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Autore: MeiyoMakoto    02/10/2013    1 recensioni
Leslie Lynch, capelli rossi, occhi verde chiaro, strega da quarant'anni senza sapere di esserlo. Come è possibile? Cosa l'ha spinta a vivere per vent'anni ai margini della società? E soprattutto, perché diavolo tutti dicono che somiglia in modo incredibile a una certa Lily Evans?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lily Evans, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Memorie Rubate'
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Annuncio importante alla fine.

Leslie si ritrovò in un giardino affacciato su una stradina angusta. Il cielo era scuro, la pioggia battente, ma lei non si bagnava; lei era un’ombra. Altrettanto non si poteva dire di un ragazzino magro, dai capelli neri che gocciavano sui vestiti fradici, acquattato sotto una finestra. Leslie riconobbe il posto dove si trovavano: Petunia le aveva inviato una foto della casa dove erano cresciute. Severus la stava spiando, quindi. Che razza di viscido…
Ma era difficile rimanere arrabbiata con un bambino di nove anni rannicchiato sotto la pioggia che stentava a reprimere una fitta di tosse per non farsi sentire dalla famiglia Evans. La sua famiglia…
Leslie si avvicinò alla finestra con il cuore in gola. Ecco Petunia, piccola e magra come nelle fotografie che le aveva inviato; ecco i suoi genitori, esattamente com’erano nelle memorie sempre più vaghe di Leslie Lynch; ed ecco la piccola Lily, gli occhi gonfi di pianto e il viso arrossato.
‘Severus è mio amico.’, disse la bambina con voce tremante. ‘L-lui non mi direbbe mai una bugia.’
‘Lo sappiamo, tesoro…’, si affrettò a dire la signora Evans.
‘Ma forse il piccolo Piton è un po’… un po’ confuso.’, continuò il padre. ‘Ha una grande immaginazione, ma devi capire che quello che lui crede essere la realtà è solo un gioco.’
‘Ma papà, io non sono come gli altri! Io…’
‘È solo un piccolo bugiardo, Lily.’, intervenne Petunia. ‘Te l’avevo detto di stargli lontana, ma non mi hai voluto ascoltare.’
‘Chiudi il becco, Tunia!’, strillò sua sorella. ‘Severus è mio amico!’
‘Lily, chiedi immediatamente scusa a Petunia!’, ordinò scandalizzato il signor Evans. ‘Ma cosa ti è preso, oggi?’
Lily esitò: era evidente che non era abituata a litigare con la sua famiglia.
‘Severus non è un bugiardo.’, disse convinta, correndo su per le scale.
 
 
 
 
 
La scena cambiò.
Lily e Severus erano stesi sull’erba all’ombra di un albero. La bambina era piegata in due dalle risate, mentre l’amico la osservava con un sorriso estatico. Poi però si rabbuiò, come colpito da un pensiero improvviso.
‘Lily…’, esordì. ‘C’è una cosa che voglio chiederti.’
‘Che c’è, Sev?’, fece lei senza guardarlo, ancora sorridente.
Severus esitò prima di continuare.
‘Perché sei mia amica?’, chiese tutto d’un fiato.
‘Che cosa?’
‘Perché sei mia amica, Lily?’
‘Come, perché? Gli amici sono amici, e basta.’
Si voltò verso di lui, che distolse lo sguardo. Rimasero qualche istante in silenzio; Lily sembrava pensierosa.
‘Tu non sei come gli altri, Severus.’, disse infine la bambina. ‘Tu sai delle cose che loro non sanno… E le condividi con me. Mi sento speciale quando sono con te. Per questo sono tua amica.’
‘Tu sei speciale.’
‘Anche tu, e lo sai. Si vede quando parli di Hogwarts.’
 
 
 
 
 
Leslie seguì alcune scene dei due che giocavano al parco e in seguito studiavano insieme, all’ombra del salice in riva al lago della scuola o seduti l’uno accanto all’altra in classe. Ma c’era qualcosa che non andava: i ragazzi crescevano sempre più velocemente, come se con l’età diminuissero i momenti felici che passavano insieme. Ben presto Lily era una bella ragazza di quattordici anni, mentre Severus, che passeggiava accanto a lei, sembrava aver guadagnato ben poco con la pubertà.
‘Non te lo so spiegare, Lily.’, sospirò il ragazzo. ‘Mi dispiace.’
Lei sbuffò esasperata.
‘Non mi hai mai saputo spiegare niente, Sev.’
Il ragazzo si fermò; sembrava che stesse facendo un enorme sforzo per trovare le parole adatte.
‘Ti ricordi quando mi hai detto che eri mia amica perché ero speciale? Perché sapevo cose che gli altri non sapevano?’
Lily ci pensò su un attimo, poi annuì.
‘Non sono speciale qui, Lily. Siamo tutti speciali. Sapevo che non avrei potuto tenerti per sempre, così mi sono cercato altri amici tra i miei compagni di Casa; anche tu ne hai.’
Lily sorrise.
‘Se non sei speciale, perché sei ancora il mio miglior amico?’
Gli cinse la vita con un braccio e lo condusse in riva al lago.
Quello fu l’ultimo ricordo felice di Severus Piton. All’improvviso, Leslie era davanti al Pensatoio.
 
 
 
 
 
‘Professoressa?’, chiese timidamente Ginny. ‘Va tutto bene?’
Leslie tirò su col naso. Non si era neanche accorta di stare piangendo. La ragazza la aiutò ad alzarsi -non si era accorta nemmeno di essere caduta. E non riusciva a smettere di piangere.
‘Su, non faccia così…’, continuò Ginny.
‘È morto.’, fece Leslie con voce rotta. ‘E sai qual è la parte peggiore? Ho visto tutti i nostri  ricordi più felici un attimo fa, e non riesco a ricordarmi la sua faccia.’
‘Cuore di pietra!’, ululò il ritratto della signora in lilla.
‘Non capisci che la sua memoria è stata modificata, Tabitha?’, ringhiò Phineas.
‘Usciamo da qui, professoressa Lynch.’, disse Ginny tirandola per un braccio.
Leslie non riusciva a muoversi.
‘Andiamo, professoressa.'
Leslie barcollò fuori dalla stanza, seguita dalla ragazza.
‘Senta,’, fece quest’ultima guardandola negli occhi. ‘Per quello che vale, mi dispiace di aver dubitato di lei.’
Leslie la fissò, aspettando una spiegazione.
‘So cosa si prova quando qualcuno a cui tiene non c’è più.’, disse Ginny. ‘Non si può fingere un dolore del genere.’
Mise un braccio intorno alla vita della professoressa per sostenerla e scesero giù per le scale in silenzio.
 
 
 
 
‘Scusa se interrompo, Leslie.’, disse Hagrid piombando nell’aula di Babbanologia con un’espressione mortificata in viso. ‘Ho incrociato la Preside, che mi ha detto di dirti che Ginevra Weasley è attesa nel suo ufficio. Ha detto che è urgente.’
Leslie e Ginny si scambiarono un’occhiata. La ragazza si alzò, impassibile.
‘Sarà meglio accompagnarti, Ginny.’, commentò Les in quello che sperava fosse un tono calmo e distaccato. ‘Ragazzi, voi intanto cominciate il tema che vi ho assegnato per la prossima settimana. Capiscuola, sta a voi mantenere l’ordine finché non torno.’
Le due si incamminarono senza una parola, tra gli sguardi incuriositi degli studenti che senza dubbio avrebbero passato l’ora libera a sfornare congetture sul misterioso appello della McGranitt, senza scrivere mezza riga di tema.
‘Pensi che l’abbia scoperto?’, bisbigliò Les all’orecchio. ‘Dell’altra sera, intendo.’
L’altra scoppiò a ridere davanti alla sua espressione apprensiva.
‘Lei era una brava bambina, eh, professoressa?’, disse allegramente. ‘Non è abituata a cacciarsi nei guai. Neanch’io, in realtà… Di solito non mi faccio beccare. Questa volta però credo proprio che sì, l’abbia scoperto.’
‘Perché sei così tranquilla, allora?’
‘È andata così, inutile farne un melodramma.’
‘E ai tuoi non pensi?’
La maschera spavalda di Ginny calò. Scrollò le spalle.
‘Credo che capiranno, se spiego come sono andate le cose.’, disse dubbiosa. ‘L’ho fatta grossa, specialmente considerando tutto quello che la mia famiglia ha passato con la McGranitt gli anni scorsi, ma forse lo choc di riavere Lily Potter tra noi basterà a distrarli. Perché posso parlarne con i miei, vero, professoressa?’
Leslie annuì.
‘Tutti questi segreti mi stanno sfiancando. È ora di uscire allo scoperto… Un po’ alla volta, però. Non sono ancora pronta ad annunciarlo al mondo.’
‘Più aspetta, più si complica la vita, secondo me. Però la decisione è sua.’
 
 
 
 
‘Voleva vedermi, Preside?’
‘Entri, signorina Weasley.’, fece gelida la McGranitt. ‘Professoressa Lynch, lei non ha una classe a cui badare? La signorina non ha certo bisogno di uno chaperon, mi creda.’
Leslie la fissò.
‘Ma professoressa, la questione riguarda anche me.’
‘Ammesso che lei non sia al corrente della questione, le posso assicurare che non la tocca minimamente. Ci lasci sole, per favore.’
Il ritratto di Phineas fece un sorrisetto ironico. Leslie lo fulminò con lo sguardo. Ecco com’era stata scoperta Ginny: i quadri non potevano parlare di Lily, ma nulla impediva loro di fare la spia riguardo a un’alunna qualsiasi. Le bastò un’occhiata di sfuggita per capire che la ragazza era arrivata alla stessa conclusione.
‘Preside, io…’, esordì Leslie, ma Ginny la bloccò.
‘Me la cavo da sola, professoressa Lynch.’
‘Ma che dici?’
‘Non ha senso che si metta nei guai anche lei.’
‘Sono una persona adulta, so prendermi le mie responsabilità.’
‘Lei non c’entra niente. Non deve rischiare il posto per colpa mia.’
‘Quando sei diventata così melodrammatica?’
‘Insomma, che sta succedendo?’, tuonò la McGranitt. ‘Professoressa Lynch, di che accidenti sta parlando?’
‘Del fatto che anch’io sono entrata nel suo ufficio a Halloween.’
La McGranitt rimase attonita per un istante.
‘Se è così, perché non sono stata avvertita?’, domandò poi, gettando uno sguardo di rimprovero ai ritratti.
Leslie sospirò.
‘Lasci che le spieghi tutto dall’inizio…’
 Dopo aver ascoltato tutta la storia, la Preside era fremente di rabbia.
‘Mi dispiace di non essermi fidata di lei.’, concluse mortificata Leslie.
La McGranitt fece per replicare, ma sembrò cambiare idea e si rivolse a Ginny.
‘Signorina Weasley,’, esordì. ‘Sappia che non la considero affatto innocente, ma alla luce dei fatti non ritengo sia necessario convocare i suoi genitori. Nondimeno, ogni sabato pomeriggio fino alla fine dell’anno scolastico l’aspettano tre ore di punizione.’
‘Ma professoressa, il sabato pomeriggio ho gli allenamenti di Quidditch!’, protestò Ginny.
‘Se preferisce, il mio gufo sarà più che felice di far visita alla cara Molly. No, eh? Lo immaginavo. Quanto a lei, professoressa…’
Lasciò significativamente in sospeso il cognome.
‘Evans.’, sospirò Leslie. ‘Immagino che adesso vada bene Evans.’
La McGranitt sembrò raddolcirsi per un istante.
‘Non si ricorda niente dell’Ordine, Lily?’, chiese piano.
Lei scosse la testa. La Preside si massaggiò la tempia con un dito, come faticando a elaborare così tante informazioni tutte in una volta. Poi si ricompose.
‘La sua storia non ha né capo né coda, professoressa Lynch.’, disse fredda. ‘E comunque non aveva nessun diritto di entrare nel mio ufficio -che dico, di usare il mio Pensatoio!- senza il mio permesso. Cosa si aspetta che io faccia, adesso?’
‘Non c’è bisogno che faccia niente, Preside. Capisco che non si fidi di me, e capisco di non poter più lavorare qui.’
La McGranitt annuì.
‘Durante le vacanze di Natale vedrò di trovare un sostituto.’
 
 
 
 
 
 
Un ciondolo.
Leslie non sapeva, non per certo almeno, se gliel’avesse inviato la McGranitt. Fatto sta che una sera lo aveva trovato sul letto, e che quella notte aveva sognato i suoi giorni all’Ordine della Fenice. Era un semplice ciondolo ovale di metallo, uno di quelli in cui le eroine dei romanzi conservano ciocche di capelli dei loro cavalier serventi. Dentro c’era un mazzolino di camomilla, chiaramente conservato, in altri tempi, in un erbario o tra le pagine di un libro. Dopo i sogni di quella notte, Leslie sapeva a chi apparteneva; glielo rese lasciadoglielo in una busta in Sala Professori.  Sapeva di non meritarselo, ma era contenta che Minerva McGranitt conservasse ancora un po’ di fiducia in lei, e in Lily.
 
 
 
Il giorno dopo in classe non volava una mosca: tutti attendevano spiegazioni di cosa fosse successo con la Preside. Leslie li guardò ad uno ad uno, malinconica: quelli del settimo anno erano i suoi alunni preferiti. Era giusto che fossero loro a sentire la notizia per primi.
‘Prima di cominciare la lezione, vorrei ringraziarvi tutti per questi mesi passati insieme; è stato davvero un piacere essere la vostra insegnante.’
Molti Serpeverde all’ultima fila stavano chiaramente trattenendo a fatica un sorrisetto dubbioso.
‘Cosa intende dire, professoressa?’, la interruppe Ariadne, quella che dopo aver constatato l’ignoranza di Leslie il primo giorno aveva fatto del suo meglio per iniziarla alle gioie del Quidditch. ‘Se ne va?’
‘Perché?’, aggiunse Liam, quello che non alzava mai la mano ma scriveva i temi migliori della classe, sebbene fosse un disastro a ricordarsi nomi e date.
Quanto le sarebbero mancati tutti…
Dio, come faccio a spiegarglielo?
‘Vedete, io…’
Si chiese se rivelare loro chi era, ma se l’avesse fatto prima di sera l’avrebbe saputo tutta la scuola, poi tutta l’Inghilterra.
‘Ragioni personali.’, concluse. ‘Ma vi assicuro che…’
Si sentì un rumore secco dal fondo dell’aula, come una mano sbattuta contro il banco. Tutta la classe si voltò.
Draco.
Il ragazzo cercò lo sguardo di Leslie, che riuscì a sostenerlo.
‘No.’, disse lui.
Nessuno commentò: i suoi compagni erano stati presi alla sprovvista.
‘Devo andare, Draco.’, disse Leslie. ‘Mi dispiace, davvero.’
‘Ci deve almeno delle spiegazioni.’
‘È una situazione complicata.’, provò a tagliare corto Les.
…Come ben sai, cercò di sottintendere. Ma dagli sguardi degli alunni, perfino i Serpeverde, si capiva che tutti la pensavano come lui.
‘Non ci deve proprio un  bel niente, Malfoy.’, ringhiò Ginny, rompendo il silenzio carico d’aspettativa che si era creato.
‘Facile parlare, Weasley, quando sei l’unica a sapere tutto.’
‘Perché, tu no?’
Prego?’
‘Sai benissimo cosa intendo.’
‘Non sono io quello che è andato con la Lynch dalla Preside.’
‘Però sei tu quello che…’
Si bloccò, rendendosi improvvisamente conto che tutta la classe pendeva dalle sue labbra.
‘Sei tu quello che ha bisogno di un buon voto in Babbanologia per restare fuori dal carcere! Dove la trovi un’altra professoressa che ti pari il culo dopo che l’hai chiamata lurida Sanguesporco?’, completò.
Forse sarebbe stata meno convincente se Draco non avesse reagito subito alla provocazione lanciandole uno Schiantesimo.
‘ADESSO BASTA!’,  ruggì Leslie. ‘Ginny, non ti azzardare ad alzare quella bacchetta! Draco, venti punti in meno a Serpeverde. E quindici in meno a Grifondoro.’
Ginny la fissò impietrita, poi annuì rassegnata.
Draco prese le sue cose e uscì dall’aula senza una parola.


Siamo giunti al penultimo capitolo, ragazzi. Dopo un anno, eccoci qua :) Grazie mille a tutti quelli che hanno seguito, spingendomi a continuare, ma naturalmente un grazie particolare ai miei carissimi recensori. Hinata, senza di te non avrei mai continuato, sul serio.
Ci vediamo alla prossima -e ultima- volta. Vai con la sviolinata.
Meiyo

 
  
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