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Autore: Ragazza da Parete_    06/10/2013    1 recensioni
Mi guardò in preda al nervosismo. " È l’orgoglio che ti fotte, Meyer! ", urlò " Se non fossi così terribilmente orgogliosa adesso saresti tra me mie braccia, se non fossi così tremendamente forte, bella io non mi sarei invaghito di te! " ,urlò ancora. E mi spezzò in due con le sue parole. Aveva parlato di orgoglio, e quello è sempre stato il mio tasto debole. Sapevo di essere troppo orgogliosa, ma nessuno mi aveva mai sbattuto in faccia la realtà in quel modo.
" Cosa ti costa? Cosa ti costa baciarmi, ora?! " continuò lui." Ah giusto! Tradiresti te stessa, il tuo modo di pensare che se ci pensi poi, infondo è solo non star male! " ,disse avvicinandosi.
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Stenditi insieme a me
Stringimi tra le tue braccia
Il tuo cuore è contro il mio petto
Le labbra premute sul mio collo
Mi sono innamorato dei tuoi occhi
Ma loro ancora non mi conoscono
E il sentimento che mi ero dimenticato
Adesso sono innamorato
Baciami come se volessi essere amata.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I giorni passavano, ed ogni ora, ogni minuto erano un’infinita, lenta agonia.
Non sentivo Harry da settimane, se non per qualche messaggio. A scuola non lo vedevo praticamente per niente, era sempre troppo preso da Jane e dalla sua gravidanza.
Nei corridoi, quando la gente mi vedeva si voltava e iniziava a bisbigliare cose tipo: “E’ lei! La ragazza di quello che ha messo incinta la ex!”.
<< Beh? >>, sbottai quando mi accorsi di avere un gruppo di ragazzini alle mie spalle che parlavano di me.
Jane si assentava spesso a scuola, probabilmente per la gravidanza nonostante fosse solo al quarto mese. 
Lottie quel pomeriggio, mi inviò un messaggio dicendomi che il solito appuntamento del pomeriggio con gli altri, era a casa sua.
Era una buona idea per svagarsi. Mi preparai e andai a casa di Lottie a piedi. Per strada vidi un bambino che teneva la mano al suo papà e per un attimo immaginai Harry al suo posto. Rabbrividii al solo pensiero.
Il mio Harry, non era più così mio.
A casa di Lottie e Louis arrivai per ultima. Dopo gli ultimi avvenimenti mi stavano tutti vicini, perché vedevano che mi sentivo come un pesce fuor d’acqua se non vedevo quei ricci nei paraggi.
Liam mi strinse in uno dei suoi meravigliosi abbracci e passammo il pomeriggio a ridere, mangiare ed evitare l’argomento bambini.
Dopo un’ oretta circa sentimmo bussare alla porta. Louis andò ad aprire ed io mi sentii sollevata.
Harry rivolse un “ciao” distratto ai presenti, venne verso di me e mi sottrasse dalle mani di Liam.
<< Scusami >>, sussurrò.
Non c’era nessun’altro in quella stanza. Solo io, lui e quei corpi che si erano attesi per troppo.
<< Non fa nulla … >>.
<< Non è così. Avrei dovuto stare con te di più, invece non ci sono stato per niente >>.
Gli accarezzai la guancia facendo un mezzo sorriso. << Ma per un buon motivo >>.
<< A proposito >>, disse e sospirò. << Domani non posso venire con voi … >>, disse rivolgendosi a tutti.
Boom.
Stava succedendo di nuovo.
<< Perché? >>, chiese Zayn.
<< Devo accompagnare Jane a fare una visita >>.
<< Non la può accompagnare sua madre?! >>, sbottò Niall che ultimamente la sopportava sempre meno.
<< E’ fuori città >>, rispose Harry con il tono più basso del solito.
<< Non fa niente Harry, vero? >>, dissi cercando di rimettere a posto le cose e guardai gli altri in cerca di approvazione.
Gli altri annuirono e nonostante non sopportassero Jane, volevano un bene immenso ad Harry e lui aveva bisogno di noi ora più che mai.
<< Harry, tua madre lo sa? >>, chiese Liam con il suo solito tono che non ti giudica ma che ti accarezza.
Harry si morse le labbra mettendosi comodo al mio fianco e annuì. << Come l’ ha presa? >>, buttò lì Zayn.
Il ricciolino sembro preso in pieno. Abbassò lo sguardo torturandosi le mani e sospirò. << L’ho… credo di averla delusa >>, e la sua voce si ruppe.
Harry amava sua madre. Loro avevano un rapporto speciale, che andava oltre il rapporto madre – figlio. Loro erano amici, erano complici e lui aveva cercato di fare di tutto per non deludere le sue aspettative.
E proprio quando tutto sembrava andare per il verso giusto, ecco la bomba atomica servita su un piatto d’argento.
Poggiai la mano sulla sua gamba e sottrassi una delle sue mani alla tortura dell’altra e la strinsi tra le mie.
Lui semplicemente alzò lo sguardo su di me e mi guardò. Mi guardò come un bambino in preda al panico. Perché era questo. Il grande, forte ed invincibile Harry Styles era totalmente nel panico. E cercava aiuto. Da me.
Ed io ero pronta a salvarlo.
 
<< Mi dispiace. So di avervi delusi tutti, so di aver deluso te, Julie. Ma non volevo. Ti giuro che non me lo sarei mai aspettato e - >>.
Scossi il capo e lo interruppi. << Non hai deluso nessuno, Harry. Andrà tutto bene, mh? Andrà tutto bene >>.
E un po’ stavo parlando con me stessa.
 
Qualche ora dopo Harry dovette andare via perché aveva ricevuto una chiamata, di Jane probabilmente, ma non glielo chiesi, preferii rimanere con il dubbio.
Quando lo accompagnai alla porta lui mi diede un bacio sulle labbra. << Domani sera passo da te, promesso >>.
Io annuii e dopo un ultimo abbraccio lo lasciai andare.
 
***
Dopo la scuola, il giorno seguente, preferii rimanere a casa.
Mi era venuta un’ idea.
Harry era stressato, nervoso e nell’ ultimo periodo non aveva avuto un momento di tregua, così decisi di fargli una sorpresa.
La sera stessa lui sarebbe venuto a casa mia per passare un po’ di tempo insieme ed io mi ero messa in testa di fargli trovare una cenetta per due, così, tanto per recuperare il tempo perduto e per cercare di togliergli dalla testa pannolini e rigurgiti di neonato.
 
Avevo preparato tutto alla perfezione: la tavola, il cibo, le candele e la sottoscritta. Avevo indossato il vestito che mi aveva regalato Lottie per la festa, tanto per ricordare un po’ il passato e quella serata.
Quando finii tutto, mi andai a sedere sul tavolo e aspettai.
Aspettai.
 
Aspettai.
 
Aspettai.
 
Cinque, dieci, quindici, venticinque, cinquanta, cinquantacinque minuti. Niente.
Di lui nemmeno l’ombra.
 
Mi morsi disperatamente le labbra che se avessero potuto mi avrebbero di certo lanciato i peggiori insulti e proprio quando stavo per soffiare le candele, sentii bussare alla porta.
 
Scattai in piedi, mi dipinsi sul volto il migliore dei miei sorrisi ed aprii pronta a …
<< Ei >>, un Louis Tomlinson con la maglietta a righe bianche e blu, pantaloni stretti e un paio di Vans, si materializzò fuori da casa mia, scacciando via ogni dubbio su un semplice ritardo di Harry.
<< Ei >>, senza volerlo il mio sorrisone si era trasformato in un penoso tentativo di tenere i margini della bocca in su.
<< Delusa? >>, disse lui notando la mia espressione.
Cercai di sorridere. << Ma no, solo che … niente, entra pure >>.
Lui sorrise ed entrò a testa bassa in casa. Si guardò intorno e capì la ragione del mio cambiamento d’ umore.
 
<< Oh… aspettavi Harry >>.
Annuii debolmente. << Ma non è venuto >>, dissi in un sussurro.
<< Come mai? >>.
<< Non lo so… avrà avuto un contrattempo… >>.
Un contrattempo.
Un imprevisto.
Probabilmente con i capelli lunghi, lo sguardo da cerbiatta e una gravidanza che non l’ aveva fatta ingrassare di un etto.
 
Lui annuì. << Allora vado, magari torna e … >>.
<< No >>,  lo interruppi senza nemmeno volerlo.  << Non mi lasciare sola >>.
Era una supplica.
Lo stavo supplicando di rimanere con me perché avevo un disperato bisogno di sentire qualcuno al mio fianco.
Louis sorrise comprensivo e annuì. << Resto. Almeno tutto questo ben di Dio non andrà sprecato >>.
Sorrisi e andai a sedermi con lui.
Mangiammo ridendo e scherzando sul più e sul meno. Ed era questo il bello di Louis: ti faceva dimenticare tutto ciò che non andava  bene nella tua vita e la faceva apparire così bella e facile.
Quando finimmo la cena mi aiutò a sparecchiare e a rimettere a posto la cucina e solo allora riconobbe il mio vestito.
<< Quel vestito… >>, mormorò lasciando la frase in sospeso.
<< Che ha? L’ho sporcato? >>, iniziai a controllare la gonna ma lui mi fermò.
<< No, solo … mi ricorda quella sera >>.
Feci un mezzo sorriso e annuii pensando che io avevo messo quell’ abito sperando che Harry lo riconoscesse.
<< Già >>, dissi soltanto.
<< Sono cambiate molte cose … dal nostro bacio >>.
Sussultai appena rievocando quel  ricordo. << Sì, è cambiato tutto … >>.
Non c’era imbarazzo. O almeno non da parte sua.
Lui fece un altro sorriso e notò lo stereo del salotto. << Un po’ di musica? >>.
<< Okay >>.
Andò verso lo stereo e cercò una stazione che prendesse bene e trovò un lento. Si voltò verso di me e accennò una sorta di inchino ottocentesco.
<< Madame, mi concede questo ballo? >>.
Mi morsi le labbra per non ridere. << Ma certo, mio cavaliere >>.
E tra una risata e l’altra iniziammo a ballare. Mi fece fare delle piroette e mi fece quasi morire d’ infarto quando mi fece cadere all’ indietro per poi riprendermi con il massimo dello slancio, come se stesse sollevando una piuma.
<< Devo dirti una cosa, Juls >>.
<< Dimmi >>.
Il suo volto s’ illuminò mentre parlava. << Io… credo di essermi innamorato >>.
<< Ah si? Chi è la fortunata? >>.
<< Beh, si chiama Hayley. È bellissima, davvero! L’ho conosciuta in un locale qualche sera fa, va all’ università ed è la persona più dolce ed interessante del Pianeta >>.
Continuò a parlarmi di Hayley per circa tre canzoni mentre mi faceva volteggiare da una parte all’altra senza stancarsi mai, mentre il suo volto si illuminava in un sorriso ogni volta che pronunciava il suo nome.
Mi piaceva vederlo così.
Così innamorato.
Così preso da qualcuno.
Così voglioso di amare.
 
Era una persona speciale e meritava di essere felice.
<< Me la fai conoscere? >>.
<< Assolutamente si! >>.
Mi stampò un bacio sulla guancia e continuammo a ridere.
Chi per felicità, chi per sopprimere una mancanza.
 
P.O.V. Harry.
 
La notizia della gravidanza di Jane mi aveva sconvolto e stavo facendo di tutto per riuscire a stare dietro a tutto.
La scuola, la mia famiglia, i miei amici, il bambino e ovviamente Julie.
La mia Julie.
L’unica cosa buona di tutta la mia vita, probabilmente. Ero sicuro di averla paralizzata con la notizia della gravidanza, ma lei aveva incassato il colpo ed aveva cercato di farmi forza e di starmi vicino per oltre quattro mesi.
 
Ed io?
Io ero solo un coglione che si era addormentato a casa della sua ex  incinta  quando doveva andare a casa della sua ragazza.
Quando mi svegliai sul divano con la testa di Jane sulla mia spalla mi venne un senso di nausea.
La spostai e uscii di casa dopo averle lasciato un illeggibile biglietto – dovuto alla fretta nello scrivere – dove le spiegavo che ero dovuto scappare via.
M’ infilai in macchina e prima di mettere in modo digitai un messaggio a Julie.
Amore, ho avuto un imprevisto, sto venendo da te.
Harry xx
 
Poi misi in moto e andai verso casa sua cercando di non premere troppo sull’acceleratore.
Ripensai a tutto quello che avevamo vissuto, alle litigate, ai baci, agli abbracci nascosti e a quanto fosse cambiata la mia vita da quando una piccola, piccolissima adolescente era entrata a farne parte.
Mi aveva sconvolto la vita e le dovevo tutto per questo.
Una volta arrivato a casa sua, posteggiai e scesi dall’ auto pregando che non si fosse addormentata aspettandomi, dato che non aveva nemmeno risposto al mio messaggio.
Stavo per bussare, quando sentii della musica provenire dall’ interno dell’abitazione e poi mi accorsi di cosa stava succedendo dalla finestra.
 
La vidi lì.
Sorridere in tutta la sua bellezza, tra le braccia di Louis.
 
Rimasi paralizzato dai baci che le dava sulle guance e da come sorrideva contento guardando e parlandole di chissà cosa.
Che diavolo stava facendo?
Mi rubi la ragazza, Tomlinson?
 
Serrai la mascella infastidito, furioso, geloso. 
Ho sempre avuto il sospetto che Louis provasse qualcosa per lei, ma non mi sarei mai immaginato che sarebbe arrivato a tanto.
Avrei voluto spaccare tutto quando lo vidi stringerle i fianchi, quando lui la faceva volteggiare nel salotto e le regalava squallidi baci sulle guance.
Quelle guance erano mie.
Così come il resto del suo corpo.
Quella era la mia ragazza. Mia.
 
Volevo un bene immenso a Louis. Era il mio migliore amico e non riuscivo a capacitarmi di quello che stava succedendo sotto i miei occhi.
Feci un passo indietro, poi due, poi tre senza staccare gli occhi di dosso da quei due.
 
Pochi minuti dopo, tornai in me e m’ infilai in auto tornando a casa mia.
Pensai che la colpa fosse mia.
 
Io l’avevo trascurata.
 
Ed ora qualcuno la stava stringendo a sé.
 
Ed io ero così dannatamente stupido da non riuscire nemmeno ad andare a prendermi ciò che mi spettava di diritto. 
  
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