Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: King_Peter    01/10/2013    3 recensioni
[Attualmente inattiva per mancanza d'ispirazione]
Quattro ragazzi, diversi si ritrovano a dover salvare il mondo di Linphea da un'organizzazione che spadroneggia sulle sue terre e che si fa chiamare "Congrega della Morte".
Presto sangue e dolore bagneranno la terra. Loro sono gli unici a poter impedire lo scoppio di una violenta guerra.
La Congrega sta cercando i Quattro Elementi, grazie ai quali essi potranno attingere alla fonte diretta della vita e controllare la volontà e il sangue di ogni essere vivente di Linphea e degli altri sette mondi ad esso attigui.
L'uomo perderà il proprio libero arbitrio, verrà schiavizzato senza nemmeno accorgersene, compiendo gli ordini dei suoi oscuri padroni.
Scegliere di combattere o consegnarsi ai propri carnefici?
*Il sangue?
L'unico amico di cui ti puoi veramente fidare.
*
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il sangue?
L'unico amico di cui ti puoi veramente fidare.


 
12. Alla luce della Luna
 
*Richard*
 
Buio.
Non si riusciva a distinguere nulla, ma tutto sembrava essere illuminato da una sorta di luce debole, fioca e innaturale.
Mi accorsi che quella luce ero io: sembravo essere quasi trasparente, evanescente, una sorta candela pronta a spegnersi alla prima, minima, folata di vento. Ero scalzo.
Mossi qualche passo, scettico.
Odoravo il pericolo nell’aria, l’odore della paura, l'odore dell’odio puro. Pian piano che mi muovevo si accesero torce solitarie, come fari nel mare, che spazzavano l’oscurità circostante.
Ne presi una e la strinsi più forte che potevo, come se ne andasse della mia vita. Faceva freddo, il gelo si stava insediando nelle mie ossa, anche se ero vestito.
Battevo i denti, involontariamente, e con strofinavo la mano libera sulla pelle, per ricavarne calore. Continuavo a muovermi, senza una meta, senza sapere dove andare, senza sapere dove mi trovavo o dove stavo poggiando i piedi.
Cercai di illuminare la strada di fronte a me: sembrava tutto abbandonato, ricoperto da un fitto strato di polvere e vecchiume.
Un altro passo.
Udii un urlo sovrumano, un urlo di dolore puro: la paura era sparsa nell’aria, palpabile, densa come melassa.
Mi fermai, impaurito e mi guardai intorno, alzando la torcia accesa, cercando di illuminare più buio possibile. Sembrava volermi aggredire, quel buio.
Avevo paura a muovermi, ma mi dissi di farmi coraggio e avanzai di qualche altro passo.
Il buio rivelò una scala, piuttosto ripida.
Udii un altro urlo sovrumano, roco, come se l’anima di colui che l'aveva emesso volesse staccarsi dal corpo. Non riuscivo a capire se si trattasse di un uomo o di una donna.
La parte ragionevole di me spingeva affinché andassi via, trovassi qualche altra uscita, ma la parte curiosa mi pressava perché salissi, salissi quelle scale maledette.
Ovviamente la curiosità, sentimento che muove l'umanità dall'inizio dei tempi, prese il sopravvento.
Era una scala a chiocciola, che saliva verso l’alto come un bruco aspira allo stato di farfalla. L’aria si faceva sempre più fredda, livida. Si creavano nuvolette di vapore condensato, mentre respiravo.
Non c’era un corrimano e non so che fine avrei fatto se fossi caduto. Mi sentivo minuscolo in tutto quello spazio enorme, un ape che cerca il suo fiore, una formica che rintraccia il suo formicaio, un insetto che cerca la sua tana tra miliardi di simili.
Passo dopo passo, non mi accorsi nemmeno che ero in uno stato di leggera corsa. Le scale terminarono, aprendosi ad un corridoio, parzialmente illuminato, tetro, adornato di armi e armature nere, dalle sfumature bianche che vi galleggiavano come pensieri senza meta, come esseri senza volontà.
Ne rimasi affascinato: per quanto fossi spaventato da quel luogo, che percepivo come malvagio, pericoloso, non potei fare a meno di notare quelle armature, stupende.
La torcia rischiarava quel buio così consistente che si sarebbe potuto tagliare con una lama, farlo a pezzetti per rivelare la luce che copriva. Mossi un altro passo, in attesa di qualcosa.
Quel silenzio era innaturale, e io percepivo che stava per succedere qualcosa, qualcosa di brutto, ma continuai a camminare, cocciutamente.
Se c'era una cosa di me che odiavo era proprio la testardaggine, non riuscivo proprio a togliermi qualcosa dalla testa quando avevo deciso di fare o meno quella cosa.
C'erano delle finestre, ma non davano che sul buio più assoluto, tanto che mi incominciai a chiedere dove fossi capitato realmente. I miei piedi scalzi poggiavano su un tappeto peloso, soffice, adagiato in un buio, tetro corridoio. Notai diverse porte, tutte chiuse, nessuna dava segni di vita all'interno della stanza che, in qualche modo, nascondeva.
Non so se fu la mia immaginazione o la mia capacità di impressionarmi, ma avrei giurato di sentire deboli lamenti e sussurri dietro quelle porte.
Ma sapevo, inconsciamente, che la porta che mi interessava era quella in fondo. Percepivo la crudeltà che aleggiava in quel luogo.
Mi si drizzarono i capelli sulla testa, quando sentii l'urlo, lo stesso urlo di poco prima, che proveniva dalla porta che avevo davanti.
Mossi la mano, sulla maniglia, di ferro, fredda, ma quando la stavo per abbassare mi fermai. La prudenza mi venne a far nuovamente visita: e se chi era la dento mi avrebbe fatto del male, se fosse una trappola?
Prima che potessi decidere cosa fare, la porta si aprì, con un sinistro cigolio, scoprendomi alla vista di qualunque cosa ci fosse lì dentro.
La stanza era illuminata da bracieri di bronzo, armi di tortura erano sparse ovunque: sarcofagi riempiti di chiodi, macchine che ti allungavano finché non ti si strappavano i muscoli e provavi un dolore cane, lame intrise di veleno.
Ingoiai il magone che mi era salito su per la gola, lasciando cadere, inavvertitamente, la torcia accesa che sparse il suo calore su quel pavimento ghiacciato.
Legata sia per le gambe che per le braccia, in un angolo dove non vi erano bracieri ad illuminare la scena, sotto la luce cruda della luna quasi piena, c'era una donna, visibilmente sfinita, grondante di sangue e sudore.
Aveva i vestiti a brandelli che la coprivano sino alle ginocchia, una spallina era andata. I capelli, intrisi di sudore, le ricadevano sulle spalle, mentre guardava con occhi stanchi la sua aguzzina, una donna alta, vestita di pelle.
I suoi capelli colore della terra fluttuavano nell'aria, come se non fossero sottoposti alla forza di gravità, rendendola attraente e pericolosa, una sorta di Medusa.
Una sberla, in pieno viso.
"Ti avevo dato un semplice compito, Ilidien." disse, quasi sibilando. L'aria nella stanza sembrò caricarsi di paura e terrore più di quanto ne fosse già intrisa.
"Dovevi infiltrarti a palazzo e poi condurre a noi i due Guardiani con la Rosa, ma non sei capace di fare nemmeno questo."
Stavolta nessuna sberla, ma la donna di pelle caricava ogni parola con un disprezzo tale che sembrava che quelle stesse parole pugnalassero la donna torturata come le lame non sapevano fare.
Un lampo mi attraversò la mente, poi.
Bianca me ne aveva parlato: era la donna che si era gettata dalla finestra del palazzo, a Salismatra. Credevo fosse morta e questo testimoniava quanto ancora avessi da imparare.
Ora eccola, la Dama Arborea torturata da quella che forse era il suo capo.
"Ti avevo detto che dovevi portarmi dei successi." continuò. Ogni volta che apriva bocca, l'aria nella stanza si faceva più fredda, glaciale, come se le molecole sparse nell'aria fossero spinte a congelarsi.
Battevo i denti, non so se per il freddo o per la paura.
"Vi...vi pr..prego" tossicchiò, "Mia...mi..signor..a"
Non potei che provare pena per lei, anche se non si trovava dalla nostra parte. Mi strinsi le mani al petto.
"Sei inutile, completamente." continuò la donna che continuava a darmi le spalle: era terribilmente seducente, per essere malvagia.
Poi una stretta convulsa mi strinse lo stomaco. Successe tutto in un secondo e la donna-Medusa si mosse con un'abilità tale che faticai ad imprimere il percorso del suo braccio nella mente.
L'arma, presa dal tavolo vicino, luccicò violentemente alla luce della luna, stridendo di nero piacere mentre si conficcava nel petto di Ilidien, aprendo la pelle e la carne, facendo sgorgare sangue, trapassandolo da parte a parte.
Quello che vidi fece scattare una scintilla in me, costringendomi ad uscire allo scoperto, anche se ormai non potevo far più nulla.
"NO!" urlai, più forte che potevo, quasi correndo verso Iliedien, ma mi bloccai, quando la donna che l'aveva trafitta si girò e mi rivolse un sorriso gelido, calcolatore.
Mi tappai la bocca, inutilmente, mi mancò l'aria quando i suoi occhi si ancorarono ai miei: due occhi di ghiaccio, dalle pagliuzze dorate che risaltavano sul colore tenue di sfondo.
I capelli castani, che fluttuavano senza gravità, le davano un'aria da dea immortale, il vestito di pelle, nero, stretto al corpo, le donava perché esaltava minuziosamente le sue curve.
Alla vita portava una cintura, per le armi credo.
"Sei arrivato, finalmente." sussurrò, la voce traboccante di male e piacere folle, mentre si rigirava la lama nelle mani, dando le spalle alla donna incatenata, "Sapevo che non avresti saputo resistere, d'altronde l'altruismo è il tuo punto debole, no?" chiese, retoricamente.
Mi si avvicinò, mentre io indietreggiavo, inutilmente, dato che dietro di me c'era solo un muro.
Fummo a pochi passi di distanza: ero letteralmente terrorizzato, la guardavo con gli occhi della preda indifesa.
Ogni singola cellula del mio corpo urlava di allontanarmi da lei, di scappare, di spezzarle il collo, se necessario.
Ogni singola cellula del mio corpo urlava al rifiuto, sentendo l'odore di dolore e morte che portava con sé.
Ogni singola cellula del mio corpo urlava la paura che provava, il sentimento primordiale che la preda prova dinanzi al suo predatore.
Sorrideva, fredda, mentre i suoi occhi luccicavano.
"È un peccato che tu non sia veramente qui." mi disse, trapassandomi il mio corpo con la lama, constatando che ero una sorta di spirito.
Rabbrividii quando vidi che la lama mi stava arrivando dritta al cuore. Buttò via l'arma e si avvicinò al mio orecchio.
"Mi sarebbe piaciuto assaggiarti." sussurrò, con voce suadente. Premetti le mani al muro, per impedirmi di tremare come un idiota, il sangue pulsava forte nelle tempie.
"È uno scherzo?" domandai, con un filo di voce, ingoiando un groppo di paura che mi era salito in gola, alla vista di tutto ciò che mi circondava.
"Cosa?" mi chiese lei, melliflua, sedendosi, accavallando le gambe, su un tavolo dove erano riposte varie armi di tortura, sentendosi a suo agio in mezzo a tutto quel dolore.
Non ebbi la forza di risponderle, ma mi limitai ad indicarle con gli occhi ciò che avevamo intorno, lei scoppiò in una fragorosa risata, pur mantenendo il ghiaccio nella sua voce.
"Le segrete del palazzo della Congrega." rispose, con voce calda, ammaliatrice, "Non avere paura."
Mi sembrò che, se fosse stato possibile, il battito cardiaco aumentò all'impazzata, ma poi,
quando tornavi a guardarla, il cuore si rifiutasse di battere perché pensava solo a scappare.
Provai un tale contrasto dentro di me che mi sembrò che mi stessi dividendo in due.
"Avevo tanta voglia di conoscerti." sussurrò, con fare suadente. Se sperava di ammaliarmi si stava sbagliando di grosso: in quel momento la paura era il sentimento che mi dominava, che dominava il mio cuore, non la voglia di apprezzare qualcosa.
Sorrise maliziosa.
"Eri così attraente quando mi hai gettato contro la furia della Terra, in quell'ufficio."
Fu come se mi avessero appena sfilato il terreno da sotto i piedi, il che non doveva essere una grande perdita per uno spirito, ma mi sentii perso.
"Com'è che si chiamava...Medigan? No. Morgan?" propose lei, con fare pensoso. "No, si chiamava Mark o meglio, Esperimento Megan, n. 12." disse, sottolineando con enfasi l'ultima parola.
"Tu!?" chiesi, a metà tra il sorpreso e l'irritato.
Lei rise.
"Eri attraente, mi sei subito piaciuto Ric, posso chiamarti così, vero?" domandò, continuando a sorridere, maliziosamente, venendo verso di me.
“No.”
“Va bene Ric.”
"Che vuoi da me?" domandai, mettendo insieme quelle parole, sperando di non incastonarci la paura, in esse, "Vuoi uccidermi?"
L'aria si riempì della sua risata, sguaiata.
"Certo che no, non per ora, almeno." rispose, sfiorando i miei capelli con le sue dita. Ero immobilizzato e non so bene da cosa.
"Voglio solo parlarti, Ric." sussurrò al mio orecchio dove mi fece solletico con i suoi capelli castani, da dea immortale.
Parlarmi?
"Che cosa vuoi?" domandai, corrugando la fronte, mettendo enfasi in quelle parole.
"Ti ho detto che voglio solo parlarti." mi ricordò, freddamente, "Per questa volta." aggiunse, sadica.
Quegli occhi di ghiaccio, quegli occhi mi dicevano che era meglio non sfidarla, considerato che aveva appena ucciso una donna che adesso penzolava miseramente dietro le sue spalle, illuminata dalla luce debole della luna.
"Sai tutto riguardo alla Luna di Sangue, vero?" mi chiese.
Annuii e lei mi rivolse un sorrisetto sghembo.
Farmi ricordare adesso ciò che avevo letto rese il tutto più spaventoso. Desiderai avere Bianca vicino a me.
"Voglio stringere un'accordo con te." disse, melliflua.
Digrignai i denti, non so perché, ma sentivo che era la cosa giusta da fare.
"Rinuncia alla luce, rovescia assieme a me la Congrega e ti assicuro che non morirete, te e tua sorella. Hai la mia parola." espose, passandosi una mano nei capelli con fare seducente.
Sgranai gli occhi.
"Scordatelo." le risposi, convinto. Ghignò.
"Sapevo che l'avresti detto." rispose, "Ma sei hai letto per bene come avverrà il sacrificio, un'offerta come la mia non si può di certo rifiutare."
Si avvicinò a me, guardandomi negli occhi.
"Rovesciamo assieme la Congrega e il mondo, dominatore della Terra, e ne sarai padrone per sempre." sussurrò, ancora, "Fino alla fine dei tempi."
Un'offerta del genere avrebbe fatto gola a chiunque: potere, immortalità.
"No." risposi, deciso, determinato come non mai.
"È la tua risposta?" domandò, "Stiamo parlando della vita e della morte." mi ricordò, con fare suadente.
"Non attacchi con me, chiunque tu sia."
Iniziai a brillare, non so il perché. Sembrò delusa, ma poi sorrise, fredda.
"Bada bene, giovane Guardiano. La prossima volta che ci vedremo saremo nemici, ricordalo."
Guardò all'apertura dalla quale entrava la luce di luna e giuro che mi sembrò che stesse sorridendo, sadica.
"Alla prossima luna piena."
Buio.


*Angolino del fantastico, mitico, stupendo, fichissimo, superlativo autore*
Ed eccomi con il dodicesimo capitolo, bimbi xD Ho aggiornato il prima possibile perchè non voglio che aspettiate tanto per leggere il prosieguo, ma abbiate pazienza, la scuola mi sta uccidendo già da adesso :/
Pensate che devo fare già un compito di matematica giovedì 10, quindi -.-'' Quindi scusatemi se non riesco ad aggiornare rapidamente come vorrei ^^"""

Ma passiamo alla storia, che sicuramente è molto pù interessante della mia vita V_V
Il nostro piccolo e puccioso Ric si sente stanco.
*coro di insoddisfazione*
Vorrei vedere voi con una ferita all'addome, un peso sulle spalle da portare e gli occhi pieni di macabre scritte se non sareste stanchi V_V E beh, cosa fa uno che si sente stanco?
*domanda da un milione di euro*
Va a dormire, ovvio no? V_V Così il nostro Ric si addormenta sul suo lettino carino di seta quando in cielo sferragliano gli ultimi raggi del sole. Si ritrova, sottoforma di spirito, nelle segrete del palazzo della Congrega.

Note: dovete sapere che i sogni sono sempre stati considerati un mezzo di trasporto, quindi io l'ho sfruttato nella mia storia. Con i sogni puoi arrivare ovunque e in essi il tempo scorre diversamente, chiaro? U_U

Bene, assiste alla morte (si, stavolta è andata davvero. A dir la verità ero tentato se iscenare una finta morte, solo per spaventarlo, ma poi mi sembrava troppo inversimile il fatto di una che torna dalla morte per due volte V_V ) di Iliedien per opera di una donna sexy e seducente (*-*) dicuinonsappiamoilnome. Badate bene, non lasciatevi ammaliare dalle sue labbra carnose o dalle sue curve, per non dire altro, molto erotiche, perchè è una capace di:
1) sedurvi.
2) sventrarvi come un pollo.
3) mangiarvi crudi.
Meglio non scherzare con E...*si tappa la bocca*
Ehm.
Propone al nostro Ric un accordo che rifiuta (ah, santo benedetto ragazzo U_U) e, indirettamente, gli fa capire che se ne pentirà. (non temete, tra qualche capitolo arriva tutto xD Si va con l'azione vera e propria ^^)
"Alla prossima luna piena" bimbi, e non dimenticate: non abbiate paura del buio, non sarete mai soli U_U

King chesenevaperchèhasparatoancheabbastanzacazzate U_U


*Angolo dei ringraziamenti*
Per le preferite: Bianca_Bembi, EmiDom, Water_wolf, Butterfly_98, karygreenstar

Per le ricordate: Rack12345

Per le seguite: ARCOBALENO_, Bianca_bibi, Dark_Shadow, ladyathena, LailaOsquin, LoveForHachi, Siel. _Charlie_, _GocciaDiSangue_, Arya373, Dark_Shadow, Zahir Arcadia,


 




 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: King_Peter