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Autore: Always_7    02/10/2013    1 recensioni
James Potter, Sirius Black, Remus Lupin, Peter Minus prima di diventare Malandrini erano semplici bambini undicenni, che non attendevano altro che il loro primo giorno di scuola e l'ingresso nel magico mondo di Hogwarts. Alle prese con dubbi, difficoltà, timori, emozioni vedremo i quattro Malandrini arrivare alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, incontrarsi e stringere un'amicizia eterna (fattasi ovviamente eccezione per Codaliscia).
Dal testo:
Un curioso ragazzino con gli occhiali e i capelli arruffati teneva per mano una bella signora dai capelli scuri. Al loro fianco un uomo con una bizzarra veste color porpora trascinava un carrello, il cui carico risultava a dir poco inconsueto –così come lo strano abbigliamento- alle numerose persone che si accingevano a prendere il treno, dirette al luogo di lavoro come ogni giorno.
(...)
-Sai, Sirius, spero di essere Serpeverde come te.
-Ma io non sono ancora stato Smistato, Reg.
-Beh, ma lo sarai di sicuro o, almeno, così dice mamma.
(...)
-Sono James Potter ,tu?
-Sirius Black.
(...)
Sarebbe rimasto sempre da solo, mentre gli altri conducevano la loro vita come se lui non esistesse?
Forse. E forse era un bene.
Almeno, non avrebbe fatto del male a nessuno.
Buona lettura!
MissGale.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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I Malandrini- Come tutto cominciò.

1 Settembre.


-Figliolo è ora di alzarsi. Si va a scuola. La dolce voce del padre giunse alle sue orecchie quasi come un sussurro. Sebbene avesse ancora le palpebre succhiuse riusciva a percepire il sorriso sul volto del padre. Era un giorno importante quello: costituiva una vittoria, la loro vittoria.
Hogwarts.
Assaporò il gusto di quella parola sulle sue labbra. Spalancò gli occhi di scatto ed un sorriso entusiasta si unì a quello del padre.
- Sì, piccolo mio. Vado a preparare la colazione, mentre tu ti prepari.
Remus annuì, senza riuscire a smettere di sorridere. Quando il padre fu fuori dalla stanza, scivolò fuori dal letto e si diresse saltellante verso l’armadio. La felicità era talmente tanto da non riuscire a contenersi.
Aprì l’anta destra e afferrò i panni babbani, che il giorno prima il signor Lupin aveva preparato con tanta cura. La divisa –che avrebbe indossato sull’Espresso per Hogwarts, per  evitare di destare sospetti tra i Babbani- giaceva ben piegata in un angolo del baule assieme ai libri di testo e ai pochi oggetti personali, come una foto della sua famiglia al completo prima dell’incidente.
Fissò per alcuni istanti il baule,  disfatto e rifatto così tante volte. Aveva la fatto la scelta giusta?
Il suo pensiero  ritornò ai giorno precedenti, piena di dubbi, indecisioni, desideri e, soprattutto, di paura, paura di se stesso.

L’aria mattutina era gelida, nonostante fosse Agosto inoltrato. Sembrava quasi riflettere il gelo che dominava il suo animo in quel momento. Lo zainetto in spalla era fin troppo leggero: un pezzo di pane, del formaggio, dell’acqua e quella foto. Erano le uniche cose di cui aveva bisogno per sopravvivere. Perché quella che si apprestava a vivere non sarebbe stata  una vita, ma l’ombra di essa. Avrebbe vagato senza una meta, rimanendo nell’ombra come il reietto, l’animale, anzi il mostro  che era diventato. Almeno suo padre sarebbe stato al sicuro e … felice.  Anche se le ferite sul suo volto non sarebbero scomparse mai più, la sua lontananza avrebbe impedito di causargliene di nuove. Ancora provava dolore, rabbia e sconforto in merito a quell’episodio –la sua prima trasformazione. Aveva ferito il suo stesso padre. Come aveva potuto?
Un ultimo sospiro prima di lanciare un ultimo, rapido e malinconico sguardo alla sua casa. Non seppe dove trovò la forza, ma partì.

Aveva fatto la cosa giusta, seguendo suo padre? Questi, appena il sole era stato alto nel cielo, lo aveva trovato e lo aveva abbracciato, gli occhi gonfi di pianto. Remus non aveva neanche avuto la forza di proferire parola. Rientrati in casa, il padre gli aveva tolto lo zaino dalle spalle e condotto a letto, rimboccandogli le coperte. Lo aveva baciato sulla fronte e gli era rimasto accanto tutto il giorno. Nessuno dei due aveva parlato: non ve ne era stato alcun bisogno.
A sera  aveva, poi, sistemato il baule, che in uno scatto d’ira, precedente alla partenza, aveva buttato all’aria, spargendo il contenuto per tutta la stanza.
Si rimproverò per la sua debolezza. Non sarebbe dovuto star lì in quel momento. Il suo posto era fuori da quella casa: assieme a quelli come lui. Era sul punto di afferrare lo zainetto che da giorni teneva nascosto nell’angolo dell’armadio, ma il signor Lupin irruppe nella stanza.
-E’ pronta la colazione, su vieni, Remus.
Non fece alcun cenno, ma sapeva. Il suo sorriso era quasi forzato. Capiva suo figlio fin troppo bene. Pensava che il discorso di Silente due giorni prima l’avesse convinto. Suo figlio non era un mostro: era questo che Remus avrebbe dovuto comprendere.

Sebbene il professor Silente gli avesse chiesto di poter parlare con il suo Remus in privato, egli non aveva avuto la forza di lasciare il figlio del tutto solo e aveva, per così dire, origliato dalla stanza attigua alla cucina la conversazione.
-Buongiorno Remus.
-Buongiorno, professor Silente.
Riusciva ad udire il timore nella voce del figlio, venuto a trovarsi da solo davanti ad una figura imponente quale fosse Silente. Avvertiva  la  preoccupazione di aver fatto qualcosa di sbagliato, di aver agito crudelmente. Istintivamente si portò le mani al viso, le dita sfiorarono le cicatrici. Fu un attimo. Scosse la testa e si diede dello stupido: il suo Remus era solo un bambino spaventato, nient’altro che una vittima.
-Accomodati, caro, non devi rimanere in piedi. Perdonami se mi sono comportato come fossi a casa mia, ma ho una certa età, ho bisogno di sedermi. Per la barba di merlino, non pensavo che il viaggio sarebbe stato così stancante. Bella la casa, mio caro Remus. Oh! Ma quanto ho parlato! Dimmi qualcosa: come stai?
-Io? Bene, Professore. Lei?
Vide il volto del figlio palesemente sconcertato. D’altronde era la prima volta che incontrava Albus Silente. Ed Albus Silente era…Albus Silente.
-Egregiamente, ragazzo. Come ti senti?
Questa volta il tono del professore era diventato serio. Il suo volto impassibile. Gli occhi turchesi sembravano indagare l’animo del figlio da dietro le lenti a mezzaluna. Sapeva l’effetto di quello sguardo quale fosse: era capace di far luce nei meandri più oscuri dell’animo umano, scacciando ombre e demoni.
Remus parlò, con voce sommessa, lo sguardo basso.
-Io ho paura. Paura di me stesso. Sono pericoloso. Io sono un… mostro. Ha visto cosa ho fatto a mio padre? Potrei fare lo stesso a lei e agli altri alunni. Devo andarmene!
Sentì lo struscio della sedia sul pavimento e i passi del figlio dirigersi verso la porta, ma la calma voce del professore lo bloccò.
-Remus, siediti.
Vide il suo bambino obbedire al comando e fissare l’imponente figura del professore guardarlo severo.
-Mio caro ragazzo devi capire una cosa: tu non sei un mostro, affatto. Sei solo un ragazzino con un problema un po’…peloso?
Concluse il professore con un sorriso dolce e rassicurante, per poi spiegare a Remus ciò che lui stesso aveva già sentito e spiegato al figlio: Silente aveva introdotto ad Hogwarts un passaggio che portava dal Platano Picchiatore (un albero, il cui nome è tutto un programma), alla Stramberga Strillante, una casa disabitata. Era lì che Remus avrebbe dovuto recarsi prima delle sue trasformazioni mensili. Il punto era che questa soluzione non convinceva Remus, che era convinto che, prima o poi, qualcosa sarebbe andato storto.
-Remus, funzionerà. Tu frequenterai Hogwarts, per la barba di Merlino!
Ora:  Carl?
-Sì, professore?
Si materializzò in cucina, rincuorato dal sorriso ,sebbene un po’ incerto, sul volto del figlio.
-Perché non ci beviamo un bel bicchiere di succo di zucca? Sono così assetato! E anche Remus ne ha bisogno.
Ancora un po’ sconcertato dall’eccentricità del mago, il bambino annuì, scattando in piedi e dicendogli che ci avrebbe pensato lui.
-Allora ? Chiese a quel punto Carl al professore.
-Mio caro Cral, Tuo figlio non è del tutto convinto e ha paura, ma, nonostante la sua giovane età, è maturo e coraggioso tanto da sapere che ha fatto la scelta giusta. O, quantomeno, se ne accorgerà presto.
Tu non devi preoccupati: finché io sarò il Preside di Hogwarts, tuo figlio sarà al sicuro.
 
 
Un lungo respiro. Una breve rincorsa. E l’attimo dopo era davanti all’Espresso per Hogwarts. Mentre trascinava il carrello davanti lui, avvicinandosi passo dopo passo vero il suo traguardo, il padre gli poggiò una mano sulla spalla. Il suo tocco era rassicurante, dolce, capace di trasmettergli la calma che serviva per affrontare quel nuovo viaggio. Remus si voltò e guardò il padre dritto negli occhi, che luccicavano di gioia ed esprimevano fiducia, fiducia in lui e nel suo autocontrollo. Il piccolo non ne era così sicuro, ma quello sguardo gli trasmise una tale sicurezza che si sentì pronto ad affrontare Hogwarts.
-Ciao papà.
-Ciao Remus.
Poche semplici parole. Non c’era bisogno di dire altro: quei pochi gesti erano bastati a comunicare tutti i loro sentimenti. Un breve abbraccio e lasciò il padre, che continuò a salutarlo tutto sorridente, finché il treno non diventò un minuscolo puntino nel nulla.
 
Si era seduto in una cabina vuota. E vuota era rimasta. I suoi futuri compagni passavano, lo guardavo in faccia e andavano oltre. Solo due alunni sembrarono sorridergli, ma scelsero la cabina attigua, lasciandolo solo. Remus li vide chiacchierare e ridere e tentare di fare magie senza evidenti risultati. Desiderò di trovarsi lì, ma non trovò il coraggio di unirsi a loro. Rimase in quella vuota cabina fino all’arrivo al castello.
Sarebbe continuato così anche ad Hogwarts?
Sarebbe rimasto sempre da solo, mentre gli altri conducevano la loro vita come se lui non esistesse?
Forse. E forse era un bene.
Almeno, non avrebbe fatto del male a nessuno.



MissGale allo sbaraglio:
benvenuti, signori e signore! Ecco a voi un nuovo capitolo. Questa volta è il turno di Remus Lupin, una figura che mi ha sempre interessato e affascinato e, come ben sappiamo, fa una brutta fine. Ma questo dipende dai punti di vista, perché, alla fin fine, muore da eroe.
E' stato bello scrivere questo capitolo e spero di esserci riuscita al meglio. 
Qualche recensione fa sempre bene, quindi non siate timidi xD
Buona lettura e al prossimo capitolo, 
MissGale.
  
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