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Autore: Nemesis01    03/10/2013    8 recensioni
Anno 1937, nella Germania nazista.
Zarin è un 18enne tedesco, figlio di un generale nazista, che sembra detestare la vita in generale.
Noah è un 25enne ebreo, che vive in Germania e di lavoro "vende sogni".
Dalla storia:
Un giorno eravamo in libreria, gli stavo passando dei libri per aiutarlo a tenere in ordine quel posto che odorava di incenso e margheritine, poi entrarono loro. Due uomini in divisa. La campanella tintinnò. Noah mi guardò e bisbigliò « Nasconditi. Qualsiasi cosa accada, nasconditi. Non uscire allo scoperto fino a quando non se ne sono andati. Queste sono le chiavi della mia libreria. Aspettami sotto casa, se dovessi far tardi. Non uscire. Resta nascosto. »
[..] Noah tornò a casa, aveva la camicia rotta e sporca di sangue e un grosso livido sulla fronte. Sua nonna lo abbracciò e lo riempì di baci sulla guancia; era così affettuosa ed io capii cosa significasse avere una famiglia. Con Noah e la signora Maya capii che cosa significasse vivere.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Novecento/Dittature, Olocausto
Capitoli:
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Mazel tov!

 

Capitolo 07bis (Noah)  – Shalom, arrivederci

Quando io e Zarin facemmo l'amore in quel fienile del signor Kinley io avevo paura. Avevo paura di perdere la mia ragione di vita.
Non che fossi un tipo particolarmente ansioso o previdente - anzi, dal momento in cui mia nonna mi ricordava di dover portare l'ombrello quando stava per piovere e di mettermi i calzini di lana d'inverno, direi il contrario - ma c'era qualcosa dentro di me, come una voce, come un sussurro biasciato che mi tenne sveglio. La porta del fienile era socchiusa e mi alzai per chiuderla quando fuori ci trovai Alina che fissava la luna piangendo e seppi esattamente cosa dovevo fare. Mi dovevo fidare di lei.

[...] La vita nei campi era davvero dura e con due arti fuori uso - gentile concessione di quel tenerone di mio suocero - lo era ancora di più. Sono stato portato qui pochi giorni dopo l'episodio del porto senza sapere se essere vivo fosse un dono prezioso oppure una tortura. In pochi mesi avevo perso tutto: mia nonna Maya, il mio fidanzato, la mia migliore amica, la mia libreria, i miei sogni e la mia identità. Quando vivi una giornata in cui sei letteralmente trattato come una bestia malata di colera, quando sei costretto ad andare in bagno in un prato e a pulirti con dell'erba cocente e già sporca, quando non puoi neanche sollevare lo sguardo al cielo per un secondo senza beccarti frustate o punizioni, non sembra neanche qualcosa degna di essere chiamata vita ma un disperato tentativo di sopravvivenza.

[...] Ho conosciuto molte persone nell'arco della mia vita, alcune buone altre meno, alcune ebree altre no, alcune belle altre brutte, avevo visto molti posti, avevo viaggiato, avevo lottato per rinascere dopo la morte dei miei genitori e l'unica cosa che avevo ottenuto era stata una condanna in questo posto perché appartengo a una razza "impura", perché sono "malato" di omosessualità. Il mio pensiero va sempre a Zarin, perché lo sento nel mio cuore che è vivo e che mi ama ancora, e mi chiedo se perdonerà questa mia assenza nella sua vita, se supererà il fatto che la mia presenza nella sua l'ha portato a questa sofferenza, se capirà mai il mio non voler più resistere. Su questa brandina che dividiamo in tre, con lo sguardo perso nel vuoto, mi chiedo solo se il mio patrigno avesse fatto bene a non sforzarsi neanche minimante di pensare che magari sarei potuto essere un buon figlio per lui. Peccato.
Fin dall'infanzia, così come ora, io stesso ero considerato solo uno stupido e insignificante peccato.
Perdonami Zarin. Perdonami. Shalom. Un giorno ci incontreremo di nuovo ed io sarò aria fresca. Cercami nella pioggia imprevista o nel profumo delle margheritine fresche. Ritrovami tra le pagine che hai sfogliato quando ci siamo incontrati la prima volta, immerso nel fumo dell'incenso appena acceso. Ti amo. Mazel tov.

« A fare la doccia. Muovetevi nullità. »

 

 

Capitolo 08 (ritorno a Zarin) – Shalom, pace

Non avrei mai pensato che New York fosse tanto grande. Ricordo che all'inizio del mio tempo qui, quando ormai avevo ventisei anni, vivevo in una casa popolare e dividevo la stanza con una ragazza di nome Yolanda. Lavoravo come lavapiatti in un ristorante italiano e ogni tanto parlavo quella lingua con i proprietari. Me l'aveva insegnata Luigi al campo, quando era notte e non sentiva nessuno. Nei giorni liberi cercavo una traccia di Noah. Aspettavo un segno. La signora Maya mi aveva detto che tutto nella vita era scritto, com'era scritto ch'io appartenessi a Noah. Quel segno arrivò. Era un altro 15 gennaio e iniziò a grandinare talmente tanto che fui costretto a rifugiarmi in un piccolo negozietto vicino al quartiere dove abitavo. Il negozio si chiamava "Il venditore di sogni". Sbiancai.

Era una libreria, dall'aspetto antico, con una scrivania di legno decorata da una lampada a olio e un vasetto di margherite. Profumava d'incenso e libri. Chiusi gli occhi e respirai l'odore di Noah.

« Buongiorno signore, posso aiutarla? » a parlare era una bambina. Aveva lunghi capelli biondi e degli occhi azzurri come il ghiaccio. Mi ammutolii. « Signore? »
« Maya, che cosa stai-- Mi scusi, mia figlia è un po'-- » disse la donna e sollevò lo sguardo verso di me. Avevamo lo sguardo segnato dalla vita, ma non potevamo non riconoscerci. «  ...Zarin? Sei proprio tu? »
« Alina? Oddio... » scoppiai a piangere mentre scavalcai la scrivania per abbracciarla. Piangemmo entrambi per qualche minuto buono. Sentivo di aver trovato un altro pezzo di me. « Alina come stai? Tua figlia.. L'hai chiamata Maya. Come la nonna di Noah.. E Noah? Oh, Alina, sei viva! »

Mi raccontò tutto. Chiuse il negozio e m’invitò a casa sua, al piano superiore. La bambina giocava con un paio di bambole di pezza. Io e lei sorseggiavamo caffè nero.

« Prima di lasciare il fienile del signor Kinley, Noah mi affidò la foto di sua nonna e una foto che ritraeva voi due. Mi disse "tu sei una donna, Alina, sei più forte". Non riuscivo a capire il suo discorso. Aggiunse "verranno a prendermi e quando lo faranno, io e Zarin non avremo scampo. Ma tu, Alina.. Tu ce la farai. Sei forte. Sei in gamba. Io non ce la farò. Promettimi una cosa. Fuggi in America, Alina. Con questi soldi metti su una libreria. Nascondi queste foto nel libro giusto. Apri una libreria, chiamala come la mia. Sarà un punto di riferimento. Ci incontreremo tutti lì, un giorno. Metti sempre delle margherite fresche sul bancone. Zarin capirà che è nel posto giusto. Accendi dell'incenso alla mela per me. Alina, sii forte. Promettimelo" ed io glielo promisi. Quando mi hai dato quel libro, quella stessa mattina, capii in che libro nascondere quelle foto. Ho controllato tutti i nomi dei sopravvissuti che sono stati pubblicati sui giornali... Ho visto "Zarin Levi" e ho pensato subito a te. Non poteva essere nessun altro. Ma nessun Noah Levi. Nessuno. Penso che Noah non ci sia riuscito, Zarin. Credo sia morto lì. In uno di quei campi. » si alzò e tornò in salotto qualche istante dopo. Era un libro con una copertina sgualcita, rossa, e il titolo risplendeva a caratteri dorati.
« "Orgoglio e pregiudizio" » lessi e scoppiai a piangere. Aprii il libro: dentro c'erano le due foto di cui parlava Alina. La signora Maya sembrava sorridesse  mentre mi diceva "Benvenuto", come il primo giorno in cui misi piede in casa sua. Nell'altra io e Noah ci guardavamo. Giurai che mi dicesse "ti amo" nel suo tono caldo e suadente, giurai di aver sentito la sua voce bisbigliare contro il mio orecchio, di sentire la montatura fredda dei suoi occhiali sfiorarmi la guancia.

Lasciai casa di Alina dopo cena. Pioveva ancora. Chiusi gli occhi e lasciai che l'acqua che cadeva dal cielo inumidisse la mia pelle.

« Ahh, la pioggia » mormorò un signore poco più grande di me, coprendomi con l'ombrello. Sorrisi. Quella pioggia improvvisa, così come quella del giorno in cui io e Noah ci scambiammo il nostro primo bacio.
« Riesce sempre a-- » feci per parlare ma lui concluse la frase al posto mio.
« A coglierci di sorpresa. Abita molto lontano da qui? La accompagno a casa. »

Conobbi così Jacob. Jacob è una brava persona e mi vuole davvero bene.
Viviamo in una casetta normale in un bel quartiere della Florida. Abbiamo un giardino e ho deciso di piantarci un cespuglio di margherite.

Quindi Noah, ora che la storia è finita, volevo dirti solo una cosa: mi hai insegnato a tirare fuori tutto l'odio che avevo. Mi hai insegnato a combatterlo con l'amore e il coraggio. Nella tenuta del signor Pryce, in quelli di Skeile, nei fienili di Kinley, mi hai insegnato la forza d'animo. Mi hai fatto vedere che anche nei tempi più cupi può splendere il sole e che si possono vedere margherite tutti i giorni anche in una città dimenticata da Dio. E anche se le margherite si seccano, ne sbocceranno delle nuove e così ancora, perché questo è il ciclo della vita. Ora che non sei più qui, grazie alle cose che mi hai insegnato, ti sento vicino ogni volta che accendo un bastoncino d'incenso, o che decido di comprare un libro, ogni volta che la pioggia cade senza preavviso.

Non sei solo stato il mio amore, ma il mio mentore, la mia guida, il sole intorno al quale gira la mia terra.

 

Todà rabà Noah, e ovunque tu sia... Mazel tov.

Tuo per sempre,
Zarin Levi.

 



 

 

L’angolo dell’autrice:

Ciao a tutti! Eccomi qui l’ultimo capitolo di “Mazel tov”. Volevo ringraziare AsanoLight, Jasminevampire, Frauro, Amarie, LolaBlack,  darkmagic31, Uccellino Assurdo e otti89 per aver aggiunto la storia alle seguite e Danyel, Ladydaredevil per le recensioni :3 e un grazie anche alla mia compaesana Bliss_ che mi ha scritto ;) spero di sapere se questa storia vi è piaciuta o meno. Io personalmente, sarà perché mi sono calata nei personaggi, ma a un certo punto ho dovuto prendermi un po’ di pause caffè perché mi veniva da piangere :(
Alcuni di questi fatti raccontati (come quello degli anelli ingoiati, di pulirsi sull’erba, degli abusi) sono tra le cose veramente successe.

Mi sono ispirata a delle esperienze di chi ha veramente vissuto quest’incubo… La mia ex professoressa di storia – che teneva molto all’argomento olocausto – mi ha fatto partecipare molto spesso a conferenze sulla materia e ogni volta ho sempre pensato che non fosse giusto lasciare tutto in un dimenticatoio: non sono cose belle da ricordare né però è giusto tenerle nascoste! Bisogna imparare dagli errori e capire la sofferenza di chi ha subito le frustrazioni altrui. Quindi con questo scritto ho provato a denunciare le cose a modo mio, aggiungendoci un tocco di love story. Ovviamente tutti i personaggi (come Noah, Zarin, la signora Maya, Alina etc) sono frutto della mia fantasia. Spero di essere riuscita a smuovere qualcosa dentro di voi, se invece non l’ho fatto vi chiedo scusa per la perdita di tempo.

Alla prossima e grazie a tutti per aver letto fin qui ♥ Shalom aleichem!

 

   
 
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