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Autore: Geneviev    31/03/2008    0 recensioni
In cima alle scale. All'ultimo piano. Nell'ultima stanza. Mialee cercava Jozan, voleva rivederlo. Ma il Cavaliere...
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Baci oscuri'
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La stanza all’ultimo piano

 

 

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A Fabio, a cui voglio bene.

Al Mio Gatto, che è un Vampiro.

Alla mia Amica, che è una Scrittrice.

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Mialee saliva le scale dell’enorme palazzo. I passi, seppur leggeri, risuonavano fra le fredde mura di pietra. Le esili spalle erano coperte dal pensate manto nero dai bordi dorati e con le mani sottili si stringeva il tessuto al petto. Il capo era basso, rivolto ai gradini che superava, attenta a non inciampare nell’abito chiaro, gli occhi blu osservavano attenti attorno, alla flebile luce delle torce ad olio appese ai muri. Era notte fonda ormai. Continuava a salire, il respiro lentamente si faceva pian piano più ansante, mentre i pensieri le turbinavano nella testa e i boccoli castani ondeggiavano attorno al viso giovane.

Giunse infine all’ultimo piano. Le pareva che fosse il meno illuminato di tutti, fiocamente rischiarato dalla luce che proveniva dalle scale. Dalle finestre non filtrava nemmeno un misero raggio lunare. A quell’ultimo, freddo, piano c’erano solo poche stanze, le stanze dei Cavalieri. Cavalieri speciali, Cavalieri Oscuri. I migliori, o peggiori, dipendeva dai punti di vista. Sicuramente i più temibili. I favoriti del Conte. Lei li conosceva tutti, aveva realizzato per loro mantelli e tuniche, ma uno di loro, lo conosceva in particolar modo. E lui conosceva lei.

Si avvicinò cauta alla sua porta e alzò una mano affusolata per battere due sommessi colpi con le nocche. L’indice della mano sinistra era avvolto in una piccola benda bianca. Si era tagliata quel pomeriggio con le forbici, mentre cuciva un abito. Rimase in ascolto di qualsiasi rumore, ma per un istante udì solo sibilante silenzio. Convinta che la stanza fosse vuota, abbassò la stessa mano sulla maniglia, per ruotarla lentamente e socchiudere la porta.

Uno spiraglio di debole luce traballava all’interno. Adagio socchiuse l’uscio fino a poter osservare la camera. Gli occhi della ragazza si posarono sulla figura distesa sul letto.

Le mani incrociate dietro la nuca, sopra il cuscino, le lunghe e possenti gambe distese, anch’esse incrociate alle caviglie. Jozan indossava solo una maglia sbracciata azzurro scuro e dei pantaloni neri. I capelli corvini ricadevano leggeri e lisci ai lati del viso dai giovani e decisi lineamenti, e gli occhi azzurri come mare erano rivolti al soffitto. Sembrava immerso in qualche riflessione, ma subito spostò lo sguardo chiaro verso la porta.

La stanza era disordinata, come al solito. Le armi abbandonate su una panca appoggiata al muro accanto al letto, così come la lunga spada nella sua fodera di pelle. Accanto al letto coperto di una coperta rosso scuro, stava il comodino che reggeva un mozzicone di candela accesa, che rischiarava l’ambiente tremolando. Sulla scrivania di legno di acero erano ammassate carte e piume macchiate d'inchiostro, una boccetta piena di liquido nero e una bottiglia quasi vuota.

Tutto, eccetto lui, le armi, e la candela, era coperto da un fine strato di polvere, come a testimonianza del fatto che quella stanza era poco frequentata, anche dalle domestiche. Non che i Cavalieri Oscuri fossero poco importanti, era tutto per via del fatto che incutevano timore. Aleggiava nell’aria, in invisibili particelle, un odore di dimenticanza e distrazione. Appena il ragazzo la vide si issò a sedere sul letto, poggiando i piedi al pavimento.

“Mialee… entrate” sussurrò e si alzò in piedi, avvicinandosi alla scrivania con fare apparentemente distratto. Si mise a raggruppare le pergamene. La giovane entrò e chiuse la porta dietro di sé, quindi si fermò a contemplare l’alta figura davanti a lei.

“La stanza è un po’ in disordine, ma… non ci posso fare nulla…”. Si voltò verso di lei, con una specie di sorriso ironico sul volto.  Era un bel ragazzo, molto più alto di lei, con larghe spalle e braccia forti, i muscoli scolpiti. Aveva diversi anni in più della fanciulla, ma era un giovane vigoroso e tenace. Si soffermò a fissare il suo viso che tanto le piaceva. Quella sera, le sembrava così terribilmente strano, diverso dal solito. Ma era bellissimo.

“Sono felice di rivedervi” aggiunse Jozan, mentre lei ancora rimaneva in perfetto silenzio, limitandosi ad osservarlo. Quelle parole fecero nascere un sorriso lieve sulle rosee labbra della fanciulla.

Mialee prese ad avanzare nella stanza, mentre una mano andava a slacciare il nodo che le teneva chiuso il mantello nero. Il pesante e morbido tessuto scivolò dalle sue spalle magre, ricadendo dietro di lei con un tonfo lieve, mostrando il leggero abito che vestiva il suo esile ma aggraziato corpo. Era fin troppo sottile per quella fredda e ventosa serata di fine inverno. Non si fermò finchè non fu fra le sue braccia, la testa adorna dei boccoli castani appoggiata al suo largo petto. Socchiuse gli occhi mentre respirava il suo profumo. Il Cavaliere l’avvolse in un tenero abbraccio e si accorse che la pelle delle sue braccia, coperte dal leggero tessuto, era fredda. Come la sua. Non per lo stesso motivo.

“Anche io lo sono” sussurrò la ragazza. Sentiva le sue braccia muscolose avvolgerla e la sua guancia poggiarle sulla testa. Era strano, era freddo. Era splendido. Diverso. Alzò il capo, aprendo gli occhi blu per incontrare i suoi. Una particolare e irresistibile luce brillava dietro di essi.

“Dove eravate finito? Perché non avete risposto alle mie lettere?” domandò la giovane, il tono vagamente mesto. Il ragazzo la osservò in viso, immobile, senza dir nulla per un lungo istante.

“E’ stato un periodo tormentato. Ho avuto da fare” rispose lui, prendendola dolcemente per le spalle. Non la stava osservando negli occhi, il suo sguardo era più basso.

“Pensavo non voleste più rivedermi…”.

“Shh…” le soffiò lui sulle labbra, avvicinando il viso al suo. Le sfiorò appena con un tenero tocco, mentre premeva delicatamente le mani sulle sue esili spalle. Mialee chiuse gli occhi per quel magico momento, poi li riaprì cercando i suoi, azzurri e penetranti. Il viso del ragazzo era pallido e immobile, agghiacciante. Schiuse le labbra per dire qualcosa, un pensiero che le aveva attraversato la mente.

“E’ stato lui, vero? Il Conte vi ha…” ma lui non le permise di parlare. Le premette la bocca sulle labbra, zittendola. Le fece scorrere un braccio dietro la schiena, tirandola a sé. L’altra mano salì a coprire la guancia della fanciulla, accarezzandola riguardosamente con il pollice, fermandosi poi al lato del collo. Mialee fece scivolare le mani sul suo petto, fino a fermarle sulle sue larghe spalle. Quel bacio crebbe d’intensità. La bocca di lui si schiuse su quella della giovane, facendole ingoiare il suo soffio freddo, strappandole un sospiro.

D’un tratto Jozan si staccò bruscamente da lei, afferrandola per le braccia. Abbassò il capo facendo calare ai lati del viso due ali nere. La ragazza vide i suoi occhi chiudersi in uno sforzo, mentre le sue mani la stringevano, quasi stesse lottano per non svenire. Piano la sua presa si fece via via più debole.

“Jozan che vi succede?” chiese lei allarmata, premendogli le mani contro il petto, quasi a dargli un sostegno. Il Cavaliere si riprese in fretta, tornando in posizione eretta, gli occhi ancora chiusi. Teneva la mascella serrata e respirava profondamente. Rimase in silenzio per un lungo attimo. La ragazza lo scrutò preoccupata.

“Sto bene ora”.

“Ma…” protestò la giovane in risposta.

“Non ho mangiato” disse lui risoluto, interrompendola aspramente. Non aveva mentito, nemmeno un pochino. Era la pura e semplice verità.

Le mise quasi paura, tanto che tremò. Il ragazzo se ne accorse e abbassò lo sguardo gelido sul suo vestito leggero.

“Non avete freddo?” domandò Jozan, alzandole il viso perché lo guardasse negli occhi. Lei fece di no con le testa, mentì. Si appoggiò di nuovo al suo petto con il capo, mentre sentì le sue braccia stringerla ancora in un delicato abbraccio.

“Cosa avete fatto al dito?” chiese ancora lui. Mialee spostò lo sguardo sulla sua mano sinistra, che poggiava, come la sua gota, sui suoi pettorali.

“Mi sono tagliata con le cesoie” rispose vagamente, senza dar peso all’accaduto. Era solo un taglio innocuo. O credeva che lo fosse.

Il ragazzo si mordicchiò appena il labbro inferiore, stringendo a sé quel’esile corpo. Rimasero in silenzio per un lungo momento, Jozan poggiò la guancia al capo della fanciulla, respirando a fondo l’incanto dei suoi capelli morbidi. Abbassò le palpebre sugli occhi, accarezzandole la schiena. Il profumo della ragazza lo faceva inebriare. Mosse il capo sopra il suo, sfiorando la sua capigliatura con il naso.

Fece scorrere una mano sul suo fianco, per poi salire lenta fino a toccarle il mento ad alzarle il viso con due dita. I loro occhi rimasero chiusi, le labbra del ragazzo lusingavano la pelle del viso della giovane con un tocco lieve. Baciò la sua guancia, sfiorando poi l’angolo della bocca, e scese, lambendo il profilo della mandibola, carezzandole poi il lobo dell’orecchio con le labbra. Mialee rabbrividì di nuovo, non per il freddo. Sentiva la testa iniziare a girarle, riempiendosi di una nebbia opaca che le confondeva le idee e la faceva vibrare di strane sensazioni. Deglutì piano e avvertì la bocca del Cavaliere spostarsi sulla sua gola.

Jozan si soffermò per un lungo istante, prendendole il viso fra le mani grandi. Respirò il suo odore a lungo, fremendo. Aprì d’un tratto gli occhi. Erano rossi come sangue.

 

   
 
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