Cap
6
Kestrel
atterrò con precisione sul corrimano del terrazzo,
bussò lievemente al vetro
della portafinestra e attese che il padrone di casa le venisse ad
aprire. Come
ogni volta, rivedere Kakashi fu un gradevolissimo shock.
- Kestrel,
mi aspettavo di vederti. – commentò, facendosi da
parte per permetterle di
entrare.
- Mi
conosci bene. –
- No,
questo non è affatto vero. –
La bionda
sorrise, - Allora diciamo che mi conosci meglio di molti altri. Va bene
così? –
Il Jonin
annuì, scrutandola in silenzio. Erano passati parecchi mesi
dall’ultima volta
che l’aveva vista, ma la distanza non aveva diminuito nemmeno
un po’ la forza
dei sentimenti che provava per lei.
- Allora,
Kakashi, non sei nemmeno un po’ contento di rivedermi?
–
In nome del
cielo, come poteva il suo nome suonare in modo tanto lussurioso?
Deglutì
leggermente quando Kestrel gli si avvicinò, accarezzandogli
il bordo della
maschera con espressione contrariata.
- Lo sai
che non la sopporto, non sei più nell’ANBU,
potresti anche toglierla. –
- La
maschera fa parte di me, e poi in certe circostanze è utile.
– ribattè,
sforzandosi di concentrarsi su qualcosa che non fosse la sensazione
delle sue
dita che danzavano sulla sua pelle.
- È
certamente vero, ma impedisce di fare altre cose… Per
esempio questo. –
sussurrò, abbassandola quel tanto che bastava per scoprirgli
la bocca e
permetterle di baciarlo. Fu un bacio lungo e passionale, che non aveva
nulla di
dolce e tradiva il desiderio reciproco.
Kakashi la
strinse a sé, abbandonando per un attimo le labbra
voluttuose e baciandole il
collo all’altezza della giugulare, lì dove sapeva
che l’avrebbe fatta
impazzire. Voleva sentirla vicina, più vicina, molto
più vicina di così. Un
sospiro fu la risposta che cercava, la conferma che anche lei lo voleva.
Le dita
della ragazza si strinsero attorno al giubbotto da Jonin, - Via.
– sussurrò,
strattonandolo leggermente. L’indumento cadde a terra,
immediatamente seguito
dalla maglietta di Kakashi e dall’elegante caftano di
Kestrel.
- Aspetta,
aspetta. Così non va bene. – mormorò
Kakashi, schiarendosi la voce resa roca
dall’impeto del momento e allontanandosi dal muro contro cui
l’aveva
schiacciata.
- A me
sembrava che andasse molto bene. –
La
fulminò
con un’occhiataccia. Ma certo, aveva capito tutto, avrebbe
dovuto aspettarselo.
Kakashi Hatake era tutto fuorchè uno stupido.
-
Cos’è che
mi ha tradito? – domandò, la voce che aveva perso
la sfumatura lussuriosa con
cui l’aveva accolto e riacquistato il tono sicuro di sempre.
- Il
caftano, non l’avresti indossato se non fossi venuta qui con
l’intenzione di
farmi perdere il controllo. –
Kestrel gli
sorrise maliziosamente: - Questo è vero, ma confesso che non
mi sarebbe affatto
dispiaciuto se avessi perso il controllo. –
Arrossì
lievemente, ma non si lasciò coinvolgere. Sapeva benissimo
che fosse una serpe
insidiosa, capace di carpire i desideri e le paure degli altri e usarle
contro
di loro, non per niente era il capo degli interrogatori del Villaggio
della
Sabbia. Lo sapeva, ma non per questo aveva smesso di sperare che per
loro due
potesse esserci un futuro, qualcosa di reale e non i suoi soliti
giochetti.
- Risparmia
i tuoi trucchi, lo sia che con me non attaccano. Perché non
provi a chiedere a
Iruka ciò che vuoi sapere? – aggiunse aspramente.
Era ancora difficile accettare
che uno dei suoi compagni avesse una cotta per la stessa ragazza che
piaceva a
lui.
- Non
sopravvalutare Iruka, è carino ma non è
all’altezza, invece tu lo sei. Sei
forte, intelligente… e molto sexy. – aggiunse,
facendo scorrere le unghie
lunghe sul suo petto muscoloso.
- Arriva al
dunque, Kestrel. –
- Quindi
avevo ragione, non hai sentito la mia mancanza. –
commentò la Jonin, e Kakashi
potè giurare di aver visto passare un lampo di delusione nei
suoi occhi
violacei.
-
Già. –
Un nuovo
guizzo, questa volta di divertimento, - Non sai mentire, Kakashi, non a
me per
lo meno. –
Dannazione,
gli sembrava di essere tornato ad avere undici anni, quando
l’aveva incontrata
all’esame di selezione per Chunin. Anche allora era stata
capace di capirlo
meglio di chiunque altro.
- Cosa sei
venuta a cercare, Kestrel? –
Magari se
avesse fatto domande precise avrebbe ottenuto una risposta
soddisfacente.
- Risposte.
Perché tuo fratello ha chiesto di allenare Gaara e Temari?
–
Eccola
andare dritta al punto, non aveva neanche finto di essere davvero
lì per lui.
- Dovresti
sapere che io e mio fratello non abbiamo mai avuto una grande
complicità.
Perché Riko fa quel che fa? Questa è una domanda
a cui solo lui può rispondere.
–
Bene, aveva
ottenuto la risposta. Non le piaceva ciò che aveva scoperto,
ma ancora una
volta era riuscita a ottenere ciò che le serviva senza
doversi sforzare più di
tanto. Allora perché non riusciva a sentirsi realizzata come
le capitava quando
portava a compimento con successo una missione?
Conosceva
già la risposta. Erano gli occhi di Kakashi. La guardava con
un misto di
desiderio e delusione, sembrava avere la certezza che non
l’avrebbe mai degnato
delle sue attenzioni se non le fosse tornato utile in qualche modo. Per
qualche
strano motivo la rattristò. Non era la donna adatta con cui
mettere su
famiglia, ma quel Jonin le piaceva davvero.
Prima che
Kakashi avesse il tempo di reagire, si avvicinò, buttandogli
le braccia al
collo e aderendo al suo petto. La sensazione della loro pelle a
contatto senza
vestiti d’intralcio le fece correre un brivido lungo la
schiena. Lo baciò,
cercando di mettere dentro quel gesto tutto ciò che non
riusciva a spiegare a
parole.
- E questo
per cosa era? – domandò a corto di fiato.
- Conosci
il detto prima il dovere e poi il piacere? Il mio dovere l’ho
fatto, quindi
credo di poter passare a ciò che voglio sul serio.
– sussurrò di rimando,
spingendolo indietro fino a farlo cadere sul letto.
Le mani di
entrambi corsero veloci a liberarsi degli ultimi indumenti rimasti.
Sì, quello
era decisamente un ottimo modo per festeggiare la riuscita di una
missione,
pensò ironicamente Kestrel, finchè la bocca di
Kakashi che esplorava ogni
centimetro del suo corpo non la portò a spegnere il
cervello. Addio
razionalità, ora c’era solo spazio per
l’istinto.
*******
Itachi
rigirava distrattamente il suo anello, simbolo
dell’appartenenza all’Organizzazione
dell’alba, quando udì un fruscio
nell’aria. Alzò lo sguardo trovandosi davanti
Riko, appoggiato a un albero con le braccia incrociate.
Si
scambiarono un’occhiata, mentre un sorriso si dipingeva
rapidamente sul volto
di entrambi.
- Cosa ti
porta qui, amico mio? –
- Kaori.
–
replicò.
Negli occhi
dell’Uchiha passò un lampo di preoccupazione.
- Sta bene?
–
Riko
annuì,
- Sì, ma mi ha chiesto di aiutarla a scoprire qualcosa sul
suo passato. –
- E pensi
che io sappia più di quanto abbia detto. –
-
Già. Ora
guardami negli occhi, Itachi, e giurami che non sai davvero nulla che
possa
aiutarla ad accettarsi. –
Itachi gli
rivolse un sorriso triste: - Se lo sapessi, non pensi che le avrei
già detto
tutto? –
- Ma hai
un’idea.
– insistè. Lo conosceva bene e sapeva che non si
sarebbe legato così tanto a
quella ragazza se non avesse saputo con certezza che non avrebbe
rappresentato
una minaccia per lui e i suoi scopi.
Annuì.
–
Sì, in effetti penso di sapere chi possa essere. –
- Ti
ascolto. –
- Tempo fa,
quando ero solo un ragazzino, ho sentito mio padre parlare di un
vecchio Clan.
Sembra che fosse formato da Uchiha e Hyuga e che ci fosse un uomo alla
ricerca
della chiave per trasmettere entrambi i geni delle abilità
oculari ai
nascituri. Però sembrava che non fosse riuscito a produrre
nulla più che una
qualche mutazione che portava i bambini a perdere la vista nel giro di
pochi
mesi dalla nascita. –
- Credi che
Kaori sia la prova che ci sia riuscito? – domandò
incredulo. Aveva un senso,
ovviamente, ma l’idea di qualcuno disposto a mettere a
rischio la vita di
decine di bambini solo per generare una razza di guerrieri perfetti lo
ripugnava.
- Kaori
sfrutta le abilità di entrambi i Clan senza alcun problema,
credo sia ovvio che
faccia parte di uno di loro. Credo che sia la Bambina Perduta.
–
La Bambina
Perduta? Oh, andiamo, questo era troppo anche per lui.
- Itachi,
la Bambina Perduta è solo una storia che ci raccontavano
quando eravamo
piccoli. Kaori sarà pure il risultato di un esperimento, ma
non può essere lei.
–
L’Uchiha
scosse la testa. Quando ci si metteva, Riko diventava più
testardo di tutto il
Clan Hatake messo insieme. Avevano le prove, gli occhi di Kaori da soli
avrebbero tolto qualsiasi dubbio anche al più scettico, e
lui continuava a
negare la realtà.
- Torna
tutto, Rico. La Bambina Perduta della leggenda non ha famiglia, ha un
segno che
la contraddistingue da tutti e un potere più forte persino
di quello dei Cercoteri.
–
-
Dimentichi la parte in cui è destinata a distruggere il
mondo. – gli fece notare,
ironico.
- O a
salvarlo. –
Si
guardarono negli occhi, tra di loro c’era sempre stata una
comprensione
assoluta e quella volta non servivano parole per dire ciò
che entrambi
pensavano: avrebbero fatto tutto ciò che era in loro potere
per aiutarla a
sviluppare il suo dono nella direzione giusta.
- Devo
andare, Ibiki voleva parlarmi. – disse d’un tratto,
rompendo quel momento di
perfetta intesa.
-
D’accordo,
e Rico… -
- Lo so, la
saluterò da parte tua. – assicurò,
rivolgendogli un breve cenno di saluto e
tornando verso il villaggio.
Spazio
autrice:
Rieccomi
tornata con una rivelazione bomba: ecco chi è davvero Kaori.
Bè, spero che
questo nuovo capitolo vi sia piaciuto. Come sempre vi chiedo di farmi
sapere
che ne pensate. Al prossimo.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt