. “Ci aiutiamo a vicenda! Io lo aiuto con i casini che ha … e lui mi aiuta con i miei.”
“E perché non può essere Scott ad aiutarti?”

Non c’era cattiveria, né desiderio di metterla in difficoltà dietro quell’ultima frase, eppure fu come se l’altra le avesse tirato uno schiaffo.
La verità è sempre un ceffone a cinque dita.
“Il tuo mestiere è capire cosa c’è dentro la testa delle persone.” Continuò quieta e spietata. “Forse è ora che ti concentri su quello che c’è nella tua.”
Adorava Roxanne, ma diavolo, se la odiava quando aveva ragione.



****
 
Giardini di Kensington, Ora di pranzo.
 
Godersi il sole quando si degnava di uscire era una sorta di imperativo categorico quando eri in terra d’Albione perciò Milo quella mattina aveva afferrato il giubbotto e si era diretto ai giardini di Kensington, girando senza meta finché non era arrivato per puro caso in un delizioso giardino italiano dotato di fontane e panchine dirette verso la sua stella gigante preferita. Allungato quindi su una di esse, con gli occhiali da sole si godeva il dolce far niente.
Grazie al cielo il principino è andato a smaltire la sua Sehnsucht all’Accademia di duello.
Giorno libero. Ah.
Quando un’ombra gli oscurò la luce aggrottò le sopracciglia. “Mi stai facendo ombra.” Stimò senza aprire gli occhi. “Chiunque tu sia.”
“È così che passi il fine settimana? Ad oziare in un parco cittadino?”

Ormai avrebbe riconosciuto la voce di Maghetto Stronzo anche in mezzo ad una folla di Babbani. “Il parco cittadino in questione è un giardino italiano costruito dai vostri illuminati regnanti, ignorantone.” Ritorse con il piacere di sapere che l’offesa sarebbe andata a segno. “Anzi, c’è una bella storia d’amore dietro … pensa che è stato costruito dal principe Alberto per la Regina Vittoria. Ho visto il film un paio d’anni fa, ho pianto come un bambino.”
Sentì l’altro sbuffare e poi accomodarglisi a fianco. Girando la testa lo vide con la schiena dritta e neppure un asola della giacca sportiva fuoriposto. La tenuta domenicale di Michel consisteva in qualcosa che sembrava uscita dalla settimana della moda di qualche Capitale chic, ovviamente.  

La qual cosa gli faceva venir voglia di prenderlo sull’erba. “Non ti avrei mai fatto un tipo da film romantici.” Rispose infine distogliendolo dai suoi pensieri.
“Ehi, il romanticismo lo abbiamo inventato noi tedeschi.” Gli strizzò l’occhio, facendosi scivolare gli occhiali sopra la testa. “Come mi hai trovato?”

“Ti ho messo addosso un incantesimo di Localizzazione.”
Cosa?
Michel gli lanciò un’occhiata perplessa. “Ti pare? Sono andato al Paiolo Magico ed ho chiesto di te. Hai lasciato detto dov’eri.”

“Sì, per il principino.” Convenne rilassandosi: okay, era stato un’idiota e quel suo scatto meritava delle spiegazioni.
Ma devo proprio?
“Stavo solo scherzando…” Dall’espressione ferita dell’altro doveva; non aveva idea della direzione di quel rapporto, ma di certo non voleva rovinarsi la giornata per dell’ironia travisata.
“Sono un po’ paranoico su quegli incantesimi là…” Spiegò ficcandosi le mani in tasca per avere un posto in cui tenerle. Adorava i jeans, sembravano fatti apposta per ospitarle vita natural durante. “… La Traccia e palle varie. Sono un po’ paranoico sul farmi rintracciare in generale.” Ammise a mezza bocca.
“Perché?”
Non poteva biasimare la curiosità del maghetto; specie perché aveva messo in chiaro fin da subito che voleva sapere tutto di lui. Scrollò le spalle, sentendo il solito legaccio attorno al petto. “Diciamo che c’è gente che non voglio sappia dove sono.” Si limitò a dire. “Niente di pericoloso, né debiti da, eh…” Soggiunse perché si poteva pensar male. “Solo … gente che non mi va di vedere.”
“La prossima volta ti chiamo.” Fu la replica quieta e quando alzò gli occhi – detestava abbassarli in quelle circostanze, ma gli veniva naturale – trovò solo un sorriso.

Il maghetto bastardo stava giocando bene le sue carte.
“È okay.” Borbottò avendo l’orrenda sensazione di comportarsi come un adolescente riottoso. Quel giorno era l’altro in controllo della situazione. Se lo scambiavano a vicenda. “Ma tu non hai roba da burocrate da burocratizzare?”
“Oggi è sabato, anche a noi colletti bianchi danno un giorno di buonuscita.” Ironizzò. “E volevo vederti.”
Bene davvero.

Perché non stava dicendo niente di che, ma era come lo stava dicendo. Con la naturalezza di una persona che voleva sul serio passare del tempo con lui.
E non con Milo, bello. Con Emil.
“Guarda che il mio sabato è meno entusiasmante di quanto pensi.” Ribatté con una scrollata di spalle. “La prima parte, almeno … Mi addormento al sole e poi torno a casa, o in questo caso in quel fetido buco che osano chiamare locanda, e mi esercito un po’. È la sera che divento divertente.”
“Allora se non hai niente da fare posso invitarti a pranzo.”
Si era fregato con le sue mani. Non che fosse una sconfitta così tremenda. “Sì, beh … perché no?” Cercò di suonare più scazzato che poté, ma non stava facendo un gran bel lavoro.

Oh, come se fosse il primo tizio che ti invita a pranzo!
… beh, di solito il pranzo lo scrocchi post-scopata.
Questo la diceva lunga su quanto fallimentare fossero le sue capacità relazionali.
E poi il principino viene chieder consiglio a me per le sue pene d’amore. Poveraccio.
“Cos’è, un appuntamento?” Gli uscì brusco quando si furono alzati in piedi e Michel si fu acceso una sigaretta. Ora suonava ufficialmente come un adolescente riottoso.
L’altro gli passò il pacchetto e lo guardò stupito. “Certo che lo è.”
“Ah. Okay…” Annuì perché non aveva idea di come reagire a quella spudorata sincerità. Era di certo una nuova tecnica per farlo capitolare.
E cazzo, stava funzionando.
 
Gli sembrava di addomesticare un gatto randagio.
Il paragone era particolarmente azzeccato considerando che Emil l’aveva seguito all’interno del ristorante che aveva scelto – non distante da là e con una meravigliosa vista su Hyde Park – con la prudenza di chi si aspettava una fregatura da un momento all’altro.
Quell’atteggiamento sfuggente avrebbe forse smontato qualcun altro, ma lui aveva passato anni a morir dietro ad un ragazzo che non voleva saperne di lui.
Ho esperienza nei rifiuti. E qui non mi si sta rifiutando.
Chiese quindi al maitre di sala il tavolo migliore e quello dovette intuire la capienza della sua borsa da come lo pilotò proprio di fronte alle vetrate nonostante il posto fosse affollato.
Ottimo.
“Cos’è, gli hai lanciato un Imperius?” Borbottò l’altro, ma non gli sfuggì come si guardò attorno impressionato: al di là dell’aria trasandata e l’eloquio di strada, era evidente che  apprezzasse quanto lui i tavoli con vista, l’eleganza di posate scintillanti e le tovaglie immacolate.
È cresciuto nel mio stesso ambiente. Certe cose non possono non mancarti.
“No, non serve. Ha guardato come sono vestito ed ha capito cosa volevo.” Replicò sciogliendo il tovagliolo e mettendoselo sulle ginocchia. “Il guardaroba è il miglior biglietto da visita di un uomo.”
Emil inarcò le sopracciglia, incrociando le braccia al petto e scivolando un po’ sulla sedia. “E il mio allora cosa dice?”   

Accolse la sfida ed intrecciò le dita sotto il mento: scansionò i jeans slavati ad arte e la maglietta tesa alla perfezione sulle spalle e sui bicipiti. “Sembra che non ti importi di quello che indossi, purché riesca a farti rimorchiare in un club pieno di bei ragazzi.”
L’altro mise su la solita faccia da schiaffi. “Magari è così. Non sono uno che sta un’ora a mezzo ad analizzare il proprio armadio come te, maghetto.”
“Invece credo di sì.” Ribatté. “Quei jeans e quella maglietta probabilmente costano quanto quello che indosso io. La differenza sta solo in cosa esprimono.”

Emil spalancò la bocca, ma la richiuse mentre un delizioso rossore gli tinse le guance.
Sì. Ho vinto io.
Fu un peccato essere interrotti dall’arrivo del cameriere con i menù. Dopo avergli consegnato però le proprie ordinazioni, l’altro riprese la conversazione di sua sponte. “Stai dicendo che la mia è tutta scena?”
Se lui era permaloso, anche Emil non era da meno. “Sto dicendo che metti un grande sforzo nel far passare il messaggio che sei un tipo frivolo e a cui piace divertirsi.”
“Anche tu ti ci impegni a sembrare uno stronzo pieno di pregiudizi.”
La frecciatina se l’era aspettata, quindi non se la prese. Aveva intuito che Emil mordeva solo quando sentiva dolere. “Perché è quello che ci si aspetta da me e non nego di esserlo, in parte. Qual è il tuo motivo?”

L’altro bevve un sorso d’acqua. “È un appuntamento o un terzo grado?”
“Di solito agli appuntamenti ci si scambia confidenze.”
“Beh, non mi va di scambiare questa confidenza.” Sbottò brusco. Non fece in tempo a chiedersi se avesse esagerato che Emil fece una seconda smorfia. “Scusa … te l’ho detto, non sono tipo da chiacchierate a cuore aperto. Mi mettono ansia.”

Quella confessione era una vittoria, anche se piccola. Michel ne gioì in silenzio e fece scivolare la mano sopra quella dell’altro. Emil si irrigidì, ma era più sorpresa che fastidio, perché non lo scacciò anche se ritrasse appena le dita. “Non mi aspetto che mi sciorini tutta la tua vita in tempi brevi … ma ho detto che voglio conoscerti e non ho cambiato idea.”
“Sei testardo, inglese.” Sbuffò e in quel momento sembrava proprio un gatto randagio che tentava di capire se la mano che gli veniva tesa era per strangolarlo o per fargli una carezza.
Non era difficile immaginare quante volte fosse capitata la prima opzione.
Strinse la presa e fu contento quando sentì che lo ricambiava. Poco, ma era qualcosa.
“Non immagini quanto.”
 
****
 
Diagon Alley, Accademia Nazionale di Duello.
Pomeriggio.
 
Lily avrebbe voluto lanciarsi un Oblivio; aveva accarezzato a lungo quell’idea, praticamente per tutta la mattina e buona parte del pomeriggio. Purtroppo aveva una cosa chiamata spirito di conservazione, e il maledetto le impediva di sciacquarsi via di dosso la conversazione con Roxanne.
Inspirò, stringendo con convinzione la borsa mentre entrava nella mole vittoriana ed elegante dell’Accademia Nazionale di Duello. Quel posto gli era sempre piaciuto – pieno di bei ragazzi – ma in quel momento le sembrava l’anticamera dell’inferno.
Dopo quello che Roxie mi ha detto … Come faccio ad allenarmi con Ren?
Si sentiva confusa, e vedere l’amico non avrebbe certo aiutato.  
Roxie dice un sacco di cavolate! Non è perché se trascuro un po’ il mio ragazzo automaticamente penso a qualcun altro! Ho solo avuto tanto da fare.
… Con Ren.
Cavolo!
Entrando negli spogliatoi rilesse il messaggio che aveva mandato a Scott e la sua risposta: quella sera si sarebbero visti per una semplice cena e un film a casa sua, il genere di serata che entrambi preferivano.
Non può essere sempre tutto piste da ballo e tacchi vertiginosi.
Aveva bisogno di un po’ della serena routine che era riuscita a creare con il suo scozzese.
Passerà. È che sei abituata a bere le parole di Roxie come oro colato, ma neanche lei può sempre aver ragione su tutto. Diamine, non è l’Oracolo di Delfi!
Dopo essersi cambiata si diresse verso uno degli specchi che le restituì un’aria piuttosto graziosa per una che aveva passato le ultime ore a sbattere la testa.
Forse avrei dovuto rimandare …
La verità è che non se l’era sentita di farlo: quegli allenamenti, per quanto sfiancanti, le lasciavano addosso la sensazione di aver fatto qualcosa di concreto per combattere le proprie paure e nonostante l’approccio abbastanza dittatoriale di Sören, per la prima volta in vita sua aveva controllo completo della sua magia.
Sarebbe un buon professore. Dev’essere di famiglia.
Per non interrompere il corso di quei pensieri positivi entrò nella saletta con un sorriso stampato in viso. “Ehi Ren!” Lo salutò vedendolo armeggiare con il tabellone segnapunti. “Eccomi qui!”
“Ehi. Ben’arrivata.” Sembrava così contento di vederla che si sentì in colpa ad aver pensato di bidonarlo.
Per le mie pare mentali poi!
“Fammi controllare il corpetto.” Le chiese aggirandola per controllarle le chiusure dietro la schiena; era un gesto che faceva ogni volta quindi non c’era alcun motivo per sentirsi a disagio.
Si sentì a disagio.
Non si era mai accorta di quanto il respiro dell’altro fosse caldo e di come le mani fossero salde; cioè, se n’era accorta ma non l’aveva mai notato. La fisicità tra di loro era sempre stata strana, con momenti in cui abbracciarsi e toccarsi pareva inevitabile come altri in cui anche il solo sfiorarsi delle dita faceva rinculare l’altro come se l’avesse ustionato.
È evidente che ormai si è abituato a toccarti anche in situazioni normali. 
Non sapeva però se fosse un bene o un male. Al momento era troppo occupata a tenere i suoi pensieri in una direzione che non implicasse una fuga verso il primo drink disponibile. “Troppo stretto?” Le chiese facendo capolino dalla sua spalla. Lily si rifiutò di sobbalzare e scosse la testa.
“No, va alla grande. Non vogliamo che mi restino brutti lividi e bruciature, no?” Scherzò. “Voglio dire, con la pelle meravigliosa che mi ritrovo…”
Sören non  parve percepire il suo imbarazzo. “No, non lo vogliamo.” Replicò divertito. “Sei pronta?”

“Nata pronta!”
Oh Merlino, nata pronta. Nata pronta: l’ho detto sul serio?

Era una fortuna che Sören non fosse capace di capire quando una battuta era incredibilmente ridicola; perché ne avrebbe fatte altre, ne era sicura.
Almeno non si è accorto che sono un fascio di nervi…
 
Lily era un fascio di nervi.
Non bisognava essere esperti dell’universo muliebre per capire che aveva la testa in un posto poco piacevole. E questo ovviamente, facendole sbagliare un movimento di bacchetta che era riuscita a compiere senza sforzi la volta precedente, la faceva diventare sempre più irritata e confusa.
“Lily.” La fermò quando la barriera che tentava di lanciare tremolò e si dissolse in uno sbuffo argentato per l’ennesima volta. “Facciamo una pausa.”
“No, ce la faccio!” Protestò testarda. “L’altra volta ci sono riuscita … è una cosa così stupida!”
“Creare un incantesimo scudo di quarto livello non è mai una cosa stupida.” La corresse gentile, eliminando la distanza tra di loro e abbassandole il braccio. Dopo una lieve resistenza l’altra cedette. “Non sei concentrata, così non ha senso continuare.”
Sono concentrata!” Sbottò guardandolo con rabbia. “Mi sto spaccando la schiena da un’ora!”

Sören batté le palpebre confuso: non si era aspettato quello scoppio ma ancor meno si aspettò le lacrime che le riempirono gli occhi. “Lily…” Mormorò sconcertato. “Cosa c’è?”  
L’altra per tutta risposta tirò su con il naso, girò le spalle e tentò di darsela a gambe allontanandosi a grandi passi verso l’uscita. “Lily, torna qui!”  
Ma che ho fatto di male?
Forse era stato troppo severo, ma parve funzionare, perché l’altra si bloccò, voltandosi per guardarlo con occhi lacrimosi. “Forse è meglio se per oggi la smettiamo qui, hai ragione.” Pigolò con una voce così fragile che si sentì immediatamente un orco ad averle urlato addosso. “Non… non mi sento tanto in forma.”
Sören sospirò: qualsiasi cosa fosse successa era suo dovere indagare e risolvere, se possibile.
“Lilian…” La chiamò con quello che era diventato ormai un vezzeggiativo alla stregua del sempiterno ‘Ren’. “C’è qualcosa che ti turba, è palese. Puoi dirmi cos’è?”
 
Sicuro! Potresti spiegarmi come mi levo dalla testa l’idea di preferire te al mio ragazzo?
Era questo che avrebbe voluto dirgli, ma ovviamente non era un’idea brillante se non voleva incasinare le cose in maniera definitiva, trascinandovi il suo povero, ignaro amico.
Aveva bisogno di riflettere su quello che le aveva detto Roxanne, invece di soffiarci contro ed evitarlo, tutto lì. Ma non era semplice farlo con lo sguardo preoccupato di Sören piantato addosso.
“Ho … ho avuto una brutta giornata. Una discussione.” Riassunse. “Con Roxie e … beh, come riesce ad entrarmi sotto la pelle lei, nessuno mai.”
“Spero niente di grave.”
“No, no … una sciocchezza.” Stornò agitando la mano e sperando di essere convincente a gesti, se non con il tono. “Cose da cugine.” 
“Capisco.” Sören si passò la bacchetta tra le mani nella tipica maniera impacciata dei ragazzi quando cercavano di gestire una crisi isterica femminile.
Tanta buona volontà, sostanzialmente inutili.
“Posso fare qualcosa?”
Oh, Merlino.
L’impulso di abbracciarlo fu talmente forte che fu quasi come prendere uno schiaffo in faccia. Non era una buona idea, comunque. Non se ne aveva una voglia così terribile.
A quanto pare si può sviluppare una dipendenza dagli abbracci. Graaande.
“No, guarda … penso che la cosa migliore è che vada a casa e mi faccia un bel bagno caldo.” Gli strizzò l’occhio. “Non preoccuparti, sto bene.”
Non posso scappare da una lezione dopo che gli ho chiesto espressamente di rimanere per farmi lezione!

Sören sembrò rilassarsi e annuì. “Ti accompagno.” Esitò, poi assunse un’aria decisa ed aggiunse. “Ma prima che tu te ne vada … posso parlarti di una cosa?”
Okay. E questa?
“Certo!” Rispose comunque dandogli una sana e fraterna pacca sulla spalla. “A disposizione.”
 
Di fronte a due bicchieri di the freddo Sören aveva perso tutto il coraggio.
Una cosa era parlare di Ama a Dionis, un ragazzo, una persona capace di capire la sua visione del mondo una cosa era parlarne a … Lily.
Senza sentirti come un traditore.
L’amica in compenso sembrava essersi ripresa dalla crisi perché bevve un sorso dal proprio bicchiere e squadernò uno dei suoi sorrisi incoraggianti, tali da far riuscire a confessare persino un criminale recidivo.
Ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale.
“Beh?” Esordì. “Di che volevi parlarmi?”
Sören giocherellò distrattamente con l’anello. Decise di averci girato attorno si troppo, ed era ridicolo alla sua età e con la sua storia personale, veramente. “Vorrei chiederti un consiglio sentimentale.”
L’altra lo guardò come se non avesse capito, la qual cosa lo fece sentire un autentico idiota. “Sentimentale?” Gli ripeté, ma prima che potesse anche solo aver il tempo di rimangiarsi la frase, aggiunse. “Un consiglio su una ragazza?”

Ormai sei in gioco.
“Sì.” Convenne. “Ama mi ha chiesto di uscire … per un appuntamento. Romantico.” Aggiunse un po’ inutilmente. Ma forse no, dopotutto lavoravano assieme, bisognava esser precisi.
Quest’intera faccenda è troppo complicata. Torna sotto il tuo sasso, principino.
Lily in compenso continuava a guardarlo con quella buffa espressione di sorpresa dipinta in viso, quasi avesse appena visto entrare un Ippogrifo su due zampe.
Non ti considera neanche capace di avere un appuntamento.
“Sì, sono rimasto sorpreso anch’io.” Ammise irritato: certo, era un disastro relazionale ambulante, come sosteneva Milo…
Ma crede davvero tanto incredibile che una donna possa ritenermi desiderabile?
 
Reagisci cretina!
C’era una vocetta, lieve ma persistente, che le urlava di piantarla di fissare Sören come se fosse una specie rarissima di Mandragola. Quella vocetta aveva ragione, naturalmente, perché l’amico le aveva appena detto una cosa importante, chiedendole un parere, e sarebbe stato carino avere almeno una reazione.
Ama gli ha chiesto di uscire.
Ovvero la ragazza che era sembrata così preoccupata dalla sua sparizione da essere antipatica, la strega che si era inalberata quando le aveva chiesto di farsi da parte. La tizia che aveva una cotta per lui, a quanto le aveva detto Milo.
… quella grandissima stronza!
Con il cervello inceppato tentò quindi la prima cosa che le venne in mente. “È grandioso!” Esclamò con la stessa convinzione che avrebbe messo nel convincere Gilderoy che le sue Pozioni non avevano un sapore orrendo. Che tra l’altro si trovava al momento curiosamente in bocca. “Uhm … ben fatto.”
Che cavolo sto dicendo?
Sören le scoccò un’occhiata perplessa. “Grazie.” Rispose. “Quindi pensi che debba uscirci?”
No!
… non fare la cretina.
“Sì … certo.” Al di là della sua tempesta emotiva doveva essere una buona amica per Sören, come lui lo era stato per lei. E poi rispondere ‘no’ avrebbe portato a richieste di chiarimenti troppo scomode. “Voglio dire … quando una ragazza ti piace e lei fa la prima mossa, di solito è una buona idea dirle di sì. Perché … ti piace, giusto?”
Sören si mosse sulla sedia quasi fosse irta di aculei, e non rispose.
“Ren, sì o no?” Chiese con un tono che doveva urlare interrogatorio e uso illegale del Veritaserum. Non riusciva ad importarle. Era troppo arrabbiata.
“Sì.”
Era ovvio. Avrebbe dovuto immaginarsi che prima o poi sarebbe uscito dal bozzolo di introversione e timidezza che l’aveva avviluppato per la maggior parte della sua esistenza disastrata per diventare un mago con una vita sentimentale normale. E ne doveva gioire, perché finalmente aveva trovato una strega capace di ignorare il suo passato per concentrarsi sulla persona meravigliosa che era nel presente.
Perché non gioisco?
Perché sono gelosa.
Realizzarlo fu come esser traditi dal suo stesso cervello. E non era una bella sensazione.
Inspirò, tentando di calmarsi e comportarsi come la Lily di cui l’altro aveva bisogno. “Allora esci con lei.” Gli mise una mano sul braccio e lasciò che fosse l’affetto che provava a parlare. “Il primo appuntamento fa paura, lo capisco. Pensi che farai un disastro, ma non è così, okay? Io sono uscita con te un sacco di volte, e sei una compagnia adorabile, posso assicurartelo.”
“Non è la stessa cosa.”
No, non lo è.

Strinse la presa sul braccio dell’altro. Era un gesto che serviva a lei a dirla tutta. “Andrà bene.” Lo rassicurò con il suo sorriso migliore. “Hai il diritto di essere terrorizzato, hai il diritto di preoccuparti per cosa ti metterai e di cosa parlerai … hai il diritto di essere felice con una ragazza. Quindi fallo se è quello che vuoi.”
Sören, che l’aveva guardata con quei suoi stramaledetti occhi neri per tutto il tempo, le sorrise. “Grazie, lo farò.”
Ora sì che aveva voglia di sbattere la testa contro un muro.
 
 
Roxanne accoglieva il sonno della figlia come un miracolo. Per questo, quando la bambina finalmente scivolò senza scossoni nel mondo dei sogni, si diresse verso il divano e lì vi franò dentro, godendosi il silenzio della casa e persino della mancanza di Dionis, che per quanto fosse un tesoro, aveva la malaugurata abitudine di riuscire a svegliare la piccola ogni volta che metteva piede in casa.
Quindi, quando sentì il cellulare vibrare nella tasca della felpa fu tentata di liquefarlo con un Incendio.
Diede un’occhiata al display e ci andò maledettamente vicino.
Lily.  
Non aveva bisogno di usare falsa cortesia con la cugina, quindi andò dritta al punto della faccenda. “Rossa, sto cercando di ricordarmi come si fa a dormire e tu mi hai interrotto. Spero che sia importante.”
“Sono nella merda.”
Lo era.

Si tirò a sedere e si abbracciò rassegnata le gambe. “Che hai combinato?”
“Un casino…” La voce di Lily era vicino alla rottura e questo non era un buon segno: sua cugina poteva essere emotiva, ma quasi mai arrivava al punto da chiamare qualcuno sull’orlo delle lacrime. Era troppo orgogliosa. “Avevi ragione. Come al solito, hai ragione tu.”
Capì subito il cuore del problema. E la persona a cui era associato. “Cos’è successo con Prince?”

“Mi ha chiesto se dovesse uscire con una sua collega.”
Alla faccia del tempismo.
“E tu che gli hai detto?” Non aveva bisogno di dare pareri o dispensare consigli quando Lily era in quello stato d’animo. Solo di fare le domande giuste.
“Quello che gli avrebbe detto ogni buona amica. Che deve uscirci e che sono felice per lui.” Un’altra incrinatura più vicina al pianto. Se la immaginava raggomitolata da qualche parte, in camera propria o chiusa in bagno con l’acqua che scorreva.
La seconda, sento il rumore.
“E invece cosa sei?”
Lily di fronte a domanda diretta capitolava sempre. “Sono gelosa.” Mormorò e poté immaginarsela chiudere gli occhi e stringere i pugni: realizzare era un po’ come irrigidirsi quando si veniva colpiti da una Pluffa. “Non voglio che esca con Ama.”
“Perché?”
“Perché è perfetta per lui. Finirà per innamorarsene, me lo sento.”
“E non vuoi che accada.”
“No.”
Ci fu una lunghissima pausa in cui Roxanne si controllò lo smalto delle unghie e sperò che finalmente Lily potesse mettersi il cuore in pace. Che fosse con Scott o con Sören o con chiunque altro non le interessava.

Rimane ferma in un punto, Rossa. Smetti di scappare.
“Amo Scott…”
“Lo so.”
“Ma non voglio che Ren stia con nessuno.”

“Già.”
“Roxie…” Mormorò infine ed era piuttosto certa che avesse sbattuto la nuca contro il muro dietro di sé: tendeva a farlo quando voleva punirsi. “… dì la verità, sono una persona orribile?” 
“No, Rossa.” Sospirò. “È che sei un casino ambulante.”
Lily ridacchiò, tirando su con il naso in maniera sospetta. “Rimani un po’ al telefono con me?” Chiese con un tono definitivamente lacrimoso. “Puoi anche addormentarti.”
… e arrivederci sonno.
“È proprio quello che ho intenzione di fare.” Commentò mettendosi il telefono nell’incavo della spalla e preparandosi a passare un intero pomeriggio a parlare.
 
****
 
Note:

Dal punto di vista emotivo, le cose si danno una svegliata! ;D
Questa la canzone del capitolo. L’ho cambiata all’ultimo perché praticamente parla di quel che succede. L’altra, che fa comunque da sfondo al capitolo è questa Enjoy!

Poi potrei aver fatto un fanmix Al/Tom su 8Tracks. Quei due mi mancano quando non ne scrivo per un po’.
Per chi volesse vedere gli Italian Garden dove si sono ritrovati Milo e Michel ecco qui
  
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