Mazel tov!
Capitolo
07bis (Noah) – Shalom,
arrivederci
Quando io e Zarin
facemmo l'amore in quel fienile del signor Kinley io avevo paura. Avevo paura
di perdere la mia ragione di vita.
Non che fossi un tipo particolarmente ansioso o previdente - anzi, dal momento
in cui mia nonna mi ricordava di dover portare l'ombrello quando stava per
piovere e di mettermi i calzini di lana d'inverno, direi il contrario - ma
c'era qualcosa dentro di me, come una voce, come un sussurro biasciato che mi
tenne sveglio. La porta del fienile era socchiusa e mi alzai per chiuderla quando
fuori ci trovai Alina che fissava la luna piangendo e seppi esattamente cosa
dovevo fare. Mi dovevo fidare di lei.
[...] La vita nei
campi era davvero dura e con due arti fuori uso - gentile concessione di quel
tenerone di mio suocero - lo era ancora di più. Sono stato portato qui pochi
giorni dopo l'episodio del porto senza sapere se essere vivo fosse un dono
prezioso oppure una tortura. In pochi mesi avevo perso tutto: mia nonna Maya,
il mio fidanzato, la mia migliore amica, la mia libreria, i miei sogni e la mia
identità. Quando vivi una giornata in cui sei letteralmente trattato come una
bestia malata di colera, quando sei costretto ad andare in bagno in un prato e
a pulirti con dell'erba cocente e già sporca, quando non puoi neanche sollevare
lo sguardo al cielo per un secondo senza beccarti frustate o punizioni, non
sembra neanche qualcosa degna di essere chiamata vita ma un disperato tentativo
di sopravvivenza.
[...] Ho conosciuto
molte persone nell'arco della mia vita, alcune buone altre meno, alcune ebree
altre no, alcune belle altre brutte, avevo visto molti posti, avevo viaggiato,
avevo lottato per rinascere dopo la morte dei miei genitori e l'unica cosa che
avevo ottenuto era stata una condanna in questo posto perché appartengo a una
razza "impura", perché sono "malato" di omosessualità. Il
mio pensiero va sempre a Zarin, perché lo sento nel mio cuore che è vivo e che
mi ama ancora, e mi chiedo se perdonerà questa mia assenza nella sua vita, se
supererà il fatto che la mia presenza nella sua l'ha portato a questa
sofferenza, se capirà mai il mio non voler più resistere. Su questa brandina
che dividiamo in tre, con lo sguardo perso nel vuoto, mi chiedo solo se il mio
patrigno avesse fatto bene a non sforzarsi neanche minimante di pensare che
magari sarei potuto essere un buon figlio per lui. Peccato.
Fin dall'infanzia, così come ora, io stesso ero considerato solo uno stupido e
insignificante peccato.
Perdonami Zarin. Perdonami. Shalom. Un
giorno ci incontreremo di nuovo ed io sarò aria fresca. Cercami nella pioggia
imprevista o nel profumo delle margheritine fresche. Ritrovami tra le pagine
che hai sfogliato quando ci siamo incontrati la prima volta, immerso nel fumo
dell'incenso appena acceso. Ti amo. Mazel tov.
« A fare la doccia.
Muovetevi nullità. »
Capitolo 08 (ritorno a Zarin) – Shalom, pace
Non avrei mai
pensato che New York fosse tanto grande. Ricordo che all'inizio del mio tempo
qui, quando ormai avevo ventisei anni, vivevo in una casa popolare e dividevo
la stanza con una ragazza di nome Yolanda. Lavoravo come lavapiatti in un
ristorante italiano e ogni tanto parlavo quella lingua con i proprietari. Me
l'aveva insegnata Luigi al campo, quando era notte e non sentiva nessuno. Nei
giorni liberi cercavo una traccia di Noah. Aspettavo un segno. La signora Maya
mi aveva detto che tutto nella vita era scritto, com'era scritto ch'io
appartenessi a Noah. Quel segno arrivò. Era un altro 15 gennaio e iniziò a
grandinare talmente tanto che fui costretto a rifugiarmi in un piccolo
negozietto vicino al quartiere dove abitavo. Il negozio si chiamava "Il
venditore di sogni". Sbiancai.
Era una libreria,
dall'aspetto antico, con una scrivania di legno decorata da una lampada a olio
e un vasetto di margherite. Profumava d'incenso e libri. Chiusi gli occhi e
respirai l'odore di Noah.
« Buongiorno
signore, posso aiutarla? » a parlare era una bambina. Aveva lunghi capelli
biondi e degli occhi azzurri come il ghiaccio. Mi ammutolii. « Signore? »
« Maya, che cosa stai-- Mi scusi, mia figlia è un po'-- » disse la donna e
sollevò lo sguardo verso di me. Avevamo lo sguardo segnato dalla vita, ma non
potevamo non riconoscerci. « ...Zarin?
Sei proprio tu? »
« Alina? Oddio... » scoppiai a piangere mentre scavalcai la scrivania per
abbracciarla. Piangemmo entrambi per qualche minuto buono. Sentivo di aver
trovato un altro pezzo di me. « Alina come stai? Tua figlia.. L'hai chiamata
Maya. Come la nonna di Noah.. E Noah? Oh, Alina, sei viva! »
Mi raccontò tutto.
Chiuse il negozio e m’invitò a casa sua, al piano superiore. La bambina giocava
con un paio di bambole di pezza. Io e lei sorseggiavamo caffè nero.
« Prima di lasciare
il fienile del signor Kinley, Noah mi affidò la foto di sua nonna e una foto
che ritraeva voi due. Mi disse "tu sei una donna, Alina, sei più forte".
Non riuscivo a capire il suo discorso. Aggiunse "verranno a prendermi e
quando lo faranno, io e Zarin non avremo scampo. Ma tu, Alina.. Tu ce la farai.
Sei forte. Sei in gamba. Io non ce la farò. Promettimi una cosa. Fuggi in
America, Alina. Con questi soldi metti su una libreria. Nascondi queste foto
nel libro giusto. Apri una libreria, chiamala come la mia. Sarà un punto di
riferimento. Ci incontreremo tutti lì, un giorno. Metti sempre delle margherite
fresche sul bancone. Zarin capirà che è nel posto giusto. Accendi dell'incenso
alla mela per me. Alina, sii forte. Promettimelo" ed io glielo
promisi. Quando mi hai dato quel libro, quella stessa mattina, capii in che
libro nascondere quelle foto. Ho controllato tutti i nomi dei
sopravvissuti che sono stati pubblicati sui giornali... Ho visto "Zarin
Levi" e ho pensato subito a te. Non poteva essere nessun altro. Ma nessun
Noah Levi. Nessuno. Penso che Noah non ci sia riuscito, Zarin. Credo sia morto
lì. In uno di quei campi. » si alzò e tornò in salotto qualche istante
dopo. Era un libro con una copertina sgualcita, rossa, e il titolo risplendeva
a caratteri dorati.
« "Orgoglio e pregiudizio" » lessi e scoppiai a piangere. Aprii il
libro: dentro c'erano le due foto di cui parlava Alina. La signora Maya
sembrava sorridesse mentre mi diceva
"Benvenuto", come il primo giorno in cui misi piede in casa sua.
Nell'altra io e Noah ci guardavamo. Giurai che mi dicesse "ti amo"
nel suo tono caldo e suadente, giurai di aver sentito la sua voce bisbigliare
contro il mio orecchio, di sentire la montatura fredda dei suoi occhiali
sfiorarmi la guancia.
Lasciai casa di
Alina dopo cena. Pioveva ancora. Chiusi gli occhi e lasciai che l'acqua che
cadeva dal cielo inumidisse la mia pelle.
« Ahh, la pioggia »
mormorò un signore poco più grande di me, coprendomi con l'ombrello. Sorrisi.
Quella pioggia improvvisa, così come quella del giorno in cui io e Noah ci
scambiammo il nostro primo bacio.
« Riesce sempre a-- » feci per parlare ma lui concluse la frase al posto mio.
« A coglierci di sorpresa. Abita molto lontano da qui? La accompagno a casa. »
Conobbi così Jacob.
Jacob è una brava persona e mi vuole davvero bene.
Viviamo in una casetta normale in un bel quartiere della Florida. Abbiamo un
giardino e ho deciso di piantarci un cespuglio di margherite.
Quindi Noah, ora
che la storia è finita, volevo dirti solo una cosa: mi hai insegnato a tirare
fuori tutto l'odio che avevo. Mi hai insegnato a combatterlo con l'amore e il
coraggio. Nella tenuta del signor Pryce, in quelli di Skeile, nei fienili di Kinley,
mi hai insegnato la forza d'animo. Mi hai fatto vedere che anche nei tempi più
cupi può splendere il sole e che si possono vedere margherite tutti i giorni
anche in una città dimenticata da Dio. E anche se le margherite si seccano, ne
sbocceranno delle nuove e così ancora, perché questo è il ciclo della vita. Ora
che non sei più qui, grazie alle cose che mi hai insegnato, ti sento vicino
ogni volta che accendo un bastoncino d'incenso, o che decido di comprare un
libro, ogni volta che la pioggia cade senza preavviso.
Non sei solo stato
il mio amore, ma il mio mentore, la mia guida, il sole intorno al quale gira la
mia terra.
Todà rabà
Noah, e ovunque tu sia... Mazel tov.
Tuo per sempre,
Zarin Levi.
L’angolo dell’autrice:
Ciao a tutti! Eccomi qui l’ultimo capitolo
di “Mazel tov”. Volevo ringraziare AsanoLight,
Jasminevampire, Frauro, Amarie, LolaBlack, darkmagic31, Uccellino Assurdo e otti89 per
aver aggiunto la storia alle seguite e Danyel, Ladydaredevil per le recensioni
:3 e un grazie anche alla mia compaesana Bliss_ che
mi ha scritto ;) spero di sapere se questa storia vi è piaciuta o meno. Io
personalmente, sarà perché mi sono calata nei personaggi, ma a un certo punto
ho dovuto prendermi un po’ di pause caffè perché mi veniva da piangere :(
Alcuni di questi fatti raccontati (come quello degli anelli ingoiati, di
pulirsi sull’erba, degli abusi) sono tra le cose veramente successe.
Mi sono ispirata a delle esperienze di chi
ha veramente vissuto quest’incubo… La mia ex professoressa di storia – che teneva
molto all’argomento olocausto – mi ha fatto partecipare molto spesso a
conferenze sulla materia e ogni volta ho sempre pensato che non fosse giusto
lasciare tutto in un dimenticatoio: non sono cose belle da ricordare né però è
giusto tenerle nascoste! Bisogna imparare dagli errori e capire la sofferenza
di chi ha subito le frustrazioni altrui. Quindi con questo scritto ho provato a
denunciare le cose a modo mio, aggiungendoci un tocco di love story. Ovviamente
tutti i personaggi (come Noah,
Zarin, la signora Maya, Alina etc) sono frutto della mia fantasia. Spero
di essere riuscita a smuovere qualcosa dentro di voi, se invece non l’ho fatto
vi chiedo scusa per la perdita di tempo.
Alla prossima e grazie a tutti per aver
letto fin qui ♥ Shalom aleichem!