Capitolo 4 - Una
Giornata in Spiaggia
Susan aprì gli
occhi. Si guardò attorno senza riconoscere subito il luogo
in cui si trovava.
Ma fu solo un attimo. Sentiva la sabbia sotto i suoi piedi nudi.
Davanti a lei
le onde s’infrangevano lente sul bagnasciuga. Un cielo cupo
lo sovrastava: la
notte stava svanendo ma il sole doveva ancora sorgere. Non
c’era più alcuna
luce distinta, le stelle erano scomparse e uno sbiadito chiarore si
propagava
vago dal luogo in cui il sole sarebbe apparso. Susan si
guardò attorno
spaventata. Si sentiva opprimere da quel cielo color piombo e da quel
silenzio
quasi irreale. Era sola. Dove era Peter? Dove erano i loro genitori? E
gli Evans?
La villa era avvolta da un silenzio in pratica assoluto. Forse tutti
stavano
ancora dormendo… ma allora lei che cosa ci faceva
lì?
Quella domanda
cominciò a rimbombarle nella mente e, per quanti sforzi
facesse, non riusciva a
darle risposta. Rabbrividì e strinse le braccia al corpo per
cercare di
scaldarsi. Se solo il sole fosse finalmente sorto… i suoi
raggi l’avrebbero
riscaldata e gli altri si sarebbero svegliati. Invece non succedeva
nulla.
Sembrava che non ci fosse più nessuno. Il vento che si era
alzato le muoveva la
leggere camicia da notte vanificando i suoi tentativi di scaldarsi.
Cominciò a
camminare mentre le lacrime cominciavano a pungerle gli occhi.
“Peter…
mamma…
papà…”
Nessuno le
rispondeva. Susan si fermò guardandosi attorno
freneticamente. Alla fine
crollò: si sedette stringendosi le ginocchia e
scoppiò a piangere. Non voleva
restare da sola. Non voleva provare di nuovo quelle
sensazioni… sì, erano le
stesse cose che aveva provato appena tornata da Narnia. Il crollo delle
speranze, delle illusioni, la convinzione che nessuno potesse anche
minimamente
capirla. La solitudine. Ma erano passati dei mesi: lei aveva ripreso a
credere,
a sperare. Susan tirò su con il naso sforzandosi di smettere
di piangere e
concentrandosi solamente sulle promesse che lei e Caspian si erano
scambiati
sulla nave.
“Io
ti aspetto,
Susan. Non importa quanto… io sono qui, per te.”
“Troverò
un
modo, Caspian… dovessi provarci tutta la vita… io
tornerò da te.”
Susan respirò
lentamente cercando di cacciare via definitivamente quei pensieri,
focalizzando
la sua attenzione sui quei momenti, sulle speranze che condivideva con
Peter,
sui volti dei suoi fratelli. Doveva crederci, avere fiducia.
Improvvisamente
sentì un leggero tepore sulla testa e sulla pelle delle
braccia. Susan alzò lo
sguardo e i suoi occhi azzurri videro il sole che sorgeva
all’orizzonte, sempre
più luminoso. La ragazza si alzò lentamente
asciugandosi le lacrime con il
dorso della mano. Sorrise. La speranza era come quel sole: stava a lei
dargli
la possibilità di sorgere sempre e illuminare la sua vita.
Il colore del mare
divenne blu e il cielo azzurro. Susan si avvicinò lentamente
all’acqua e le
onde le lambirono le punte dei piedi. Susan rabbrividì, ma
il calore del sole
le impediva di provare quel freddo che prima aveva avvolto il suo corpo.
Chiuse gli
occhi. Provava una strana sensazione, ma non aveva paura.
Aprì gli occhi e vide
un’onda alta quanto lei venirle addosso. L’acqua la
sommerse. Susan si sentì
trascinare dalla forza dell’acqua e il respiro le venne quasi
mozzato a
contatto con l’acqua fredda dell’oceano. Non
riusciva a tenere neppure gli
occhi aperti. Con mani e piedi cercò di contrastare la forza
della corrente ma
senza successo. Per lunghi istanti continuò a sentirsi
sballottata qua e là, annaspando
avvolta da mulinelli d’acqua. Poi tutto attorno a lei si
fermò. Susan aprì gli
occhi e alzò lo sguardo verso l’alto. I raggi del
sole filtravano attraverso
l’acqua cristallina. Istintivamente guardò verso
il basso e non vide altro che
acqua di un blu sempre più intenso. Cominciò a
nuotare per emergere e fu solo
in quel momento che vide il profilo di una nave. Il cuore di Susan
cominciò a
battere più forte. Quando fu poco sotto la superficie delle
onde, intravide il
profilo di qualcuno che si protendeva verso di lei chiamandola. Susan
sorrise e
cercò di raggiungere più velocemente la
superficie. Caspian arrivo. Il
ragazzo protendeva le mani verso di lei. Susan
allungò la sua, solo pochi centimetri d’acqua la
separavano dall’aria. Ma non
riuscì a far uscire la mano dall’acqua.
Improvvisamente la superficie del mare
era diventata di ghiaccio. Susan si posò alla fredda lastra
con entrambe le
mani, muovendo i piedi per darsi una spinta sufficiente a romperla. Ma
era
inutile. Un panico enorme le invase il cuore. Non poteva uscire. Non
poteva
andare da lui. E i suoi polmoni cominciavano a bruciare. Susan
cercò di
infrangere il ghiaccio con tutte le sue forze senza riuscirci. Strinse
le mani
a pugno colpendolo fino a farsi male. Il terrore dilatò i
suoi occhi azzurri.
Improvvisamente
sentì una risata gelida, perfida, crudele riecheggiare oltre
il ghiaccio. Alzò
lo sguardo e vide che oltre ad esso la nave era scomparsa e con essa
Caspian.
In quel momento scorse una figura venire verso di lei e inginocchiarsi
sul
ghiaccio, nel punto in cui lei cercava di spezzarlo. Susan non riusciva
a
capire chi fosse, ma sentiva l’odio che da essa trasudava.
Due occhi blu
ghiaccio la fissavano in un volto indefinito, avvolto da una nebbia
verde che
iniziò a diffondersi su tutto il ghiaccio. Rivoli di fumo
verdastro riuscirono
ad attraversare il ghiaccio venendole sempre più vicino e
Susan spaventata
cercò di evitarli. Un’altra risata malvagia
attirò la sua attenzione.
“È
tutto inutile, piccola sciocca. Tu non tornerai a
Narnia.”
Susan sgranò
gli occhi a quelle parole mentre dentro di lei una voce continuava a
gridare il
contrario. Chi era quella persona? La sua voce aveva qualcosa di
famigliare, le
insinuava dentro una paura che sentiva di aver già provato.
Ma non la
riconosceva perché c’era anche qualcosa, un
timbro, un tono che non aveva mai
sentito. La misteriosa persona riprese a parlare.
“Rassegnati,
Susan. Il tuo tempo a Narnia è scaduto. E
anche se vi tornassi, che cosa troveresti? Bugie, illusioni, inganni.
Ti
userebbero per poi mandarti via quando non saresti più
necessaria.”
Susan cercò di
allontanarsi da lei, di scappare da quella lastra di ghiaccio, ma non
ci
riusciva. Sembrava quasi che le sue mani vi fossero rimaste incollate.
Volute
di nebbia verde cominciarono ad avvolgerla. Susan cercò di
dibattersi, ma il
fumo la circondava senza via di scampo, simile a catene che la
volessero
imprigionare.
“Narnia
ha scelto di rinunciare a te. Accettalo. Smettila
di crearti sciocche illusioni che ti faranno solo soffrire. Dimentica.
È la
cosa più facile, è la cosa che ti farà
stare meglio.”
Susan scosse la
testa cercando di trovare tutto il coraggio che l’era
rimasto, cercando di
tenere la mente lucida. Era un sogno, anzi un incubo: non
c’era altra
spiegazione. Non doveva lasciarsi convincere: doveva pensare a Narnia,
ai
fratelli, a Caspian.
La misteriosa
figura sembrò leggerle dentro e la guardò come se
fosse una bambina troppo
sciocca per accettare la verità. La sua mano
attraversò il ghiaccio e si serrò
attorno al polso di Susan. La ragazza cercò di divincolarsi,
ma la presa era
troppo forte.
“Dimentica
Narnia, Susan. Dimentica Caspian. Lui non
fa parte del tuo destino come lui non fa parte del tuo. Vuoi sapere
dove il tuo
amato Re verrà condotto dalla sua rotta?”
Susan sentì il
cuore perdere un battito e una stretta allo stomaco. La misteriosa
figura
sembrò gioirne e strinse la mano fino a far dolere il polso
di Susan.
“Durante
il suo viaggio troverà la sua sposa e ai
confini del mondo riceverà la benedizione di Aslan. E quella
donna non sarai
tu, Susan. Caspian si dimenticherà di te. Il suo destino
è sposare un’altra.
Narnia avrà la sua nuova Regina. Dimenticalo se non vuoi
soffrire.”
Le lacrime
iniziarono ad uscire dagli occhi azzurri di Susan confondendosi con
l’acqua del
mare. Il cuore della ragazza era come lacerato da quelle parole a cui
non
voleva credere ma che si insinuavano dentro di lei. No. No. Si era
promessa che
non avrebbe più cercato di dimenticare. Susan scosse la
testa e chiuse gli
occhi. Caspian non poteva mentirle. Le aveva detto di credere. Le aveva
detto
che l’avrebbe aspettata. Se lo amava, era quello il momento
di dimostrarlo:
doveva credere a lui, al suo cuore e non a quella voce. Credere alla
loro muta
promessa d’amore. Non avrebbe più dimenticato.
Sarebbe tornata e, se quello era
il loro destino, si sarebbe ribellata: Aslan avrebbe capito. La forza
riaffiorò
nel suo cuore e anche la figura oltre al ghiaccio sembrò
percepirlo poiché si
ritrasse leggermente e allentò la presa sul polso di Susan.
La ragazza aprì gli
occhi e gridò nonostante fosse sotto acqua.
“Aslan!”
Gridò il nome
del Leone con tutta la forza che aveva, credendoci con mai prima.
Doveva
fidarsi di lui. Le voleva bene: l’avrebbe sentita. Non
avrebbe abbandonato né
lei né Peter. Li stava solo mettendo alla prova: ne era
convinta. E
improvvisamente lo sentì. Come prima la luce del sole, un
ruggito si propagò
nell’aria facendo dissolvere la nebbia. La misteriosa figura
si alzò in piedi
di scatto, furente, e svanì. Una rete di fenditure percorse
tutto il ghiaccio
che un attimo dopo si ruppe in mille frantumi lasciando di nuovo
filtrare i
raggi del sole. Susan a quel punto si spinse verso la superficie
gettando la
testa fuori dall’acqua e respirando a pieni polmoni.
“Seguì
sempre il tuo cuore, mia cara. Non perdere mai
la speranza.”
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Susan si alzò
aprendo gli occhi di scatto. Era nel suo letto. La stanza era avvolta
nel
silenzio, illuminata leggermente dalla luce esterna
dell’alba. L’unico rumore
erano le lancette dell’orologio. Susan si passò
una mano sulla fronte e si rese
conto di star tremando: di paura, dall’emozione, per
l’adrenalina. Che cos’era
stato quel sogno, quell’incubo? Chi era quella misteriosa
persona che le aveva
dato quel senso terribile d’inquietudine, di paura? E se non
avesse lottato,
cosa le sarebbe successo? Sospirò e si lasciò
andare sul cuscino. Ma non aveva
sonno. Rimase immobile a fissare il soffitto che veniva illuminato ogni
minuto
di più dal sole. Tutto quello che era successo, doveva avere
un significato.
Qualcuno non lo voleva a Narnia? Ma chi? E per quale motivo? Lei e
Peter
sarebbero potuti essere un ostacolo? Susan non riusciva a crederci ma
sentiva
che era quello il significato del sogno. Qualcuno aveva cercato di
spegnere la
speranza e la fede che lei aveva riacceso in quei mesi. Quella
convinzione
lasciò spazio nella mente di Susan a un quesito ancora
più agghiacciante: come
aveva fatto quel qualcuno a infrangere le barriere tra i due mondi?
Solo la
Grande Magia, solo Aslan poteva e lo aveva fatto solo per chiamarli in
difesa
di Narnia. Susan si alzò mentre l’ansia cominciava
a crescerle dentro. Sentiva
che Narnia era in pericolo. Quel sogno ne era la prova… e
quel nuovo nemico
sembrava veramente molto potente. Doveva trovare assolutamente un modo,
insieme
a Peter, di tornare a Narnia. Era certa che Edmund e Lucy presto
sarebbero
stati chiamati. Uscì sul terrazzo e si posò al
parapetto di pietra inspirando
l’aria fresca della mattina. Però le sue erano
solo congetture…
Improvvisamente
le tornarono in mente il sole, Aslan… e ciò che
la loro presenza aveva potuto
fare. Non appena aveva creduto, non appena aveva riacceso la speranza e
trovato
il coraggio di non arrendersi…
l’oscurità, il freddo, tutto era sparito. Forse
era quello il significato più vero del sogno. Quello che la
misteriosa persona
aveva cercato di nasconderle. Se credeva, poteva tornare a Narnia.
“Susan?”
La ragazza si
riscosse e si voltò di lato. Posata sullo stipite
dell’altra porta a vetri vide
Ann. La ragazza la guardava assonnata. Sbadigliò mentre si
grattava gli occhi
per cercare di svegliarsi. Aveva i cappelli arruffati. Susan sorrise e
si sentì
in colpa.
“Ann, scusa…
ti
ho svegliato?”
Ann si avvicinò
a lei scuotendo la testa e senza riuscire a trattenere un altro
sbadiglio.
Quando le fu vicino, Ann si colpì piano le guance per
scrollarsi via il sonno.
Poi la ragazza si voltò incuriosita verso Susan.
“Che ci fai qui
fuori a quest’ora?”
Susan sorrise.
“Niente. Mi sono svegliata e non riuscivo a dormire.
Pensavo.”
Ann si posò al
parapetto fissando la spiaggia e il mare. L’aria fresca e
salmastra sembrò
veramente svegliarla. Infatti, la ragazza si voltò verso
Susan sorridendo.
“Dopo colazione
potremmo andare in spiaggia. Che ne pensi? Noi due, mio fratello e tuo
fratello. Potremmo anche fare un tuffo ma credo che l’acqua
sia ancora un po’
freddina. Forse verso l’ora di pranzo. Ci facciamo preparare
qualcosa da
portare lì… sì, facciamo un pic-nic in
spiaggia. Ti va?”
Susan sorrise. Le
piaceva stare con Ann. Rivedeva in lei una parte di
quell’entusiasmo che
caratterizzava Lucy unito al desiderio di essere sempre disponibile per
gli
altri. Conoscerla era stata decisamente una delle note positive di quel
viaggio.
“Sarebbe bello.
Basta che Peter e William siano d’accordo.”
Ann annuì
cercando di mascherare uno sbadiglio con un sorriso.
“Sarà una
bella
giornata!”
Susan sorrise e
i suoi occhi fissarono il mare. Sperava di riuscire durante il giorno a
fare
maggior chiarezza in quello che era successo, così da poter
raccontare tutto a
Peter. E chissà magari sarebbe arrivata anche la risposta di
Lucy: ormai erano
quasi due settimane che la lettera era stata spedita. Sempre se la nave
non era
stata affondata… Susan scosse la testa e i capelli
ondeggiarono: non doveva perdere
la speranza. Sorridendo tornò a voltarsi verso Ann. Ormai il
sole era sorto e
presto anche il resto della casa si sarebbe svegliato.
“Dai, andiamo a
prepararci così non potranno dirci che siamo delle
pigrone.”
Ann sorrise
divertita. “William non lo può dire
sicuro… quando è a casa, sembra voler
recuperare tutto le levatacce dell’accademia!”
Susan non
riuscì a trattenere una risata e Ann sembrò
soddisfatta. Solo in quel momento
Susan si accorse che Ann doveva aver percepito il suo turbamento e
aveva fatto
di tutto per tirarla su di morale. Sorrise.
A quel punto le
due ragazze rientrarono dopo essersi scambiate la promessa che la prima
che si
finiva di preparare doveva aspettare l’altra.
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Caspian uscì
sul balcone finendo di abbottonarsi la camicia. I suoi occhi scuri
guardavano
distrattamente la superficie delle onde e la scia che il Veliero
dell’Alba si
lasciava dietro. Continuava a pensare a quello che era successo quella
notte.
Non riusciva a spiegarsi neppure il motivo…
eppure… qualcosa dentro di lui, per
un attimo, aveva sentito che Susan era in pericolo. Si era svegliato di
soprassalto, madido di sudore, oppresso da quel terribile
presentimento. Era
assurdo. Susan era nel suo mondo… ma lui era stato sicuro di
quella sensazione.
Da quel momento non era più riuscito a dormire. E dopo
alcuni minuti passati a
rigirarsi nel letto, era uscito a respirare l’aria della
notte. Osservare le
stelle lo aveva sempre rilassato: ed era stato così anche
quella volta. Pian
piano quella sgradevole sensazione era passata, quasi sostituita dalla
certezza
che Susan stesse bene. Solo a quel punto era riuscito a tornare a
dormire. Ma
da quando si era svegliato, aveva ripreso a pensarci cercando di
analizzarlo
con mente lucida.
Probabilmente
era stato solo un incubo che, nonostante non ricordasse, doveva avergli
lasciato quella sensazione. Anche se era la prima volta che gli
succedeva.
Forse era l’ansia… dopotutto uno degli obbiettivi
del suo viaggio era proprio
riavere Susan accanto a sé. Un po’ di tensione era
normale, no? Caspian decise
che quella era la risposta più plausibile. Eppure, dentro di
lui sentiva che c’era
qualcosa che non tornava, qualcosa che gli sfuggiva…
Il giovane Re
non ebbe però tempo per proseguire quei ragionamenti. In
quel momento qualcuno
bussò alla porta della sua cabina. Caspian
rientrò e chiuse le porte a vetri
indossando sopra alla camicia una giacca. A quel punto aprì
la porta e davanti
a lui vide Drinian che s’inchinò rispettosamente.
“Buongiorno,
Vostra Maestà.”
Caspian
sorrise. “Buongiorno, Lord Drinian. Siete venuto per dirmi
che sono in ritardo,
vero?”
Drinian si
rialzò guardando il suo Sovrano.
“Ero solo
venuto a chiederle tra quanto desiderasse presidiare alla riunione
degli
ufficiali, Vostra Maestà.”
Caspian chiuse
la porta della sua cabina voltandosi poi di nuovo sorridente verso il
capitano
del Veliero dell’Alba.
“È un modo
per non
sottolineare che sarei dovuto essere lì già da un
pezzo?”
Lord Drinian
rimase impassibile. “Tutto l’equipaggio
è ai suoi ordini, Vostra Maestà.”
Caspian sorrise
e si avviò verso la cabina di comando seguito da Lord
Drinian. Durante la
riunione non emersero particolari problemi relativi alla rotta. Da
quando
avevano lasciato Narnia, i giorni di navigazione erano stati
caratterizzati da
un tempo quasi sempre bello e da vento favorevole. E tutto lasciava
immaginare
che anche i giorni che li dividevano dall’attracco alle Isole
Solitarie
sarebbero stati uguali. La rotta prevista non avrebbe probabilmente
subito
molte variazioni.
Caspian era
posato al tavolo su cui era sempre stesa la carta nautica. I suoi occhi
fissavano su di essa le Isole Solitarie. Non ne sapeva molto. Quello
che aveva
scoperto era che esse appartenevano teoricamente ancora alla corona di
Narnia. Ma
sapeva anche per certo che, a memoria, nessuno dei suoi avi, sovrani di
Telmar,
se non forse i primi, si fosse mai interessato a quelle isole.
Improvvisamente
alzò lo sguardo e si voltò verso Drinian.
“Lord
Drinian…
avete mai navigato fino alle Isole Solitarie?”
Lord Drinian
distolse lo sguardo dalla mappa che stava osservando insieme agli altri
ufficiali, scambiando con loro pareri sulla rotta da seguire, e lo
rivolse
verso Caspian.
“Un’unica
volta, Vostra Maestà, all’epoca degli ultimi anni
di regno di vostro nonno,
Caspian VIII. La nostra nave venne spinta lì da una
tempesta. Rimanemmo solo il
tempo necessario per rifornirci e sistemare i danni. La popolazione ci
evitava,
guardandoci con un misto di paura e curiosità. Quando
tornammo a Narnia
informammo di tutto il Re. Vostro nonno però non ne fu
interessato e neppure il
Consiglio considerò importante il ristabilimento di
un’autorità in poche isole
sperdute e prive di importanza strategica. Dall’Epoca
d’Oro siete il primo Re
di Narnia a rimettere piede su quelle isole che fanno ancora parte
teoricamente
dei possedimenti della Corona.”
Caspian annuì
sovrappensiero. Si rese conto che arrivato lì avrebbe dovuto
prima
riconquistare la fiducia degli abitanti. Non doveva imporsi o, dopo
milletrecento
anni di abbandono, si sarebbero sentiti invasi. In un modo o
nell’altro doveva
farli sentire di nuovo Narniani, far vedere che lui li considerava come
tali. Doveva
riallacciare legami spezzati da secoli. Impresa per niente facile. Ma
non
poteva arrendersi. Chissà se avrebbe trovato lì i
sette Lord… chissà se erano
ancora vivi. Sarebbero stati giorni impegnativi: quanto avrebbe voluto
non
essere solo, quanto avrebbe voluto avere qualcuno accanto a lui pronto
a
sostenerlo in ogni momento. E quanto avrebbe voluto che fosse Susan
quel
qualcuno. Narnia non avrebbe potuto desiderare Regina migliore. E
neppure lui...
perché avrebbe avuto lei al suo fianco.
Il giovane Re
si allontanò dal tavolo guardando gli altri ufficiali.
“Penso che non
ci siano altre questioni. Continuiamo su questa rotta e, se Aslan
vuole,
arriveremo alle Isole Solitarie entro la settimana.”
Gli ufficiali
annuirono e uscirono uno dopo l’altro. Solo Drinian rimase
indietro. Quando tutti
furono usciti, il capitano del Veliero chiuse la porta voltandosi verso
Caspian.
“Vostra
Maestà,
posso farvi una domanda?”
Caspian annuì
continuando a fissare la mappa, soprattutto quella parte bianca oltre
le Isole
Solitarie.
“Come capitano
del Veliero dell’Alba, ho giurato di condurre voi e la vostra
nave fino alle
Isole Solitarie e di fare in modo che non vi succeda nulla.
Però devo sapere
una cosa: se non troveremo i sette Lord alle Isole
Solitarie… cosa aveva
intenzione di fare Vostra Maestà?”
Caspian alzò lo
sguardo rimanendo muto per alcuni istanti. Poi lentamente si
avvicinò alla
parete a cui erano stati appesi i ritratti dei sette Lord. Solo a quel
punto
rispose a Drinian.
“Ho giurato sul
mio onore che li avrei trovati o avrei scoperto che cosa è
successo a quegli
uomini che fedelmente servirono mio padre. Solo a quel punto
potrò tornare a
Narnia.”
Caspian si
voltò a guardare Drinian sperando che il capitano non
criticasse la sua
decisione.
“Il nostro
viaggio proseguirà fino ad allora. Spero continuerete a
seguirmi, capitano.”
Drinian abbassò
il capo in segno di rispettoso assenso. “Sono pronto a
seguirvi, Vostra
Maestà.”
A quel punto
l’uomo si inchinò ancora una volta e si
avviò verso la porta. Quando posò la
mano sulla maniglia, però, Lord Drinian tornò a
voltarsi verso Caspian. Il
giovane Re sapeva di non essere stato del tutto sincero. Dubitava che,
se anche
avesse trovato le risposte che cercava sulle Isole Solitarie, avrebbe
deciso di
tornare a Narnia. Prima doveva incontrare Aslan: non avrebbe avuto
altre
possibilità. Tornare avrebbe significato piegarsi alle
richieste sempre più
pressanti e sposarsi. Ma lui non poteva: non poteva amare e sposare
nessuna
altra che non fosse Susan. La voce di Drinian distolse Caspian dai suoi
pensieri.
“Vostra
Maestà…
le parole che mi avete rivolto pochi giorni fa… che cosa
significavano, se
posso chiedere?”
Caspian rimase
muto. Ripensò a quelle parole che aveva detto a Drinian,
subito dopo al magico,
breve e inatteso incontro con Susan. Sentò
che alla fine di questo viaggio, troverò la mia sposa.
Glielo aveva detto
perché dopo quello che era successo aveva sentito che Aslan
lo avrebbe
ascoltato. Era Susan la sposa che sperava di trovare in quel viaggio.
Ma come
poteva dirlo? Chiunque, anche Cornelius, gli avrebbe detto che un
Sovrano non
poteva correre dietro le chimere e che Narnia non poteva aspettare una
Regina
che probabilmente non sarebbe mai tornata o che, anche se fosse
successo,
sarebbe tornata magari migliaia di anni dopo. Gli occhi scuri di
Caspian
incontrarono quelli di Drinian. L’uomo intuì che
cosa il suo Re non riusciva o
non voleva dire. Tutti sapevano quello che era successo su quella
piazza tre
anni prima e molti dicevano che era proprio per quello che Caspian non
aveva
ancora trovato moglie. Drinian non seppe se chiamarla determinazione o
capriccio. Ma quel qualcosa che brillava negli occhi scuri di Caspian
non era
certo la testardaggine di un ragazzo viziato. Per questo motivo non
chiese
altro: il tempo avrebbe dato tutte le risposte.
“Vostra
Maestà,
con il vostro permesso.”
Drinian uscì e
Caspian tirò un sospiro di sollievo. Quello che lo
preoccupava era la
consapevolezza che non avrebbe potuto continuare per sempre a tacere la
seconda
ragione per cui aveva intrapreso quel viaggio. Doveva farlo sapere
all’equipaggio prima che arrivasse il momento di tornare
indietro. Ma come
fare? Caspian si voltò verso l’intarsio dorato che
raffigurava Aslan quasi
sperasse che semplicemente guardandone il volto sarebbe riuscito a far
chiarezza nei suoi dubbi. Alla fine, però, il giovane Re
distolse lo sguardo
voltandosi verso il mare che si vedeva oltre la finestra: sapeva che
non poteva
continuamente pretendere che Aslan lo aiutasse, doveva imparare a
cavarsela da
solo. Caspian non riuscì a trattenere un sospiro: ma se solo
Aslan gli avesse
dato un piccolo aiuto…
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Gli occhi
azzurri di Susan fissavano le onde blu che si infrangevano tranquille
sulla
sabbia. Una leggera brezza spirava dal mare scompigliandole i capelli
che aveva
lasciato sciolti. Il calore del sole era in parte schermato dai rami
dell’albero vicino al quale si erano sistemati. Avevano
scelto una piccola
spiaggetta a lato della foce del fiume. Seduta accanto a lei, sulla
coperta che
avevano steso per terra, c’era Ann che in quel momento era
completamente assorta
nel libro che si era portata. Anche Susan avrebbe potuto leggere, ma
l’unica cosa
a cui riusciva a pensare era il sogno di quella notte. Quella che
cercava di
capire era perché tutto era successo sulla spiaggia e poi in
mare. Se le sue
erano solo paranoie, la risposta più plausibile era che nel
sogno aveva
rimescolato dubbi, paure, pensieri ed emozioni. Non aveva forse rivisto
Caspian
proprio mentre si
trovava sul
transatlantico? E non lo aveva visto mentre navigava verso una meta a
lei
sconosciuta? Senza contare che c’era una piccola parte di lei
che continuava a
ripeterle che lei non sarebbe tornata a Narnia, la sua più
grande paura. Vocina
che di giorno riusciva a tenere perfettamente a bada, zittita in un
angolo
della mente, ma che invece durante la notte poteva aver avuto il
sopravvento. Forse
era quella la realtà… magari esagerava a credere
Narnia in pericolo. Eppure…
Ann alzò la
testa posando il libro accanto a sé. Susan si
voltò verso di lei e la vide
sorridente.
“Adoro questi
libri… quanto mi piacerebbe vivere una delle avventure di
cui sono protagoniste
le eroine dei romanzi.”
Susan non poté
non sorridere ripensando a Narnia: lei le avventure da romanzo le aveva
vissuto. Ann si voltò verso di lei.
“È lo stesso
anche per te?”
Susan si
sistemò una ciocca di capelli dietro un’orecchia.
“Vivere straordinarie
avventure?”
Ann annuì. Gli
occhi le brillavano. “Sì. Affrontare pericoli,
grandi avventure… magari
esplorare terre sconosciuto. Non sarebbe bellissimo?”
Susan trattenne
un sorrisetto divertito e annuì. “Direi di
sì. Però la realtà sarebbe
sicuramente molto diversa dai libri… dopotutto rischieresti
davvero la vita e
non avresti la certezza che l’epilogo della tua avventura
finisca con vissero tutti felici e contenti.”
Susan parlava
per esperienza. Aveva vissuto insieme ai fratelli incredibili
avventure, ma in
nessun momento qualcuno gli aveva rassicurati che avrebbero vinto, che
non
sarebbe successo niente… o che avresti visto i tuoi sogni
realizzati. Ann
sospirò posandosi sulle mani e alzando lo sguardo che si
perdette nel cielo
azzurro.
“Lo so, hai
ragione… me lo dimentico. La vita non è un libro
già scritto…”
Susan trasalì
sentendo quelle parole. In mente le tornarono le frasi che in
quell’incubo la
misteriosa persona aveva pronunciato. Aveva parlato di destino, di un
destino
già scritto che né lei né Caspian
avrebbero potuto cambiare. Quale era la
verità? C’era un fato o ciascuno era padrone della
propria vita e ne avrebbe
cambiato il destino con le proprie scelte? La voce di Ann la
riportò alla
realtà e Susan tornò a prestare attenzione alla
ragazza.
“Susan… se
ti
dico una cosa, prometti di tenerla per te?”
Susan si
sedette più comodamente e annuì seria. Aveva
capito che quello che voleva dirle
Ann era qualcosa di importante. Dal canto suo, Ann ci aveva ripensato
più volte
prima di decidere di parlarne con Susan. Era una cosa che non aveva mai
detto a
nessuno, né alle amiche a scuola né ai genitori.
Aveva sempre pensato che
quello sarebbe stato il segreto che non avrebbe condiviso con nessuno.
Ma con
Susan sentiva di poterlo fare. Non sapeva neppure lei il
perché, forse perché
vedeva qualcosa che non aveva mai visto nei suoi occhi azzurri. Non lo
sapeva
cos’era: determinazione, fierezza, coraggio,
dolcezza… ma sapeva una cosa:
Susan e Peter avevano qualcosa che nessuno che lei conosceva aveva. Ed
era un
qualcosa che emanavano.
“È una cosa
che
non ho mai detto a nessuno…”
Ann abbassò lo
sguardo imbarazzato sulle mani. Susan sorrise dolcemente e le strinse
una mano.
Ann alzò lo sguardo incontrando gli occhi di Susan e
improvvisamente si sentì
più leggera.
“Un giorno mi
piacerebbe fare un lavoro con cui essere utile agli
altri…”
Susan sorrise
per farle capire di proseguire. Ann prese un profondo respiro prima di
riprendere a parlare.
“Vorrei
diventare una diplomatica, un’ambasciatrice. Pensi che sia
assurdo?”
Susan non
rispose subito: certo, donne in quei campi non ce ne erano molte. Ma
con quale
diritto poteva tarpare le ali ad Ann? Proprio lei che sperava di
tornare a
Narnia… Sorrise.
“Se è il tuo
sogno non vedo perché non potresti provarci.”
Il viso di Ann
venne illuminato da un sorriso a trentadue denti. “Grazie,
sono contenta di
aver parlato con te.”
Susan scosse la
testa. “Di nulla.”
I discorsi
delle due ragazze vennero interrotti dall’arrivo brusco di
Peter e William. I
due ragazzi avevano il fiatone e si guardavano con sfida. Susan
sospirò. Nel
frattempo i due si sedettero accanto a loro e Peter fece attenzione che
William
non si sedesse accanto a Susan. Non appena seduto, il biondo Pevensie
si vide
puntati addosso gli occhi di Susan che lo stavano rimproverando in
silenzio.
“Cosa avete
fatto?”
Peter sorrise
soddisfatto guardando si sottecchi William.
“Niente di
particolare. Qualche piccola gara…”
Susan scosse al
testa sorridendo divertita sentendo il fratello calcare le ultime
parole. A
quanto pare l’istinto competitivo di Peter aveva trovato
qualcuno che lo
alimentasse. E se ci aggiungiamo che quel qualcuno anche essere
interessato a
lei…
Peter la guardò
sorridendo. “Mangiamo qualcosa?”
Ann a quelle
parole si voltò verso il cestino che aveva alle spalle,
iniziando ad armeggiare
per tirare fuori i panini e quant’altro la governante vi
avesse messo dentro.
William seguì con interesse la fuoriuscita del cibo e, ad un
certo punto,
inizio ad aiutare la sorella. Approfittando del momento, Peter si
accostò a
Susan guardandola fisso negli occhi.
“C’è
qualcosa
che non va?”
Quella domanda
spiazzò Susan che sgranò gli occhi dalla
sorpresa. Peter se ne accorse e
sorrise: possibile che Susan ancora non avesse capito che, anche quando
non
diceva niente, si accorgeva se aveva qualcosa che non andava? Era da
colazione
che Susan sembrava distratta, assorta in qualcosa che la preoccupava.
Per un
po’ aveva fatto finta di niente, anche per evitare di
scoprire che la causa
magari era Caspian: cosa che lo avrebbe fatto infuriare,
perché non sopportava
proprio che Susan soffrisse per lui. Con il passare delle ore,
però, si era reso
conto che quel qualcosa continuava a tormentarla e perciò,
messo da parte l’orgoglio,
aveva deciso che, al momento giusto, avrebbe indagato. Anche a costo di
sentirsi dire che pensava a Caspian…
“Allora?”
Susan sospirò e
strinse le braccia attorno alle ginocchia. Poi alzò lo
sguardo verso il mare
fissando quasi ipnotizzata le onde. Dopo un attimo tornò a
voltarsi verso
Peter.
“Sto bene, non
ti preoccupare. Riguarda un sogno di stanotte…”
Peter alzò le
sopracciglia, non capendo a che cosa si stesse riferendo. Susan sorrise.
“Meglio che ne
parliamo dopo, quando saremo soli.”
Peter capì.
Riguardava Narnia. Anche se, quello che non si spiegava, era che legame
ci
fosse con il sogno di Susan. In quel momento la loro attenzione venne
attratta
da Ann e William che avevano finito di svuotare il contenuto del
cestino. Ann
sorrideva.
“Ci sono
così
tante cose che non riusciremo a finirle.”
William sorrise
divertito e prese un panino. “Allora sarà meglio
che iniziamo.”
Subito dopo
anche gli altri tre lo imitarono, iniziando a mangiare in silenzio e
rilassandosi al rumore della brezza tra le foglie e al suono delle onde
del
mare. Passarono un paio di minuti prima che William spezzasse il
silenzio.
“Fra qualche
settimana, il console britannico organizza un tè. Saranno
invitati tutte le
persone più importanti dei dintorni e molti ufficiali che si
trovano in
permesso.”
Peter sentì
suonare nella testa un campanello d’allarme. Dove voleva
arrivare? Perché lo
aveva capito che il discorso di William non era fatto solo per fare due
chiacchiere, soprattutto se nei dintorni c’era Susan.
“Anche nostro
zio è invitato e lo siamo anche noi. Probabilmente verranno
invitati anche i
vostri genitori. Susan, ti piacerebbe venirci con me?”
Ecco, appunto.
Peter strinse la mano attorno al panino facendo trasbordare il
contenuto. Ma
perché non erano rimasti a Cambridge anche loro? Eustace,
anche se non fosse
stato loro cugino, non avrebbe di sicuro fatto la corte a Susan. Non
era che ce
l’avesse proprio con William… ma possibile che
tutti gli spasimanti di Susan
non fossero inglesi? Perché a Londra non c’era un
bravo ragazzo che si
innamorasse di lei? No, doveva essere sempre qualcuno che
l’avrebbe tenuta
lontana da loro.
Nel frattempo,
Susan, resasi conto dell’invito di William, non aveva la
più pallida idea di
cosa fare. Imbarazzata, si sistemò una ciocca di capelli
dietro l’orecchia. Sapeva
benissimo che accettare, non voleva dire essere innamorata di lui.
Dopotutto
potevano andarci insieme anche come semplici amici. Ma era anche
consapevole che
per William non sarebbe stato così: avrebbe pensato di avere
una speranza con
lei. E per essere sinceri, pensò Susan, se lei fosse stata
un’altra, se fosse
stato un altro momento, gliela avrebbe data una possibilità:
dopotutto era
carino, gentile… ma lei era Susan Pevensie, lei era
già stata a Narnia e
William era arrivato troppo tardi: il suo cuore era già di
Caspian. E poi c’era
Peter, che di sicuro non l’avrebbe presa bene. Che cosa fare?
Susan alzò gli
occhi incrociando prima quelli speranzosi di William, poi quelli di
Peter che
sembravano voler fulminare William e infine quelli di Ann che
capì il suo
problema. E fece qualcosa che Susan non si sarebbe aspettata.
“Potremmo
andarci tutti e quattro insieme…”
Anche Peter e
William si voltarono verso di lei. Ann abbassò lo sguardo,
in disagio e le
guance si tinsero di un tenue rossore. Ma non poteva desistere, sapeva
che
William non si sarebbe arreso.
“Sì…
pensavo
che oggi ci siamo divertiti… potremmo passare
un’altra bella giornata.”
William si
illuminò e sorrise soddisfatto. “È una
bellissima idea, Ann! Susan sarà la mia
dama e Peter sarà il tuo accompagnatore!”
Peter si voltò
verso William e Susan si sorprese di non vedere William incenerito. Ma
era
meglio evitare. Con una mano tocca leggermente il braccio del fratello.
I loro
occhi azzurri si incrociarono e Susan scosse la testa. Peter
cercò di dire
qualcosa, ma Susan gli fece capire che non serviva. Peter
sbuffò: non gli
andava bene che a prendere le decisioni fosse William, ma almeno
così poteva
tenerlo d’occhio. Incrociò le braccia e, quando
parlò, si sentiva ancora un
basso ringhio che per fortuna riuscì a mascherare.
“Va bene… se
per Ann non è un problema…”
Ann sorrise e
scosse la testa. Non le dispiaceva essere accompagnata da lui ed era
stato
carino a chiedere se lei era d’accordo. E poi non era per
niente un brutto
ragazzo, anzi… Ann distolse subito lo sguardo vergognandosi
un po’ per quello
che le era passato per la mente. Sarebbe stato un piacevole pomeriggio
tra
amici, tutto qui.
Nel frattempo
Susan, dopo essersi assicurata che Peter non avrebbe cercato di far
fuori in
qualche modo William, tirò fuori il suo lato pratico.
“Però ci
sarebbe un problema…”
Ann inclinò la
testa perplessa. “Quale?”
Susan sorrise
imbarazzata. “Ecco… in Inghilterra tra
razionamento e buoni… non è che fosse
così facile comprare vestiti nuovi ultimamente. Non penso
che io e Peter
abbiamo qualcosa di adatto…”
William sorrise
alzando le spalle. “E dov’è il problema,
Susan? Uno di questi giorni Ann vi può
accompagnare a fare un giro. Ci sono un sacco di negozi a New York.
Sono certo
che troverete qualcosa di perfetto. Io non penso vi potrò
accompagnare perché
devo tornare in accademia. Altrimenti non riuscirò ad
estorcere un nuovo
permesso per il giorno del tè. E poi tu saresti bellissima
con qualsiasi cosa
addosso… farai invidia a tutte le altre!”
Susan arrossì
per il complimento e sorrise per mostrarsi gentile. Peter, dal canto
suo,
chiuse gli occhi e contò fino a dieci per evitare di mollare
un pugno sul naso
a William. Avrebbe dovuto controllarlo, decisamente. E, nonostante
sapesse
benissimo che non avrebbe dovuto, sperò ardentemente che
William quel permesso
non lo avesse mai.
Ann batté le
mani alla proposta del fratello sorridendo.
“È una
splendida idea, così vi potrò anche mostrare un
po’ la città! Ci potremo fare
accompagnare da mamma. Anche vostra madre potrebbe venire. Ci
divertiremo!”
Susan annuì
sorridendo. “Beh… allora è tutto a
posto.”
William annuì.
“Esatto. Forza, finiamo di mangiare. O vogliamo poltrire qui
tutto il giorno?”
Gli altri non
se lo fecero ripetere due volte e, in quella piacevole atmosfera, anche
Susan
dimenticò per un po’ le preoccupazioni che le
aveva provocato quel sogno.
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Caro
diario, oggi è il giorno 23 da quando i miei
sciagurati cugini Edmund e Lucy hanno invaso la nostra casa. Non so
quanto
ancora riuscirò a sopportarli visto che devo dividere le mie
cose con loro…
sembra quasi che i giorni passati con loro siano 200! Se almeno potessi
andare
a scuola, non sarei costretto a vederli per così tante ore:
guarda a cosa mi
sono ridotto. Temo che la mia sanità mentale sia gravemente
a rischio: non ho
mai desiderato andare a scuola quando non ero obbligato! Inoltre caro
diario
sono anche 23 giorni da quando sono venuti ad abitare accanto a noi i
nostri
vicini… e con loro la figlia, Jill Pole. Da quando
l’ho vista, ho capito che
sarebbe stato come avere tra i piedi una seconda Lucy, se non peggio: e
lo sai,
caro diario, che su queste cose io non mi sbaglio mai. E dico mai.
Infatti,
Pole è una specie di arpia, anzi una strega: gira sempre con
un ratto che ha
addestrato per attaccare i poveri innocenti come me (l’ultima
volta ha cercato
di saltarmi in faccia e graffiarmi… forse voleva strapparmi
gli occhi! e poi
lei ha detto che ero stato io a spaventarlo!) e non mi sorprenderei se
nella
sua cameretta trovassi anche rospi e pipistrelli! Purtroppo, mia madre
non se
ne è accorta e così ha deciso che ogni tanto lei
venga a casa nostra, in modo
da recuperare il programma dell’anno precedente ed essere
pronta per il
prossimo. Rischio di trovarmela in classe, capisci? Manca solo che
Edmund venga
bocciato, che Lucy venga mandata ad una classe superiore e che i loro
genitori
me li mandino qui a Cambridge! Sarebbe la mia fine. Ma corro il rischio
di non
superare neppure questa estate. Anche oggi Pole è
venuta… per fortuna mia madre
è andata via quasi subito, così io ho potuto
smettere di aiutarla e mi sono
venuto a rintanare qui. Tanto quel brocco di mio cugino non fa altro
che andare
a parlare con Lucy nella sua stanza, penso che anche Jill li abbia
raggiunti…
ogni tanto li sento ridere. Chissà quali orrende
macchinazioni stanno complottando
alle mie spalle. E il fatto che Pole stia facendo amicizia con loro non
è di
nessun auspicio… probabilmente Lucy e Edmund cominceranno a
raccontare anche a
lei le loro assurde e improponibili storie su Nernia, Nirnia o come
cavolo si
chiama quel reame di cui loro parlano sempre. Ogni tanto la sera,
quando
pensano che io sia in camera, vado a spiare dietro alla porta e li
sento
parlare: non fanno altro che chiacchierare di quella lagna! Che bello
se fossimo
là, che peccato che non ci chiamino
più… ma nessuno ha detto loro che le favole
sono invenzioni? Guarda te, se può esistere un mondo dove
loro sono stati
Sovrani… loro poi, immagina che meraviglia…
benvenuti a Nornia (o forse era
Narnia? Boh, fa lo stesso), l’incredibile regno guidato dai
Pevensie! Si salvi
chi può! E il bello è che hanno cominciato a
parlarne ancora di più da quando è
arrivata la lettera dall’America! Sembra che quella svampita
di Susan abbia
detto loro di continuare a pensarci! E mamma diceva che Susan e Peter
erano
quelli maturi… due che continuano a fare questi giochetti,
non sono maturi,
parola di Eustace Clarence Scrubb! Sono io quello che legge libri in
cui si
racconta veramente qualcosa di vero, della realtà. E mi
tocca sorbirli… almeno
quei due sono in America. Immagina se fossero stati anche loro
qua… penso che
mi sarei trasferito a casa Pevensie: tanto loro sarebbero stati a casa
Scrubb,
ovvero casa mia. Ora devo andare, mi sembra di sentire i passi di
Edmund. Sono
sempre tra i piedi, peggio delle mosche. Se almeno lo
fossero… se solo uno
potesse trattare i parenti come tratta gli insetti, tutti i miei
problemi
sarebbero risolti. Potrei chiuderli in un barattolo, attaccarli al muro
con un
spillo.
Di scatto
Eustace sgusciò da sotto il letto lasciandovi sotto il
diario. Un attimo
prima che la porta si aprisse, Eustace si sedette sul letto iniziando a
fischiettare. Edmund entrò e vedendolo in quella posizione,
lo squadrò
sospettoso.
“Cosa stai
combinando?”
Eustace alzò le
spalle e lo guardò storto. “E a te che importa? E
voi che state facendo? Avete invitato
anche Pole nel paese degli svitati? Com’è che si
chiamava quel vostro mondo…
sai non me lo ricordo mai. Nernia, Nirnia? O forse era
Nornia?”
Ridacchiando,
si sbattè una mano sulla fronte. “No, giusto!
Narnia, Narnia... Vero, cugino?
Chissà perché, ma me lo dimentico
sempre!”
Edmund gli
lanciò un’occhiata gelida senza degnarsi di
rispondergli. Preso quello che li
serviva, uscì dalla porta richiudendosela alle spalle.
Eustace tese l’orecchio
finché non sentì i passi di Edmund raggiungere la
stanza di Lucy e la porta
chiudersi. A quel punto, tornò per terra tirando fuori
ancora una volta il
diario.
Nota per me:
indagare sulle conseguenze
legali in caso di parente (o vicino) infilzato.
E
anche il capitolo quattro è terminato. Chiedo immenso
perdono per aver fatto
passare così tanto tempo da quando ho messo il terzo!
Perdono, perdono,
perdono!!!! >.< Purtroppo ero sempre di qua e di
là per questa benedetta
università… ma non penso vi interessi. Comunque
ora sono qui. ;) Come promesso
ho dedicato quasi totalmente il capitolo a Susan e Peter: prima il
sogno/incubo
della nostra Sue, poi il pomeriggio in spiaggia. E inoltre, ho messo
Caspian!
^-^ Contente? Ok, non è una parte lunghissima, ma purtroppo
a Narnia tutto è
ancora tranquillo… o quasi. Infatti Caspian comincia a
sentire che c’è qualcosa
che non va. Ma i suoi resteranno solo sospetti… per il
momento. E dulcis in
fundo, non ho resistito a non ritagliare un piccolo spazio per il
nostro
scorbutico Eustace… piccola scena che si rifà a
quella del film in cui lui
scrive sul diario… ma modificata per ragioni di copione. XD
Nel complesso sono
abbastanza soddisfatta, anche se qualche punto credevo mi sarebbe
venuto
meglio… vabbè. Ora però è
arrivato il momento di annunciarvi che, se non cambio
idea o altro (il che non si può mai dire XD),
l’arrivo a Narnia per i nostri
Lucy, Edmund, Jill e Eustace è previsto per il capitolo 6!
Preparatevi! J Per Susan
e Peter invece è ancora
presto… ma chissà che non arrivino a Narnia prima
di quando prevediate. Il loro
destino è nelle mie mani… ma sarò
buona, promesso. ^-^ Per quanto riguarda il
prossimo capitolo, il nostro Edmund (come nel film, ma non
sarà proprio
identico… diciamo che mi ispiro a quella scena)
cercherà di arruolarsi. In
America, invece, Susan, Peter e Ann andranno a fare acquisti. Ok, penso
di
avervi detto fin troppo, perciò…
…
i ringraziamenti:
·
Per
le seguite: ChibiRoby, ElenaDamon18, Fly_My world,
GossipGirl88, ImAdreamer99, mmackl, Serena VdW, Shadowfax e
SusanTheGentle
·
Per
le preferite: english_dancer
·
Per
le recensioni del capitolo 3: Fly_My world, mmackl, Serena VdW,
Shadowfax e
SusanTheGentle
Ovviamente
ringrazio anche chi solo legge. E voglio fare un ringraziamento
speciale a chi
a inserito “Tears of Memory” nelle seguite, nelle
ricordate o nelle preferite
dopo alla pubblicazione dell’ultimo capitolo e che dunque non
avevo inserito
già precedentemente nei ringraziamenti a fine dello stesso:
Francy 98,
_Sturdust, Crystal eye, ImAdreamer99 e nefrit93. Ah, ultimissima cosa:
non sono
riuscita a ricontrollare: se nel caso trovate qualche errore, ditemi
ok? ^-^
Con questo penso di aver detto tutto e vi saluto, nella speranza, la
prossima
volta, di riuscire ad aggiornare un po’ prima. Ancora tante,
tante grazie a
tutti. A presto, Hikari