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Autore: 9Pepe4    05/10/2013    3 recensioni
Il Maestro Qui-Gon Jinn non ha nessuna intenzione di prendere un nuovo apprendista… Ma l’incontro con Obi-Wan Kenobi, un Iniziato di sette anni, potrebbe cambiare le cose.
Peccato che il passato, in un modo o nell’altro, trovi sempre la maniera di fare lo sgambetto al presente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Obi-Wan Kenobi, Qui-Gon Jinn, Yoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 05 – Problemi di meditazione

Il Maestro Jedi, più avanti, ebbe altre occasioni di passeggiare e chiacchierare con Feemor.
Quest’ultimo, sebbene un po’ trepidante alla prospettiva di prendere un Padawan, era comunque una compagnia piacevole.
Un paio di volte, invitò Qui-Gon a recarsi con lui ad assistere alle lezioni degli Iniziati, ma l’uomo declinò cortesemente.
Invece, andò a duellare con Taren. Ebbe persino la calma soddisfazione della vittoria, anche se l’amico sostenne – più o meno scherzosamente – di aver perso perché i piccoli gli avevano succhiato tutta l’energia.
Da parte sua, Qui-Gon continuava ad evitare Obi-Wan Kenobi. Nonostante la vastità del Tempio, lo vide di sfuggita un paio di volte, ma si guardò bene dall’avvicinarlo.
E a dispetto della presenza del suo ex allievo e del suo vecchio amico, continuava a trascorrere molto tempo in solitudine.
Qualsiasi cosa facesse, sembrava che il ricordo del suo secondo apprendista aleggiasse su di lui come un’ombra, e l’urgenza di andarsene dal Tempio crebbe rapidamente.
Alla fine, i tre giorni di pausa obbligatoria stavano per volgere al loro termine.
L’indomani sarebbe potuto andare dal Consiglio, ad insistere affinché gli assegnassero un nuovo incarico.
Immerso nella quiete dei giardini del Tempio, trasse un respiro profondo, e si alzò dall’erba tenera del prato.
Aveva meditato in un angolo appartato, nascosto da sguardi indiscreti grazie a qualche cespuglio in fiore.
Diede una sistemata alla propria toga, e si diresse verso l’uscita dei giardini.
Se la Forza voleva, l’indomani alla stessa ora si sarebbe trovato in viaggio verso un qualche pianeta dell’Orlo Esterno… verso un luogo dove c’era davvero bisogno di lui.
Iniziò a camminare sul vialetto di ghiaia – lo stesso che aveva percorso insieme all’Iniziato Kenobi qualche giorno prima – e si guardò attorno.
Quel posto gli sarebbe mancato.
Lì, l’ombra del suo secondo apprendista era meno opprimente, forse per merito della vasta presenza della Forza Vivente… o forse perché i giardini non erano mai stati il posto preferito del ragazzo.
Era ormai sera, e le luci artificiali si stavano attenuando.
In giro per i prati era rimasto solo qualche gruppetto di giovani Padawan e Cavalieri, e una manciata di Maestri.
Per un improvviso impulso, Qui-Gon guardò verso il lago… e là, a qualche metro dalla sponda, intravide una figurina familiare.
Obi-Wan Kenobi aveva gli occhi chiusi e la schiena dritta, e sedeva a gambe incrociate sull’erba.
La sua posa era tra le più adatte alla meditazione, ma Qui-Gon si fermò automaticamente, percependo che qualcosa non andava.
La Forza attorno al bambino non era placida e liberatoria come avrebbe dovuto, e trasmetteva un sentimento ben diverso dalla tranquillità: frustrazione.
L’uomo tese i propri sensi, e comprese senza difficoltà dove l’Iniziato stava sbagliando. Anziché accogliere la Forza, Obi-Wan cercava di agguantarla.
Qui-Gon indugiò un istante, gli occhi puntati sul profilo del bambino. Provò l’impulso di attraversare il prato e raggiungerlo, ma si trattenne.
Era ridicolo. Tre giorni prima, aveva tracciato una linea tra sé ed Obi-Wan… oltrepassandola, non avrebbe certo fatto un favore al bambino.
L’Iniziato Kenobi non era il suo Padawan, né era sua intenzione che lo diventasse, quindi non spettava a lui fargli notare i suoi errori.
Certamente, il Maestro Yoda si sarebbe accorto che il bambino sbagliava, e ci avrebbe pensato lui ad aiutarlo.
Lentamente, seppur invaso dal rimpianto, Qui-Gon fece per riprendere a camminare.
In quel momento, però, percepì una nuova emozione irradiare da Obi-Wan.
Non frustrazione, bensì… dolore.
Una pena profonda e angosciosa, di quelle che sanno provare soltanto i bambini.

Là sul prato, Obi-Wan teneva gli occhi serrati.
Per quanto si impegnasse, non riusciva a far sì che la Forza lo avvolgesse.
Più si protendeva verso di lei, più lei lo evitava… Gli sembrava quasi di cercare di afferrare del fumo: non otteneva altro che striature sulle dita ed una sensazione di sporco.
Era inutile. Non ci riusciva.
Non era abbastanza bravo.
Stava fallendo, e avrebbe fallito sempre.
Dal nulla, una mano si posò fermamente sulla sua spalla.
Obi-Wan trasse un respiro brusco, ed una voce profonda parlò con gentilezza accanto al suo orecchio: «Con calma».
Il bambino ebbe un sussulto di sorpresa: la persona accanto a lui era il Maestro Qui-Gon.
Obi-Wan tenne gli occhi chiusi, mentre il suo sbigottimento si trasformava in una sensazione più calda, ed il peso che aveva sentito sullo stomaco si alleggeriva notevolmente.
«La Forza è già con te, Obi-Wan. Devi solo rilassarti».
Senza farsi domande, il bambino si affidò a quella voce, facendo come gli suggeriva. La sua posa si allentò, la tensione abbandonò le sue spalle nel tempo di un respiro.
«Non devi cercare di abbrancarla» continuò la voce del Maestro Jinn. «Più cerchi di stringere la presa su di lei, più lei ti sfuggirà. Lascia che la Forza ti avvolga, Obi-Wan. Non essere impaziente. Aspettala, abbi fede in lei».
E così, Obi-Wan aspettò, fidandosi… E dopo un istante eccola, la pace che aveva tanto cercato. Lo avviluppò come una coperta, scacciando le sue inquietudini.
Quando il bambino aprì gli occhi, girò la testa verso Qui-Gon. L’uomo era inginocchiato dietro di lui, ed aveva ancora una mano sulla sua spalla.
Obi-Wan si limitò a guardarlo, senza sapere cosa dire. Aveva avuto l’impressione che l’altro non volesse avere più niente a che fare con lui.
Lentamente, il Maestro Jedi gli rivolse un sorriso di approvazione. «Hai visto? Ce l’hai fatta».
Il bambino non poté non sorridere di rimando. «Grazie» sussurrò, riconoscente.
Qui-Gon gli strinse brevemente la spalla, quindi tolse la mano. «Di niente».
Obi-Wan si dispiacque per la fine di quel contatto, ma non disse nulla.
L’uomo si alzò in piedi, e dopo un istante l’Iniziato lo imitò. Si pulì le mani sfregandole tra loro, poi sollevò due occhi esitanti su Qui-Gon.
L’uomo lo stava scrutando. «Ti capita spesso… di avere problemi con la meditazione?»
Obi-Wan si morse il labbro. Per qualche motivo, non voleva deludere quell’uomo… ma mentirgli sarebbe stato peggio, così annuì. «Sì, Maestro Jinn. Sbaglio… sbaglio sempre qualcosa».
Qui-Gon lo osservò in silenzio per qualche istante. “La missione” pensò. E poi: “È meglio evitare di farmi coinvolgere troppo”.
«Che programma hai, per domani, Iniziato Kenobi?» si sentì chiedere.
Il bambino lo guardò. «Avrò lezioni sulla Forza al mattino, sulla storia e la politica a mezzodì, e allenamenti nel pomeriggio».
Qui-Gon annuì consapevolmente. Sapeva che Obi-Wan stava aspettando che lui parlasse, ma per un po’ rimase in silenzio.
Che cosa stava facendo, in nome della Forza? Lui doveva partire l’indomani, non poteva… No, in realtà poteva. Più che altro non voleva.
Perché ogni Iniziato – persino Obi-Wan – sembrava ricordargli dolorosamente il suo secondo apprendista. Sembrava ricordargli che persino quel giovane rancoroso era stato un bambino, ed aveva avuto fiducia in lui.
In quel momento, però, tutta la sua cautela, tutto il suo disagio nel sentire l’ombra del suo ultimo allievo… Sbiadivano, di fronte al bisogno d’aiuto di Obi-Wan Kenobi.
Chiuse un istante gli occhi. «Che ne diresti di venire nel mio alloggio, domani sera?» propose, quando li riaprì. «Potrei aiutarti a meditare meglio».
Obi-Wan si immobilizzò, come se stentasse a credere a ciò che sentiva. «Mi piacerebbe molto» rispose, d’impulso, «se non è un disturbo. Maestro Jinn».
Qui-Gon annuì lentamente. «Allora siamo d’accordo» disse. «Parlerò io con il Maestro Yoda».
Insieme, si diressero verso il sentiero, e lo percorsero in silenzio sino all’uscita dei giardini.
«Che la Forza sia con te» disse a quel punto Qui-Gon, rivolto all’Iniziato.
Obi-Wan si inchinò rispettosamente. «E con te, Maestro Jinn».
Poi, con un sorriso fugace, si voltò e si diresse in direzione delle stanze degli Iniziati, mentre Qui-Gon si recava verso il proprio alloggio.

Il pomeriggio successivo, Qui-Gon intercettò il Maestro Yoda mentre quest’ultimo usciva da una saletta d’allenamento.
«Neanche che io vada nella Torre del Consiglio, puoi aspettare?» lo accolse il vecchio troll, con un’occhiata carica di disapprovazione.
«Veramente, mio Maestro, non sono qui per richiedere una nuova missione».
Yoda parve di colpo molto più interessato. «Perché qui tu sei, allora?»
«Vorrei chiedere il tuo permesso, Maestro, per lavorare con uno degli Iniziati del Clan del Dragone» rispose Qui-Gon, in tono formale.
Una scintilla attraversò gli occhi di Yoda. «Cambiato opinione, tu hai?»
«No» rispose Qui-Gon, un po’ seccamente. «Ho solo notato che lui ha difficoltà con la meditazione, e credo che potrei aiutarlo».
«Di quale Iniziato, parlando stai?» s’informò il Maestro Yoda, anche se l’uomo sospettava che in realtà lo sapesse benissimo.
Rispose brevemente: «Obi-Wan Kenobi».
Yoda annuì con fare pensoso. «Sì… sì… Difficoltà, il giovane Kenobi ha…» Per un istante, parve riflettere, e le sue orecchie si abbassarono appena. Poi i vecchi occhi verdi del Gran Maestro si alzarono su Qui-Gon. «Aiutarlo, tu puoi» decretò, con decisione.
L’uomo chinò il capo. «Ti ringrazio, mio Maestro».
«A lezione da me, tra poco il Clan del Dragone verrà» aggiunse Yoda. «Assistere, desideri?»
Qui-Gon esitò. Poi, però, scosse la testa. Il suo coinvolgimento con l’Iniziato Kenobi era già eccessivo… se si fosse messo anche ad osservarlo mentre combatteva, era probabile che Obi-Wan iniziasse a sperare che Qui-Gon lo prendesse come apprendista. «No, Maestro».
Yoda non sembrò sorpreso dalla sua risposta. «Capisco» disse. «A fine lezione, nel tuo alloggio l’Iniziato Kenobi manderò».
«Ti ringrazio» replicò Qui-Gon. «Che la Forza sia con te, Maestro».
«Che la Forza sia con te» rispose Yoda.
L’uomo gli rivolse un mezzo inchino, e si allontanò a passo spedito sino al proprio alloggio.
Entrò, ed andò a sedersi sul divano con un datapad in mano, immergendosi nella lettura senza attendere oltre.
I suoi pensieri, però, facevano fatica a concentrarsi sulle parole che gli scorrevano sotto gli occhi, e tornavano continuamente ad Obi-Wan.
Qui-Gon non era del tutto sicuro di aver fatto la scelta giusta. La scelta giusta sarebbe stato continuare ad evitare il bambino…
“Davvero?” si interrogò l’uomo. In tal caso, come mai la Forza continuava a sospingerlo verso l’Iniziato Kenobi?
Probabilmente, era suo volere che lui aiutasse quel bambino.
E lui non si era mai sottratto al volere della Forza.
Si proibì con fermezza, però, di pensare di poter fare di più, perché fare di più avrebbe potuto soltanto arrecare danno ad Obi-Wan.
Quando finalmente udì il trillo che annunciava un visitatore, Qui-Gon lasciò il datapad sul divano e si diresse rapido ad aprire la porta.
Obi-Wan lo salutò con un inchino. «Il Maestro Yoda mi ha detto di venire qui dopo la lezione».
Qui-Gon annuì. «Lo so. Entra pure».
Si tirò indietro, ed il bambino avanzò un po’ esitante all’interno dell’alloggio.
Era dal suo fallimento che Qui-Gon non aveva invitato più nessuno in quelle stanze… Se voleva vedere Taren, o Feemor, o qualcun altro, si recava nei loro alloggi.
Obi-Wan Kenobi, realizzò improvvisamente, era la prima persona oltre a lui che entrava lì dentro da tre anni, ormai.
Il bambino si guardava attorno, e nei suoi occhi c’era più attenzione che curiosità.
Su una delle pareti più vicine al divano, si apriva una grande finestra. Qui-Gon guidò Obi-Wan in quella direzione.
Al di là del vetro, si poteva ammirare una bella porzione del traffico aereo di Coruscant.
Qui-Gon si sedette a gambe conserte sotto la finestra, e fece segno al bambino di mettersi di fronte a lui.
Obi-Wan obbedì, accomodandosi con cautela sul pavimento.
«Pensavo di cominciare con qualche esercizio di respirazione» esordì Qui-Gon, quietamente, «così che il tuo corpo sia più rilassato».
«Sì, Maestro Jinn» concordò subito Obi-Wan.
L’uomo lo guardò in viso. «Sai perché sono importanti, questi esercizi?»
«Il Maestro Yoda ha detto che ci servono ad imparare a controllare il nostro corpo» rispose diligentemente il bambino. «Ha detto che più avanti impareremo anche come fare per rallentare il battito del nostro cuore».
Qui-Gon non riuscì a trattenere l’insegnante che era dentro di lui. «E questo perché è importante?»
«Perché il corpo di un Jedi è il suo strumento, insieme alla spada laser. Bisogna saperlo controllare bene».
Qui-Gon lo osservò. «Come mai hai utilizzato la parola “strumento”?»
Obi-Wan lo guardò con aria confusa. «Come, Maestro Jinn?»
«Perché hai detto “strumento”? Perché non “arma”?»
Il bambino, se possibile, parve ancora più confuso. «Le armi servono per distruggere» obiettò, come se fosse una cosa ovvia, «e i Jedi non devono distruggere, devono… devono costruire». Parve piuttosto soddisfatto di quel collegamento, mentre aggiungeva: «Gli strumenti servono per costruire».
Qui-Gon si chiese se Obi-Wan, dopotutto, fosse un usuale frequentatore degli Archivi… Accantonò quella questione, però, e spiegò al bambino cosa voleva da lui.
Almeno in quegli esercizi, Obi-Wan sembrava eccellere, ma non era una sorpresa, dato che venivano insegnati agli Iniziati sin dalla più tenera età.
Alla fine, il respiro di Obi-Wan era tranquillo e regolare, quasi quanto durante il sonno.
«Bene» approvò il Maestro Jedi. «Ora, penso che possiamo cominciare con la meditazione».
I modi di meditare erano diversi.
Ai bambini sui sette anni, come Obi-Wan, veniva insegnata una meditazione relativamente leggera. A quell’età, infatti, non possedevano ancora le conoscenze necessarie per sprofondare nel flusso della Forza senza esserne travolti.
Qui-Gon ne era ben consapevole, e si comportò di conseguenza.
Obi-Wan iniziò subito a mostrare le prime difficoltà.
Il suo problema, comprese istantaneamente l’uomo, non erano solo i suoi insuccessi… ma anche il modo in cui reagiva a questi insuccessi.
Non appena sbagliava, infatti, veniva riempito da una frustrata impotenza, che ad ogni tentativo andato a vuoto minacciava di trasformarsi in vero e proprio panico.
Per calmare il bambino, Qui-Gon dovette tendersi verso di lui e posargli una mano sulla spalla. «Obi-Wan».
L’Iniziato sussultò e spalancò gli occhi. «Mi… mi dispiace, Maestro Jinn» disse. «Continuo a sbagliare».
Qui-Gon scosse appena la testa. «Non è importante» replicò, con fermezza. «Sbagliare è spesso necessario. È sbagliando che s’impara».
Il bambino deglutì. «Allora a questo punto dovrei aver imparato molto…»
Qui-Gon si concesse un rapido sorriso. «Infatti hai imparato molto» rispose, guadagnando uno sguardo poco convinto da parte di Obi-Wan. «Tu capisci già quando sbagli, ma reagisci male ai tuoi errori. Quindi dobbiamo correggere due cose: gli errori, e la tua frustrazione. Come primo passo, devi cercare di dominarla. Accetta l’errore…» Rifletté un attimo. «Vedila così: quando sbagli non hai fallito, hai solo scoperto un modo in cui non si medita».
Obi-Wan si lasciò scappare un sorriso, e i suoi occhi splendettero come il mare sotto il sole.
«Hai capito?» chiese Qui-Gon.
«Sì» rispose il bambino, per poi rettificare: «Almeno credo, Maestro Jinn».
L’uomo gli rivolse un’occhiata incoraggiante. «Allora riproviamo».






















Note:
La frase di Qui-Gon: «quando sbagli non hai fallito, hai solo scoperto un modo in cui non si medita» è un adattamento dell’aforisma di Edison: «Io non ho fallito duemila volte nel fare una lampadina; semplicemente ho trovato millenovecento-novantanove modi su come non va fatta una lampadina» :D
Per il resto, non posso che augurarmi che il capitolo vi sia piaciuto…
A mercoledì 9 ottobre col prossimo aggiornamento!
  
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