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Autore: andromedashepard    03/10/2013    3 recensioni
“Speravo dormissi, almeno tu”, disse Thane quando lei ebbe aperto il portellone. Le sembrò esausto. Coprì con due brevi falcate la distanza che li separava, uno sguardo che lei non seppe interpretare. “Dammi un buon motivo per andarmene”, aggiunse, appoggiando la fronte contro la sua. Lei trattenne il respiro, mentre le sue dita si intrecciavano ai suoi capelli. Se c’era davvero un buon motivo, lei non lo conosceva.
#Mass Effect 2 #Shrios
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Thane Krios
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Andromeda Shepard '
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"And when your fears subside and shadows still remain,
 
I know that you can love me when there's no one left to blame 
 
So never mind the darkness we still can find a way 
 
'Cause nothin' lasts forever even cold November rain"

 (November Rain – Guns’n’Roses)

[x]

 

 

 
“Comandante, trenta minuti all’ingresso nel sistema Thorne”, annunciò Joker, mentre Shepard era intenta a infilarsi la tuta protettiva, dopo aver constatato che la ferita sul fianco era ormai completamente rimarginata e solo un sottile filo rosato restava ormai come prova di quell’incidente.
“Bene. EDI, avvisa l’equipaggio… tra venti minuti li voglio tutti in sala briefing”, rispose lei, raccogliendo il pettorale della sua armatura. Se lo rigirò fra le mani, percorrendo con lo sguardo ogni singola incrinatura delle piastre in ceramica. Solo qualche mese prima, quella corazza era completamente intatta, così come il suo cuore… appena sfornato dalle sapienti mani di qualche scienziato di Cerberus. Se la infilò in un unico movimento, assicurando tutti gli agganci, e lo stesso fece con gli altri pezzi, riservandosi poi alla la fine di legare i capelli in una coda. L’ultima cosa che recuperò, oltre alle armi, fu il casco, felice che per quel giorno ci sarebbe stato lui a proteggerla, da qualunque cosa i suoi occhi avessero incrociato.
 
“Dunque, la situazione è la seguente”, iniziò a spiegare alcuni minuti dopo, passando in rassegna i volti di ogni componente dell’equipaggio, “tutto ciò che sappiamo è che questo Razziatore non è attivo, non completamente almeno. Presenta ingenti danni a livello dello scafo, danni che non sono mai stati riparati e che risalgono probabilmente a migliaia di anni fa. E’ plausibile credere che le squadre di Cerberus abbiano perso i contatti a causa dell’elevata presenza di interferenze dovute all’atmosfera, ma ciò non spiegherebbe perché sia successo all’improvviso. Dobbiamo essere pronti, qualunque cosa troveremo. Bisognerà fornire soccorso se necessario, supporto… e soprattutto, bisognerà cercare qualunque cosa sia utile ai fini della missione ultima. L’obiettivo è il modulo di riconoscimento del Razziatore… una volta integrato nei sistemi della Normandy dovremmo essere in grado di attraversare Omega 4”. Gli altri annuirono, chi con un semplice gesto del capo, chi con un ossequioso “sissignora”.
“Tali, verrai con me. Ho bisogno delle tue capacità tecnologiche. Avrai il compito primario di cercare risorse utili”.
“Si, Comandante”, rispose la Quarian.
“Nel caso in cui le cose si mettessero male, avrò bisogno di supporto biotico. Jack, verrai tu. Miranda, tu sarai il tramite fra la mia squadra e Cerberus. Assicurati di non tralasciare nulla delle registrazioni”.
“Ricevuto”.
“In ultimo, un cecchino fa sempre comodo…”.
A Shepard sembrò per un attimo che gli occhi di Garrus si fossero illuminati. “Niente da fare, Vakarian. Il tuo compito oggi sarà il Thanix, dobbiamo essere pronti per un eventuale attacco e ho bisogno di qualcuno di cui potermi fidare al controllo del cannone primario”, asserì, mimando un’espressione vagamente dispiaciuta. “Krios, verrai tu”.
Thane diede un cenno d’assenso col capo, poi andò a recuperare maschera ed armi e in pochi minuti la squadra si trovò davanti al portellone, pronta a sbarcare.
 
L’affiancamento alla nave di Cerberus non fu semplice. L’atmosfera di Mnemosyne era attraversata da venti che soffiavano a 500 km/h e i campi di forza del Razziatore costituivano un ostacolo non da poco. Oltretutto, a complicare una situazione già di per sé preoccupante, una volta giunti in prossimità del Razziatore, si accorsero della presenza di un’altra nave… una nave Geth, apparentemente inattiva. Shepard decise di non perdere tempo in ulteriori speculazioni e penetrò con la squadra all’interno del relitto.
Cerberus si trovava lì da mesi e i segni della sua presenza erano evidenti. Gli scienziati e gli operai si erano dati un gran da fare costruendo passerelle, condotti e camere che andassero ad integrare la struttura ostile di quel mostro gigantesco, rendendola a prova d’uomo per quanto possibile. C’erano terminali ad ogni angolo, beni di prima necessità, kit di pronto soccorso, cisterne e… cadaveri. Uno schizzo rossastro su un muro, appena superato il primo corridoio, diede loro il benvenuto, insieme ad un corpo dalle sembianze vagamente umane, ormai decomposto.
“Tali, analizza quel terminale”, fece Shepard, avvicinandosi nel frattempo al cadavere, alla ricerca di un qualche indizio che avrebbe potuto spiegarle cosa fosse successo.
La Quarian lo mise in funzione e la voce di uno scienziato pervase l’intera area. Asseriva che secondo il suo superiore, il relitto fosse vecchio di almeno 37 milioni di anni, poi espresse le sue preoccupazioni a proposito dell’attitudine di quest’ultimo, perso sempre a catalogare i reperti, convinto di poterli “ascoltare”.
“Non so voi, ma io sento puzza d’Indottrinamento”, fece Jack, catturando l’attenzione di Shepard.
“E’ probabile, ma è meglio non fare ipotesi troppo affrettate”, rispose lei.
“Normandy a squadra d’esplorazione”. La voce di Joker li interruppe, poco prima che potessero superare un altro corridoio.
“Che succede, Joker?”
“Comandante, il Razziatore ha eretto delle barriere cinetiche. Non credo che riusciremo a passare da questo lato”, la informò il pilota.
“Per quanto io sia interessata ai Razziatori, Shepard, preferirei non restare intrappolata in uno di essi”, commentò Tali.
“EDI ha rilevato un picco di calore all’interno della struttura… è probabile che sia il nucleo. Bisognerà disattivarlo per abbatterli”.
“Attenzione, Shepard”, s’intromise l’IA. “Il nucleo funge anche da campo di forza. Una volta disattivato, la nave precipiterà verso la stella”.
“Restare stritolati nel cuore di una nana marrone non rientra nei miei progetti odierni”, rispose Shepard, con evidente disapprovazione. “Joker, se c’è qualcuno in grado di tirarci fuori da qui prima che la pressione diventi eccessiva, quello sei tu”.
“Agli ordini, Comandante. Invio delle coordinate in corso”.
“Faremo prima un giro per cercare sopravvissuti, tu resta in attesa”, concluse.
“Ricevuto. Buona fortuna, Shepard”.
 
Oltre il portellone, l’interno del Razziatore si dispiegò di fronte a loro. Immenso, spettrale. Quello scienziato aveva descritto perfettamente la sensazione che si provava a camminare dentro una macchina così antica… i muri sembravano crollarti addosso da un momento all’altro; era soffocante. Tali attivò un altro di quei terminali, ascoltando la conversazione fra due uomini, probabilmente due operai, intenti a chiacchierare fra di loro. Fu subito chiaro che doveva esserci qualcosa di sbagliato dal modo in cui parlavano: entrambi sembravano condividere gli stessi ricordi personali, erano turbati e visibilmente scossi.
“Pare che il Razziatore abbia influenzato le loro menti”, disse Thane, avvicinandosi.
“L’avevo detto io… Indottrinamento”, aggiunse Jack.
Shepard preferì non rispondere, consapevole sin da subito che in fondo tutto portasse a quella teoria. “Andiamo, non c’è tempo da perdere”, disse invece, seguendo la mappa fornita da EDI. Gli altri s’incamminarono subito dietro di lei, estraendo le armi per precauzione. Poi si verificò ciò che fin dall’inizio avevano temuto.
Una serie di rantoli, di gemiti soffocati e subito dopo piccole ondate di mutanti iniziarono ad arrampicarsi sulle passerelle, strisciando dai muri circostanti. Non era la prima volta che Shepard vedeva quegli esseri, ma lo sconcerto restava ogni volta immutato. Adesso non c’erano più dubbi che si trattasse effettivamente di uomini, uomini indottrinati e mutati. Alcuni di essi avevano ancora ciuffi di capelli sui loro crani, ad indicare che il processo non aveva ancora raggiunto il massimo stadio. Approfittarono delle cisterne ad alta pressione di fronte a loro per sbarazzarsene, provocando un esplosione dopo l’altra. Quei mostri non seguivano una linea precisa, nessuna tattica… avanzavano in modo scomposto, incuranti delle armi, delle barriere cinetiche dei loro avversari. Sembravano zombie in tutto e per tutto.
Dopo la prima ondata, i tre si scambiarono un paio di sguardi preoccupati, sotto le loro maschere.
“Non dobbiamo abbassare la guardia. In tutta la nave ce ne saranno almeno un centinaio…”, disse Shepard.
“…il numero degli scienziati di Cerberus”, mormorò Tali.
“Esattamente”.
“Dio, che schifo…”, imprecò Jack, sfregando le mani fra di loro quasi a voler cancellare il sudiciume.
S’incamminarono nuovamente, giungendo ad uno spiazzo di modeste dimensioni. Dopo aver eliminato l’ennesima ondata di mutanti, si avvicinarono all’inferriata di fronte per osservare il macabro spettacolo di fronte a loro. A Shepard sembrò di rivivere nuovamente l’orrore provato su Eden Prime, alla vista di quei mostri, una volta umani, infilzati da lunghi aculei d’acciaio.
“Circolano molte storie a riguardo fra la mia gente”, commentò Thane, “…misteriosi congegni situati su mondi remoti, in grado di trasformare in abomini chiunque li trovi”.
“Sembra quasi… un altare”, disse Tali, annuendo.
“Non mi meraviglia. Le menti di questi scienziati sono state deviate per credere che i Razziatori siano divinità”, rispose Shepard, con l’aria di chi aveva già visto tutto.
Jack le lanciò uno sguardo sconcertato.
“Questo posto mi dava ai brividi anche prima di pensare di potermi trasformare in una sacerdotessa mutante”.
“Il tempo d’esposizione dev’essere molto più lungo di così, Jack… non corriamo rischi”.
“Se lo dici tu…”
“Mi ero sempre chiesto se la tecnologia in grado di creare questi abomini fosse di derivazione Geth o provenisse dalla Sovereign”, osservò Thane, attirandosi lo sguardo perplesso di Tali.
“Per come la vedo io, i Geth sono solo macchine al loro servizio… è dei Razziatori che bisogna preoccuparsi”, rispose Shepard.
“E cosa ci fa allora una nave Geth attaccata al culo di uno di questi cosi?”, fece Jack.
“Non lo so. Vediamo di scoprirlo…”
 
 
Avevano appena superato l’ennesimo portellone, quando uno, poi due, poi tre spari li avevano raggiunti, cogliendoli di sorpresa. Si voltarono, notando che i colpi erano stati messi a segno, con estrema precisione, a danno di un gruppo di mutanti appena giunti alle loro spalle, col risultato di averli salvati da un abbraccio fatale. Si scambiarono uno sguardo perplesso, poi Thane indicò una passerella sopraelevata di fronte a loro. Shepard puntò automaticamente la Phalanx contro il cecchino, i nervi tesi alla vista di quel Geth così simile eppure così diverso dalle migliaia di quelli che aveva sterminato in passato. Un foro si apriva come uno squarcio sul torace… sulla sinistra, un pezzo di corazza N7, a voler rattoppare il danno.
“Comandante Shepard”, pronunciò, con la classica impronta sintetica di un IA. Qualcuno avrebbe addirittura detto che c’era stupore nella sua voce artificiale.
“Non sapevo che i Geth potessero parlare”, commentò Jack, proprio mentre il sintetico spariva dalla loro vista, tornandosene da dov’era venuto come se niente fosse.
“E’ così infatti. Un singolo Geth possiede l’intelligenza di un Varren, al massimo…”, rispose Tali.
“Ehi, vacci piano… i Varren sono animali rispettabili”.
“Beh, non intendevo questo…”
“Piantatela voi due. Piuttosto… come fa a conoscere il mio nome?”, chiese Shepard, senza scollare gli occhi da quella passerella, tentando di dare una spiegazione a quell’atteggiamento incomprensibile.
“Dev’essere una piattaforma, Shepard”.
“Spiegati meglio”.
“Un Geth che possiede la coscienza di altri Geth, una piattaforma fisica che dà voce a centinaia o migliaia di altre piattaforme. Solo in questo caso potrebbe spiegarsi il suo atteggiamento inusuale”.
“Non ci ha attaccati. Perché?”, domandò poi Thane.
“E’ quello che voglio sapere”, rispose Shepard con decisione, indicando al gruppo di continuare l’avanzata.
 
 
Di sopravvissuti non c’era stata alcuna traccia fin ora, quindi decisero di dare la priorità ai dati e al nucleo di forza, facendosi avanti lungo le passerelle con l’unico obiettivo di non farsi travolgere da quegli abomini. Man mano che si avvicinavano alla zona centrale, ne sbucavano fuori sempre di più, quasi volessero distoglierli dall’obiettivo di distruggere definitivamente la nave. Era come se l’Indottrinamento, in questo caso, fosse servito solo come mezzo di difesa e non di attacco. Almeno finchè i mutanti non furono affiancati da nuovi mostri, qualcosa di mai visto prima di allora. Ad una prima occhiata, sembravano l’esito di un esperimento mal riuscito. L’unione di più cadaveri, unita a una serie di componenti sintetiche. Utilizzavano dei cannoni biotici ed erano spaventosamente alti e imponenti. Solo più tardi avrebbero scoperto che si trattava di abomini creati dall’utilizzo di un singolo cadavere, unito alla materia cerebrale di molti altri e potenziato con noduli di eezo, motivo per cui erano in grado di lanciare potenti onde d’urto.
“Dannazione”, imprecò Shepard in risposta al primo attacco, trovando copertura. Lo spiazzo in cui si trovavano pullulava di mutanti.
“Krios, Tali, occupatevi di quei dannati mostri a distanza… io e Jack ci concentriamo sui più piccoli”.
“Ricevuto”, risposero loro, prima di iniziare a far fuoco. In breve tempo il rumore dei proiettili e delle esplosioni biotiche sovrastò quello delle urla stridule dei nemici, tingendo l’aria di rosso e di blu. La combinazione delle onde d’urto di Shepard e Jack risultò letale, mentre gli altri due miravano ai Progenie, assicurandosi che non si avvicinassero troppo al resto del gruppo. Si resero conto di non aver affrontato mai un nemico simile, che agiva senza l’utilizzo di tattiche ed era perciò imprevedibile. Bastava solo una piccola svista per ritrovarsi improvvisamente accerchiati e con gli scudi a terra, bastava una piccola distrazione per restare coinvolti nell’esplosione di uno di quei mostri potenziati in modo da risultare vere e proprie bombe ad orologeria. Una volta sbarazzatesi dei mutanti, Shepard e Jack poterono fornire supporto agli altri due per togliere di mezzo i Progenie rimasti. L’aria vibrava, scossa dai venti che infuriavano da est e che penetravano nello scafo con violenza inaudita, alterata dalle continue onde d’urto che minacciavano di sbalzarli in aria da un momento all’altro. Una combinazione letale di deformazioni e colpi di fucile riuscì a metterli KO giusto prima che l’ultima scarica biotica raggiungesse Tali, scaraventandola sulla ringhiera di una passerella. Shepard fece uno scatto verso di lei, preoccupata.
“Stai bene?”, domandò, porgendole una mano.
“Si… ahi…”, rispose lei, massaggiandosi un fianco. “Nessun danno alla tuta, per fortuna”.
“Bene. Voi due… tutto ok?”, chiese poi, rivolgendosi a Thane e Jack.
“Mai stata meglio”, sorrise la biotica.
Thane si limitò ad annuire e così ripresero la marcia.
 
 “Ci siamo Shepard. Il modulo di riconoscimento dev’essere questo”, annunciò Tali qualche minuto dopo, avvicinandosi ad un terminale posto nel corridoio successivo, appena prima la sala centrale. Aprì velocemente una connessione in sincrono tra il suo factotum e il terminale e fece partire un malware per concentrare le risorse di sistema del teminale su quell'attacco. Poi attuò una piccola manovra d'aggiramento tramite la backdoor secondaria del sistema informatico e puntò direttamente al firewall. Il muro di fuoco contava di una difesa primaria per i dati protetti e una secondaria per l'accesso al modulo di riconoscimento. Tali non si diede per vinta dinanzi alla cifratura quantica d'alto livello che il terminale possedeva, benchè sorpresa che un Razziatore "morto" potesse possedere ancora difese così forti, e sconfisse il suo avversario fatto di bit in una decina di minuti.
“Fatto”, concluse, senza nascondere una punta d’entusiasmo nella sua voce.
Shepard la gratificò con una leggera pacca sulla spalla, poi si mise in comunicazione con la Normandy. “Joker… ci siamo”, disse, “Pronti per il recupero?”
“Farò il possibile, Comandante”, rispose il pilota, “e anche l’impossibile, se necessario”.
 
 
Il Geth che aveva dato loro il benvenuto parecchi minuti prima, era ora  intento a trafficare ad uno dei terminali posti immediatamente sotto a quello che doveva essere il nucleo. Shepard osservò brevemente la sala… una passerella centrale conduceva al nucleo, dividendo in due il resto della struttura a cui era collegata tramite due rampe di scale. Mentre due gruppi di mutanti sbucavano dai lati della sala, mirando al Geth, lei impostò brevemente la strategia da attuare.
“Jack, Tali… presidiate la zona destra. Thane, tu coprimi le spalle”, disse con un cenno del capo, ripiegando sulla sinistra mentre l’IA si sbarazzava dei nemici alle sue spalle con precisi colpi di fucile, prima di stramazzare improvvisamente al suolo, come un qualunque organico privo di vita. Quello era però l’ultimo dei loro problemi, dal momento che in una manciata di secondi la sala si era riempita di mutanti, ostacolando l’obiettivo primario di distruggere il nucleo.
“Tali”, fece Shepard, mentre lanciava una potente deformazione ai danni di un mutante, “tieni d’occhio il nucleo, quando torna visibile massima potenza di fuoco”.
“Ricevuto, Comandante”, rispose la Quarian, lanciando nel frattempo il suo drone di combattimento.
“Thane, lo stesso vale per te”, disse, lanciandosi subito dopo in una carica biotica.
I mutanti la accerchiarono, costringendola a spingere i suo poteri al massimo, mentre lui eliminava con precisi colpi cadenzati quelli che si trovavano nella sua linea di tiro.
“Nucleo!”, esclamò poi lei, togliendosi di dosso un mutante prima di scagliarlo addosso ad un altro gruppo di nemici. Ma erano troppi… troppo numerosi e troppo imprevedibili. In breve tempo quattro di essi le furono addosso, riuscendo in qualche modo ad azzerare i suoi scudi, rendendola vulnerabile a qualunque tipo di attacco. E proprio in quell’istante fecero il loro ingresso due Progenie ad armi spianate. Riuscì a calciare via due dei suoi assalitori, concentrando le sue forze sul terzo che minacciava di strapparle l’arma di mano. Per un attimo incrociò i suoi occhi… gli occhi che un tempo erano appartenuti ad un fratello e che ora sapevano di morte. Provò una rabbia inaudita alla vista di quel mostro e si rese conto che neppure il casco le poteva bastare per proteggerla dal provare odio e ribrezzo verso tutto ciò che rappresentavano i Razziatori. Strinse le mani intorno al suo cranio, trattenendo un urlo di disgusto, e lo scagliò verso un Progenie. Poi si concentrò sull’ultimo rimasto che aveva appena afferrato le sue caviglie. Sollevò uno stivale, premendolo a fondo sulla sua gola, dopo si voltò a controllare perché i colpi del Viper fossero cessati all’improvviso.
“Dannazione!”, esclamò, lanciandosi nell’ennesima carica biotica verso uno dei mutanti che aveva accerchiato Thane. Li stava combattendo a mani nude, eliminandone uno dopo l’altro, in fila, concentrato e preciso nel distribuire destri e calci a mezz’aria… ma non era sufficiente, non quando si era nella linea di tiro di un Progenie, pronto a lanciare un onda d’urto. La carica biotica di Shepard e l’onda d’urto nemica si scontrarono, provocando una terribile esplosione biotica che travolse i mutanti. Neppure Thane e Shepard furono risparmiati dall’impatto, che li scagliò violentemente sul muro dietro, uno sull’altro. Ebbero giusto una manciata di secondi per riprendersi, e quei pochi istanti di smarrimento le bastarono per farle temere il peggio.
“Stai bene?”, gli domandò lei preoccupata, tendendogli una mano mentre Jack distraeva il Progenie.
“Si”, rispose lui, rialzandosi. Il suo sguardo aveva tutta l’aria del rimprovero, ma non aggiunse altro. Gettò via il Viper, ormai totalmente inutile, e impugnò la Predator, preparandosi ad uno scontro ravvicinato.
Shepard diede ordine a Tali e Jack di concentrarsi unicamente sul nucleo, lei avrebbe attirato i mutanti… Non c’era modo di sapere per quanto tempo il nucleo sarebbe rimasto visibile e quindi ogni istante era prezioso.
“Sei pronto?”, domandò a Thane, estraendo il Crusader mentre l’energia oscura danzava ondeggiando sulle sue dita.
“Quando vuoi”, rispose lui, richiamando un globo d’energia biotica sul palmo della mano destra.
Fecero detonare i loro poteri combinati ai danni del Progenie che li aveva in tiro e lo videro disgregarsi in mille pezzi, prima di trovarsi letteralmente assaliti dai mutanti. Jack e Tali continuavano a fare fuoco, ormai al sicuro, e chiedevano di continuo se avessero bisogno di supporto, ma non c’era tempo di discutere… tutto ciò che restava da fare era difendersi da quegli abomini nel minor tempo possibile. Riuscirono a coordinarsi alla perfezione, dosando l’uso dei poteri con l’uso delle armi, bilanciando il contraccolpo delle loro armi schiena a schiena, finchè anche l’ultimo mutante non stramazzò al suolo, colpito contemporaneamente da due globi d’energia biotica. Si osservarono per un solo istante, senz’aver coraggio di dire una parola, poi entrambi puntarono le loro armi verso il nucleo, ormai quasi totalmente distrutto.
 
 
Lo scorrere incessante dei secondi dopo la distruzione del cuore di quel relitto faceva da sfondo ad un’altra questione che premeva per essere risolta. Per quanto l’idea di precipitare su una stella fosse preoccupante, restava di decidere cosa farne del Geth prima di fare ritorno sulla Normandy. I quattro si scambiarono un breve sguardo, da sotto le loro maschere, poi si concentrarono sul sintetico che giaceva immobile ai loro piedi. Thane fu il primo a parlare, suscitando in Shepard un certo stupore.
“Cosa ne facciamo? Potrebbe rivelarsi utile”.
“Shepard, no… lasciamolo qua”, disse Tali in fretta, quasi a voler scongiurare ogni ripensamento. “Ne abbiamo combattuti a centinaia, chi ci dice che questo sia diverso?”
Shepard non aveva dubbi che Tali si sarebbe dimostrata restia, e d’altronde non poteva fargliene una colpa, visti i trascorsi con la sua gente… ma neppure avrebbe potuto decidere in base alle sue supposizioni. “Beh…”, rispose, “non dobbiamo per forza decidere subito cosa farne. Lo prenderemo, per il momento. Poi valuteremo le opzioni, una volta a bordo”.
Si avvicinò all’IA e lo issò per un braccio, facendo per caricarselo sulle spalle. Thane fece lo stesso con l’altro braccio e a quel punto iniziarono a correre verso la Normandy, dove Joker e il resto dell’equipaggio li stavano aspettando, pronti a lasciare quel luogo infernale.
 
 
 
Tali non riuscì a mascherare il suo disappunto, quella sera. Il Geth era stato sistemato nello stanzino che conteneva il nucleo di EDI, e lei sorpassò in fretta l’infermeria, disgustata al solo pensiero che a pochi metri da lei giacesse uno dei Servitori. Si diresse verso la Batteria Primaria a passo spedito, con l’estremo bisogno di sfogare la propria frustrazione con qualcuno. Non riuscì a pensare a nessun altro che non fosse Garrus… l’unico che insieme a lei aveva combattuto quei dannati sintetici, prima che Shepard morisse e si affacciasse all’orizzonte l’ipotesi dei Razziatori come la vera minaccia da neutralizzare.
“Tali… che succede?”, esclamò il Turian, nel vederla arrivare. Ogni muscolo del suo corpo era teso e vibrante per la rabbia, leggere l’espressione sul suo volto sarebbe stato superficiale.
“Shepard ha recuperato un Geth”.
Garrus si sollevò, dimenticando per un attimo le sue calibrazioni. “Un… Geth?”, domandò, “Intatto?”
“Un Geth che fino a qualche ora fa era perfettamente capace di comunicare e di sparare”.
“L’avete… uhm… disattivato voi?”
“No, ma non è questo il punto…”
Garrus si mise a sedere su uno degli scalini, sapendo che la discussione non sarebbe stata breve.
“Qualche settimana fa”, continuò la Quarian, “mi hai detto di esserti sentito tradito da Shepard…”
“Tali, non è la stessa cosa”.
“Lasciami parlare...”, lo zittì lei con un gesto del braccio, “lo so che non è la stessa cosa. Quel Geth non ha neppure cercato di ucciderci… al contrario, sembra quasi che ci abbia difeso”.
“E allora qual è il problema?”
“Resta comunque un Geth. Non capisco perché Shepard non abbia ascoltato il mio consiglio. Lasciarlo lì era la cosa più sensata da fare… non posso credere che l’abbia fatto per soldi, non ne abbiamo bisogno. E neppure che l’abbia fatto per dare a Cerberus qualcosa da studiare, so come la pensa a proposito… lei l’ha fatto per curiosità”.
Garrus si prese un paio di secondi per riflettere, passandosi una mano sulla fronte.
“Non lo so, Tali… Shepard non mi sembra il tipo da fare scelte avventate solo per semplice curiosità”.
“Aveva un pezzo di corazza N7 addosso, Garrus…”
Il Turian fece schioccare le mandibole, indeciso su cosa rispondere a quell’ultima rivelazione.
“Beh, pensa se avesse avuto un pezzo di tuta addosso. Una tuta Quarian…”
“Keelah… l’avrei ucciso io stessa!”
“Non avresti voluto scoprirne il motivo?”
“Che importa? Quei sintetici sono una minaccia. Non c’era ragione di portarlo a bordo”.
“Devo ammettere che anche io l’avrei lasciato lì, ma se Shepard ha deciso il contrario…”, rispose lui, accarezzandosi il mento. “Gli altri erano d’accordo?”
“A Jack, penso, non sarebbe potuto interessare di meno… e Thane invece le ha suggerito di portarlo”, sbuffò lei, incrociando le braccia sotto al petto, il viso rivolto verso un punto indefinito del soffitto.
“Ehi… dobbiamo darle un po’ di tregua”, parlò di muovo Garrus, abbassando il tono di voce. “Non se la sta passando tanto bene…”
“Shepard non si è mai fatta trascinare dai problemi personali”.
“Infatti. Sono convinto che la sua scelta sia giustamente motivata, anche se magari noi non la comprendiamo… per questo preferirei tacere a proposito. Non merita un altro carico di roba a cui pensare”.
Tali non rispose, andandosi a sedere invece accanto a lui. Le spalle, prima strette e immobili, ora si rilassarono.
“A volte dimentico quello che ha passato… lei è sempre così… Lei. Si è fatta in quattro per il suo equipaggio, per noi… Non ha esitato un attimo a prendere le mie parti quando ne ho avuto bisogno”, disse fra sé e sé. “E io…”
“E tu hai tutto il diritto di dissentire. Non devi sentirti in colpa per questo…”, rispose prontamente Garrus, “ma lei è pur sempre il nostro Comandante. Poteva andarci molto peggio…”
“Oh, questo è vero”, ridacchiò Tali, “pensa a Miranda. Quella proprio non l’avrei sopportata”. Garrus sorrise insieme a lei, poi Tali diede un altro sospiro.
“E’ solo che l’idea che quel… coso possa muoversi a bordo di questa nave non mi dà pace”.
“Non saltare a conclusioni affrettate. Dovresti fidarti un po’ di più”.
Tali scrollò le spalle, costringendosi ad annuire.
“Senti”, continuò lui dopo una breve pausa, “se proprio vuoi parlarle… almeno valle incontro. Aiutala, in cambio”.
“A proposito di cosa?”
“Lo sai”, rispose, rivolgendole uno sguardo complice. “Io non sono stato capace e lei… dubito che abbia voglia di chiedere consigli personali a un sottoposto”.
“Quindi è vero?”
“Le voci corrono in fretta sulla Normandy…”, gesticolò. “Se devo essere sincero, non mi piace il guaio in cui si è cacciata. Ne uscirà con le ossa rotte… è già stata abbandonata una volta e non l’ho mai vista così sconvolta come dopo Horizon. Ma d’altra parte…”
“…d’altra parte ha bisogno di qualcuno che possa starle accanto”.
Il Turian annuì, le braccia adagiate mollemente sulle ginocchia. “Che non sia qualcuno pronto a voltarle le spalle al primo problema, magari”.
“Garrus… per forza di cose, presto o tardi anche lui sarà costretto a voltarle le spalle”.
“Beh, potremmo anche morire tutti fra qualche settimana…”
“Non mi sembra una giustificazione”.
“Mi meraviglio di te, Tali… da una che ha visto Flotta e Flottiglia almeno una ventina di volte, mi aspettavo più romanticismo”.
“Se la vita fosse davvero come Flotta e Flottiglia…”
Tali si zittì di colpo, poi scoppiò a ridere. “Sai… ora che ci penso, non so se mi piacerebbe davvero”.
“Che cosa, avere un Turian come fidanzato?”
Tali annuì, sorridendo. “Troppe creste, denti, spuntoni… e poi, keelah, avete un caratteraccio”.
“Perché, voi Quarian? Sempre a pensare al Pianeta Natale e ai pellegrinaggi, e alle vostre strane tecnologie…”
Risero insieme, dandosi una gomitata amichevole, e continuarono a parlare così per ore, senza rendersi conto del tempo che passava almeno finchè la stanchezza non fu troppa da sopportare e dovettero arrendersi al fatto che, una volta ogni tanto, bisognava anche riposare.
 
 
 
Shepard era esausta. Erano riusciti nell’impresa, certo, avevano finalmente ottenuto l’IFF e EDI aveva già provveduto a scansionarlo e a svolgere le indagini preliminari sul suo funzionamento, ma d’altra parte si erano anche trovati di fronte a quegli orrori che aveva già visto e che comunque non smettevano di tormentarla. Oltretutto, c’era ancora la questione del Geth da risolvere e lei avrebbe voluto rimandarla ad oltranza. Le opinioni dell’equipaggio erano discordanti a riguardo… c’era chi lo vedeva come una risorsa economica, chi come un ottimo oggetto di studi scientifici, chi come un bersaglio per provare le nuovi armi in commercio. Lei riusciva a vederlo semplicemente come un’incognita. Un incognita con un simbolo N7 scolorito sulla parte destra del suo torace. L’ennesima incognita che il suo percorso le aveva posto davanti. Restava solo da decidere se sbarazzarsene subito e mettere a tacere ogni dubbio, se consegnarlo a Cerberus lavandosene le mani o attivarlo e togliersi così la curiosità. Una curiosità professionale, tentava di ripetersi, mentre si domandava se avesse fatto la cosa giusta. Ne aveva combattuti tanti, era vero, ma poi aveva anche scoperto che non erano i Geth il vero problema… e chi le diceva che quello non fosse semplicemente un ribelle tra la sua “gente”? Il fatto che non avesse provato ad attaccarli la turbava parecchio. Con una mira così li avrebbe potuti togliere di mezzo in meno di venti secondi, probabilmente. Ma non l’aveva fatto e lei voleva sapere perché. Perché li avesse difesi, perché conosceva il suo nome, perché fosse l’unico Geth presente su quella nave e cosa stesse cercando.
Si portò le lenzuola fin sopra le labbra, sentendo i capelli bagnati solleticarle la nuca, mentre ogni muscolo del suo corpo reclamava pietà. Avrebbe voluto dormire, ma troppe domande aleggiavano nell’aria, monopolizzando i suoi pensieri già confusi. Una volta archiviata la questione del Geth, che – decise - avrebbe riattivato l’indomani col supporto di EDI, ne restava un’altra. Quella che si sentiva meno pronta ad affrontare, in assoluto.
Per una volta, avrebbe voluto che qualcun altro intervenisse e ponesse fine a quello strazio, ma sapeva bene di essere assolutamente sola. C’erano solo lei, i suoi sentimenti, e le sue paure… e i muri della sua cabina diventarono di nuovo troppo stretti, mentre capiva che l’unica cosa che al momento desiderasse, era di avere di nuovo le sue labbra premute contro le sue, le sue mani intorno ai fianchi, i suoi occhi dentro ai suoi…
Non poteva farsi sopraffare in questo modo, lo sapeva bene. Non con una missione così importante all’orizzonte, non adesso che erano così vicini alla meta… Ma tutto quello che sentiva di dover fare era chiudere la questione, una volta per tutte. Dimenticare, se necessario. Tutto pur di uscire fuori da quel limbo senza colore e senza forma.
Si alzò con determinazione e prima che potesse rendersene conto, era già nella sua uniforme, fuori dal suo rifugio personale. Gli avrebbe chiesto un parere professionale sul Geth, era questo il piano. In fondo lui era stato uno dei pochi a sostenere la sua decisione e lei voleva, doveva scoprirne il motivo.
 
 
 
Quando sentì bussare alla sua cabina, Thane si alzò di soprassalto. Non stava dormendo, ultimamente era diventato davvero troppo difficile, ma aveva passato l’intera serata dietro ai ricordi, sebbene si fosse ripromesso di evitare il più possibile di estraniarsi dalla realtà. In un certo senso, si sentì sollevato di ricevere compagnia, almeno avrebbe potuto momentaneamente distrarsi dai pensieri che lo affliggevano, ma quando capì che poteva anche trattarsi di Shepard svanì ogni forma di sollievo. Era lei il motivo dei suoi tormenti, era lei che non aveva assolutamente voglia di vedere. Una parte di sé, almeno.
Percorse il breve corridoio e appena fu dietro al portellone si rese conto che comunque non avrebbe avuto senso rimandare di continuo la conversazione che, per forza di cose, sarebbero stati costretti ad affrontare prima o poi.
“Shepard”, la salutò semplicemente.
“Posso entrare?”, domandò lei, evitando inutili giri di parole.
Lui si spostò, facendola passare. Presero posto ai lati di quella scrivania troppo piccola, così diversa dal tavolo che la sera prima li aveva tenuti così lontani, e quando le loro ginocchia si toccarono, entrambi si allontanarono quasi avessero sfiorato una fiamma viva.
“Volevi parlarmi?”
“Sì. Ho bisogno di sapere cosa pensi riguardo al Geth, perché mi hai consigliato di recuperarlo”.
Thane restò in silenzio per un attimo. Era pronto a qualunque domanda avesse potuto rivolgergli, si aspettava di venire trascinato in un discorso personale, degli insulti, anche… ma in quel momento si rese conto di aver probabilmente sbagliato su tutta la linea. Forse lei non era neppure interessata a chiarire, a risolvere quella strana situazione che si era creata fra di loro. Il pensiero lo sollevò e lo turbò al tempo stesso, ma si costrinse a rispondere accantonando per un attimo quella questione.
“Il motivo è semplice, Shepard… Il suo comportamento è stato inusuale”.
“E’ così, dunque? Semplice curiosità?”
“La curiosità sta alla base di molte cose buone. La conoscenza, per esempio”.
Shepard captò una certa sfumatura di sarcasmo nella sua risposta, quasi avesse voluto mettersi sulla difensiva. Ma il perché non riuscì a spiegarselo.
“Non credi che sia stato un errore? Che sarebbe stato più sicuro lasciarlo lì e abbandonarlo al suo destino… se si può dire così di un essere inorganico?”
“Non credo tu abbia sbagliato, e penso che non ci sia modo di scoprirlo veramente se non dopo averlo attivato”.
“E rischiare di mettere in pericolo la mia nave o il mio equipaggio?”
Shepard capì, subito dopo avergli rivolto quella domanda, che la discussione stava prendendo di nuovo una piega stranamente personale e dal modo in cui Thane sollevò le sopracciglia, realizzò che anche lui doveva essersene accorto.
“Ho l’impressione che tu voglia portare questa discussione a tuo favore”.
Shepard deglutì, sentendosi improvvisamente minacciata. Che significava?
“Ho chiesto un tuo parere, nient’altro”.
“Vero, ma dalle tue domande sembra che tu sia disposta ad accettare solo un tipo di risposta”.
“E quale?”, domandò lei, con aperta aria di sfida.
“Lo sai meglio di me”.
E di nuovo, si ritrovarono a comunicare da dietro a un muro insormontabile fatto di lunghi silenzi e cose non dette.
Shepard, a quel punto, decise di alzarsi… non aveva senso continuare con quella farsa che avrebbe contribuito solo a peggiorare una situazione già di per sé orribile. Si stampò sul volto l’espressione più neutra che riuscì ad imitare e fece per andarsene con un gelido “Buonanotte”.
Fu solo prima di varcare la soglia del portellone che lui la raggiunse, facendola voltare.
“Shepard, che cosa vuoi da me?”, le domandò. Il suo tono di voce voleva essere calmo, risoluto, ma tradiva chiaramente un’enorme irrequietezza che lei non poté fare a meno di notare.
E tuttavia, lei non riuscì ad essere sincera.
“Niente che tu possa darmi”, gli rispose con rabbia, un attimo prima di richiudersi il portellone alle spalle.
Quella notte avrebbe lottato incessantemente contro le lacrime che minacciavano di sgorgare dai suoi occhi, fino alle prime ore dell’alba… quando si era addormentata e, finalmente, una di quelle lacrime aveva intrapreso il suo corso, bagnando il cuscino… l’essenza più pura del rimorso.
 

Vi sfido a trovare lo zampino di qualcun altro, qui :3 Grazie Ale <3

 
   
 
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