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Autore: Arshatt    02/10/2013    2 recensioni
Diverse storie che si intrecciano all'interno del mondo di FF12, mescolando i vari paring e relazioni tra i personaggi principali. BalxAshe, BalxFran, AshexBasch, PeneloxVaan. Multi rating XD, dipende dal capitolo. Ultimo capitolo rating VERDE.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashe, Balthier, Basch, Fran
Note: Lemon, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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E rieccomi dopo una ( pure per me ) inaspettata pausa estiva =D. Spero sia rimasto ancora qualcuno a seguire questa storia. Grazie a chi vorrà cimentarsi nella lettura e commentare questo nuovo capitolo =). Un abbraccio.


La febbre aveva iniziato a salire di nuovo, a poco era valsa la medicina presa qualche ora prima. Un dolore acuto le martellava in testa mentre i sudori freddi avevano iniziato a inzuppare il cuscino, mischiandosi alle lacrime. Le sofferenze emotive e fisiche schiacciavano la sua esile figura, quasi a farle mancare il respiro, avvolta dall’oscurità notturna della sua camera. Avrebbe potuto suonare la campanella sul suo comodino e chiedere aiuto, ma non riusciva a placare quel pianto per il quale non avrebbe potuto dare spiegazioni alle sue ancelle. Desiderava soltanto che la disperazione la inghiottisse, lo sconforto si era impadronito di lei.

Il ricordo della dolcezza di quegli attimi che le avevano fatto palpitare il cuore si mescolava con la dura freddezza delle ultime parole di Basch, come un veleno letale che sentiva scorrerle nelle vene, uccidendola lentamente.

Cancellarlo dalla sua mente e far sparire quel dolore, d’ora in poi era quello l’imperativo da seguire, eppure la ragione faceva a pugni col cuore ogni volta che ci ripensava. Dimenticarlo era un’ingenua ambizione che sapeva, l’avrebbe condannata al patimento.

Come aveva potuto un uomo renderla cosi fragile, dopo tutte le battaglie che aveva combattuto  e i drammi che aveva affrontato nella sua vita? Era sopravvissuta alla morte del suo Rasler, come avrebbe potuto spaventarla dire addio ad un uomo che dopotutto non era mai stato suo?

“E mai lo sarebbe stato..” come le aveva sottolineato poche ore fa. Doveva toglierselo dalla testa, in qualsiasi modo, non c’era altra scelta. Più realizzava questa realtà e la sua impotenza di fronte agli eventi, più la sua angoscia aumentava, logorandola.
 
***
 
L’aeronave reale era atterrata sul territorio imperiale da quasi un’ora ormai ma Gabranth non era ancora tornato a Palazzo. Era rimasto nascosto nella vecchia Archades, con addosso gli abiti civili per mimetizzarsi tra la gente umile del posto.

Il suo cuore rattristato aveva trovato conforto nell’immagine serena del mare, cullato dal soffio leggero del vento.  Lo scrutava seduto sugli scalini di una gradinata, adiacente ad una area portuale in disuso. Vicino a lui, c’erano dei giovani pescatori di cui poteva udire i lamenti e le ambizioni, su cui discutevano animatamente. In fondo alla scalinata invece un barbone, coperto di straccia, stringeva tra le mani una vecchia foto di un ragazzino e la osservava commosso. Aveva appreso dalle chiacchiere di alcune donne poco discrete nei paraggi, che si trattava del nipotino che non vedeva da molti anni. A causa di un litigio con la figlia, l’uomo, un ex imprenditore arcadiano caduto in disgrazia, l’aveva mandata via di casa nonostante portasse in grembo il bambino. La donna si era poi rifatta una vita col compagno lontano da Archades, senza fare mai più ritorno nella sua città natale.

Probabilmente quella era la prima volta che quell’uomo vedeva il nipotino, pensò tra sé Basch. Il suo orgoglio gli era costata un’esistenza di solitudine, lontano dai suoi cari, evidentemente. Quella considerazione gli mise addosso una certa inquietudine, si domandava se anche lui avrebbe fatto quella fine un giorno. Non aveva più una famiglia ormai da molto tempo e sapeva in cuor suo che a causa del suo stile di vita, non sarebbe mai stato in grado di farsene una. Tutto ciò che lo circondava, il lavoro, gli amici e persino la dimora in cui alloggiava, non gli appartenevano, erano invece ciò che restava della vita di Noah che era stato costretto a spezzare. Ciò che aveva costruito con le sue mani, era andato in frantumi il giorno in cui era stato accusato di regicidio, lasciando intorno a sè macerie tramutate in ricordi dolorosi.

Sotto il pesante elmo nero dietro cui ogni giorno doveva nascondersi, il respiro di Gabranth era molto più forte e vivo di quanto non fosse quello di Basch, il cui cuore batteva ancora, inascoltato e nel più assoluto anonimato. In quella continua farsa che portava avanti, l’unica cosa vera che gli era rimasta era il dolore della rinuncia.

La sua mente andò inevitabilmente ad Ashe, i suoi sentimenti erano cresciuti in modo esponenziale da quando si erano riavvicinati, dopo la fine della guerra e si malediva ogni giorno per questo. Vederla ricambiare il suo interesse, non lo aiutava a prendere le distanze e sapere di essere la causa della sua sofferenza, lo distruggeva. Se solo quella notte non si fosse lasciato andare a quel bacio, forse la situazione non sarebbe degenerata in quel modo. Doveva starle lontano, per proteggerla da se stesso. Solo lui e gli Dei sapevano quanto ciò gli costasse.

Assorto nei suoi pensieri, non si accorse della presenza della giovane donna che da qualche minuto aveva preso a fissarlo, alle sue spalle.
 
“Che sorpresa vederti qui, Gabranth..” gli sussurrò sorridente, lei.
 
“Uh??.. Muriel?” esclamò stupito, Basch.

I lunghi capelli mossi color rame e gli occhi chiari come il ghiaccio, rendevano l’ex fidanzata di Noah, inconfondibile. Si guardò intorno cercando la piccola Lily, se c’era sua madre, doveva esserci in giro anche lei.
 
“In carne ed ossa.. Cosa ci fa un uomo della tua levatura, in questo posto, cavaliere?” gli domandò.
 
“Oh.. nulla, prendo una boccata d’aria dagli ambienti signorili, di tanto in tanto. Piuttosto cosa ci fa una donna come te da queste parti.. e dov’è Lily?”
 
“Siamo rientrate da poco da una visita ai nonni, da un paesino appena fuori Archades. Volevo fare un’altra strada per rientrare in città ma Lily ha insistito per venire a giocare con quei piccoli moguri danzanti, laggiù!” disse lei, indicando col dito il gruppetto, in fondo alla strada.
 
Basch desiderava salutarla, cosi la raggiunsero insieme. Lily sorrideva felice, attorniata dai moguri che le ballavano intorno. Portava un vestitino a palloncino rosa e una fascia abbinata tra i capelli, che mettevano in risalto tutta la tenerezza e la dolcezza dei suoi quattro anni di età.
 
“Mamma, mamma! Guarda cosa mi ha regalato Nena!” esultò festante, Lily mentre correva verso sua madre, mostrandole un braccialetto di plastica colorata.
 
“Che carino! L’hai ringraziata per la sua gentilezza?”
 
La piccola annuì, contenta.  La mamma le fece notare la presenza di Basch accanto a lei. Dapprima la piccola apparse un po’ intimidita, non era abituata a vederlo senza la sua pesante armatura nera da giudice, ma l’imbarazzo svanì presto, non appena l’uomo si chinò tendendole le braccia. Lily gli si lanciò incontro, abbracciandolo felice.

Nonostante il loro primo incontro non fosse stato dei migliori, i momenti passati insieme nei mesi successivi, avevano creato tra loro la giusta confidenza. Basch aveva preso a frequentare la loro casa ogni volta che gli impegni di lavoro glielo permettevano.
 
“Gabranth cosa ci fai qui? Sei in missione segreta?” chiese innocentemente, lei.
 
“No, tesoro mio. Stavo solo facendo due passi finchè non ho incontrato la mamma. Mi ha detto che hai visto la nonna oggi..” la informò lui, riferendosi ai genitori di Muriel.
 
“ Sii! Ci ha dato un sacco di cose buone da mangiare, da portare con noi a casa!”
 
“ Ecco cosa porta la mamma, in quelle grosse borse allora!”
 
“Eh sì, mia madre non perde occasione di farci sentire il suo affetto con i suoi manicaretti, che piacciono tanto a Lily” spiegò Muriel.
 
“Gabranth, vieni a casa con noi stasera? Mamma può venire a cena da noi? Ti pregoo..”
 
“Tesoro non voglio disturbare.. Tu e la mamma sarete stanche e vorrete riposare.. Forse non è il caso..”
 
“Per me non c’è alcun problema Gabranth, a Lily fa piacere la tua compagnia.. E poi un po’ di aiuto con queste borse da trasportare, non mi dispiacerebbe!”
 
“D’accordo, se è cosi allora accetto volentieri” rispose infine Basch.
 
Non era una cattiva idea passare del tempo con loro, del resto Lily erano l’unica in grado di fargli dimenticare in un attimo tutti i suoi crucci interiori.
 
***
 
Era arrivata a Rozaria in mattinata, per il primo incontro ufficiale con l’imperatore Grugher dopo gli accordi raggiunti durante la cerimonia di Restaurazione. Era stata una giornata intensa e faticosa per la povera Ashe, non ripresasi ancora del tutto dal periodo di malattia. La presenza di Al Cid e Darian, anche loro ospiti di sua maestà, tuttavia le aveva consentito di trascorrere per lo meno una serata piacevole.

A tarda notte, Al Cid era andato a trovarla nella sua camera con in mano una bottiglia di vino rosso che avevano finito per sorseggiare seduti davanti al camino.
 
“Quel brutto ceffo dell’imperatore deve proprio avervi stremata con le sue chiacchiere arzigogolate di questa mattina, a giudicare dalla vostra pallida cera, mia dolce regina!”esclamò adulatorio, il principe.
 
L’espressione spenta e i profondi solchi sul viso della stanca Ashe, non lasciavano molti dubbi sul suo stato d’animo. La riabilitazione dopo le lunghe giornate di febbre, era stata breve. Un paio di giorni dopo la guarigione, aveva dovuto tornare ai suoi affari da regnante, tra mille documenti e incontri politici. Gli impegni distoglievano la sua attenzione da altri pensieri ma contribuivano a peggiorare ulteriormente il suo umore.
 
“Non c’è bisogno di usare i soliti formalismi pure quando siamo da soli, Al Cid.. Possiamo darci del tu, del resto siamo abbastanza in intimità per farlo, non trovi? ..” rispose scocciata.
 
Quel finto atteggiamento di riguardo tra nobili, l’annoiava. Lo tollerava a stento con gli aristocratici di corte, figurarsi con un uomo con cui aveva condiviso le lenzuola, in passato.
 
“Comunque di uomini irritanti come Grugher ne ho conosciuti pochi, devo ammetterlo..” riprese a dire, lei.
 
“..Ma non è lui la causa dei tuoi dispiaceri.. o sbaglio?” puntualizzò pungente, il principe.
 
Ashe rimase immobile, chiusa nel silenzio. Si limitò a mirare con lo sguardo altrove.
 
“Qualche tempo fa, il tuo caro Gabranth è stato mio ospite per qualche giorno.. Quell’uomo prende un po’ troppo sul serio i suoi doveri, non trovi?” proseguì lui, ignorando la volontà della donna di non parlarne
 
“.. Il senso del dovere è un pregio.. Raro di questi tempi.. “ rimarcò la donna, seccata e turbata dal sentire pronunciare il nome del giudice.
 
“Ahh dimenticavo che voi donne subite il fascino degli uomini tutti d’un pezzo.. “ la provocò, lasciandosi andare ad uno sbuffo, fintamente addolorato.
 
“Gabranth non è solo questo..” lo difese, lei.
 
Per quanto rancore potesse provare per le scelte di Basch, non sopportava che qualcuno lo paragonasse ad un manichino corazzato, dedito solo agli ordini del suo capo e alla difesa della patria.
 
Al Cid aveva avvertito il suo fastidio nel parlarne ma questo rendeva la conversazione ancora più divertente. Vederla perdere quell’aria aristocratica e composta dietro cui si trincerava la maggior parte del tempo, gli piaceva perché era il lasciapassare per uno scambio spontaneo e sincero, molto raro nel loro ambiente e difficile da ottenere con approcci convenzionali.
 
“Scommetto che ha anche il cuore tenero.. Pronto a correre in soccorso di ogni damigella in pericolo.. di temibili virus febbrili..”
 
“E per questo devo ringraziare te..” ribatté stupita e arrabbiata, Ashe.
 
Basch le aveva riferito di essere stato avvertito dal principe rozariano, del suo incidente a Nabudis, durante un soggiorno d’affari. Ora però non era più sicura che si trattasse di una soffiata disinteressata di Al Cid. Lo aveva manipolato per farlo precipitare da lei.
 
“Mi sono solo permesso di informarlo sulle tue condizioni di salute, non potevo prevedere che sarebbe corso in sella al suo chocobo per venirti a salvare!” cercò di giustificarsi, fingendo rammarico.
 
Il piano era perfettamente riuscito, a giudicare dalla reazione di Ashe. Sorrise tra sé, compiacendosi della sua impresa.
 
“Si, certo..  Innocenti intenzioni, le tue..” annuì, adirata
 
Scosse la testa, ovviamente sapeva che stava mentendo. Continuava a provocarla ormai da diversi minuti.

Avrebbe voluto aggredirlo e farsi spiegare perché aveva fatto preoccupare inutilmente Basch con quella storia. Voleva solo divertirsi alle loro spalle o c’era qualcos’altro dietro? Ad ogni modo si rese conto quasi subito che non aveva né la forza né la voglia di essere belligerante. Non sarebbe comunque servito a nulla sgolarsi e prendersela con Al Cid, per quanto era accaduto, le scelte di Basch non dipendevano da nessun altro al di fuori di lui.
 
“Assolutamente! Credevo fosse stata una visita gradita, comunque..” replicò lui, continuando la pantomima.
 
In quell’ultima frase aveva addolcito il tono, comprendendo lo stato d’animo turbato della donna. Voleva solo farla sciogliere un po’, ferirla non era mai stato il suo scopo.
 
“.. Si.. ovviamente, lo è stata..” ammise, incerta e insicura.
 
“.. Ma non è andata esattamente come speravi..” ne trasse conclusione, l’uomo.
 
Ashe non rispose, qualsiasi parola in più sulla faccenda le sembrava ormai inutile. Si sentiva cosi fragile che temeva di poter andare in frantumi in qualsiasi momento e la presenza di un uomo intuitivo e incalzante come Al Cid, la faceva sentire ancora più in pericolo di cedere ai suoi sentimenti.

Quasi istintivamente si alzò dalla poltroncina in cui era seduta e si avvicinò alla vetrata del balcone, per allontanarsi dallo sguardo curioso del principe.
 
“Vi siete uniti molto, dopo gli eventi che hanno portato alla tua incoronazione.. Ammetto di averlo trovato un po’ strano, a giudicare dal suo comportamento al fianco di Vayne..” continuò lui, facendo finta di non aver notato l’imbarazzo di Ashe.
 
Comportarsi in quel modo petulante gli dispiaceva, ma non riteneva che fosse il caso di lasciare morire quella discussione ancora una volta, in quel modo. Non le avrebbe fatto bene.
 
“I giorni bui del regno di Vayne e delle follie del dottor Cid sono finiti da tempo, Al Cid.. Accanto a Larsa, Gabranth ha avuto modo di ricredersi su tutto quanto… Non ci sono più motivi per dubitare della sua fedeltà, le sue gesta parlano per lui..” rispose lei, cercando di rimanere impassibile.
 
Nessuno a parte lei e i suoi amici conosceva la vera identità di Gabranth, doveva cercare di mantenere il riserbo in ogni modo.
 
“Certamente..  Eppure mi chiedevo, che fine ha fatto suo fratello, dopo la guerra? Quello che era stato accusato di aver ucciso tuo padre e che era insieme a te, quando te ne andavi in giro con quegli aviopirati..” chiese, col chiaro intento di metterla in difficoltà.
 
“.. Le cose non sono andate esattamente così.. Comunque si è sacrificato per il bene di Dalmasca, sulla Bahamut…” cercò di zittirlo, la regina.
 
“Davvero?.. Non l’avrei detto, sembrava un guerriero piuttosto in gamba..”
 
“.. Dove vuoi arrivare con questa inquisizione, Al Cid..?” sbottò infastidita e spaventata, Ashe, voltandosi verso di lui.
 
“Rilassati, non volevo metterti sotto torchio… Solo farti capire che la verità, può venire a galla più facilmente di quanto credi..” le rispose, facendosi serio.
 
Si era sollevato in piedi anche lui, raggiungendola.  Il suo sguardo severo e preoccupato, non lasciava più dubbi sul fatto che sapesse la verità su Basch.
 
“Da chi…?” esclamò esterrefatta, senza riuscire a terminare la frase.
 
“Non importa.. Ho le mie fonti.. Non è mio interesse divulgarla comunque..” la interruppe, rassicurandola.
 
“E’ importante che questa storia non salti fuori perché..” tentò di spiegargli, allarmata.
 
“Lo so, Ashe.. Sono un uomo più discreto di quanto pensi.. Quello che mi chiedo però è se una  vostra relazione, non finirebbe per attirare troppo l’attenzione tra i politici dei vostri paesi…  Uno scandalo che rovinerebbe la tua credibilità agli occhi di tutta Ivalice.. La regina e il presunto regicida, travestito da giudice arcadiano.. Pessima pubblicità, mia cara!”
 
“Non preoccuparti.. questo non accadrà...” rispose, con un sorriso beffardo.
 
“Qualcosa mi dice che è un uomo abbastanza accorto da essersi già posto la questione..”
 
“Infatti.. E’ stato piuttosto chiaro sul fatto che tra noi non ci sarà mai nulla.. Puoi stare tranquillo..” gli svelò, con sarcastica amarezza.
 
“Dovresti essergli grata, allora..”
 
“Come?” disse, sorpresa lei.
 
In tutto quel dolore che l’aveva travolta, non trovava molto per cui dover ringraziare.
 
“Non tutti sono capaci di mettere da parte il proprio egoismo, per non distruggere ciò che desiderano..” replicò lui, con una strana vena di tristezza, lontana dal suo solito modo di fare.
 
Forse anche uno che si diverte a giocare la parte dello sbruffone, porta con sé dei rimpianti che non ammetterebbe mai, pensò Ashe.
 
“Alle volte penso che forse non sono stata questa grande rinuncia.. Forse ho dato troppo peso a gesti dettati dall’istinto, più che da dei sentimenti reali.. Mi sento cosi stupida..” confessò sconfortata.
 
“Avrebbe potuto tenerti come sua amante.. Dopotutto sarebbe stato più facile e appagante.. Chiediti perché non l’ha fatto..” la spronò a riflettere.
 
Triste e perplessa, ebbe solo la forza di chinare il capo, restando in silenzio.
 
“Rispetto..” sentenziò, l’uomo.
 
“Per il nome che porto e il mio titolo..” aggiunse freddamente, lei.
 
“.. No, per la donna che sei.. Per quello che provi .. e per quello che sente lui..” la corresse, sfiorandole il mento in su e cercando i suoi occhi.
 
“Quindi non resta che fingere che non sia successo nulla.. Continuare come se niente fosse..”
 
“Credi che tu riusciresti a fare di meglio?” ribadì, cercando per un attimo di farla mettere nei panni del giudice.
 
“Io.. io.. credo che lotterei.. Si, per quello che desidero.. L’amore non è un delitto..” si giustificò, la donna.
 
“Può essere il più crudele dei peccati, se riguarda uno di noi… Per noi era già stato tutto deciso, nel momento stesso in cui abbiamo abbracciato il ventre di nostra madre.. Il nome che avremmo portato, ciò che avremmo dovuto fare… e desiderare. Abbiamo molti privilegi, è vero.. Ma la libertà, non è uno di questi..”
 
In quelle parole si nascondeva tanta malinconia e rammarico, sentimenti che Ashe colse facilmente. Potevano appartenere a regni diversi ma il loro destino era comune. Quell’argomento doveva toccare lui quanto lei, se l’uomo imperscrutabile, com’era solito dimostrare di essere, aveva per un secondo riposto le armi, lasciando trasparire le sue più sincere emozioni. Eppure sentiva che c’era qualcosa di sbagliato in quel pensiero.
 
“Puoi essere delusa e arrabbiata per il suo comportamento, puoi trovarlo vile.. ma non puoi biasimarlo se non si sente all’altezza di mettersi tra te e i tuoi doveri..”
 
Colpita e affondata, pensò la giovane regina. Era cosi che si sentiva. Suonava quasi come un rimprovero ma dopotutto che colpa aveva se si era lasciata andare ai suoi sentimenti come una qualsiasi ragazza della sua età?
 
“Ma io sono solo .. una donna.. Dannazione!”
 
“Tu sei una donna.. e una regina, Ashe. Questo non cambierà mai.. che tu lo voglia o no, condizionerà sempre chi ti sta intorno”
 
“Ma io non rinnego il mio destino.. Amo il mio popolo, dedicargli la vita non è un sacrificio ma un onore per me..  Solo che non mi ero ancora resa conto di quanta solitudine mi avrebbe portato..” affermò con voce tremante, ormai le emozioni stavano prendendo il sopravvento su di lei come le consapevolezze che come macigni pesavano sul suo cuore.
 
“Complicati ed infelici… cosi ci definisce Cornelia Woolf nelle sue “Cronache Reali”..” cercò di smorzare un po’ la tensione lui, facendo una citazione letteraria, intellettuale ma veritiera.
 
Non lo dava a vedere ma capiva bene quanto doveva essere costato ad Ashe prima ammettere a se stessa di amare di nuovo qualcuno, dopo la morte di suo marito, e poi doverci rinunciare per motivi, in fin dei conti, totalmente estranei  alle ragioni del cuore. Era tutto così sbagliato eppure inevitabile.
 
“Sai, credo che Basch abbia solo deciso di non amarti a metà.. Poteva avere la donna, ma non poteva stare con la regina.. relegarti ad amante oppure chiederti di rinunciare ad una parte di te..? Non era quello che desiderava in entrambi i casi… Intendevo questo prima, quando ho parlato di rispetto..”
 
Volerla consolare, per quanto fosse possibile e farle vedere le cose sotto una luce diversa. Vederla soffrire gli dispiaceva, era abituato a rendere liete le ore delle donzelle in sua compagnia, non spiacevoli. Tuttavia per il bene del precario e pacifico equilibrio politico di Ivalice, era necessario accertarsi che Ashe comprendesse la situazione.

Non si aspettava che lei replicasse, era evidente il suo stato d’animo. Era arrivato il momento di lasciarla da sola, sapeva che era quello che voleva anche lei.
 
“Si è fatto un po’ tardi, credo che andrò a riposare.. e dovresti farlo anche tu.. Comunque se dovesse mai balenarti l’assurda idea di cercarmi stanotte, sono due camere più avanti, mia maestà! Buona notte.” le augurò, facendole l’occhiolino e strappandole un sorriso.
 
Tornò nella sua stanza.
 
***
 
Una sfera incandescente color rame, inghiottita da onde di sabbia fine, era questo il suggestivo panorama su cui si specchiavano i limpidi occhi celesti di Penelo. L’ultima volta che aveva ammirato un tramonto dall’Ogir Yensa, l’ho aveva fatto col cuore in tumulto pensando alle sorti della natia Dalmasca, tenuta in pugno dall’Impero. Adesso però i giorni tristi della guerra erano finiti, lasciando spazio a ore più gaie. Poteva godersi la vista, seduta su una delle ali della Dreamer e lasciarsi coccolare dalla lieve frescura del meriggio nel deserto.

Erano atterrati circa quaranta minuti fa e dopo una breve pausa per ristorarsi dalle fatiche del viaggio, Vaan si era messo al lavoro per apportare alcune modifiche ai motori, come ordinatogli qualche giorno prima da Bijou. Stando alle direttive della piccola ingegnere moguri, seguendo le sue indicazioni, la loro aeronave avrebbe potuto attraversare in volo l’intero Jagd. Con un pizzico di scetticismo e tanto entusiasmo, il neo aviopirata si era buttato a capofitto su ingranaggi e meccanismi, curioso di scoprire i risultati che le lezioni tenutegli da Bijou, avrebbero prodotto da lì a poco.

Non rimaneva ormai molto tempo per raggiungere Nam Yensa, il luogo scelto da Nono per la sfida. L’appuntamento era previsto per il giorno successivo a mezzogiorno.
 
“Come vanno le cose, lì sotto?” urlò dall’esterno la ragazza.
 
“Bene.. Credo! Non è avanzato nessun pezzo per ora!” rispose Vaan, dalla sala motori, intento a far combaciare tra loro tutti i componenti che aveva accuratamente smontato e rimontato.
 
Penelo non poteva vederlo dalla sua posizione ma poteva immaginare chiaramente nella sua mente gli abiti del ragazzo imbrattati di grasso e olio e le fatiche titaniche che a breve avrebbe dovuto fare per mandare via quelle macchie.
 
“Guarda che ti sento, pure da quaggiù..” disse il pirata, udendo il profondo sospiro di desolazione della ragazza.
 
“Avresti dovuto indossare la tuta da meccanico che ti ha procurato Tomaj, prima di iniziare la manutenzione alla nave..” lo bacchettò, fingendosi arrabbiata.
 
“Lo sai che quella roba mi fa sembrare un salsicciotto pronto per la brace!”
 
Penelo sorrise immaginandosi la scena, Vaan non poteva vederla ma aveva avvertito il suo ghigno divertito, ricambiandolo di rimando, tra sé. Ancora pochi bulloni da avvitare e avrebbe finalmente finito. Chissà se Balthier e Fran erano già arrivati nell’Ogir Yensa come loro oppure se erano ancora in viaggio. Mentre s’interrogava sulle sorti dei suoi amici, alcuni frammenti della visione che aveva avuto nelle catacombe di Nabudis, presero il sopravvento nella sua mente, come un fulmine a ciel sereno.

Perse velocemente l’espressione allegra sul volto, ripensando a quelle orribili e confuse sensazioni. Quella strana scheggia di cristallo che avevano ritrovato, li aveva spediti nel mondo dei sogni, non appena aveva tentato di sfiorarla. Al loro risveglio, il frammento era ancora stretto nella sua mano ma aveva smesso di brillare. Non ne avevano capito molto dell’accaduto ma su una cosa lui e Penelo erano concordi: doveva trattarsi dei resti della pietra Omice.

Non avevano ancora deciso cosa farne, al loro ritorno a casa avrebbero cercato una soluzione insieme a Tomaj e agli altri. Nella sacca dell’uomo della locanda, erano presenti molti documenti antichi che non erano ancora riusciti a decifrare. Forse cosi facendo sarebbero riusciti a capire quale messaggio doveva consegnare il misterioso uomo e a chi fosse destinato. Quest’ oscura storia li incuriosiva, profumava di avventura per aviopirati in erba.

Non ne aveva parlato con nessuno, nemmeno con Pen ma quello che aveva visto lo aveva turbato parecchio, nonostante lo trovasse surreale. La ragazza gli aveva raccontato di aver sognato una partoriente Ashe, nel deserto mentre con quest’ultima, al loro risveglio, non avevano fatto in tempo a confrontarsi a causa dell’arrivo delle guardie. Quando Penelo gli aveva espressamente chiesto cosa avesse visto, aveva finto di essere confuso e di non ricordare molto bene. Sapeva che non doveva mentirle, ma era cosi sconcertato in quel momento che non era stato in grado di fare di meglio. In seguito avevano deciso entrambi di archiviare la questione, fino alla fine della gara di velocità di Nono e Bijou.

Si domandò se fosse il caso di discuterne con Balthier e Fran, del resto erano colleghi. Tuttavia la riservatezza con cui i loro amici avevano sempre trattato gli affari, lo faceva tentennare. Una volta Balthier gli aveva spiegato che gli aviopirati non devono parlare delle loro scoperte con altri aviopirati, se non vogliono che qualcuno arrivi e si becchi il tesoro al posto loro. L’aveva trovata una cavolata e avevano finito a battibeccare come al solito per tutta la sera. Vivere un’avventura insieme a degli amici non poteva che renderla più eccitante, non riusciva a ragionare in termini di interessi economici.

“Forse sono troppo ingenuo…” rifletté tra sé. Forse sbagliava a reputare Balthier più amico di quanto non avesse mai voluto dimostrargli di essere. “Lui è un aviopirata esperto, probabilmente dei vincoli di amicizia non gli importa poi molto, almeno quelli che non riguardano Fran..” pensò
 
“Ancora qui sotto, te ne stai?” chiese Penelo, spuntando improvvisamente alle sue spalle.
 
“Sì, mi sono fatto prendere dai pensieri… Cinque minuti e arrivo!” rispose imbarazzato il ragazzo, riprendendo in mano la chiave inglese e rimettendosi frettolosamente al lavoro.
 
***
 
“Ci conviene atterrare oltre le dune laggiù, l’area è spaziosa e piuttosto isolata, non attireremo l’attenzione di fastidiosi cacciatori ...” spiegò la viera, indicando a Balthier la direzione da seguire.
 
“No, andremo ad est” rispose secco, lui.
 
Quella reazione fredda e risoluta, lasciò perplessa Fran. Era ormai tutto il giorno che si comportava in modo strano e distaccato, ignorando completamente ogni sua affermazione. Non riusciva a capacitarsi di cosa fosse accaduto per stravolgere tutto adun tratto il suo umore.
 
“Allungheremo inutilmente la strada andando ad est, senza considerare che..” dissentì, la donna.
 
“Ho già deciso, non serve insistere” la zittì, scocciato.
 
“Sei tu il capitano..” ribadì, con una vena di sarcasmo.
 
Lui non rispose, mantenendo lo sguardo dritto verso il cielo e virando verso la destinazione scelta.

Quella tensione improvvisa tra loro, metteva a disagio Fran ma sapeva che in questi casi era meglio aspettare che decidesse autonomamente quando sfogarsi con lei, piuttosto che affrontarlo in modo diretto e non ottenere risultati. Balthier era un tipo piuttosto introverso quando si trattava di parlare dei suoi sentimenti. In questo erano simili e conoscevano entrambi l’importanza di rispettare i tempi dell’altro.

Rimasero in silenzio, fino all’atterraggio della Strahl.

 
Il sole era tramontato da poco nell’Ogir Yensa e l’aria rovente del deserto stava lasciando spazio a temperature notturne più miti. La zona in cui Balthier aveva deciso di sostare era nei pressi dell’entrata della tomba di Raithwall e per questa ragione soggetta alle visite frequenti di cacciatori e pirati, intenzionati a saccheggiare il palazzo. Era turbata, non era un luogo sicuro quello e non riusciva a capacitarsi del perché Balthier avesse fatto quella scelta poco discreta.

Tirò fuori alcune frecce, dentro la sacca che teneva allacciata sulla schiena, e si mise ad affilare le punte. Era meglio tenere gli occhi aperti.

Balthier le lanciò uno sguardo fugace e poco interessato a quanto si stesse preparando a fare. Percepiva la sua inquietudine e la sua perplessità ma non se ne preoccupò, piuttosto la sua attenzione fu attirata da due mercanti e il loro chocobo, in lontananza. Senza nemmeno avvisarla, si diresse verso di loro. Lei si limitò a seguirlo con la coda dell’occhio.
 
“Salve avventuriero, anche tu a caccia di tesori nella sacra tomba di Raithwall? Ti serviranno delle protezioni allora, dai un’occhiata alle nostre!” esclamò ammiccante, il giovane mercante del deserto.
 
“Queste sciocchezze non m’interessano.. Sono qui perché hai qualcosa che mi appartiene” rispose, saccente e annoiato.
 
Il ragazzo lo guardò disorientato, poi la ragazza dietro di lui gli diede una gomitata nel braccio.
 
“Deve essere lui, quello di cui parlava il moguri. Guarda quegli strani anelli colorati nella sua mano.. E c’è anche una viera che lo tiene d’occhio, laggiù..” gli bisbigliò all’orecchio.
 
Il giovane annuì col capo alla sua amica e tornò a rivolgersi a Balthier.
 
“Qualche tempo fa a Belforneim, un moguri mi ha dato questa borsa, raccomandandomi di portarla con me fin qui perché qualcuno sarebbe venuto a pagarmi per riscuoterla..”
 
“Avrai i tuoi soldi, dopo che avrò visto la merce” ribatté lapidario, tendendo la mano verso il mercante.
 
L’uomo fece cenno alla ragazza di andare a prendere la mercanzia, in una delle grosse sacche trasportate in sella al chocobo. Dopo pochi minuti, il contenuto della borsa lasciata da Nono, era stretto nella mano di Balthier che visionava attento che l’oggetto non avesse avuto danni, durante il trasporto.
 
“Incredibile.. E’ riuscito davvero a trovarla..” disse tra sé, il pirata mentre ammirava  quella rara voliolite dai toni violacea.
 
Fran osservava la scena da lontano, senza capire bene cosa stesse accadendo. Quando fu di ritorno, lo squadrò con fare indagatore, aspettando una spiegazione. Balthier si limitò a mostrarle il cristallo.
 
“Una.. voliolite?”
 
“L’ha lasciata Nono, per noi. Ci farà volare nello Jadg.” disse, compiaciuto.
 
“Nono?.. Perché non me ne hai parlato prima..?” chiese sorpresa, la donna.
 
Era la prima volta che Balthier la teneva all’oscuro dei dettagli di un viaggio, di solito era sempre molto professionale da questo punto di vista. Riusciva a fatica a contenere la delusione.
 
“Non perdiamoci in chiacchiere inutili, Fran! Piuttosto muoviamoci a montarla sulla Strahl, finchè la luce ce lo consente”  affermò, ignorando la sua domanda e dirigendosi verso l’aeronave.
 
Iniziava a diventare insofferente a quell’atteggiamento d’indifferenza ma cercò comunque di controllarsi. Tra poco sarebbe stata sera e apportare modifiche al motore senza i lumi del giorno, sarebbe stato impossibile. Lo seguì, senza fiatare, ancora una volta.

Dopo quaranta minuti di fatiche e sudore, la Strahl era pronta per la gara.
 
“Come mai Nono non è venuto di persona, come aveva detto?” domandò Fran mentre tentava  invano di ripulire il grasso dalla sue dita, con uno straccio.
 
“Sembra che alcuni affari con i suoi fratelli, l’abbiamo trattenuto più del previsto. Comunque mi ha assicurato che domani sarà a Nam yensa, per la gara” le rispose, tirando fuori dalle sacche in pelle dei suoi pantaloni, una borraccia.
 
Si avvicinò a lei, togliendole dalle mani il panno e versandole dell’acqua per permetterle di sciacquarle. Era la prima attenzione gentile che le riservava da tutto il giorno.
 
“Vuoi fare un giro di prova adesso?”
 
“No.. Sono stanco, dovremmo preoccuparci della cena invece.. Al resto ci penserò domani mattina.”
 
Chiuse la borraccia ormai vuota, rimettendola al suo posto. Quando Fran ebbe le mani asciutte, sollevò la pezza verso il volto di Balthier, per ripulire una macchia di grasso sulla sua guancia. Ci fu un breve scambio di occhiate tra loro. La donna percepiva una strana tristezza nei suoi occhi ma non ne capiva la causa. Il contatto durò poco perché l’uomo le allontanò il braccio in fretta, per dirigersi verso il portellone di apertura della Strahl.
 
“Balthier..” provò a chiamarlo.
 
Voltò appena il capo verso di lei, in attesa.
 
“Cosa c’è che non va..?”
 
Sospirò.
 
“Mi passerà..” si limitò a dirle, lasciando trasparire una certa insicurezza dal suo tono.
 
La donna voleva controbattere ma un misterioso frastuono, la distrasse dal suo intento.
 
“Rumore di motori.. Qualcuno è venuto a farci visita..” esclamò infastidito, il pirata, portando la mano sulla fondina dei pantaloni.
 
“Di chiunque si tratti, deve essere atterrato molto vicino.. Stiamo in guardia” avvertì, la donna.
 
Balthier le fece cenno di nascondersi dietro alcune rocce, poco distanti dalla Strahl. Voleva cogliere di sorpresa gli ignoti visitatori.
 
“Sento rumore di passi… Sono almeno in due… Si avvicinano..”  decretò la viera, col suo fine udito.
 
Teneva la freccia dell’arco puntata in direzione dei visitatori, pronta ad attaccare in caso di necessità. Non appena i due loschi figuri furono davanti a loro, i due compagni abbassarono le armi.
 
“Penelo..?” dichiarò sorpresa lei, riconoscendo la ragazza in lontananza.
 
“E’ quel pivello di Vaan.. Quasi quasi mi dispiace non avergli fatto l’imboscata..” esclamò seccato, lui.
 
“Balthier, Fran che ci fate nascosti li dietro? Venite che abbiamo portato la cena!” urlò Vaan, alla vista dei due vecchi amici.
 
Agitava il braccio destro dove teneva un grosso sacchetto scuro contenente della carne, a giudicare dall’odore.
 
“Hey ragazzi! Che bello ritrovarsi!” affermò, una sorridente e festante Penelo.
 
“Come sapevate che eravamo qui..?” chiese, Balthier.
 
“Non è stato difficile, eravamo accampati alcuni chilometri più indietro e abbiamo visto la Strahl sorvolare la zona un’ora fa. Così abbiamo calcolato la traiettoria di atterraggio..” rispose, Vaan.
 
“Sentilo.. parla quasi come un vero pilota..” lo sbeffeggiò l’amico, attirandosi addosso le smorfie di disappunto del biondino.
 
“Prima di rimetterci in viaggio, abbiamo dovuto vedercela con alcune bestie della zona e…” iniziò a spiegare, Penelo.
 
“ … e avete pensato di portare con voi la selvaggina, in quel sacco..” intuì, Fran.
 
“Beh vista l’ora e la quantità di carne raccolta, pensavamo che potesse essere una buona idea abbrustolirla davanti ad un fuoco, tutti insieme, stasera!” esclamò entusiasta, la ragazza.
 
Fran sorrise, apprezzava da sempre la semplicità di Penelo e il suo modo di fare genuino. Era una cosa rara da trovare nell’ambiente della pirateria.
 
“Perché no..? Dopotutto un po’ di compagnia oggi potrebbe essere gradita.. Non trovi?” disse ironica la viera, rivolgendosi al suo compagno.
 
“Va bene ma solo perché non amo deludere le belle e dolci donzelle come la nostra Penelo. Il fuoco però lo accende Vaan, non ho intenzione di sporcare di cenere la mia camicia nuova”  ribadì lui, fingendosi serio.
 
“Sei sempre il solito damerino da strapazzo!” lo insultò scherzosamente il ragazzo, lanciandogli addosso della sabbia inumidita.
 
“Brutto ammazza ratti che non sei altro..!” sbraitò furioso Balthier, correndo dietro al povero Vaan che se la rideva.
 
“Sono sempre i soliti..” constatò sconsolata, Penelo.
 
“Lasciali stare, è il loro modo di divertirsi. Il loro lato di ragazzini deve uscire fuori ogni tanto..”
 
“Quello di Vaan esce fuori un po’ troppo spesso..!”
 
“Sarà meglio che pensiamo noi al fuoco...”
 
“Abbiamo raccolto anche un po’ di legna venendo qua, vado a prenderla sulla Dreamer”
 
“Bene, useremo della magia firaga sui rami secchi per accenderli. Vengo con te, per darti una mano.”
 
 
Quando il buio fu ormai sceso sul deserto dell’Ogir yensa, i quattro pirati si rilassarono accanto ad un falò, consumando il loro pasto.
 
“Visto che siamo tutti qui riuniti, c’è qualcosa di cui vorrei parlarvi..” dichiarò Vaan, rivolgendosi a Balthier e Fran.
 
“Non preoccuparti se hai deciso di ritirarti dalla gara, del resto sapevamo entrambi che un pivello come te non avrebbe potuto vincere contro di me!”
 
“Smettila di dire cavolate! Devo parlarvi di qualcosa di serio..”
 
“Di che si tratta, Vaan?” prese la parola, Fran.
 
“Quando abbiamo lasciato Rabanastre, dopo la festa della Cerimonia di Restaurazione, siamo stati a Nabudis. Eravamo alla ricerca di un misterioso frammento..”
 
“Vaan forse è meglio se raccontiamo tutto fin dall’inizio.. Dall’arrivo di quell’uomo alla taverna del mare di sabbia..” chiarì, Penelo.
 
“Uhm d’accordo..  Una mattina di qualche mese fa, Tomaj è venuto da noi raccontandoci che alla taverna era venuto uno strano uomo proveniente da Bur Omisace. Quando l’abbiamo incontrato era visibilmente affaticato e agitato, diceva di dover incontrare qualcuno per consegnargli un messaggio con la massima urgenza. Purtroppo non ha fatto in tempo a dirci di più perché è spirato il giorno seguente per un attacco di cuore..”
 
“Ci aveva incuriosito che un uomo di mezza età in precarie condizioni di salute avesse intrapreso un viaggio cosi lungo e che avesse questo bisogno impellente di incontrare il misterioso destinatario del messaggio, cosi abbiamo deciso di frugare tra i suoi effetti personali..” continuò, la ragazza.
 
“Non abbiamo trovato molto a dire il vero, solo alcuni manoscritti in lingua antica che non siamo ancora riusciti a decifrare del tutto e una mappa del castello di Nabudis.. “ riprese, Vaan.
 
“Avete questi documenti qui con voi? Le viere fin da bambine vengono istruite allo studio delle lingue originarie di Ivalice.. Forse potrei leggerli per voi..”  si offrì, Fran.
 
“Purtroppo li abbiamo lasciati a Rabanastre, affinché Tomaj continuasse le sue ricerche ma una volta finita questa stupida competizione tra Nono e Bijou, potremmo  riunirci per capire insieme di cosa trattano.. In una nuova avventura, di nuovo insieme come i vecchi tempi..! Sempre che non intralci i vostri affari, s’intende..” propose, una discreta ma entusiasta Penelo.
 
Collaborare con loro le faceva piacere, li considerava degli amici di cui potersi fidare. Fran non disse nulla, lasciò che fosse Balthier a prendere una posizione.
 
“Dipende dalla posta in gioco… Cosa avete trovato a Nabudis? Oro, pietre preziose..?”
 
Un frammento di colore blu..” disse Vaan, lasciando trasparire un certo turbamento, ricordando quanto accaduto.
 
Balthier e Fran trasalirono, scambiandosi un’occhiata reciproca come se entrambi avessero avuto la stessa intuizione in quel momento.
 
“Dovrebbe essere un frammento appartenente alla pietra Omice, o almeno così c’era scritto nelle carte del vecchio..” spiegò, la ragazza, confermando i dubbi dei due pirati.
 
“Sembrate preoccupati.. Ne avete già sentito parlare?” domandò incuriosito, Vaan.
 
“Prima diteci cos’altro sapete..” si raccomandò, Balthier.
 
“Non sappiamo molto altro.. Solo che questa pietra apparteneva ad un sovrano di un antico regno Ivalice e che era venerata come una reliquia sacra… Speravamo che trovandola, avremmo capito qualcosa di più su questa storia ma..” Penelo s’interruppe.
 
“.. Quando abbiamo provato a sfiorarla, una strana luce azzurra ci ha avvolti, facendoci perdere i sensi.. Ci siamo risvegliati all’uscita del castello, senza capire cosa fosse accaduto ma con ancora la pietra in mano.. Per sicurezza, per il momento abbiamo deciso di tenerla chiusa in una scatola sulla Dreamer, almeno finchè non avremo capito di che si tratta .. E questo è quanto sappiamo, ora tocca a voi dirci cosa sapete.” concluse, Vaan.
 
“Tempo fa anche noi eravamo alla ricerca della pietra Omice… Non sapevamo molto, solo che era un gioiello raro e che ci avrebbe fruttato un bel guadagno.. Le informazioni che avevamo ci hanno portato fino alle Gole di Paramina.. Abbiamo trovato la pietra in una grotta sotterranea.. Il resto dalla storia non è tanto diversa dalla vostra…” disse, Balthier.
 
“Ma com’è possibile? C’è più di una pietra in circolazione?” domandò stupita, Penelo.
 
“La pietra che abbiamo ritrovato era piuttosto irregolare come forma e presenta diverse scheggiature ai bordi.. E’ probabile che quello che avete ritrovato a Nabudis, sia un frammento della nostra pietra” prese la parola, Fran.
 
“Pare ci sia una leggenda intorno a questo gioiello..che a giudicare dal vostro racconto, forse non è poi cosi fantasiosa..” aggiunse, il pirata.
 
“E’ vero che la pietra Omice apparteneva ad un sovrano del passato ma il suo regno è scomparso più di ‘700 anni fa. Sembra che la vicinanza all’oggetto, avesse una strana influenza sulla volontà del re.. Pare che la utilizzasse per fare misteriosi viaggi. Comunque dopo poco tempo il suo regno cadde in disgrazia e si tramanda che per la rabbia, il sovrano tentò di distruggere il gioiello… ma alla fine l’unica cosa che rimase fu ghiaccio.. Abbiamo ragione di pensare che il regno scomparso fosse proprio a Paramina” terminò, Fran.
 
“Incredibile..!” esclamò, Penelo.
 
“Ora capisco perché Ashe diceva che non c’era traccia di questo sovrano nella storia recente di Ivalice, è morto da quasi un millennio!”
 
“Uh? Cosa c’entra Ashe?” affermò stupito, Balthier.
 
“L’abbiamo incontrata a Nabudis, era in perlustrazione con le sue guardie. Avrai sentito dell’intenzione di Ashe di ricostruire la vecchia capitale di Nabradia..” chiarì, Vaan.
 
“Le faccende politiche non m’interessano, dovresti saperlo..”
 
“Ora che ci penso, Ashe ci ha detto di aver letto qualcosa a proposito della pietra Omice, nella biblioteca di suo zio Ondore a Burjerba, quando era bambina. Forse potremmo chiederle di intercedere per noi e farci accedere nella sua residenza, per saperne di più” propose, la ragazza.
 
Gli altri si limitarono ad annuire, l’idea non era male, inoltre non avevamo molta scelta se volevano andare in fondo a questa intricata vicenda.
 
“Quando avete perso i sensi.. Non c’è nulla che ricordate di quel momento..?” intervenne tentennante, Fran.
 
“Beh.. a dire il vero qualcosa c’è.. Io ho fatto uno strano sogno.. Ero nel deserto insieme ad Ashe.. L’aiutavo con una cosa.. C’erano delle guardie in giro e avevamo paura che la trovassero.. Era una scena piuttosto assurda ma sembrava molto reale .. Poi mi sono svegliata..” raccontò in modo sbrigativo, la giovane. 
 
L’idea di svelare i dettagli di quanto aveva visto, la imbarazzava e dopotutto non era importante. Riteneva che fosse stato solo un sogno, come tanti altri che aveva avuto nella sua vita.
 
“E tu, Vaan? Non hai sognato nulla?” domandò indagatore, Balthier.
 
“Si.. anche il mio sogno era parecchio sconclusionato.. Ma cosa vuol dire? Pure voi avete visto qualcosa quando avete perso i sensi?”
 
“Avete avuto visioni diverse quindi.. Nonostante foste insieme.. e probabilmente anche Ashe ha visto qualcosa…” intuì pensierosa, Fran.
 
“Visioni? Ma che significa?” disse preoccupata, Penelo.
 
“Io e Fran abbiamo avuto la stessa visione.. Eravamo all’ingresso di Golmore, stavamo litigando o qualcosa del genere.. E poi ci siamo risvegliati sotto mezzo metro di neve!”
 
“Vi ricordate che si narrava che il sovrano usasse la pietra per viaggiare..?Potrebbe essere quello che è successo a noi, in un certo senso..” spiegò, la viera.
 
“Viaggi? Ma noi non eravamo coscienti di dove fossimo o di cosa stessimo facendo.. Era come se fossimo protagonisti della vita di qualcun altro.. Non potevamo influenzare in nessun modo quello che stava accadendo..” disse dubbioso, Vaan.
 
“E’ solo un’ipotesi infatti.. Nemmeno noi riusciamo a spiegarci tante cose. Ad ogni modo ci penseremo quando avremo finito questa inutile competizione.. “
 
“Si, ha ragione Balthier, inoltre si è fatto tardi. Voi due dovete essere riposati e in forma per domani” disse Penelo, rivolgendosi ai due capitani.
 
“Figuriamoci, potrei batterlo pure adesso..Ma sono stanco e preferisco andarmene a letto. Buona notte!” ribatté scocciato, il pirata
 
Si era tirato in piedi di scatto ed era andato via, senza aggiungere una parola. Gli altri erano rimasti in cerchio intorno al fuoco, sorpresi dalla frettolosità con cui Balthier si era d’improvviso congedato. Fran era rimasta immobile e in silenzio, lo aveva seguito con lo sguardo fino a che non l’aveva visto sparire dietro il portellone della Strahl.

La sua espressione rattristata non era passata inosservata a Penelo che aveva notato un’insolita atmosfera tesa tra i due.
 
“Sempre il solito sbruffone, pieno di sé..!!”
 
“Vaan..! Non è carino insultare Balthier di fronte a..” provò a dire Penelo, temendo il disagio della viera, all’eccessiva spontaneità del suo fidanzato.
 
“Vado anch’io, buona notte..”dichiarò Fran, ignorando il battibecco dei suoi amici e fingendosi non curante dell’indifferenza che Balthier aveva mostrato nei suoi confronti poco prima.
 
“Buonanotte..” le augurò dolcemente, un’imbarazzata Penelo.
 
“Succede qualcosa tra quei due..” constatò, Vaan.
 
“Qualunque cosa sia, non ci riguarda. Fila a dormire!” urlò infine, la ragazza.
 
***
 
Continuava a rigirarsi nel letto senza riuscire a prendere sonno, nonostante la stanchezza fisica e mentale. Non faceva che ripensare a quella lettera, accrescendo il suo nervosismo. Doveva cercare di allontanarsi da quei sentimenti rabbiosi. Si domandava quando e perché avesse smesso di indossare la maschera dell’uomo egoista che non permetteva a nessuno di scalfire la sua corazza di menefreghismo, le cui sole preoccupazioni erano la sua adorata aeronave e le belle donne, trofei usa e getta  per affrontare i momenti di noia e amarezza. Dopotutto mostrarsi per quello che era, non lo aveva reso meno infelice che fingersi qualcun altro. Si sentiva patetico ed era una cosa che non gli piaceva affatto.


Neppure Fran riusciva a dormire, era rimasta seduta nel suo sedile di co-pilota per almeno un’ora, aspettando che Morfeo si decidesse ad accoglierla nella sua calda stretta. A nulla era valso ammirare attraverso il parabrezza della cabina di pilotaggio, il limpido panorama stellato di quella notte, in cerca di relax. Aveva deciso che era il momento di tornare nella sua cuccetta, nonostante si fosse rassegnata all’idea di trascorrere una notte insonne, preferiva farlo con la comodità di un morbido letto.

Aveva varcato la soglia della sua stanza buia, la luce lunare filtrava dal vetro di una piccola apertura sulla parete vicino al letto, illuminando lo specchio accanto a lei. Si soffermò qualche istante a osservare la sua immagine. Proprio una pessima cera e domani sarà ancora peggio, pensò. Il suo sguardo spento ad un tratto faceva da sfondo da un intenso brillio che si rifletteva  sullo specchio.

Fran si voltò di scatto per capire di cosa si trattasse. La luce proveniva dalla sacca ai piedi del comodino. Era lì che tenevano nascosta la pietra Omice, in attesa di capirne il funzionamento. Per qualche strana ragione il cristallo aveva iniziato ad emanare una forte luce azzurra, come se stessa reagendo alla presenza di qualcosa. Era la stessa della prima volta che l’avevano trovata.

Aprì la borsa nel tentativo di avvolgere nuovamente la pietra nel fazzoletto di seta ma sfiorò involontariamente il cristallo, attivandone il meccanismo.

E perse i sensi, ancora una volta.
  
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