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Autore: OttoNoveTre    02/10/2013    3 recensioni
- Sono stato così cafone, bimba?
- Oh, zitto e dammi qua!
Corin nascose le pagine in una cartelletta e la mise in fondo ad un cassetto. Invece salvò la versione sullo schermo del computer, e l’iconcina del file comparve nell’elenco di storie.
- Che è quel nome?
- Il titolo.
- Come mai quello?-
- E’ ciò di cui sono fatta.
Di libri, di ombra e di sangue.
[raccolta di storie incentrate sulla coppia Corin/Santiago]
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corin, Santiago, Volturi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Vento focoso e passionale sotto le magnolie'
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La terza volta



Prima parte


A Fila, tantissimi auguri di buon compleanno!







Corin aveva subito solamente due cotte nella sua breve vita umana: la prima a otto anni, per il Professore, che aveva un sacco di libri e un castello. Era sicurissima che si sarebbe presentato di nuovo al parco, con un cavallo bianco per lui e una puledra per lei, e avrebbero cavalcato assieme verso un orizzonte pieno di avventure.
La seconda era stata per Steven, il fratello maggiore di Theresa, la ragazza della stanza di fronte alla sua in collegio. Steven aveva avuto la sciagurata idea di farla accomodare in poltrona e aggiungere qualche parola su come fosse una signorina molto graziosa. Corin aveva allora adottato la tecnica di Guance di porpora, riccioli d’oro, in cui la timida Sabrina conquistava il bel Simon (Steven, Simon, due nomi e due esse. Coincidenze? Certo che no) con la forza della sua pazienza. In concreto, insomma, non aveva fatto nulla.
Quando Theresa le aveva detto, tre mesi dopo, che Steven si era fidanzato con una tale Suzanne (Sabrina e Suzanne, avrebbe dovuto immaginarlo) aveva pianto come una fontana, gettato dalla finestra Guance di porpora e maledetto Steven per essere stato così ambiguo con lei ed averle spezzato il cuore. Finite le lacrime, aveva preso consapevolezza di essere diventata donna: giurò al mondo che non sarebbe più cascata in balia di tali sciocchi sentimentalismi. L’aveva anche scritto nel suo diario, “Le lacrime hanno lavato via la fanciulla ingenua”.
Vent’anni dopo, l’unica cosa scritta sul suo diario era “Missione con Santiago”, semplice e laconico.
- Mi stai esaminando, signorina Wates?
- Eh?
Corin spostò lo sguardo dal diario a Santiago, seduto davanti a lei.
- Mi stai scrutando da un sacco, mentre fai finta di leggere. Mi trovi bello? - Santiago si accese una sigaretta e si appoggiò allo schienale della sedia. Si era fatto la coda, quella sera. In realtà continuava a farsela e disfarsela, tra una sigaretta e l’altra. Corin avrebbe scommesso la sua immortalità che lei quando si aggiustava i capelli non faceva lo stesso effetto, e la popolazione femminile del locale concordava.
- Non proprio.
- Ah, “non proprio”.
- Scusa, forse sono stata scortese. Avrei dovuto dire che i gusti variano.
Lui si mise a ridere. Aveva un modo tutto suo di farlo: si passava una mano sulla fronte e fra i riccioli, chinava la testa all’indietro e rideva di pancia, con gusto. Mi trovi bello?
Fosse anche stato, la situazione era molto semplice: lui era bello, lei no. Tutto laconico e semplice, come l’appunto sul suo diario. Corin abbassò gli occhi di nuovo.
- Dovresti ridere di più, Corin. Ridi mai?
- Come?
- Lascia stare, fammi dare un’occhiata al locale, si avvicina l’ora in cui dovrebbe arrivare l’amico che stiamo aspettando.
Essere sotto l’esame di qualcuno la agitava. Non si era mai sentita sotto esame. Le poche volte che lo era stata, non le importava molto dell’opinione che qualcuno poteva farsi di lei, tanto se la sarebbe dimenticata qualche ora dopo. Nemmeno lei giudicava molto gli altri. Aveva tante idee, osservava in pace per ore quello che succedeva, ma avrebbe risposto soltanto se interpellata direttamente, non di sua spontanea volontà. Ridi mai? Quando sono contenta, che domande. Però tra tutte le osservazioni, quella. Quindi al mondo esterno appariva come una che rideva poco. Chissà se qualcun altro lo aveva pensato e mai detto. Chissà se lo avevano mai pensato suo padre, la sua matrigna o nonna Gloria.
Santiago lo pensava, e per la prima volta anche per lei divenne un cruccio.
- Ok, è arrivato. No, fai finta che non ti abbia detto nulla, continua a guardare il diario come se niente fosse.
Corin obbedì.
- Concentrati sul suo odore: ha un maglione di lana, deve lavorare vicino al porto perché è intriso di salsedine. Ha le scarpe piene di catrame e sta ordinando ora una birra.
Corin si concentrò chiudendo gli occhi: il locale era piccolo, rumoroso e affollato, ma pian piano riconobbe e distinse dal resto gli odori della loro preda. Sbirciò per un secondo sopra il diario, nella direzione in cui guardava Santiago, e lo riconobbe subito.
- Pelato, con la barba rossiccia?
- Esatto, bimba.
- Ti sei dimenticato di dire che puzza di tabacco. – approfittò del momento di distrazione di Santiago per rubargli la sigaretta e spegnerla nel posacenere. – Non capirò mai questo tuo stupido vizio da umano. Quindi?
Santiago le scoccò un’occhiataccia e tirò fuori di nuovo pacchetto e accendino.
- Guarda con discrezione il tavolo all’angolo. Ci sono tre uomini e una ragazza molto ubriaca.
Non serviva guardarli, la ragazza era molto più che ubriaca e da un’ora si sentivano le sue risate sguaiatissime rimbombare in tutto il bar. I tipi con lei assecondavano la cagnara, ma le loro espressioni e l’odore di ansia erano inconfondibili.
- Sono i contatti del nostro amico. Secondo i loro piani, tra dieci minuti gli lasceranno la ragazza. Secondo i nostri… - si accese una sigaretta e tirò la prima boccata. Poi, invece che continuare, la mise in mano a Corin. - … lasceremo il nostro altro amichetto senza cena.
- E questa?
- Quando si sarà consumata fino alle tue belle manine, bimba, esci di qui e insegui l’uomo al bancone. Per gli altri tre, lascia fare al maestro. – mise su il suo sorriso criminale e si alzò dal tavolo. Corin rimase con la sigaretta sospesa tra pollice e indice, senza sapere bene nemmeno come reggerla. In pochi secondi Santiago era al tavolo dei quattro. La ragazza fece sapere al mondo che la cosa non le dispiaceva affatto, ma i tre erano ancora più agitati di prima. Di sicuro Santiago avrebbe agito come il prode bandito gentiluomo Jordan quando, con la sua parlantina e una droga versata nel rum del capitano Richards, si era fatto svelare l’esistenza del passaggio segreto nella fortezza inglese a Maracaibo.
- Hola, stronzi.
Oh cielo.
- E tu chi cazzo saresti?
- Ma niente, passavo di qui e mi hanno detto che facevano un concorso di facce di merda. Hermosa, ovviamente non parlo di te.
La ragazza rise ancora, mentre tentava di bere l’ennesimo bicchiere (le finì più a terra che in bocca), ma sul resto del locale era calato il silenzio. Il biondo dei tre si alzò in piedi e diede una pacca sulla spalla a Santiago, il gesto meno amichevole e spontaneo che Corin avesse mai visto.
- Senti, è ora che ti levi dai piedi.
- Ehi, calma, non serve agitarsi così, me ne vado. Me la saluti tu tua madre, che ieri sera non ho fatto in tempo?
Il biondo scattò in avanti, facendo cadere la sedia. Estrasse dai pantaloni una pistola e la puntò contro la fronte di Santiago.
- Adesso basta stronzate.
Anche la ragazza aveva smesso di ridere. cominciò a mormorare – Mio dio, miodio, mio dio…
Corin guardò come reagiva l’uomo al bancone: se possibile, era ancora più pallido e teso dei tre al tavolo. L’unico non agitato in tutto il locale era Santiago. Anzi, si stava divertendo come un matto.
- Amigo, attento! Potresti fare del male a qualcuno. – Prese la canna della pistola e la abbassò fino al cuore.
- Ti scarico il caricatore in petto, stronzo.
- Dai, provaci, è molto divertente quando qualcuno ci prova. Sparami.
- Tom, sparagli, te lo sta chiedendo lui. - Aveva parlato uno degli altri due, un tizio coi baffi.
-Ecco, ascolta il tuo amico, Tom! Dai, - Santiago strinse la canna con le mani – hasta que sientes el click. – e deformò la canna con la stretta delle dita.
Tom-il-biondo-con-la-pistola sbiancò, la mano che reggeva l’arma tremava. Santiago rise come prima, con la testa chinata indietro. Poi mollò il primo pugno.
Mentre il bar si trasformava in una massa informe di corpi ammassati e vetri rotti (ecco, quello era esattamente come nei suoi libri), Corin si limitò a spostarsi leggermente a destra quando le passò vicino un boccale di birra, che si frantumò sulla parete alle sue spalle.
- Ahi! – sentì come una puntura alle dita: la brace della sigaretta si era consumata fino ai polpastrelli. Guardò verso il bancone in cerca dell’uomo, ma non riuscì a vedere nemmeno il bancone. Allora si concentrò sull’odore che Santiago le aveva descritto prima.
Lana, salsedine, catrame, birra, tabacco…
Scivolò nell’ombra sotto il tavolo, si fuse con essa e passò per le intercapedini tra le assi di legno, lungo la parete fino a una finestrella, poi nel vicolo dietro al locale.
Lana, salsedine, catrame, birra, tabacco…
Qualche isolato più avanti, agli odori si aggiunse un respiro affannato. Voltato un angolo di mattoni rossi, lo trovò appoggiato a un muro che si teneva il petto. Corin rimase acquattata dietro un tombino, in attesa. L’uomo si strinse di più nel giaccone e si guardò attorno.
Pochi minuti dopo, dei passi risuonarono sull’asfalto. Passi pesanti, da mortale. L’uomo si staccò da muro e cominciò a lisciarsi la pelata con nervosismo.
- Luke, mi avvicinavo con calma e non ho potuto fare a meno di notare che sei da solo. Come devo interpretare questa cosa? – era un uomo di mezza età, con i capelli brillantinati. Sarebbe stato vestito con una certa eleganza, se il completo non avesse mostrato di non vedere una lavanderia da mesi.
- Senti, è successo un casino stasera. - Luke lana-salsedine-catrame-birra-tabacco tentò di accendersi una sigaretta, ma gli tremavano così forte le mani che la fiammella non riusciva ad accendere la punta. – Quegli idioti mi avevano portato una ragazza, come mi avevi chiesto, ma poi è arrivato una specie di gigante ispanico. Doveva essere ubriaco fradicio, perché ha tentato di scatenare una rissa in tutti i modi e, beh, ci è riuscito benissimo… G-grazie. – l’uomo elegante si era avvicinato con un fiammifero e gli aveva acceso la sigaretta. Peccato che la vicinanza avesse annullato del tutto l’effetto calmante del tabacco. Luke guardava ovunque pur di non incrociare lo sguardo del suo interlocutore. – Senti, ehi, non è grave. Conosco un posto qui vicino che è pieno di puttane e di lavoratori della miniera. La polizia non muoverà nemmeno un agente se trovano qualche morto, figurati! L’altro giorno hanno ripescato un bambino con la faccia mangiata dai topi. Te ne porto una in poche ore, il tempo di prendere un taxi fin là.
Bene, ora.
Corin riprese consistenza e allungò le ombre dei tombini in modo che sfiorassero le gambe dei due. Brillantina ebbe un sussulto, ma fu Luke che per primo la notò: fece cadere la sigaretta e riuscì solo a mormorare – Oh cazzo…
L’altro non si scompose.
- Non l’avevo vista, signorina.
- Lo so.
Le ombre risalirono velocemente lungo la gamba di Luke, si attorcigliarono attorno al suo collo e hasta luego, come avrebbe detto Santiago.
Ora, brillantina la degnò di qualche attenzione in più. Corin gli immobilizzò le gambe coi tentacoli.
- Chi sei?
- Oh, merda. Tu sei… sei come lui, vero?
- Questo è molto interessante. Chi è “lui”?
- Ehi, piano, signorina. Qui quella a essere in territorio straniero sei tu, non io. Anzi, forse sono stato sgarbato. Benvenuta ad Anchorage.
- Sei agli ordini di Craig Duggan?
- Duggan? Sei indietro con le informazioni, tesoro, Duggan ha lasciato gli affari e si è preso una vacanza.
- Non ci è stato detto nulla su un cambio di posizione di Duggan, e queste cose devono essere comunicate subito ai miei signori.
- “Signori”? Hai un modo curioso di parlare, tesoro. Non sei di queste parti vero? Il tuo accento così a modo non è molto coloniale.
- Se tu lavori per Duggan, Duggan lavorava per conto di qualcun altro, che mi ha mandato qui. Allora, dov’è finito?
- Aspetta, credi davvero che “mandare in vacanza” significhi che è andato a pescare i salmoni sui Grandi Laghi? Il nostro mondo non è molto sicuro, a volte gli incidenti capitano.
- E qualcuno ne ha approfittato?
L’uomo non le rispose. In lontananza, le campane di una chiesa suonarono la mezzanotte. Lui tirò fuori dalla tasca interna della giacca un orologio e controllò il quadrante. – Mezzanotte, la vostra ora preferita. – sorrise, come se fosse un segnale che aspettava, e si rimise l’orologio in tasca. - Dì pure ai tuoi “signori” che c’è un nuovo capo in città, e che non si farà fottere come un coglione come è successo a Duggan. Hai salutato il tuo amico ispanico, prima? Digli che a volte il basso profilo è la via migliore. Avrebbe dovuto imparare da te, peccato.
- Che cosa intendi?
- Come dicevo, gli incidenti capitano.
Prima che Corin potesse fermarlo, sguainò un coltello e si recise i polsi. L’odore del sangue le fece girare la testa, l’istinto la spingeva verso la pozza rossa che si stava formando ai piedi dell’uomo. Ma Santiago… Ingoiò il groppo di veleno.
Il collo dell’uomo si spezzò con uno schiocco sotto il suo tentacolo nero.
Corin corse di nuovo fino al bar. Nella sala dove erano seduti un’ora prima, pareva fosse passato un tornado. L’unico essere vivente all’interno era il proprietario, che stava accumulando in un angolo i resti della rissa. Lo strattonò per la camicia.
- Il tipo che ha cominciato la rissa! Quello alto coi capelli lunghi, è ancora qui?
- Quello stronzo? Se fosse ancora qui vedresti le sue cervella sparse a terra e me molto più felice. Hai idea di quanti soldi mi deve?
Corin frugò nelle tasche del cappotto e mise in mano al tizio un rotolo di banconote.
- Tenga il resto.
Si concentrò. Non erano solo gli umani ad avere una scia di odore da seguire. Sangue, salsedine, Volterra, tabacco…
Corse di nuovo in strada, corse fino all’insegna scrostata di una bettola e pregò di non essersi confusa, mentre saliva le scale e ignorava il saluto della vecchietta alla reception. La stanza era già invasa dal fumo. Corin smise di respirare e corse fino al letto. Santiago (nonostante la situazione, sospirò di sollievo) era incosciente.
- Ehi, svegliati!
Il fuoco stava consumando le tende, alcune fiammelle avevano attecchito sulla moquette e si dirigevano veloci verso le lenzuola.
- Santiago, cielo!
Lo afferrò per un braccio per tirarlo via dal letto. Così facendo scostò anche il lenzuolo, che nascondeva il cadavere della ragazza del bar. Nuda.
Il calcio che tirò nelle costole di Santiago poteva come non poteva essere collegato alla scoperta. Finalmente il corpo ebbe un sussulto, ma ancora non era riuscita a fargli aprire gli occhi.
Corin afferrò la bacinella dell’acqua e gli rovesciò tutto in testa, bacinella compresa.
- Que diablo
Corin lo afferrò di nuovo per le braccia.
- Va tutto a fuoco, dobbiamo uscire di qui!
- Ho la testa che mi scoppia.
- Appoggiati a me, ce ne dobbiamo andare.
Corin si mise il braccio di Santiago sulle spalle e si buttò contro la finestra. Una caduta dopo erano in strada, circondati da frammenti di vetro. Dalla finestra aperta, quattro piani più sopra, usciva una colonna di fumo nero.
Il vicolo era silenzioso. I sensi di Corin non percepirono nessuno, vampiro o umano, nelle loro vicinanze. Chiunque avesse organizzato lo scherzo non era rimasto a godersi la scena.
Santiago tentò di alzarsi, ma ricadde subito a terra tenendosi la testa.
- Che cosa mi è successo?
- Dormivi.
- Bimba, non scherzare.
- Te lo giuro! Ascoltami, ho trovato un tipo che sapeva qualcosa di Duggan, non era un vampiro. La scena al bar, la fuga del contatto, credo avessero pensato a tutto, voglio dire, che avessero saputo che li avremmo cercati e quindi hanno mandato avanti una pedina più piccola, volevano dividerci per ucciderci meglio. Ecco, e per fortuna non ha funzionato anche se per un attimo ho avuto paura e… Cielo è una cosa importante ma non si può lavorare seriamente così! – Corin si voltò verso il muro e si coprì gli occhi con le mani e i capelli. La ragazza sul letto non era l’unica persona nuda. Anche Santiago se ne rese conto, perché Corin sentì una risata alle sue spalle.
- Forse non è il modo migliore per andare in giro ad Anchorage in ottobre. Certo, qualcuno potrebbe sempre riscaldarmi col suo corpo.
- Siamo vampiri, non abbiamo corpi caldi. - E questa come diavolo le era venuta in mente? Santiago rise di nuovo, ma fu interrotto a metà da un ascesso di tosse. Corin si voltò, tenendo gli occhi semichiusi. Se vedeva solo sagome indistinte, forse ce la poteva fare.
- Dobbiamo trovare un posto per passare la notte. E dei vestiti, assolutamente dei vestiti. Adesso magari entro e chiedo se hanno qualcosa, va bene?
- Claro, in reception saranno felicissimi di aiutarti, quando gli abbiamo appena mandato a fuoco l’albergo.
L’incendio era divampato, inglobando tutto il piano. Una folla di curiosi si era assiepata davanti all’edificio e guardava le fiamme.
- Aspetta qui.
Corin si infilò al primo piano dell’albergo e tornò fuori col cadavere di un uomo. Lo lanciò più o meno dove si trovava Santiago, poi si voltò di nuovo dall’altra parte.
- Diranno che è morto nell’incendio. Mi pareva che avesse più o meno la tua corporatura.
- Tu eres increible, bimba. Un uomo ucciso a sangue freddo va bene, ma un uomo nudo… - Santiago si interruppe di nuovo, scosso da altri colpi di tosse.
- Sbrigati, non stai bene e potrebbe arrivare qualcuno.
Corin sentì i fruscii dei vestiti sfilati e rinfilati, poi Santiago che diceva: – Adesso non c’è più nulla che possa turbare il tuo pudore, bimba.
Si voltò e aprì gli occhi: Santiago era messo peggio di quanto dava a vedere, aveva le occhiaie lividissime, sotto la pelle del collo si intravedeva la giugulare bluastra, e nemmeno quello era troppo normale. Era appoggiato contro il muro del vicolo e respirava a fatica.
- La ragazza, devono averle avvelenato il sangue, forse con qualche droga. Ce la fai a camminare?
- Dammi un minuto. – Santiago proseguì verso l’uscita del vicolo sempre appoggiato al muro. Corin lo raggiunse e si passò il braccio non attaccato al muro sopra le spalle.
- Appoggiati, adesso andiamo a prendere un taxi fino in albergo. -
Lui rise di nuovo.
- Bene, ora quello molto imbarazzato sono io.

***

- Puoi anche smettere di reggermi, adesso. Vai pure nella tua stanza.
- Va bene. Buona notte.
- Cosa? Mi lasci da solo?
- Mi hai detto tu di andare.
- Beh, ma non prima di un congedo, di un ringraziamento. Una stretta di mano, querida?
Corin strinse meccanicamente la mano di Santiago, ferma a mezz’aria. Sentì d’improvviso una fitta di dolore e si lasciò sfuggire un gemito. Santiago sciolse la stretta e le guardò le mani: i palmi erano coperti di ustioni, che si stavano cicatrizzando poco a poco. Lei si liberò dalla presa, strinse le mani e pugno e le nascose contro il petto.
- La coperta non si è spenta subito, non me n’ero nemmeno accorta.
Loro due lì, fermi sulla soglia della stanza, e un silenzio assordante.
- Allora io… io vado.
Santiago la fermò con una stretta dolce sulla spalla.
- Mi hai salvato la vita, sono in debito con te.
Sangue, salsedine, Volterra, tabacco…
- Nessun debito. Sono contenta di essere arrivata in tempo.
- Che succede, tremi?
- Ho freddo.
- Hai freddo… E allora vai a cambiarti, torna a letto bimba.









La tana di Otto

Tra i miei numerosi difetti, c'è quello di essere una persona impaziente. Dato che questa storia doveva arrivare come regalo di compleanno di Fila (augurrrrrrriiiiiiiiiiiii!) ho voluto spezzare a metà il racconto e pubblicarne almeno metà nella data giusta. Quindi eccoci qui.
La storia è ambientata negli anni '20 del 1900, quindi quando Corin era ancora una novellina nella guardia.
Anchorage è la città più popolosa dell'Alaska, dove ho immaginato vivesse un contatto dei Volturi chiamato Duggan.
Ci sono varie citazioni sparse per la storia, le pià corpose e palesi sono pezzi di dialoghi del film Jane Eyre di Zeffirelli. Che cosa c'entra? C'entra che Jane Eyre è stata una delle prime ispirazioni per Corin (insomma, un personaggio che dice "le ombre sono importanti tanto quanto la luce"!), quindi ho voluto sparpagliare per la storia dei pezzi che nel film mi piacciono un sacco. In particolare, il pezzo "Ridi mai?" eccetera e tutto il dialogo che chiude il capitolo.
Le altre citazioni sono altrettanto letterarie (...) e vanno ai miei sempre presenti ispiratori Gianni Drudi e Jesus, dal film "Il grande Lebowski", più il nerd più tamarro del mondo che ha fornito l'amichevole approccio di Santiago.
A presto con la seconda parte, e come sempre grazie a chi passerà di qui <3
   
 
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