Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: HikariMoon    03/10/2013    4 recensioni
Seguito di "Tears of Memory". Peter e Susan sono andati in America, Lucy e Edmund presto arriveranno a casa Scrubb. A Narnia Caspian ha intrapreso un lungo viaggio sul Veliero dell'Alba. Una nuova avventura ha inizio: riusciranno Susan e Caspian ha riunirsi mantenendo la promessa che si sono fatti? Peter e Susan riusciranno a tornare a Narnia? Chi o cosa minaccia la pace di Narnia? Tra antiche magie, distese di mari sconfinate, pirati e battaglie riusciranno i Sovrani a sconfiggere la minaccia della nebbia verde e ciò che dietro essa si cela? Insieme a due nuovi eroi che per la prima volta arriveranno a Narnia, mille avventure aspettano i cinque Sovrani. Che aspettate? Salpate insieme a noi: per Narnia e per Aslan!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 - Una Giornata in Spiaggia

Susan aprì gli occhi. Si guardò attorno senza riconoscere subito il luogo in cui si trovava. Ma fu solo un attimo. Sentiva la sabbia sotto i suoi piedi nudi. Davanti a lei le onde s’infrangevano lente sul bagnasciuga. Un cielo cupo lo sovrastava: la notte stava svanendo ma il sole doveva ancora sorgere. Non c’era più alcuna luce distinta, le stelle erano scomparse e uno sbiadito chiarore si propagava vago dal luogo in cui il sole sarebbe apparso. Susan si guardò attorno spaventata. Si sentiva opprimere da quel cielo color piombo e da quel silenzio quasi irreale. Era sola. Dove era Peter? Dove erano i loro genitori? E gli Evans? La villa era avvolta da un silenzio in pratica assoluto. Forse tutti stavano ancora dormendo… ma allora lei che cosa ci faceva lì?

Quella domanda cominciò a rimbombarle nella mente e, per quanti sforzi facesse, non riusciva a darle risposta. Rabbrividì e strinse le braccia al corpo per cercare di scaldarsi. Se solo il sole fosse finalmente sorto… i suoi raggi l’avrebbero riscaldata e gli altri si sarebbero svegliati. Invece non succedeva nulla. Sembrava che non ci fosse più nessuno. Il vento che si era alzato le muoveva la leggere camicia da notte vanificando i suoi tentativi di scaldarsi. Cominciò a camminare mentre le lacrime cominciavano a pungerle gli occhi.

“Peter… mamma… papà…”

Nessuno le rispondeva. Susan si fermò guardandosi attorno freneticamente. Alla fine crollò: si sedette stringendosi le ginocchia e scoppiò a piangere. Non voleva restare da sola. Non voleva provare di nuovo quelle sensazioni… sì, erano le stesse cose che aveva provato appena tornata da Narnia. Il crollo delle speranze, delle illusioni, la convinzione che nessuno potesse anche minimamente capirla. La solitudine. Ma erano passati dei mesi: lei aveva ripreso a credere, a sperare. Susan tirò su con il naso sforzandosi di smettere di piangere e concentrandosi solamente sulle promesse che lei e Caspian si erano scambiati sulla nave.

“Io ti aspetto, Susan. Non importa quanto… io sono qui, per te.”

“Troverò un modo, Caspian… dovessi provarci tutta la vita… io tornerò da te.”

Susan respirò lentamente cercando di cacciare via definitivamente quei pensieri, focalizzando la sua attenzione sui quei momenti, sulle speranze che condivideva con Peter, sui volti dei suoi fratelli. Doveva crederci, avere fiducia. Improvvisamente sentì un leggero tepore sulla testa e sulla pelle delle braccia. Susan alzò lo sguardo e i suoi occhi azzurri videro il sole che sorgeva all’orizzonte, sempre più luminoso. La ragazza si alzò lentamente asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. Sorrise. La speranza era come quel sole: stava a lei dargli la possibilità di sorgere sempre e illuminare la sua vita. Il colore del mare divenne blu e il cielo azzurro. Susan si avvicinò lentamente all’acqua e le onde le lambirono le punte dei piedi. Susan rabbrividì, ma il calore del sole le impediva di provare quel freddo che prima aveva avvolto il suo corpo.

Chiuse gli occhi. Provava una strana sensazione, ma non aveva paura. Aprì gli occhi e vide un’onda alta quanto lei venirle addosso. L’acqua la sommerse. Susan si sentì trascinare dalla forza dell’acqua e il respiro le venne quasi mozzato a contatto con l’acqua fredda dell’oceano. Non riusciva a tenere neppure gli occhi aperti. Con mani e piedi cercò di contrastare la forza della corrente ma senza successo. Per lunghi istanti continuò a sentirsi sballottata qua e là, annaspando avvolta da mulinelli d’acqua. Poi tutto attorno a lei si fermò. Susan aprì gli occhi e alzò lo sguardo verso l’alto. I raggi del sole filtravano attraverso l’acqua cristallina. Istintivamente guardò verso il basso e non vide altro che acqua di un blu sempre più intenso. Cominciò a nuotare per emergere e fu solo in quel momento che vide il profilo di una nave. Il cuore di Susan cominciò a battere più forte. Quando fu poco sotto la superficie delle onde, intravide il profilo di qualcuno che si protendeva verso di lei chiamandola. Susan sorrise e cercò di raggiungere più velocemente la superficie. Caspian arrivo. Il ragazzo protendeva le mani verso di lei. Susan allungò la sua, solo pochi centimetri d’acqua la separavano dall’aria. Ma non riuscì a far uscire la mano dall’acqua. Improvvisamente la superficie del mare era diventata di ghiaccio. Susan si posò alla fredda lastra con entrambe le mani, muovendo i piedi per darsi una spinta sufficiente a romperla. Ma era inutile. Un panico enorme le invase il cuore. Non poteva uscire. Non poteva andare da lui. E i suoi polmoni cominciavano a bruciare. Susan cercò di infrangere il ghiaccio con tutte le sue forze senza riuscirci. Strinse le mani a pugno colpendolo fino a farsi male. Il terrore dilatò i suoi occhi azzurri.

Improvvisamente sentì una risata gelida, perfida, crudele riecheggiare oltre il ghiaccio. Alzò lo sguardo e vide che oltre ad esso la nave era scomparsa e con essa Caspian. In quel momento scorse una figura venire verso di lei e inginocchiarsi sul ghiaccio, nel punto in cui lei cercava di spezzarlo. Susan non riusciva a capire chi fosse, ma sentiva l’odio che da essa trasudava. Due occhi blu ghiaccio la fissavano in un volto indefinito, avvolto da una nebbia verde che iniziò a diffondersi su tutto il ghiaccio. Rivoli di fumo verdastro riuscirono ad attraversare il ghiaccio venendole sempre più vicino e Susan spaventata cercò di evitarli. Un’altra risata malvagia attirò la sua attenzione.

“È tutto inutile, piccola sciocca. Tu non tornerai a Narnia.”

Susan sgranò gli occhi a quelle parole mentre dentro di lei una voce continuava a gridare il contrario. Chi era quella persona? La sua voce aveva qualcosa di famigliare, le insinuava dentro una paura che sentiva di aver già provato. Ma non la riconosceva perché c’era anche qualcosa, un timbro, un tono che non aveva mai sentito. La misteriosa persona riprese a parlare.

“Rassegnati, Susan. Il tuo tempo a Narnia è scaduto. E anche se vi tornassi, che cosa troveresti? Bugie, illusioni, inganni. Ti userebbero per poi mandarti via quando non saresti più necessaria.”

Susan cercò di allontanarsi da lei, di scappare da quella lastra di ghiaccio, ma non ci riusciva. Sembrava quasi che le sue mani vi fossero rimaste incollate. Volute di nebbia verde cominciarono ad avvolgerla. Susan cercò di dibattersi, ma il fumo la circondava senza via di scampo, simile a catene che la volessero imprigionare.

“Narnia ha scelto di rinunciare a te. Accettalo. Smettila di crearti sciocche illusioni che ti faranno solo soffrire. Dimentica. È la cosa più facile, è la cosa che ti farà stare meglio.”

Susan scosse la testa cercando di trovare tutto il coraggio che l’era rimasto, cercando di tenere la mente lucida. Era un sogno, anzi un incubo: non c’era altra spiegazione. Non doveva lasciarsi convincere: doveva pensare a Narnia, ai fratelli, a Caspian.

La misteriosa figura sembrò leggerle dentro e la guardò come se fosse una bambina troppo sciocca per accettare la verità. La sua mano attraversò il ghiaccio e si serrò attorno al polso di Susan. La ragazza cercò di divincolarsi, ma la presa era troppo forte.

“Dimentica Narnia, Susan. Dimentica Caspian. Lui non fa parte del tuo destino come lui non fa parte del tuo. Vuoi sapere dove il tuo amato Re verrà condotto dalla sua rotta?”

Susan sentì il cuore perdere un battito e una stretta allo stomaco. La misteriosa figura sembrò gioirne e strinse la mano fino a far dolere il polso di Susan.

“Durante il suo viaggio troverà la sua sposa e ai confini del mondo riceverà la benedizione di Aslan. E quella donna non sarai tu, Susan. Caspian si dimenticherà di te. Il suo destino è sposare un’altra. Narnia avrà la sua nuova Regina. Dimenticalo se non vuoi soffrire.”

Le lacrime iniziarono ad uscire dagli occhi azzurri di Susan confondendosi con l’acqua del mare. Il cuore della ragazza era come lacerato da quelle parole a cui non voleva credere ma che si insinuavano dentro di lei. No. No. Si era promessa che non avrebbe più cercato di dimenticare. Susan scosse la testa e chiuse gli occhi. Caspian non poteva mentirle. Le aveva detto di credere. Le aveva detto che l’avrebbe aspettata. Se lo amava, era quello il momento di dimostrarlo: doveva credere a lui, al suo cuore e non a quella voce. Credere alla loro muta promessa d’amore. Non avrebbe più dimenticato. Sarebbe tornata e, se quello era il loro destino, si sarebbe ribellata: Aslan avrebbe capito. La forza riaffiorò nel suo cuore e anche la figura oltre al ghiaccio sembrò percepirlo poiché si ritrasse leggermente e allentò la presa sul polso di Susan. La ragazza aprì gli occhi e gridò nonostante fosse sotto acqua.

“Aslan!”

Gridò il nome del Leone con tutta la forza che aveva, credendoci con mai prima. Doveva fidarsi di lui. Le voleva bene: l’avrebbe sentita. Non avrebbe abbandonato né lei né Peter. Li stava solo mettendo alla prova: ne era convinta. E improvvisamente lo sentì. Come prima la luce del sole, un ruggito si propagò nell’aria facendo dissolvere la nebbia. La misteriosa figura si alzò in piedi di scatto, furente, e svanì. Una rete di fenditure percorse tutto il ghiaccio che un attimo dopo si ruppe in mille frantumi lasciando di nuovo filtrare i raggi del sole. Susan a quel punto si spinse verso la superficie gettando la testa fuori dall’acqua e respirando a pieni polmoni.

“Seguì sempre il tuo cuore, mia cara. Non perdere mai la speranza.”

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Susan si alzò aprendo gli occhi di scatto. Era nel suo letto. La stanza era avvolta nel silenzio, illuminata leggermente dalla luce esterna dell’alba. L’unico rumore erano le lancette dell’orologio. Susan si passò una mano sulla fronte e si rese conto di star tremando: di paura, dall’emozione, per l’adrenalina. Che cos’era stato quel sogno, quell’incubo? Chi era quella misteriosa persona che le aveva dato quel senso terribile d’inquietudine, di paura? E se non avesse lottato, cosa le sarebbe successo? Sospirò e si lasciò andare sul cuscino. Ma non aveva sonno. Rimase immobile a fissare il soffitto che veniva illuminato ogni minuto di più dal sole. Tutto quello che era successo, doveva avere un significato. Qualcuno non lo voleva a Narnia? Ma chi? E per quale motivo? Lei e Peter sarebbero potuti essere un ostacolo? Susan non riusciva a crederci ma sentiva che era quello il significato del sogno. Qualcuno aveva cercato di spegnere la speranza e la fede che lei aveva riacceso in quei mesi. Quella convinzione lasciò spazio nella mente di Susan a un quesito ancora più agghiacciante: come aveva fatto quel qualcuno a infrangere le barriere tra i due mondi? Solo la Grande Magia, solo Aslan poteva e lo aveva fatto solo per chiamarli in difesa di Narnia. Susan si alzò mentre l’ansia cominciava a crescerle dentro. Sentiva che Narnia era in pericolo. Quel sogno ne era la prova… e quel nuovo nemico sembrava veramente molto potente. Doveva trovare assolutamente un modo, insieme a Peter, di tornare a Narnia. Era certa che Edmund e Lucy presto sarebbero stati chiamati. Uscì sul terrazzo e si posò al parapetto di pietra inspirando l’aria fresca della mattina. Però le sue erano solo congetture…

Improvvisamente le tornarono in mente il sole, Aslan… e ciò che la loro presenza aveva potuto fare. Non appena aveva creduto, non appena aveva riacceso la speranza e trovato il coraggio di non arrendersi… l’oscurità, il freddo, tutto era sparito. Forse era quello il significato più vero del sogno. Quello che la misteriosa persona aveva cercato di nasconderle. Se credeva, poteva tornare a Narnia.

“Susan?”

La ragazza si riscosse e si voltò di lato. Posata sullo stipite dell’altra porta a vetri vide Ann. La ragazza la guardava assonnata. Sbadigliò mentre si grattava gli occhi per cercare di svegliarsi. Aveva i cappelli arruffati. Susan sorrise e si sentì in colpa.

“Ann, scusa… ti ho svegliato?”

Ann si avvicinò a lei scuotendo la testa e senza riuscire a trattenere un altro sbadiglio. Quando le fu vicino, Ann si colpì piano le guance per scrollarsi via il sonno. Poi la ragazza si voltò incuriosita verso Susan.

“Che ci fai qui fuori a quest’ora?”

Susan sorrise. “Niente. Mi sono svegliata e non riuscivo a dormire. Pensavo.”

Ann si posò al parapetto fissando la spiaggia e il mare. L’aria fresca e salmastra sembrò veramente svegliarla. Infatti, la ragazza si voltò verso Susan sorridendo.

“Dopo colazione potremmo andare in spiaggia. Che ne pensi? Noi due, mio fratello e tuo fratello. Potremmo anche fare un tuffo ma credo che l’acqua sia ancora un po’ freddina. Forse verso l’ora di pranzo. Ci facciamo preparare qualcosa da portare lì… sì, facciamo un pic-nic in spiaggia. Ti va?”

Susan sorrise. Le piaceva stare con Ann. Rivedeva in lei una parte di quell’entusiasmo che caratterizzava Lucy unito al desiderio di essere sempre disponibile per gli altri. Conoscerla era stata decisamente una delle note positive di quel viaggio.

“Sarebbe bello. Basta che Peter e William siano d’accordo.”

Ann annuì cercando di mascherare uno sbadiglio con un sorriso.

“Sarà una bella giornata!”

Susan sorrise e i suoi occhi fissarono il mare. Sperava di riuscire durante il giorno a fare maggior chiarezza in quello che era successo, così da poter raccontare tutto a Peter. E chissà magari sarebbe arrivata anche la risposta di Lucy: ormai erano quasi due settimane che la lettera era stata spedita. Sempre se la nave non era stata affondata… Susan scosse la testa e i capelli ondeggiarono: non doveva perdere la speranza. Sorridendo tornò a voltarsi verso Ann. Ormai il sole era sorto e presto anche il resto della casa si sarebbe svegliato.

“Dai, andiamo a prepararci così non potranno dirci che siamo delle pigrone.”

Ann sorrise divertita. “William non lo può dire sicuro… quando è a casa, sembra voler recuperare tutto le levatacce dell’accademia!”

Susan non riuscì a trattenere una risata e Ann sembrò soddisfatta. Solo in quel momento Susan si accorse che Ann doveva aver percepito il suo turbamento e aveva fatto di tutto per tirarla su di morale. Sorrise.

A quel punto le due ragazze rientrarono dopo essersi scambiate la promessa che la prima che si finiva di preparare doveva aspettare l’altra.

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Caspian uscì sul balcone finendo di abbottonarsi la camicia. I suoi occhi scuri guardavano distrattamente la superficie delle onde e la scia che il Veliero dell’Alba si lasciava dietro. Continuava a pensare a quello che era successo quella notte. Non riusciva a spiegarsi neppure il motivo… eppure… qualcosa dentro di lui, per un attimo, aveva sentito che Susan era in pericolo. Si era svegliato di soprassalto, madido di sudore, oppresso da quel terribile presentimento. Era assurdo. Susan era nel suo mondo… ma lui era stato sicuro di quella sensazione. Da quel momento non era più riuscito a dormire. E dopo alcuni minuti passati a rigirarsi nel letto, era uscito a respirare l’aria della notte. Osservare le stelle lo aveva sempre rilassato: ed era stato così anche quella volta. Pian piano quella sgradevole sensazione era passata, quasi sostituita dalla certezza che Susan stesse bene. Solo a quel punto era riuscito a tornare a dormire. Ma da quando si era svegliato, aveva ripreso a pensarci cercando di analizzarlo con mente lucida.

Probabilmente era stato solo un incubo che, nonostante non ricordasse, doveva avergli lasciato quella sensazione. Anche se era la prima volta che gli succedeva. Forse era l’ansia… dopotutto uno degli obbiettivi del suo viaggio era proprio riavere Susan accanto a sé. Un po’ di tensione era normale, no? Caspian decise che quella era la risposta più plausibile. Eppure, dentro di lui sentiva che c’era qualcosa che non tornava, qualcosa che gli sfuggiva…

Il giovane Re non ebbe però tempo per proseguire quei ragionamenti. In quel momento qualcuno bussò alla porta della sua cabina. Caspian rientrò e chiuse le porte a vetri indossando sopra alla camicia una giacca. A quel punto aprì la porta e davanti a lui vide Drinian che s’inchinò rispettosamente.

“Buongiorno, Vostra Maestà.”

Caspian sorrise. “Buongiorno, Lord Drinian. Siete venuto per dirmi che sono in ritardo, vero?”

Drinian si rialzò guardando il suo Sovrano.

“Ero solo venuto a chiederle tra quanto desiderasse presidiare alla riunione degli ufficiali, Vostra Maestà.”

Caspian chiuse la porta della sua cabina voltandosi poi di nuovo sorridente verso il capitano del Veliero dell’Alba.

“È un modo per non sottolineare che sarei dovuto essere lì già da un pezzo?”

Lord Drinian rimase impassibile. “Tutto l’equipaggio è ai suoi ordini, Vostra Maestà.”

Caspian sorrise e si avviò verso la cabina di comando seguito da Lord Drinian. Durante la riunione non emersero particolari problemi relativi alla rotta. Da quando avevano lasciato Narnia, i giorni di navigazione erano stati caratterizzati da un tempo quasi sempre bello e da vento favorevole. E tutto lasciava immaginare che anche i giorni che li dividevano dall’attracco alle Isole Solitarie sarebbero stati uguali. La rotta prevista non avrebbe probabilmente subito molte variazioni.

Caspian era posato al tavolo su cui era sempre stesa la carta nautica. I suoi occhi fissavano su di essa le Isole Solitarie. Non ne sapeva molto. Quello che aveva scoperto era che esse appartenevano teoricamente ancora alla corona di Narnia. Ma sapeva anche per certo che, a memoria, nessuno dei suoi avi, sovrani di Telmar, se non forse i primi, si fosse mai interessato a quelle isole. Improvvisamente alzò lo sguardo e si voltò verso Drinian.

“Lord Drinian… avete mai navigato fino alle Isole Solitarie?”

Lord Drinian distolse lo sguardo dalla mappa che stava osservando insieme agli altri ufficiali, scambiando con loro pareri sulla rotta da seguire, e lo rivolse verso Caspian.

“Un’unica volta, Vostra Maestà, all’epoca degli ultimi anni di regno di vostro nonno, Caspian VIII. La nostra nave venne spinta lì da una tempesta. Rimanemmo solo il tempo necessario per rifornirci e sistemare i danni. La popolazione ci evitava, guardandoci con un misto di paura e curiosità. Quando tornammo a Narnia informammo di tutto il Re. Vostro nonno però non ne fu interessato e neppure il Consiglio considerò importante il ristabilimento di un’autorità in poche isole sperdute e prive di importanza strategica. Dall’Epoca d’Oro siete il primo Re di Narnia a rimettere piede su quelle isole che fanno ancora parte teoricamente dei possedimenti della Corona.”

Caspian annuì sovrappensiero. Si rese conto che arrivato lì avrebbe dovuto prima riconquistare la fiducia degli abitanti. Non doveva imporsi o, dopo milletrecento anni di abbandono, si sarebbero sentiti invasi. In un modo o nell’altro doveva farli sentire di nuovo Narniani, far vedere che lui li considerava come tali. Doveva riallacciare legami spezzati da secoli. Impresa per niente facile. Ma non poteva arrendersi. Chissà se avrebbe trovato lì i sette Lord… chissà se erano ancora vivi. Sarebbero stati giorni impegnativi: quanto avrebbe voluto non essere solo, quanto avrebbe voluto avere qualcuno accanto a lui pronto a sostenerlo in ogni momento. E quanto avrebbe voluto che fosse Susan quel qualcuno. Narnia non avrebbe potuto desiderare Regina migliore. E neppure lui... perché avrebbe avuto lei al suo fianco.

Il giovane Re si allontanò dal tavolo guardando gli altri ufficiali.

“Penso che non ci siano altre questioni. Continuiamo su questa rotta e, se Aslan vuole, arriveremo alle Isole Solitarie entro la settimana.”

Gli ufficiali annuirono e uscirono uno dopo l’altro. Solo Drinian rimase indietro. Quando tutti furono usciti, il capitano del Veliero chiuse la porta voltandosi verso Caspian.

“Vostra Maestà, posso farvi una domanda?”

Caspian annuì continuando a fissare la mappa, soprattutto quella parte bianca oltre le Isole Solitarie.

“Come capitano del Veliero dell’Alba, ho giurato di condurre voi e la vostra nave fino alle Isole Solitarie e di fare in modo che non vi succeda nulla. Però devo sapere una cosa: se non troveremo i sette Lord alle Isole Solitarie… cosa aveva intenzione di fare Vostra Maestà?”

Caspian alzò lo sguardo rimanendo muto per alcuni istanti. Poi lentamente si avvicinò alla parete a cui erano stati appesi i ritratti dei sette Lord. Solo a quel punto rispose a Drinian.

“Ho giurato sul mio onore che li avrei trovati o avrei scoperto che cosa è successo a quegli uomini che fedelmente servirono mio padre. Solo a quel punto potrò tornare a Narnia.”

Caspian si voltò a guardare Drinian sperando che il capitano non criticasse la sua decisione.

“Il nostro viaggio proseguirà fino ad allora. Spero continuerete a seguirmi, capitano.”

Drinian abbassò il capo in segno di rispettoso assenso. “Sono pronto a seguirvi, Vostra Maestà.”

A quel punto l’uomo si inchinò ancora una volta e si avviò verso la porta. Quando posò la mano sulla maniglia, però, Lord Drinian tornò a voltarsi verso Caspian. Il giovane Re sapeva di non essere stato del tutto sincero. Dubitava che, se anche avesse trovato le risposte che cercava sulle Isole Solitarie, avrebbe deciso di tornare a Narnia. Prima doveva incontrare Aslan: non avrebbe avuto altre possibilità. Tornare avrebbe significato piegarsi alle richieste sempre più pressanti e sposarsi. Ma lui non poteva: non poteva amare e sposare nessuna altra che non fosse Susan. La voce di Drinian distolse Caspian dai suoi pensieri.

“Vostra Maestà… le parole che mi avete rivolto pochi giorni fa… che cosa significavano, se posso chiedere?”

Caspian rimase muto. Ripensò a quelle parole che aveva detto a Drinian, subito dopo al magico, breve e inatteso incontro con Susan. Sentò che alla fine di questo viaggio, troverò la mia sposa. Glielo aveva detto perché dopo quello che era successo aveva sentito che Aslan lo avrebbe ascoltato. Era Susan la sposa che sperava di trovare in quel viaggio. Ma come poteva dirlo? Chiunque, anche Cornelius, gli avrebbe detto che un Sovrano non poteva correre dietro le chimere e che Narnia non poteva aspettare una Regina che probabilmente non sarebbe mai tornata o che, anche se fosse successo, sarebbe tornata magari migliaia di anni dopo. Gli occhi scuri di Caspian incontrarono quelli di Drinian. L’uomo intuì che cosa il suo Re non riusciva o non voleva dire. Tutti sapevano quello che era successo su quella piazza tre anni prima e molti dicevano che era proprio per quello che Caspian non aveva ancora trovato moglie. Drinian non seppe se chiamarla determinazione o capriccio. Ma quel qualcosa che brillava negli occhi scuri di Caspian non era certo la testardaggine di un ragazzo viziato. Per questo motivo non chiese altro: il tempo avrebbe dato tutte le risposte.

“Vostra Maestà, con il vostro permesso.”

Drinian uscì e Caspian tirò un sospiro di sollievo. Quello che lo preoccupava era la consapevolezza che non avrebbe potuto continuare per sempre a tacere la seconda ragione per cui aveva intrapreso quel viaggio. Doveva farlo sapere all’equipaggio prima che arrivasse il momento di tornare indietro. Ma come fare? Caspian si voltò verso l’intarsio dorato che raffigurava Aslan quasi sperasse che semplicemente guardandone il volto sarebbe riuscito a far chiarezza nei suoi dubbi. Alla fine, però, il giovane Re distolse lo sguardo voltandosi verso il mare che si vedeva oltre la finestra: sapeva che non poteva continuamente pretendere che Aslan lo aiutasse, doveva imparare a cavarsela da solo. Caspian non riuscì a trattenere un sospiro: ma se solo Aslan gli avesse dato un piccolo aiuto…

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Gli occhi azzurri di Susan fissavano le onde blu che si infrangevano tranquille sulla sabbia. Una leggera brezza spirava dal mare scompigliandole i capelli che aveva lasciato sciolti. Il calore del sole era in parte schermato dai rami dell’albero vicino al quale si erano sistemati. Avevano scelto una piccola spiaggetta a lato della foce del fiume. Seduta accanto a lei, sulla coperta che avevano steso per terra, c’era Ann che in quel momento era completamente assorta nel libro che si era portata. Anche Susan avrebbe potuto leggere, ma l’unica cosa a cui riusciva a pensare era il sogno di quella notte. Quella che cercava di capire era perché tutto era successo sulla spiaggia e poi in mare. Se le sue erano solo paranoie, la risposta più plausibile era che nel sogno aveva rimescolato dubbi, paure, pensieri ed emozioni. Non aveva forse rivisto Caspian  proprio mentre si trovava sul transatlantico? E non lo aveva visto mentre navigava verso una meta a lei sconosciuta? Senza contare che c’era una piccola parte di lei che continuava a ripeterle che lei non sarebbe tornata a Narnia, la sua più grande paura. Vocina che di giorno riusciva a tenere perfettamente a bada, zittita in un angolo della mente, ma che invece durante la notte poteva aver avuto il sopravvento. Forse era quella la realtà… magari esagerava a credere Narnia in pericolo. Eppure…

Ann alzò la testa posando il libro accanto a sé. Susan si voltò verso di lei e la vide sorridente.

“Adoro questi libri… quanto mi piacerebbe vivere una delle avventure di cui sono protagoniste le eroine dei romanzi.”

Susan non poté non sorridere ripensando a Narnia: lei le avventure da romanzo le aveva vissuto. Ann si voltò verso di lei.

“È lo stesso anche per te?”

Susan si sistemò una ciocca di capelli dietro un’orecchia. “Vivere straordinarie avventure?”

Ann annuì. Gli occhi le brillavano. “Sì. Affrontare pericoli, grandi avventure… magari esplorare terre sconosciuto. Non sarebbe bellissimo?”

Susan trattenne un sorrisetto divertito e annuì. “Direi di sì. Però la realtà sarebbe sicuramente molto diversa dai libri… dopotutto rischieresti davvero la vita e non avresti la certezza che l’epilogo della tua avventura finisca con vissero tutti felici e contenti.”

Susan parlava per esperienza. Aveva vissuto insieme ai fratelli incredibili avventure, ma in nessun momento qualcuno gli aveva rassicurati che avrebbero vinto, che non sarebbe successo niente… o che avresti visto i tuoi sogni realizzati. Ann sospirò posandosi sulle mani e alzando lo sguardo che si perdette nel cielo azzurro.

“Lo so, hai ragione… me lo dimentico. La vita non è un libro già scritto…”

Susan trasalì sentendo quelle parole. In mente le tornarono le frasi che in quell’incubo la misteriosa persona aveva pronunciato. Aveva parlato di destino, di un destino già scritto che né lei né Caspian avrebbero potuto cambiare. Quale era la verità? C’era un fato o ciascuno era padrone della propria vita e ne avrebbe cambiato il destino con le proprie scelte? La voce di Ann la riportò alla realtà e Susan tornò a prestare attenzione alla ragazza.

“Susan… se ti dico una cosa, prometti di tenerla per te?”

Susan si sedette più comodamente e annuì seria. Aveva capito che quello che voleva dirle Ann era qualcosa di importante. Dal canto suo, Ann ci aveva ripensato più volte prima di decidere di parlarne con Susan. Era una cosa che non aveva mai detto a nessuno, né alle amiche a scuola né ai genitori. Aveva sempre pensato che quello sarebbe stato il segreto che non avrebbe condiviso con nessuno. Ma con Susan sentiva di poterlo fare. Non sapeva neppure lei il perché, forse perché vedeva qualcosa che non aveva mai visto nei suoi occhi azzurri. Non lo sapeva cos’era: determinazione, fierezza, coraggio, dolcezza… ma sapeva una cosa: Susan e Peter avevano qualcosa che nessuno che lei conosceva aveva. Ed era un qualcosa che emanavano.

“È una cosa che non ho mai detto a nessuno…”

Ann abbassò lo sguardo imbarazzato sulle mani. Susan sorrise dolcemente e le strinse una mano. Ann alzò lo sguardo incontrando gli occhi di Susan e improvvisamente si sentì più leggera.

“Un giorno mi piacerebbe fare un lavoro con cui essere utile agli altri…”

Susan sorrise per farle capire di proseguire. Ann prese un profondo respiro prima di riprendere a parlare.

“Vorrei diventare una diplomatica, un’ambasciatrice. Pensi che sia assurdo?”

Susan non rispose subito: certo, donne in quei campi non ce ne erano molte. Ma con quale diritto poteva tarpare le ali ad Ann? Proprio lei che sperava di tornare a Narnia… Sorrise.

“Se è il tuo sogno non vedo perché non potresti provarci.”

Il viso di Ann venne illuminato da un sorriso a trentadue denti. “Grazie, sono contenta di aver parlato con te.”

Susan scosse la testa. “Di nulla.”

I discorsi delle due ragazze vennero interrotti dall’arrivo brusco di Peter e William. I due ragazzi avevano il fiatone e si guardavano con sfida. Susan sospirò. Nel frattempo i due si sedettero accanto a loro e Peter fece attenzione che William non si sedesse accanto a Susan. Non appena seduto, il biondo Pevensie si vide puntati addosso gli occhi di Susan che lo stavano rimproverando in silenzio.

“Cosa avete fatto?”

Peter sorrise soddisfatto guardando si sottecchi William.

“Niente di particolare. Qualche piccola gara…”

Susan scosse al testa sorridendo divertita sentendo il fratello calcare le ultime parole. A quanto pare l’istinto competitivo di Peter aveva trovato qualcuno che lo alimentasse. E se ci aggiungiamo che quel qualcuno anche essere interessato a lei…

Peter la guardò sorridendo. “Mangiamo qualcosa?”

Ann a quelle parole si voltò verso il cestino che aveva alle spalle, iniziando ad armeggiare per tirare fuori i panini e quant’altro la governante vi avesse messo dentro. William seguì con interesse la fuoriuscita del cibo e, ad un certo punto, inizio ad aiutare la sorella. Approfittando del momento, Peter si accostò a Susan guardandola fisso negli occhi.

“C’è qualcosa che non va?”

Quella domanda spiazzò Susan che sgranò gli occhi dalla sorpresa. Peter se ne accorse e sorrise: possibile che Susan ancora non avesse capito che, anche quando non diceva niente, si accorgeva se aveva qualcosa che non andava? Era da colazione che Susan sembrava distratta, assorta in qualcosa che la preoccupava. Per un po’ aveva fatto finta di niente, anche per evitare di scoprire che la causa magari era Caspian: cosa che lo avrebbe fatto infuriare, perché non sopportava proprio che Susan soffrisse per lui. Con il passare delle ore, però, si era reso conto che quel qualcosa continuava a tormentarla e perciò, messo da parte l’orgoglio, aveva deciso che, al momento giusto, avrebbe indagato. Anche a costo di sentirsi dire che pensava a Caspian…

“Allora?”

Susan sospirò e strinse le braccia attorno alle ginocchia. Poi alzò lo sguardo verso il mare fissando quasi ipnotizzata le onde. Dopo un attimo tornò a voltarsi verso Peter.

“Sto bene, non ti preoccupare. Riguarda un sogno di stanotte…”

Peter alzò le sopracciglia, non capendo a che cosa si stesse riferendo. Susan sorrise.

“Meglio che ne parliamo dopo, quando saremo soli.”

Peter capì. Riguardava Narnia. Anche se, quello che non si spiegava, era che legame ci fosse con il sogno di Susan. In quel momento la loro attenzione venne attratta da Ann e William che avevano finito di svuotare il contenuto del cestino. Ann sorrideva.

“Ci sono così tante cose che non riusciremo a finirle.”

William sorrise divertito e prese un panino. “Allora sarà meglio che iniziamo.”

Subito dopo anche gli altri tre lo imitarono, iniziando a mangiare in silenzio e rilassandosi al rumore della brezza tra le foglie e al suono delle onde del mare. Passarono un paio di minuti prima che William spezzasse il silenzio.

“Fra qualche settimana, il console britannico organizza un tè. Saranno invitati tutte le persone più importanti dei dintorni e molti ufficiali che si trovano in permesso.”

Peter sentì suonare nella testa un campanello d’allarme. Dove voleva arrivare? Perché lo aveva capito che il discorso di William non era fatto solo per fare due chiacchiere, soprattutto se nei dintorni c’era Susan.

“Anche nostro zio è invitato e lo siamo anche noi. Probabilmente verranno invitati anche i vostri genitori. Susan, ti piacerebbe venirci con me?”

Ecco, appunto. Peter strinse la mano attorno al panino facendo trasbordare il contenuto. Ma perché non erano rimasti a Cambridge anche loro? Eustace, anche se non fosse stato loro cugino, non avrebbe di sicuro fatto la corte a Susan. Non era che ce l’avesse proprio con William… ma possibile che tutti gli spasimanti di Susan non fossero inglesi? Perché a Londra non c’era un bravo ragazzo che si innamorasse di lei? No, doveva essere sempre qualcuno che l’avrebbe tenuta lontana da loro.

Nel frattempo, Susan, resasi conto dell’invito di William, non aveva la più pallida idea di cosa fare. Imbarazzata, si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchia. Sapeva benissimo che accettare, non voleva dire essere innamorata di lui. Dopotutto potevano andarci insieme anche come semplici amici. Ma era anche consapevole che per William non sarebbe stato così: avrebbe pensato di avere una speranza con lei. E per essere sinceri, pensò Susan, se lei fosse stata un’altra, se fosse stato un altro momento, gliela avrebbe data una possibilità: dopotutto era carino, gentile… ma lei era Susan Pevensie, lei era già stata a Narnia e William era arrivato troppo tardi: il suo cuore era già di Caspian. E poi c’era Peter, che di sicuro non l’avrebbe presa bene. Che cosa fare? Susan alzò gli occhi incrociando prima quelli speranzosi di William, poi quelli di Peter che sembravano voler fulminare William e infine quelli di Ann che capì il suo problema. E fece qualcosa che Susan non si sarebbe aspettata.

“Potremmo andarci tutti e quattro insieme…”

Anche Peter e William si voltarono verso di lei. Ann abbassò lo sguardo, in disagio e le guance si tinsero di un tenue rossore. Ma non poteva desistere, sapeva che William non si sarebbe arreso.

“Sì… pensavo che oggi ci siamo divertiti… potremmo passare un’altra bella giornata.”

William si illuminò e sorrise soddisfatto. “È una bellissima idea, Ann! Susan sarà la mia dama e Peter sarà il tuo accompagnatore!”

Peter si voltò verso William e Susan si sorprese di non vedere William incenerito. Ma era meglio evitare. Con una mano tocca leggermente il braccio del fratello. I loro occhi azzurri si incrociarono e Susan scosse la testa. Peter cercò di dire qualcosa, ma Susan gli fece capire che non serviva. Peter sbuffò: non gli andava bene che a prendere le decisioni fosse William, ma almeno così poteva tenerlo d’occhio. Incrociò le braccia e, quando parlò, si sentiva ancora un basso ringhio che per fortuna riuscì a mascherare.

“Va bene… se per Ann non è un problema…”

Ann sorrise e scosse la testa. Non le dispiaceva essere accompagnata da lui ed era stato carino a chiedere se lei era d’accordo. E poi non era per niente un brutto ragazzo, anzi… Ann distolse subito lo sguardo vergognandosi un po’ per quello che le era passato per la mente. Sarebbe stato un piacevole pomeriggio tra amici, tutto qui.

Nel frattempo Susan, dopo essersi assicurata che Peter non avrebbe cercato di far fuori in qualche modo William, tirò fuori il suo lato pratico.

“Però ci sarebbe un problema…”

Ann inclinò la testa perplessa. “Quale?”

Susan sorrise imbarazzata. “Ecco… in Inghilterra tra razionamento e buoni… non è che fosse così facile comprare vestiti nuovi ultimamente. Non penso che io e Peter abbiamo qualcosa di adatto…”

William sorrise alzando le spalle. “E dov’è il problema, Susan? Uno di questi giorni Ann vi può accompagnare a fare un giro. Ci sono un sacco di negozi a New York. Sono certo che troverete qualcosa di perfetto. Io non penso vi potrò accompagnare perché devo tornare in accademia. Altrimenti non riuscirò ad estorcere un nuovo permesso per il giorno del tè. E poi tu saresti bellissima con qualsiasi cosa addosso… farai invidia a tutte le altre!”

Susan arrossì per il complimento e sorrise per mostrarsi gentile. Peter, dal canto suo, chiuse gli occhi e contò fino a dieci per evitare di mollare un pugno sul naso a William. Avrebbe dovuto controllarlo, decisamente. E, nonostante sapesse benissimo che non avrebbe dovuto, sperò ardentemente che William quel permesso non lo avesse mai.

Ann batté le mani alla proposta del fratello sorridendo.

“È una splendida idea, così vi potrò anche mostrare un po’ la città! Ci potremo fare accompagnare da mamma. Anche vostra madre potrebbe venire. Ci divertiremo!”

Susan annuì sorridendo. “Beh… allora è tutto a posto.”

William annuì. “Esatto. Forza, finiamo di mangiare. O vogliamo poltrire qui tutto il giorno?”

Gli altri non se lo fecero ripetere due volte e, in quella piacevole atmosfera, anche Susan dimenticò per un po’ le preoccupazioni che le aveva provocato quel sogno.

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Caro diario, oggi è il giorno 23 da quando i miei sciagurati cugini Edmund e Lucy hanno invaso la nostra casa. Non so quanto ancora riuscirò a sopportarli visto che devo dividere le mie cose con loro… sembra quasi che i giorni passati con loro siano 200! Se almeno potessi andare a scuola, non sarei costretto a vederli per così tante ore: guarda a cosa mi sono ridotto. Temo che la mia sanità mentale sia gravemente a rischio: non ho mai desiderato andare a scuola quando non ero obbligato! Inoltre caro diario sono anche 23 giorni da quando sono venuti ad abitare accanto a noi i nostri vicini… e con loro la figlia, Jill Pole. Da quando l’ho vista, ho capito che sarebbe stato come avere tra i piedi una seconda Lucy, se non peggio: e lo sai, caro diario, che su queste cose io non mi sbaglio mai. E dico mai. Infatti, Pole è una specie di arpia, anzi una strega: gira sempre con un ratto che ha addestrato per attaccare i poveri innocenti come me (l’ultima volta ha cercato di saltarmi in faccia e graffiarmi… forse voleva strapparmi gli occhi! e poi lei ha detto che ero stato io a spaventarlo!) e non mi sorprenderei se nella sua cameretta trovassi anche rospi e pipistrelli! Purtroppo, mia madre non se ne è accorta e così ha deciso che ogni tanto lei venga a casa nostra, in modo da recuperare il programma dell’anno precedente ed essere pronta per il prossimo. Rischio di trovarmela in classe, capisci? Manca solo che Edmund venga bocciato, che Lucy venga mandata ad una classe superiore e che i loro genitori me li mandino qui a Cambridge! Sarebbe la mia fine. Ma corro il rischio di non superare neppure questa estate. Anche oggi Pole è venuta… per fortuna mia madre è andata via quasi subito, così io ho potuto smettere di aiutarla e mi sono venuto a rintanare qui. Tanto quel brocco di mio cugino non fa altro che andare a parlare con Lucy nella sua stanza, penso che anche Jill li abbia raggiunti… ogni tanto li sento ridere. Chissà quali orrende macchinazioni stanno complottando alle mie spalle. E il fatto che Pole stia facendo amicizia con loro non è di nessun auspicio… probabilmente Lucy e Edmund cominceranno a raccontare anche a lei le loro assurde e improponibili storie su Nernia, Nirnia o come cavolo si chiama quel reame di cui loro parlano sempre. Ogni tanto la sera, quando pensano che io sia in camera, vado a spiare dietro alla porta e li sento parlare: non fanno altro che chiacchierare di quella lagna! Che bello se fossimo là, che peccato che non ci chiamino più… ma nessuno ha detto loro che le favole sono invenzioni? Guarda te, se può esistere un mondo dove loro sono stati Sovrani… loro poi, immagina che meraviglia… benvenuti a Nornia (o forse era Narnia? Boh, fa lo stesso), l’incredibile regno guidato dai Pevensie! Si salvi chi può! E il bello è che hanno cominciato a parlarne ancora di più da quando è arrivata la lettera dall’America! Sembra che quella svampita di Susan abbia detto loro di continuare a pensarci! E mamma diceva che Susan e Peter erano quelli maturi… due che continuano a fare questi giochetti, non sono maturi, parola di Eustace Clarence Scrubb! Sono io quello che legge libri in cui si racconta veramente qualcosa di vero, della realtà. E mi tocca sorbirli… almeno quei due sono in America. Immagina se fossero stati anche loro qua… penso che mi sarei trasferito a casa Pevensie: tanto loro sarebbero stati a casa Scrubb, ovvero casa mia. Ora devo andare, mi sembra di sentire i passi di Edmund. Sono sempre tra i piedi, peggio delle mosche. Se almeno lo fossero… se solo uno potesse trattare i parenti come tratta gli insetti, tutti i miei problemi sarebbero risolti. Potrei chiuderli in un barattolo, attaccarli al muro con un spillo.

Di scatto Eustace sgusciò da sotto il letto lasciandovi sotto il diario. Un attimo prima che la porta si aprisse, Eustace si sedette sul letto iniziando a fischiettare. Edmund entrò e vedendolo in quella posizione, lo squadrò sospettoso.

“Cosa stai combinando?”

Eustace alzò le spalle e lo guardò storto. “E a te che importa? E voi che state facendo? Avete invitato anche Pole nel paese degli svitati? Com’è che si chiamava quel vostro mondo… sai non me lo ricordo mai. Nernia, Nirnia? O forse era Nornia?”

Ridacchiando, si sbattè una mano sulla fronte. “No, giusto! Narnia, Narnia... Vero, cugino? Chissà perché, ma me lo dimentico sempre!”

Edmund gli lanciò un’occhiata gelida senza degnarsi di rispondergli. Preso quello che li serviva, uscì dalla porta richiudendosela alle spalle. Eustace tese l’orecchio finché non sentì i passi di Edmund raggiungere la stanza di Lucy e la porta chiudersi. A quel punto, tornò per terra tirando fuori ancora una volta il diario.

Nota per me: indagare sulle conseguenze legali in caso di parente (o vicino) infilzato.

E anche il capitolo quattro è terminato. Chiedo immenso perdono per aver fatto passare così tanto tempo da quando ho messo il terzo! Perdono, perdono, perdono!!!! >.< Purtroppo ero sempre di qua e di là per questa benedetta università… ma non penso vi interessi. Comunque ora sono qui. ;) Come promesso ho dedicato quasi totalmente il capitolo a Susan e Peter: prima il sogno/incubo della nostra Sue, poi il pomeriggio in spiaggia. E inoltre, ho messo Caspian! ^-^ Contente? Ok, non è una parte lunghissima, ma purtroppo a Narnia tutto è ancora tranquillo… o quasi. Infatti Caspian comincia a sentire che c’è qualcosa che non va. Ma i suoi resteranno solo sospetti… per il momento. E dulcis in fundo, non ho resistito a non ritagliare un piccolo spazio per il nostro scorbutico Eustace… piccola scena che si rifà a quella del film in cui lui scrive sul diario… ma modificata per ragioni di copione. XD Nel complesso sono abbastanza soddisfatta, anche se qualche punto credevo mi sarebbe venuto meglio… vabbè. Ora però è arrivato il momento di annunciarvi che, se non cambio idea o altro (il che non si può mai dire XD), l’arrivo a Narnia per i nostri Lucy, Edmund, Jill e Eustace è previsto per il capitolo 6! Preparatevi! J Per Susan e Peter invece è ancora presto… ma chissà che non arrivino a Narnia prima di quando prevediate. Il loro destino è nelle mie mani… ma sarò buona, promesso. ^-^ Per quanto riguarda il prossimo capitolo, il nostro Edmund (come nel film, ma non sarà proprio identico… diciamo che mi ispiro a quella scena) cercherà di arruolarsi. In America, invece, Susan, Peter e Ann andranno a fare acquisti. Ok, penso di avervi detto fin troppo, perciò…

… i ringraziamenti:

·         Per le seguite: ChibiRoby, ElenaDamon18, Fly_My world, GossipGirl88, ImAdreamer99, mmackl, Serena VdW, Shadowfax e SusanTheGentle

·         Per le preferite: english_dancer

·         Per le recensioni del capitolo 3: Fly_My world, mmackl, Serena VdW, Shadowfax e SusanTheGentle

Ovviamente ringrazio anche chi solo legge. E voglio fare un ringraziamento speciale a chi a inserito “Tears of Memory” nelle seguite, nelle ricordate o nelle preferite dopo alla pubblicazione dell’ultimo capitolo e che dunque non avevo inserito già precedentemente nei ringraziamenti a fine dello stesso: Francy 98, _Sturdust, Crystal eye, ImAdreamer99 e nefrit93. Ah, ultimissima cosa: non sono riuscita a ricontrollare: se nel caso trovate qualche errore, ditemi ok? ^-^ Con questo penso di aver detto tutto e vi saluto, nella speranza, la prossima volta, di riuscire ad aggiornare un po’ prima. Ancora tante, tante grazie a tutti. A presto, Hikari

  
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