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Autore: Luke_White    07/10/2013    2 recensioni
Maggio 1998: fine della Seconda Guerra Magica. Molte persone hanno perso la vita cercando di proteggere la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e tutto il mondo magico dal tiranno Lord Voldemort. Fra queste vittime, spiccano di sicuro i Malandrini, maghi potenti e dotati. L’ultimo a perire fu Remus Lupin, insieme alla moglie Ninfadora Tonks… ma se non fosse così?
7 Settembre 1977: uno scombussolato Remus si risveglia in quella che sembra l’infermeria della sua scuola e rimane stupefatto vedendo, intorno a lui, tutti gli amici che sa essere morti, con la presenza di facce nuove e inaspettate.
Una possibilità di vivere in un mondo senza Voldemort si presenta al licantropo, un mondo che, tuttavia, presenta un razzismo ancora più radicato rispetto a quello che si è lasciato alle spalle, e in cui, forse, non è l'unico a essere tornato dall'aldilà.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Mary MacDonald, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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7. Potters (part 2)

«Come scusa?» chiese Harry, confuso. L’esclamazione di James lo aveva abbastanza spiazzato.
«Ehm, lascia stare» disse il padre, cercando di pensare a qualcosa d’intelligente per levarsi da quella scomoda situazione.
«Ma tu hai detto “porco Sirius”» ribatté il figlio.
«È… un modo di dire delle mie parti».
«Che sarebbero?»
“Non dirgli la verità!”
«Marte».
“Ho detto ‘non dirgli la verità’, non di sparare la prima cazzata che ti viene in mente”.
«Marte?»
«Be’, in verità una luna di Marte. Sai com’è: i prezzi sul pianeta sono aumentati negli ultimi tempi e…»
«E immagino che quella non sia affatto una divisa di Grifondoro, vero?» fece Harry, indicandola. James si guardò. Per qualche strano motivo, indossava la divisa di scuola, cosa che non aiutava.
«No, certo che no» replicò James. «Il rosso e l’oro sono i colori nazionali di Marte. Sai, per la terra rossa e per…»
Harry ridacchiò.
«Okay, papà, direi di farla finita» disse. James fece una smorfia buffa, con un sorrisetto ebete e gli occhi stralunati che gli conferivano l’aria di un folletto che ha appena ricevuto una botta in testa.
“Papà”.
«Come l’hai capito?» chiese James, dopo aver riacquisito un briciolo di dignità. Harry sbuffò.
«Ti basti sapere che, ogni persona che incontravo, per prima cosa mi diceva che ero identico a te, tranne che per gli occhi di mamma» disse il ragazzo.
«Ah» fece James. In effetti era ovvio. Però suo figlio – “figlio”… gli faceva venire i brividi accumunare quella parola al diciottenne che era davanti a lui – era stato in gamba a recitare la sua parte e lo stesso non poteva certo dirsi di lui.
«Volevo solo capire se eri una qualche illusione creata da un Mago Oscuro nell’ennesimo tentativo di fracassarmi i boccini» continuò Harry, schietto. James fece una smorfia: certo che suo figlio aveva una bella vita, se considerava i tentativi di omicidio di una routine. «Esame superato, complimenti!»
«E come?»
«Semplice: se fosse stato un tentativo di farmi fuori avresti avuto una scusa più credibile» spiegò. «Mi dispiace dirtelo ma sei pessimo a recitare».
«Ma avrei anche potuto fingere per fare in modo che tu abbassassi la guardia».
«In quel caso non avresti detto questo».
«Oh».
Ci fu qualche minuto di silenzio in cui James cercò di fare un po’ di ordine nella sua testa.
«E non ti sembra strano vedere tuo padre diciassettenne?» chiese, sinceramente sorpreso.
«Ne ho viste tante di cose strane» disse Harry. «Fidati, dopo un po’ smetti di stupirti e passi direttamente alla fase in cui ti chiedi perché certe situazioni capitano sempre a te».
«Oh, quindi vuol dire che parli quotidianamente con la gente morta?»
«No. Ma ho incontrato Silente, quindi…»
«Ah, già, è vero».
Ci fu un momento di silenzio, poi Harry si sedette a terra, seguito poco dopo dal padre.
«Allora» fece il ragazzo. «Perché sto parlando con l’incarnazione da diciassettenne di mio padre?»
«Ecco, vedi… In realtà… Okay, non so che dire…» James titubava. Non aveva mai messo in conto un incontro con suo figlio e non sapeva quanto sarebbe stato lecito dire sulla rinascita di Remus e Ninfadora in un’altra dimensione.
«Comincia dal come sei finito qui» propose Harry. James annuì lentamente, scegliendo le parole con cura.
«Ecco, ho avuto un piccolo diverbio con una vecchia conoscenza, abbiamo combattuto…»
«Quindi era Piton».
«Già, ma avrei preferito non dire che Mocciosus mi ha fatto il culo con la Magia Oscura».
«Sectumsempra?»
«Scusa, posso parlare io o devi continuare a interrompermi?»
«D’accordo… Però era il Sectumsempra, vero?»
«Sì. Ma adesso piantala!»
Harry fece finta di cucirsi la bocca. James lo fulminò con gli occhi.
Sembrava la perfetta fusione fra lui e Lily: aveva la sua stessa attitudine al – così lo definiva Remus – rompiboccinismo e aveva lo spirito d’osservazione di Lily. In realtà, la cosa lo inquietava abbastanza, ma forse era solo perché lo vedeva da diciottenne.
Inoltre, il modo in cui parlava lo faceva sentire a disagio. Parlava con naturalezza e in modo piuttosto schietto eppure, guardandolo negli occhi, gli sembrava di vedere gli ingranaggi del suo cervello che si muovevano, assimilando informazioni e facendo Merlino solo sa cosa. Era lo stesso sguardo che aveva Silente, lo sguardo di una persona intelligente e capace, di una persona che ha già imparato cos’è la vita e l’ha affrontata nel modo più brutale.
O forse James era diventato paranoico e stava pian piano scivolando nella follia totale. Il ragazzo in questione non sapeva in cosa sperare.
«Come stavo dicendo» proseguì Potter Senior. «Piton mi ha fatto il culo con il Sectumsempra. Poi non so che diamine è successo, ma credo che la parte malvagia di me sia emersa, mi abbia guarito male, abbia fatto a sua volta il culo a Piton e poi Lily mi abbia svegliato baciandomi» Pausa. «Lily mi ha baciato» Sorriso ebete da Troll celebroleso.
«Aspetta… La parte malvagia di te?» chiese Harry, sconvolto. James sbuffò.
«Sì, vedi: la mia professoressa di Difesa nonché vampira di fiducia ha deciso di inserirmi una personalità anti-Babbani e malvagia che esce in determinati momenti» spiegò James. «Ma mi sembra che qui stiamo perdendo il fulcro centrale della questione, ovvero che Lily mi ha baciato, per farmi tornare in me mentre ero momentaneamente assente, ma ha pur sempre baciato… il mio corpo – e detta così suona veramente male».
Harry rabbrividì.
«E sei arrivato qui…?»
«Credo di essere in coma, o qualcosa del genere» spiegò James. «Non ho idea di come ho fatto ad arrivare».
Harry annuì.
«Mi dispiace dirtelo ma c’è un piccolo particolare che non quadra con tutta la tua storia».
«Ovvero?»
«Sei morto».
«Ah, già, in effetti può essere un problema… Mai sentito parlare di universi paralleli?»


*****

«Che stai facendo?» chiese Dora. Remus si voltò leggermente ma non smise di camminare.
«Vado dalla sanguisuga» disse, quasi con un ringhio. «Voglio sapere che diamine sta succedendo».
Dora corse verso di lui e in pochi secondi gli fu accanto.
«E non ti è mai venuto in mente che vorrei venire anch’io, vero?» chiese, sbuffando.
«Be’, se vuoi accodarti sei la benvenuta» rispose Remus, accennando un sorrisetto che alla ragazza parve un po’ folle.
«Stai bene?» chiese Dora, aggrottando le sopracciglia con preoccupazione.
«Oh, be’, considerando che uno dei miei migliori amici è a un passo dalla morte, che un altro ha rischiato di morire e che la persona di cui dovrei fidarmi è un bastardo manipolatore» guardò la ragazza con la stessa pazzia negli occhi che, questa volta, nascondeva molto male la furia che gli bruciava dentro. «Sto una meraviglia».
Poi cominciò a correre verso l’ufficio della Mason. Dora stava per seguirlo, quando venne bloccata da una voce che la chiamava.
«Dove state andando?» chiese Evelyn, che osservava i due a occhi spalancati.
«Lui forse vuole uccidere la Mason, io lo seguo per bloccarlo prima che possa fare qualcosa di troppo stupido!»
Evelyn inarcò un sopracciglio e, qualche secondo dopo che Dora fu partita di corsa, decise di seguirli.
«Tanto si sa che tocca sempre a me controllare tutti e due» borbottò.


*****

«Ricapitoliamo» disse Harry, reggendosi la testa con una mano. «Remus, Tonks e Silente in realtà non sono morti ma sono finiti in una dimensione parallela, che ha, inoltre, una differenza temporale di circa vent’anni dalla nostra».
«Esatto» fece James, annuendo.
«In questa dimensione, Tonks ha una sorella, Evelyn, e ha solo un anno meno di Remus; inoltre, Voldemort è solo un commesso e c’è tanto razzismo che Hitler al confronto è un pacifista».
«Esatto… ma un po’ esagerato».
«E c’è una professoressa vampira che, contro ogni aspettativa, ti ha fatto diventare una specie di Hulk, con la tua parte cattiva che spunta fuori in certe occasioni e l’unico modo per farti tornare in te è avere un po’ d’attenzione da mamma».
«Tre su tre, complimentoni! Anche se la parte sulle “attenzioni da Lily” è abbastanza deprimente…»
«Quindi anche la Mason ha viaggiato» concluse Harry. James inarcò un sopracciglio.
«Non ho detto questo».
«Già, ma se non fosse così, tutto sarebbe dovuto andare come da noi» replicò Harry. «Con la Mason che è solo una maniaca bastarda e che voi sopporterete per tutto un anno».
James rifletté. In effetti, aveva senso.
La Mason l’aveva invitato nel suo ufficio e lo aveva trasformato. Ma perché? Qual era il motivo? Cosa ci poteva essere di diverso fra le Mason delle due dimensioni?
«Ci sono due possibilità» disse James. «O la Mason, come dici tu, ha viaggiato fra le dimensioni, oppure è successo qualcosa, nel suo passato, che ha modificato la storia».
Harry annuì.
«Dovreste indagare sulla vita della Mason, allora» suggerì.
«Già, la fai facile» sbottò James. «Dovremo ricostruire seicento anni della vita di una malata mentale».
«Ti suggerisco di cominciare dai libri sulle antiche casate di famiglie purosangue» proseguì Harry. «Se è razzista come dici, allora potrebbe appartenere a una di quelle».
«Giusto» disse semplicemente James, un po’ stupito.
Ci fu una pausa in cui i due ragazzi si persero completamente nei propri pensieri.
«Non mi hai mai conosciuto, quindi?» chiese James, anche se sembrava più un’affermazione. Harry gli rivolse uno sguardo triste.
«Purtroppo no» disse. «Sirius e Remus avevano provato a descrivermi i gloriosi giorni dei Malandrini, ma non è facile racchiudere sette anni di avventure in pochi discorsi».
James sbuffò.
«Allora vuol dire che non sai proprio nulla» disse. «Sirius avrà sicuramente ingigantito le cose…»
«Ha detto che avete fatto entrare un drago in Sala Grande».
«Ecco, appunto. Remus, invece, avrà cercato di togliere qualche dettaglio per sembrare il più innocente possibile».
«Su questo non so che dire».
«Be’, fidati, probabilmente l’ha fatto».
Seguì un’altra pausa di silenzio imbarazzato, mentre i due si guardavano di sottecchi, indecisi su cosa dire.
«Posso chiederti…» prese la parola James. «Com’è finita la guerra?»
Harry scrollò le spalle e, per un paio di secondi, James riuscì a intravedere il dolore mischiato a rabbia che erano nascosti dietro a quell’aria di calma e tranquillità, facendolo rabbrividire. Nessuno, a parer suo, dovrebbe avere quello sguardo.
«Be’, Voldemort è morto e, per precauzione, hanno deciso di bruciare il corpo, tanto per evitare eventuali resurrezioni».
«Mi sembra anche giusto» convenne James, con un mezzo ghigno.
«Dopo ci sono stati prima due settimane dedicate a coloro che sono morti in battaglia» lo sguardo di Harry si fece molto più cupo. «Poi altre due per i festeggiamenti» il ragazzo fece un sorrisetto. «Certi hanno davvero esagerato: un paio di tizi, in Irlanda hanno cominciato a volare ovunque e spargere giornali che parlavano della morte di Voldemort. C’è voluto parecchio lavoro per far dimenticare la cosa ai Babbani».
«Harry…»
«Poi siamo tornati alla normalità, più o meno. Ci sono parecchie morti difficili da superare. Fred, Colin… Be’, almeno adesso so che Remus e Tonks hanno un’altra possibilità».
«Harry…»
«Chissà perché, poi. Voglio dire, perché solo Silente e loro due sono arrivati da voi? C’è un sacco di altra gente del vostro tempo che qui è scomparsa…»
«Harry!»
«Che c’è?» sbottò il ragazzo, esasperato. James indicò lentamente i piedi del figlio.
«Stai… svanendo» disse. Harry si guardò ma, non vedendo nulla di strano, tornò a guardare il padre, per poi sgranare gli occhi. Delle scarpe di James ormai s’intravedeva solo la forma e, pian piano, anche le caviglie stavano perdendo colore.
«No sei tu che stai…» poi comprese. «Oh. A quanto pare questi sono gli ultimi momenti che abbiamo» disse, cupo.
Dopo qualche istante, anche James capì ciò di cui stava parlando e si rabbuiò.
«Magari potremo rivederci» disse con poca convinzione.
«Già, magari senza che tu finisca in coma, okay?» fece l’altro, tentando un sorriso. James ridacchiò.
«Sarebbe bello» disse. Ormai, vedeva Harry solo dalla vita in su. Il ragazzo dagli occhi verdi si grattò la nuca, prima di decidersi a parlare.
«C’è una cosa che devi sapere» disse Harry all’improvviso.
«Cioè?» chiese James, confuso.
«Regulus. Da voi com’è?»
«Uno stronzo venduto a cui hanno inculcato idee idiote».
«Bene. Dovete aiutarlo».
«Come, scusa?»
«Da noi, Regulus si era unito ai Mangiamorte ma, alla fine, ha tradito Voldemort e ha tentato di distruggere un Horcrux, ma è stato ucciso da lui prima di riuscirci» spiegò Harry.
«Quindi vorresti dire che…»
«Che può essere salvato. Dovete cercare di dargli una mano. Farebbe bene sia a lui che a Sirius».
James si rabbuiò leggermente.
«Non sono sicuro che possiamo riuscirci: ti ho raccontato cosa ha fatto Piton» disse.
Harry annuì, cupo. Per qualche istante, i due si limitarono a osservarsi, incerti, mentre sparivano nel nulla. Poi Harry s’illuminò, come ricordandosi di qualcosa, e fece un sorrisetto triste.
«Senti, potresti dire un paio di cose a Remus?»
«Certo». Il torace di Harry cominciava a sparire.
«Digli solo grazie, che sono felice per loro e» il collo svaniva lentamente «che farò tutto il possibile per Teddy».
«Teddy? Chi è, un orsetto di peluche?» cominciò a sparire anche la testa.
«Ciao, papà… e grazie, a te e alla mamma» disse infine Harry e, pochi istanti dopo, svanì nel nulla, lasciando James allibito.
«Harry» sussurrò, piuttosto sconvolto da quell’addio così rapido e con gli occhi lucidi.
Sentì qualcuno battere le mani dietro di sé, in modo flemmatico e quasi derisorio, e si alzò di scatto.
Si ritrovò davanti alla sua esatta copia.
Di certo non era Harry: gli occhi erano nocciola e lo sguardo non era affatto simile a quello del ragazzo.
Di certo non era James: non sarebbe mai riuscito a inserire tanta malvagità in un ghigno e il portamento ricordava più quello della parte oscura della famiglia Black – ovvero quasi tutta.
Di certo era l’Altro.
«Oh, ma che addio commovente» disse, schernendolo. «No, sul serio, eravate carinissimi! Avrei voluto farvi una foto!»
James lo osservò meglio, indietreggiando di mezzo passo. Invece della sua divisa scolastica, indossava un completo babbano e non portava gli occhiali.
«Giacca e cravatta, eh? Non credo di essere il tipo che indossa certa roba» disse James, mettendosi furtivamente una mano in tasca, alla ricerca della bacchetta.
«Tu non lo sei, io sì. E in questo posto non ci sono bacchette» fece l’Altro. James strinse i pugni e lo osservò avvicinarsi lentamente. «Condividiamo lo stesso corpo, le nostre menti sono in comunicazione. Solo che io so come sfruttare la cosa, mentre tu rimani un idiota, come al solito».
James strinse la mascella e non disse nulla. Sentiva una specie di scossa elettrica su tutto il corpo e, se quella era provocata dalla sola vicinanza con l’Altro, allora non voleva farlo irritare in alcun modo.
«Mi piacerebbe che avessimo delle bacchette, però. Sarebbe bello dimostrarti quanto sei debole e indifeso» proseguì l’Altro. «Ma credo dovrò accontentarmi di qualcos’altro».
«Di che stai parlando?» chiese James, immediatamente prima che, in un fascio di luce, nella mano destra di entrambi comparisse una spada. Una spada semplice, di ferro, pesante e difficile da maneggiare. L’Altro fece roteare l’arma con naturalezza.
«Spade?» chiese James, allibito e confuso da quello che stava accadendo in pochi secondi. «Ma sei matto?»
«Certo che lo sono!» esclamò l’Altro, allargando le braccia con un sorriso folle stampato in volto. «Tutti i migliori sono matti! E ora, vogliamo vedere quanto sei cavalleresco, o nobile Grifondoro?»


*****

«Che gli ha fatto?» urlò Remus, spalancando la porta dell’ufficio della Mason, che era seduta alla sua scrivania e stava correggendo un compito. La professoressa alzò un sopracciglio e posò la penna.
«Oh, prego, signor Lupin, si accomodi» disse, ironica. «Gradisce del tè?»
«Divertente» disse Remus a denti stretti, folgorando la donna con gli occhi. «Mi dica cosa sta succedendo a James!»
«Non so di cosa sta parlando» replicò innocentemente la donna. Remus sbuffò di rabbia e cercò di trattenersi dal prenderla a pugni.
«Perché lo sta facendo?» chiese Remus fra i denti, furioso.
«Facendo cosa?» replicò ancora la Mason. «Lupin, io non la capisco».
«FALLA FINITA!» urlò il ragazzo. La professa lo osservò con un sorrisetto maligno. «Ora voglio che mi ascolti con attenzione» disse Remus, sovrastandola attraverso la scrivania. «Libera James. Qualunque cosa tu abbia fatto, annulla la maledizione, elimina la cosa che gli hai messo dentro, fa quel che devi fare e lascialo in pace».
«Ipotizzando che sappia di cosa sta parlando» fece la Mason, sorridendo. Il suo tono si fece immediatamente più minaccioso quando proseguì. «Cosa succederebbe se non lo facessi? Non sai che non si lascia a metà una minaccia?»
«Rinuncerei all’ipotesi di prendere in considerazione l’idea di non ucciderti» concluse Remus, sibilando. La Mason rise.
«Oh, ma sentitelo» esclamò, divertita e malvagia. Remus si raddrizzò, guardandola con disprezzo. «E, di grazia, come vorresti minacciarmi? Cos’hai che potrebbe uccidermi?»
Prima che Remus potesse aprire bocca, Dora spalancò la porta dell’ufficio.
«Questa» esclamò, puntando quella che sembrava una piccola pistola verso la professoressa e premendo il grilletto. Il proiettile eruttò dalla canna, evitò di un paio di centimetri il volto allibito di Remus e… venne bloccato a mezz’aria dalla mano della Mason, che lo osservò con cura.
«Frassino» disse, poggiandolo sulla sua scrivania. «Vi siete dati da fare. Non ne crescono a Hogwarts».
«Oh, c’è una Stanza in cui si può trovare questo e altro» disse una voce. Evelyn si fece strada da dietro Dora. «Giusto per puntualizzare: questa» indicò la pistola in mano alla sorella «l’ho inventata io, ma ammetto che ha bisogno di delle migliorie, come, per esempio…». Poi prese un blocchetto per gli appunti e una penna a sfera – che a Hogwarts erano come oro puro, impossibili da trovare – e scrisse, mentre leggeva ad alta voce: «Trovare un modo per aumentare la velocità del proiettile dell’Impalettatrice».
Dora la guardò, leggermente sconvolta. «Più tardi lavoreremo sul nome». Evelyn sbuffò.
«Sì, magari uno meno macabro» aggiunse Remus, osservando l’arma. «Però è un bel lavoro e…» poi osservò meglio il volto di sua moglie, circondato dai soliti capelli rosa shocking «che ti è successo?»
«Oh, questo?» fece la ragazza, indicando il proprio labbro spaccato e sanguinante ma tenendo comunque la pistola puntata sulla professoressa. «Sono inciampata su un’armatura, ed era anche piuttosto sgarbata».
«Be’, anche tu saresti stata sgarbata se qualcuno ti fosse inciampato addosso» disse Remus, paziente.
«Ma da che parte stai?» protestò Dora.
«Scusate!» s’intromise la Mason, osservandoli con un sopracciglio inarcato. «Sbaglio o qui stiamo perdendo il filo del discorso?»
«Soffri di manie di protagonismo?» chiese Eve con una smorfia ironica.
«Tu non hai alcun diritto di parlare» disse Remus, riferendosi alla professoressa. «A meno che non voglia dirci come liberare James; in quel caso sarò ben lieto di ascoltarti».
«Te lo dirò quando l’Inferno gelerà» disse la Mason, con aria annoiata. Remus sbuffò.
«Non l’ho mai capito questo modo di dire» disse, guardando le sorelle Tonks. «Secondo Dante, nell’ultimo girone dell’Inferno c’è un lago di ghiaccio, quindi l’Inferno è già gelato!»
«Remus» lo ammonì Dora.
«Giusto, sto di nuovo perdendo il filo» si girò di nuovo verso la donna. «Quindi? Cosa intendi fare?»
«Be’, dato che al momento non mi sembra tu abbia nulla con cui minacciarmi» disse la donna. «Vi suggerisco di tornare quando sembrerete in qualche modo… ecco… meno innocui».
«Innocua sarà tua madre» disse Evelyn. La Mason fece un sorrisetto e agitò una mano nella loro direzione. Come colpiti da una folata di vento, i tre ragazzi furono sbalzati all’indietro, venendo catapultati fuori dall’ufficio.
«Ah, e questo credo sia vostro» disse la Mason, mostrando il proiettile di legno. Lo poggiò sul pollice e gli diede una leggera schicchera con l’indice, facendolo tuttavia partire a una velocità mostruosa e conficcandolo nella spalla di Evelyn, che urlò di dolore.
«Eve!» esclamò Dora, chinandosi sulla sorella.
«Buona giornata» fece la Mason e, con un leggero movimento di dita, chiuse la porta.
«Brutta troia» Dora si alzò, impugnando la bacchetta e cominciò a lanciare maledizioni sulla porta che, tuttavia, sembrava non voler cedere. «Apri la porta, bastarda!»
«Dora, dobbiamo pensarci più tardi!» la rimproverò Remus. La ragazza, con i capelli rossi per la furia, si girò verso il marito, chino su Eve mentre cercava di curarle la ferita. Immediatamente, i capelli di Dora diventarono grigio fumo.
«Puoi fare qualcosa?» chiese. Eve gemette di dolore mentre Remus sussurrava piccoli incantesimi di guarigione. Fra i due ragazzi del futuro, Remus aveva più conoscenze mediche, complici soprattutto le trasformazioni in lupo che gli avevano per cui aveva imparato come curare le ferite che si procurava.
«Molto poco» ammise. «Dobbiamo portarla da Madama Chips».
«Santa donna» mormorò Eve. «Dovrei farle una statua».
«Aspetta prima che ti abbia curato» disse Dora, accennando un sorrisetto.


*****

«Un Grifondoro che non sa usare una spada» disse l’Altro. «Ironico, vero?»
Con un movimento fluido, fece cozzare la sua arma contro quella di James, che indietreggiò per l’urto. Il ragazzo era ormai stanco e il peso della spada si faceva sentire sempre di più.
«Che senso ha questo?» chiese, sfinito. «Perché combattiamo?»
«Come, scusa?» fece l’Altro, mettendosi una mano accanto all’orecchio, come per sentire meglio. «Sono io che ho le allucinazioni o tu hai fatto la domanda più stupida del secolo?»
James non disse nulla. Si limitò a guardare storto la sua controparte, cercando di non mostrare il proprio respiro affannato.
L’Altro sospirò.
«Allora, come spiegarlo?» chiese a se stesso, cominciando a camminare in circolo intorno a James che non staccò per un attimo gli occhi da lui. «Vedi, io sono il cattivo, la tua parte malvagia! Esprimo tutto ciò che c’è di negativo in te e… non fare il santarellino! In fondo, sei un grandissimo stronzo! E sai come faccio a saperlo? Perché io sono così! E, come ben sai, è compito della parte malvagia cercare di prendere il controllo del corpo».
«E perché?»
«Come perché?» esclamò l’Altro. «Insomma, è un copione già scritto. Tu sei il tizio normale, io emergo dall’ombra e lottiamo finché uno dei due non viene sconfitto. Funziona così».
«Quindi vuoi dirmi che lo fai solo perché è quello che accade in tutte le storie?» chiese James. «Vuoi essere “vittima del destino”?»
L’Altro sbuffò.
«Oh, piantala con queste ciance da psicologo barra filosofo fallito» disse, roteando in aria la spada. «Non attacca. Io lo faccio perché è divertente… e perché, in caso riuscissi, potrei fare quello che mi pare con il nostro corpo e, in caso fallissi, ritornerei comunque a essere la tua parte malvagia nascosta in un angolo della tua coscienza, pronta a farti fare cose che non puoi neanche immaginare» spiegò. Poi fece una smorfia scettica, guardando il ragazzo. «E poi non ci credi neanche tu a questa stronzata della vittima del destino».
James scrollò le spalle.
«Almeno ci ho provato» disse, per poi impugnare la spada e scaraventarsi contro il nemico, pensando di prenderlo di sorpresa. L’Altro roteò su se stesso e mollò un calcio al fianco di James, che perse la spada e finì in ginocchio. Prima che potesse rialzarsi, l’Altro poggiò la lama sulla sua spalla, bloccandolo.
«Be’, credo proprio di aver vinto questo round. E anche molto facilmente, direi» disse da dietro James. «Dovrai allenarti di più se vuoi battermi». L’Altro si chinò, avvicinando la sua bocca all’orecchio del ragazzo e cominciando a sussurrare. «Ma vuoi davvero vincere? Cosa avresti in cambio di una vita di bontà e altruismo?»
La mente di James evocò subito l’immagine di Lily che gli rideva mentre si trovavano a Hogsmeade. Era strano pensare che solo un’ora prima stesse tranquillamente passeggiando per il villaggio con la ragazza che amava.
«Ah, giusto, la bella Evans» sussurrò l’Altro. «La stessa ragazza affascinante che, per ben sei anni, ti ha rifiutato e insultato continuamente, ogni singolo giorno».
Come se qualcuno gli avesse dato un pugno, il ricordo di ogni tentativo fallito con Lily entrò con prepotenza nella sua testa, in un collage d’immagini dolorose.
«La stessa che, ora, ha paura di te».
Arrivò poi l’ultima immagine che aveva di Lily, non appena lo aveva risvegliato dopo il duello con Piton. Terrorizzata. Non c’era altro modo per descriverla.
«E chi altri avresti?» fece poi l’Altro. «Sirius, per caso? Il tuo fratello acquisito?»
L’Altro evocò nella sua mente l’evento accaduto l’anno scorso. La peggior litigata mai avvenuta con Sirius, tutto per la sua idiozia e la voglia di spaccare la faccia a Piton. Remus era stato male per settimane e non gli aveva rivolto la parola per quasi un mese.
«Oppure Remus, il ragazzo proveniente dal futuro che, tuttavia, sembra non fidarsi abbastanza di voi da dirvi tutto quanto, come chi sia questo Teddy».
Ci fu una sequenza d’immagini frammentate. Sguardi sfuggenti di Remus, scambi di occhiate tristi fra lui e Dora, singhiozzi provenienti dal bagno durante la notte.
«E c’è anche Peter, ma sai benissimo che di lui non puoi fidarti».
L’immagine di uno spiraglio di luce, da cui proveniva abbastanza distintamente il suono di Remus che minacciava il topo. Aveva saputo che era stato lui a condannarli a morte.
«Poi ci sono anche le altre ragazze, ma quanto sai veramente di loro? Certo, Emmeline l’hai conosciuta molto… “approfonditamente” ma non si è mai aperta a te… Non in senso figurato, almeno». L’Altro rise. «Chi altro c’è? Silente, forse? Ma sai quello che ha detto Remus,  di quanto può essere manipolatore quel vecchio bastardo. Poi? I tuoi genitori? Quelli che ormai vedi solo la mattina e la sera, d’estate, perché sono troppo occupati a lavorare per occuparsi del loro unico figlio?» La sua voce si fece immediatamente più bassa e cupa. E malvagia. «Sei solo, James».
Così dicendo, l’Altro si drizzò, brandì la spada e, con un colpo deciso, colpì il collo di James, paralizzato dai pensieri, e facendolo scomparire in una voluta di fumo bianco. Senza di lui, la stanza prese istantaneamente il suo altro aspetto: un infinito corridoio di mattoni rossi, illuminati di tanto in tanto da torce che facevano ben poca luce; era praticamente tutto immerso nell’oscurità.
«Alla prossima, quattrocchi» disse l’Altro, prima di far sparire la spada con un gesto secco della mano.

Quando James aprì gli occhi, alzandosi a sedere boccheggiando, la scena che gli si presentò davanti fu piuttosto strana.
Charlus, Dorea e Madama Chips, intorno a lui, lo osservavano allibiti, così come Evelyn, seduta sul letto accanto al suo con una benda sulla spalla destra, e sua sorella. Remus, Sirius, Peter e Lily, accanto alla porta, sembravano terrorizzati. Mary, invece, appariva semplicemente preoccupata e allo stesso tempo incuriosita.
«Be’… salve» disse James, ostentando un sorriso. «Come andiamo?»
Sirius esplose nella sua risata simile a un latrato.


*****

Più tardi…

La sfera di metallo era poggiata al centro della scrivania e l’anziano mago teneva le mani sopra di essa. La sfera era attraversata da motivi geometrici ed emanava un tenue bagliore azzurro.
«Cos’è?» chiese Remus, seduto sul davanzale in pietra della finestra che dava sul parco. Dopo aver avuto la certezza dell’incolumità di James si era decisamente rabbonito, ma ancora non si fidava di Silente. Perlomeno non gli urlava contro.
«Adesso vedrai» disse il professore. La luce intorno alla sfera s’intensificò, diventando sempre più abbagliante. Il colore ebbe poi un brusco cambiamento, passando dal consueto azzurro delle Passaporte a un’inquietante nero pece. La sfera si scompose, seguendo le linee che costituivano le figure che, ora, roteavano in aria, senza alcun legame palpabile fra loro, in orbita intorno a una massa oscura ed evanescente. Silente prese da un cassetto della scrivania una fiala di vetro e, con la bacchetta, guidò la sfera nera al suo interno che si adattò al recipiente, come fosse liquida o gassosa.
Il professore tappò la fiala e la sfera di metallo si ricompose, atterrando con leggerezza sulla scrivania.
«Cos’è?» ripeté Remus, avvicinandosi al tavolo, spinto dalla curiosità. Era sicuro che Dora si sarebbe infuriata con se stessa per non aver assistito a un evento così strano, ma era voluta rimanere con la sorella in Infermeria.
«Durante l’attacco a Villa Potter, a Godric’s Hollow, immediatamente prima di riportare indietro Sirius e i Potter, questa sfera ha assorbito la magia Oscura, ed estranea, che lo circondava, fungendo da magazzino per un campione da esaminare».
«Un… Estrattore d’Essenza» constatò Remus, che ancora stava elaborando la cosa.
«Esattamente» disse Silente, osservando con attenzione l’energia che vorticava nella fiala. «Fortunatamente, ho ancora qualche amico nell’ufficio Misteri che può studiare la cosa. Se gliela consegno ora, entro martedì dovremmo avere dei risultati».
Remus sbuffò, scuotendo la testa.
«Quindi non ha mandato Sirius a Villa Potter solo per vedere se, per caso, qualcuno avrebbe attaccato la casa, proprio come da noi» disse, con la rabbia che lentamente tornava a prendere il sopravvento. «L’ha sfruttato per prendere un campione da analizzare. Proprio come un cane da riporto, eh? Gli dai la palla e lui te la riporta con una sorpresina dentro».
«Remus, io ho dovuto…»
«La prego, stia zitto» lo interruppe Remus con tono stanco. Girò le spalle al Preside e andò verso la porta, poggiando una mano sulla maniglia.
«Una volta, lei ha detto che bisogna scegliere fra ciò che è giusto e ciò che è facile, me l’ha raccontato Harry» disse Remus, senza voltarsi. «Be’, mi sembra che lei abbia deciso per il facile, questa volta». Aprì la porta e girò leggermente la testa. «Questo mondo è più oscuro del nostro. Marcio, direi. Non si lasci contagiare».
E si congedò.


*****

James chiuse gli occhi e abbandonò la testa sul cuscino.
I suoi genitori, dopo molte proteste, erano stati mandati via, ora che era chiaramente fuori pericolo. Remus, Sirius e Peter se n’erano andati da un po’, tornando di malincuore nella Sala Comune, cacciati dalla rigida Infermiera. Fino a quel momento, era rimasto a parlare con Lily. Ogni volta che la guardava, gli ritornava in mente la sua espressione terrorizzata che gli aveva mostrato l’Altro. Era come una tortura: gli piaceva averla accanto, lo tranquillizzava, eppure gli bastava guardarle il viso per sentirsi afflitto dai sensi di colpa e dalla preoccupazione, che gli serravano il petto e gli bloccavano il respiro.
Rimanere da solo era quasi un sollievo.
Si sentiva stupido per ciò che provava e si ripeteva che era tutta un’illusione mentale generata dall’Altro, che gli faceva diffidare delle persone che aveva vicino, tanto da non desiderare più la loro presenza.
Eppure, non ne era del tutto sicuro.



Sala Comune di Tassoverde

Ma buonsalve a tutti!
Bentornati con questo nuovo capitolo di The Storytellers, che altro non è che la seconda parte del capitolo precedente, poiché l'autore era troppo pigro per finirlo tutto prima di pubblicarlo! Yeeee...
Okay, a parte gli scherzi, passiamo al capitolo (che, ovviamente, per voi è la cosa più interessante... credo). Allora, ricapitoliamo.
James incontra Harry nello stesso negozio della Apple in cui era andato Silente poco tempo prima e aveva incontrato sempre lo Sfregiato (che, evidentemente, è un cliente fisso). La spiegazione (teorie, in realtà) del perché di questi incontri ci sarà più avanti.
Contemporaneamente, Remus, incazzato come una bestia e senza pensare alle conseguenze, vuole pestare a sangue la nostra cara prof-vampira, seguito a breve distanza da Dora (che inciampa una volta sì e l'altra pure) ed Evelyn (che è l'unica sfigata a farsi male; a quanto pare il mio sadismo colpisce maggiormente i più piccoli, quindi aspettatevi questa quattordicenne morta a fine storia). Quest'ultima comincia a mostrare il suo lato inventivo, che sfrutterò all'ennesima potenza già dal prossimo capitolo.
Intanto, James ed Harry parlano del più e del meno, come se salvare o no Regulus, se la prof ha viaggiato nel tempo o quale modello di iPhone ha il miglior rapporto qualità-prezzo. Poi svaniscono nel nulla come i cupcakes che erano nel mio frigorifero l'altroieri. A Harry (per una volta) non succede un tubero, mentre James si ritrova a combattere un duello all'ultima nuvoletta contro l'Altro. Ovviamente perde (ma non prima che il caro malvagio di turno gli abbia detto qualche sensuale parolina all'orecchio in modo molto ambiguo) e si risveglia sul suo letto, per poi sparare la sua battuttina del cazzo giornaliera.
La scena torna a Remus che, un po' più tardi, parla con Silente e lo manda bellamente a farsi fottere. Go, Remus, go!
Poi di nuovo si torna a James, tanto che si va a pensare che sia lui il vero protagonista della storia (e forse è così, considerando che non c'è neanche un POV di Rem-Rem), che si fa le sue pippe mentali prima di andare a letto, con problemi filosofici tali che Platone & co. si sentono semplici apprendisti e Foscolo si chiede se, alla fine, James sia più sfigato di lui.
E così si conclude il capitolo... otto? O lo consideriamo sempre come numero sette, dato che è una "parte due"? Sono questi i drammi esistenziali, altro che "perché pagare quando prelevo col bancomat".
Credo di aver concluso i deliri e passo ai ringraziamenti.
Questi vanno alle 11 persone che hanno messo la storia fra le preferite, le 5 che l'hanno messa fra le ricordate e le (O.O) 40 che l'hanno sistemata fra le seguite. Inoltre, ringrazio di nuovo Hoon21, che mi segue fin dall'inizio, e Ma_AiLing, che è arrivata più tardi ma pare anche lei piuttosto affezionata alla storia (correggimi si sto scrivendo una boiata).
Ora, credo di aver decisamente finito.
Come al solito, vi invito a recensire (non chiedo poemi, solo piccoli pareri), ché le recensioni fanno sempre molto piacere, e a segnalarmi gli eventuali errori che non ho notato durante la revisione.
Alla prossima,
Hufflerin

EDIT: Come mi è stato fatto notare, Harry è clamorosamente OOC in questo capitolo. In effetti, avrei dovuto dare le dovute spiegazioni, ma preferivo lasciarle al prossimo capitolo (in cui, vi anticipo, ci sarà una breve scena ambientata nell'Universo d'Origine). Tuttavia, avrei dovuto prevedere che sarebbe stata una cavolata, per cui mi accingo a spiegarvi il perché di un Harry così particolare (probabilmente la spiegazione che sto per scrivere è identica a quella che inserirò nel capitolo, quindi siete liberi di leggere ora o di scegliere di aspettare un po' e riceverla dalla mente di uno dei personaggi).
A mio parere, Harry è riuscito a superare le morti di tutti coloro a cui voleva bene (a partire da Cedric in poi) solo con la volontà di sconfiggere una volta per tutte l'Oscuro Signore. Tuttavia, una volta ucciso Voldemort, Harry si è trovato da solo a dover affrontare tutte le morti della guerra, senza nulla che lo spingesse ad andare avanti, solo contro le morti di Sirius, Malocchio, Fred, Dobby e molti altri.
Ovviamente, Harry non è veramente solo ma le circostanze lo costringono a chiudersi in se stesso, a far emergere un altro lato di sé (quello cinico, pungente e diretto che avete potuto vedere) perché, se avesse mostrato la sua vera faccia, probabilmente sarebbe stato distrutto dal dolore che, al momento, si costringe a far uscire solo quando si trova in solitudine.
Per me è stato normale pensare che qualcuno, dopo un trauma del genere e senza (momentaneamente) nulla a cui aggrapparsi sia caduto nel baratro. Ha amici e una moltitudine di persone che gli vogliono bene, ma non riesce a vivere credendo di essere stato il responsabile della morte di tante persone. Per cui, non riuscendo a liberarsi del dolore, si è creato una nuova faccia che, tuttavia, chiunque conosca bene sa attraversare.
A un certo punto, comunque, tutti tornano in sé qualche modo e quindi ho pensato, seguendo la (poca) logica della mia fan fiction, e se fosse la speranza a fungere da interruttore per il ragazzo? La speranza che tutti i morti della guerra siano tornati in vita in un qualche universo, con le loro memorie e con la possibilità di ricominciare (non posso confermare che il Viaggio funzioni così, c'è ancora parecchia storia da narrare per scoprirlo).
La speranza, dopotutto, è l'unica cosa più forte della paura.

Ah, e un'altra cosa: il triangoletto comico delle Tonks più Lupin. Immagino che quasi tutti vi siate chiesti perché, in una situazione del genere, si scherza e si fanno battute. Be', questa è stata una decisione mia: non volevo che il capitolo fosse in qualche modo deprimente o fin troppo serioso (un po' va bene, ma con l'esagerazione si può arrivare anche ad annoiare, o almeno io la vedo così) quindi ho pensato di bilanciare un po' la cosa. Se, tuttavia, pensate che i personaggi siano OOC o che sia qualcosa di sostanzialmente inutile e/o scialbo, ditemelo e provvederò a modificare.

   
 
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