Odio, paura, ormai era da
un mese che Naruto passava tutte le notti insieme a quel essere a farsi
torturare in modo disumano...Molti ormai lo chiamavano il suo “amante” ma Naruto
non sapeva se lo si poteva definire così il loro rapporto, infondo essere il suo
amante vorrebbe dire farlo volontariamente e non era quello che lui
faceva.
Cioè, non che lui nn
facesse niente, aveva tentato piú di una volta di fuggire, ma sua madre lo aveva
rintracciato più di una volta e per quanto lui fosse veloce non poteva certo
competere con sua madre che aveva oltre cinquemila anni d’esperienza alle sue
spalle!
Ormai aveva completamente
perso la speranza, sopportava tutto quello che succedeva con passività, spesso
beveva per sopportare il dolore e quando sua madre gli diceva che era troppo
giovane per bere lui le ricordava che era anche troppo giovane per fare la
puttana.
Per distrarsi passava
giornate intere a suonare, leggere, imparare a ballare, per distrarsi dai suoi
pensieri, che gli ricordavano che la sua vita stava diventando vuota e fredda,
senza gioia, sneza felicità, senza alcuno scopo se non quello di ritrovarsi
tutte le notti sotto quel maledetto sporco pedofilo a farsi prendere senza pietà
contro la sua volontà.
C’era un’altra via che
Naruto aveva tentato di prendere. Il suicidio.
Quella notte era entrato
in camera sua, aveva preso una katana e se l’era posizionata sulla gola. Stava
piangendo, aveva bevuto molto per farsi coraggio, un taglio netto e sarebbe
tutto finito, niente più notti insonni, niente più “doveri”, solo un riposo
eterno. Prospettiva molto allettante.
Chiuse gli occhi deciso
di farla finita. Posò la lama sulla pelle, chiuse gli occhi. 1-2-3! Con un colpo
scaraventò via l’arma, dio non ci riusciva... frose era meglio provare con il
veleneo, sarebbe stato più facile, il veleno faceva sembrare la cosa naturale,
non c’era ne il freddo della lama, ne il fatto che dovessi essere tu a dare lo
stopo definitivo alla tua vita, era come dire più pulito.
Certo, sarebbe stato
meglio usare il veleno, ma doveva essere un veleno potente, uno Yoko non poteva
venire ucciso da un veleno qualunque, doveva essere talmente potente da uccidere
almeno una mandria d’elefanti. Per esempio un litro di veleno del cobra reale.
Ma non poteva bere un litro intero di un veleno, ci voleva troppo tempo, in quel
poco tempo che passava avrebbe potuto avere un attacco di panico oppure il suo
ridicolo istinto di sopravivenza poteva avere la meglio, non doveva trovare
qualcosa di rapido.
Andò da sua
madre.
“Ditemi madre, quanti
modi esistono per uccidere uno Yoko?”
“Per quale motivo lo vuoi
sapere Naruto-chan?”
“Semplice, voglio
diventare più forte e uccidervi, per poi uccidere Orochimaru, per essere
libero.”
La volpe guardò il
ragazzo dall’alto con quegli occhi di fiamme che avrebbero fatto rabbrividire
chiunque altro, ma non Naruto, che rimase impassibile.
“Bene, ti dirò quello che
vuoi sapere.”
Il veleno del cobra nero
delle lande di cristallo era l’unico veleno in grado di uccidere in giro di
pochi minuti uno Yoko, perfetto, ora l’unico problema era trovare il veleno che
era maledettamente raro ed estremamente costoso.
Trovò un ottimo alleato
in Sai il nipote del lord Kutoshi, si comportava in modo estremamente gentile
con lui, certo non si illudeva che volesse semplice amicizia, non era così
stupido da non notare i suoi sguardi, i suoi tocchi falsamente innocenti e
Naruto sapeva benissimo che avrebbe potuto usarlo, certo si sentiva una merda,
ma decise che per una volta doveva pensare un pò a quello che voleva
lui.
Aveva solo dieci anni e
giá pensava e ragionava come molti adulti non erano in grado di fare e certi
pensieri avrebbero fatto rabbrividire anche l’adulto più
maturo.
*
Un giorno Orochimaru
portò Naruto a fare una passeggiata al di fuori delle mura del palazzo.
Passeggiata così per dire, vennero trasportati per tutto il tempo su una
portatina.
Orochimaru parlava e
parlava, parlava della bellezza dei paesaggi, dei monumenti, dei templi, il
biondo non ascoltò niente, più che altro si concentrò sulla
popolazione.
Vide molta gente povera,
affamata, ammalata, bambini sporchi, vestiti di soli stracci, magri fino
all’inverosimile, infortunati. Troppa gente che aveva conosciuto glis tenti di
una vita piena di privazioni, troppi bambini che sarebbero cresciuti conoscendo
sollo quella...
Vide sguardi di
disprezzo, verso di lui, che era ricco, ma sopratutto verso il lord, che regnava
con prepotenza, nella ricchezza e nel lusso, senza interessarsi per i bisogni di
chi non fosse lui stesso.
Naruto capì inoltre che
l’unico motivo per cui continuava a regnare era la sua
forza.
Era ancora immerso nei
suoi pensieri quando un bambino giocando cadde davanti ai cavalli, bloccando
così il loro cammino.
Il lord si arrabbiò molto
per quella piccola interruzione, ordinò di trattenere il bambino, Naruto
incominciò a capire cosa Orochimaru volesse fare quando prese il bastone di una
delle sue guardie e scese dalla portantina, il biondo lo seguì: “Mi signore, non
vedo motivo per cui dovremmo perdere tempo con un moccioso come lui.” Tentò di
fermarlo.
L’uomo si fermò davanti
al bambino, non si curava delle suppliche della madre che chiedeva pietà, ne
dello sguardo spaventato del bambino che avrebbe fatto impietosire persino la
madre di Naruto, famosa per la sua crudeltà.
“Così imparerai
mocciosetto a guardare dove metti i piedi.” Alzò il bastone, pronto a colpire e
Naruto reagì senza pensare.
Si mise davanti al
bambino, guardò il suo signore negli occhi, poi cadde sulle ginocchia e si
inchinò profondamente, toccando con la fronte il terreno: “La supplico, lo
perdoni, è solo uno stupido bambino, non l’ha fatto apposta. Sii clemente.” Poi
alzò lo sguardo tentando di far sembrare il suo sguardo il più irresistibile
possibile.
Orochimaru sbuffò e
disse: “Va bene, vattene mocciosetto, ma non farti più
vedere.”
I due si diressero di
nuovo verso al portatina.
Una ragazzina corse verso
Naruto, in mano teneva un piccolo tulipano bianco. Il ragazzo prese il fiore e
vedendo il sorriso sulle labbra della bambina non potè fare a meno di
ricambiarlo.
*
Era notte fonda, era
appena tornato dalla sua solita serata con Orochimaru, indossava uno semplice
yukata bianco, era seduto sulla soglia della porta e stava osservando il
paesaggio quando sentì dei passi e una voce: “Ciao
Naachan.”
“Ciao
Sai-chan.”
Il moro sorrise e disse:
“Ho quello che volevi.” Infilò la mano nel suo yukata nero ed estrasse una
pillola.
Naruto sorrise, allungò
le mani e ringraziando Sai la prese appoggiandola davanti a se: “Sei stato molto
gentile.”
Sai annuì e si sedette
vicino a lui: “Posso sapere per cosa ti serve?”
“Cosa?” chiese fingendosi
ingenuo Naruto.
“Il veleno. Non vorrai
mica uccidere mio zio!”
Naruto fissò un attimo
Sai e poi sorrise: “No, non ti preoccupare, non oserei mai ucciderlo prima che
ti abbia confermato l’eredità.”
Sai arrossì leggermente,
colto sul fatto: “Okay, ma me lo puoi dire no? Te l’ho procurato quel veleno
infondo. Mi devi qualcosa.”
Il figlio di Kyubi alzò
le ciglia, Sai non era proprio così stupido come credeva, doveva trovare il modo
per distrarlo. S’avvicinò a lui, gli appoggiò la mano sulla guancia e disse:
“Sai, sei sicuro di volerlo sapere?”
Il moro spalancò gli
occhi, non riuscì a dire niente.
“Sono sicuro che tu non
lo voglia sapere.” Continuò Naruto.
Sai fece segno di non con
la testa.
“Bene, visto? Ora sono
stanco, potresti andare? Ci vediamo domani.”
Il moro s’alzò deluso e
se ne andò.
Naruto sospirò, prese
dell’acqua, alzò la pastiglia e se la portò alle labbra, quando i suoi occhi
caddero sul tulipano bianco appoggiato sul tavolo, che gli aveva regalato la
bambina in cittá. Pensò a tutta quella gente povera a tutto il loro dolore e
come lui avrebbe potuto aiutarla, abbassò la pastiglia, andò verso la sua
scatola dei gioielli e ci mise dentro la pastiglia. Non non l’avrebbe fatta
finita. Avrebbe continuato ad esistere, per aiutare quella gente, certo, alla
prima occasione se ne sarebbe andato, ma finchè aveva solo la scelta tra
Orochimaru e la morte, avrebbe scelto Orochimaru per poter aiutare tutta quella
gente.
Aveva trovato la sua
ragione d’esistenza.
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