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Autore: Yu_Kanda    07/10/2013    1 recensioni
Da quanto tempo fissava quella macchia lassù, sul muro della sua prigione? Quante ore erano trascorse? Quanti giorni, da che era stato rinchiuso lì dentro? Aveva cercato di tenere il conto delle ore, ma non era servito; il dolore, i ricordi, i sogni tormentati che lo perseguitavano se si addormentava, gli avevano fatto perdere ogni riferimento temporale.
Perché non poteva semplicemente smettere di pensare? Il modo in cui li avevano arrestati, il disgusto nei loro occhi nel trovarli teneramente abbracciati, nudi sotto quelle lenzuola impregnate dell'intenso odore di sesso e sudore, l'umiliazione del processo, la disperazione della condanna.
Riviveva tutto quanto a ciclo continuo.
[YAOI, LaviYuu]
[Fanfiction Classificata 1° al Contest “In Direzione Ostinata e Contraria” indetto da darllenwr sul Forum EFP]
[Fanfiction Classificata 1° al Contest “Scegli il tuo Prompt” indetto da Fabi_ sul Forum EFP]
[Fanfiction Classificata 1° al Contest “Everything Good” indetto da Akira Haru Potter sul Forum EFP]
[Fanfiction Classificata 1° al Contest “La Tavola Periodica delle Fanfiction” indetto da Midori_chan sul ForumEFP]

[Fanfiction Classificata 2° al contest "Beating of your heart” indetto da My Pride sul ForumEFP]
[Fanfiction Classificata 2° al "Prompt's Contest” indetto da Lady Athena sul forum]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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DISCLAIMER: non possiedo alcun diritto su D. Gray-man, ma ho una bella bambolina woodoo... prima o poi funzionerà!

ATTENZIONE YAOI - se non sapete cosa questa parola voglia dire, o se non gradite le relazioni uomo/uomo questa storia non fa per voi, siete avvisati! Come si dice, se non vi piace NON LEGGETE!




Speranza Senza Redenzione


Capitolo 4: Desiderio di Morte

 

 

Vagamente, Kanda si sentì afferrare, parole in una lingua a lui sconosciuta furono pronunciate con foga e, in distanza, il rombo dell'esplosione che avrebbe dovuto investirlo in pieno non fu niente più di quello: un rumore lontano.

Un impatto con qualcosa di duro lo riscosse appena, vagamente fu cosciente di mani che premevano contro il suo petto con forza, mentre una voce di cui non riusciva a cogliere le parole gli ronzava nelle orecchie. Forse chiamavano il suo nome?

Quindi non era morto, dopotutto. Un singulto lo scosse a quella realizzazione. Qualunque cosa io possa fare, anche se il mio corpo è libero, sono ancora prigioniero in quella cella. Sarò sempre prigioniero in quella cella...

- Lavi... - si sorprese a mormorare.

- Tu... stavi pensando di nuovo a lui? - chiese con rabbia la voce di poco prima, solo che ora Kanda riuscì a comprendere ciò che gli diceva. - Ti sei quasi fatto uccidere! - continuò a gridargli contro, salvo poi interrompersi bruscamente. - Oh, Dio... - mormorò con orrore, estraendo qualcosa da dentro la chiusura dell'uniforme di lui. - Tu lo volevi, non è così?

Kanda lentamente aprì gli occhi, mettendo a fuoco a fatica la figura china su di sé. Vide che stringeva qualcosa in mano con sdegno, che l'agitava davanti al suo viso con veemenza; poi la riconobbe. La bandana di Lavi. Con un ringhio inarticolato protese disperatamente la mano in avanti e l'afferrò con tutta la forza di cui era capace nel suo attuale stato. Il braccio gli ricadde inerte sul petto con il trofeo stretto fra le dita. Ansimante per lo sforzo sostenuto incontrò lo sguardo attonito del proprio guardiano, momentaneamente senza parole. Il suo gesto doveva averla colta di sorpresa, per quello gli era riuscito di riprendere quell'oggetto per lui tanto prezioso.

- Togliti da... sopra di me... - ordinò a denti stretti alla donna. - Lasciami in pace...

Quell'ultima richiesta parve restituirle la capacità di parlare e rinnovare la sua rabbia, perché per tutta risposta gli inchiodò le spalle al suolo con un gesto secco, fissandolo dritto negli occhi.

- Stavi cercando di farti ammazzare! Non ti è consentito di morire, mi hai capito? - ammonì in un tono che non ammetteva repliche. - Io non lo permetterò! Ora liberati di questa roba e lasciati bendare.

La donna protese una mano per afferrare la bandana che Kanda stringeva al petto come se il suo solo contatto potesse dargli conforto, ma, nonostante i numerosi traumi sostenuti e lo stato di debolezza in cui versava, il giovane non cedette di un millimetro.

- Lasciala immediatamente! - le intimò con odio, spingendola via con la mano libera. - Toccala di nuovo e ti uccido.

- È morto! - ribadì allora lei. - Accettalo!

- Non me ne frega niente, ti ho detto! - rispose ancora una volta Kanda, il viso contorto in una smorfia di dolore per la pretesa di gridare a quel modo a dispetto delle ferite tuttora non guarite.

Quanta forza in quelle mani seppure così provato, considerò l'Ispettore con meraviglia, e quanta determinazione nelle sue parole. Davvero una vergogna che Kanda avesse perso la ragione e l'onore commettendo sodomia con un altro uomo. Un uomo che continuava ad amare disperatamente contro ogni logica, rifiutando persino di accettare la condanna ricevuta per il suo Peccato. La donna rimase in silenzio, continuando a fissare il viso sconvolto del giovane senza però accennare ad allentare la presa che lo immobilizzava al suolo. Respirava a fatica, ma non sembrava più sul punto di attaccarla. L'Ispettore spostò per un momento la propria attenzione sulle ultime due esplosioni, per controllare che il fumo non si fosse troppo diradato rendendoli nuovamente un bersaglio.

- Ho sentito tante cose su di te; sei caparbio e orgoglioso. Come hai potuto concederti a lui, ben conoscendo la gravità di quel che facevate? - chiese mentre si spostava da sopra il corpo di Kanda, inginocchiandoglisi accanto. - Dovevi...

Kanda sibilò un'imprecazione nella sua lingua natale nel cercare di mettersi in qualche modo seduto, interrompendo bruscamente il discorso di lei. La fissò con tanta intensità da farla rabbrividire, talmente duro era lo sguardo che le rivolse.

- Resistere? - concluse per lei. - Pensi che non ci abbia provato? - disse con astio; si portò una mano all'altezza del cuore, posandovela sopra lentamente. - Ho lottato contro questo con tutto me stesso, finché ho capito che non mi avrebbe mai lasciato libero. Se l'ho accettato? - si chiese da solo, leggendo lo sconcerto negli occhi di lei. La bocca gli si piegò in una smorfia amara. - Sì. Non si può smettere di provare sentimenti con un semplice schiocco di dita, dovresti saperlo. Non puoi ordinarmi di dimenticare e aspettarti che io lo faccia!

L'odore acre del fumo li investì; il vento stava cambiando, presto la visuale sarebbe stata libera. L'Ispettore emise un breve sospiro, cercando di controllare l'espressione sul proprio viso in modo da non far capire a Kanda che aveva pietà di lui. Non poteva permettersi un altro accesso di rabbia nella situazione in cui erano.

- Sta bene - cedette, facendosi definitivamente da parte - puoi tenerla, solo... nascondila meglio. Ora dimmi, sei già in grado di alzarti da solo? - domandò poi, guardandosi dietro con apprensione.

Kanda scosse lentamente la testa, seguendo la direzione in cui puntava lo sguardo di lei. I suoi occhi si dilatarono nel realizzare che erano ancora vivi solo grazie a uno dei sigilli di protezione Crow e che gli Akuma rimanenti s'aggiravano tuttora là fuori. Forzò i suoi muscoli per portarsi in ginocchio e poi provare a rimettersi in piedi.

- Non ancora, ma lo sarò molto presto. E allora finirò di spazzare via quei mostri, così potremo tornare a... - s'interruppe di colpo. Stava per dire 'casa', ma senza Lavi la definizione perdeva di significato. - Al Quartier Generale. - concluse.

Pretese di non notare lo sguardo che l'Ispettore gli rivolse prima di aiutarlo ad alzarsi e trovare riparo dietro gli edifici ancora in piedi. Lavi gli aveva restituito un cuore. Forse questo l'aveva reso vulnerabile sotto un certo profilo, ma al punto in cui era non gli importava davvero più.

Era come una bomba a orologeria, pronta a esplodere in qualunque momento; la sua vita era solo un conto alla rovescia, che scorreva veloce verso il momento in cui rigenerare l'avrebbe consumata del tutto.
Un'ombra di tristezza gli velò lo sguardo, mentre tornava a scrutare le linee nemiche. Ormai, senza Lavi, nemmeno questo aveva più importanza.

 

 

Kanda smise di contare le missioni affidategli dopo la decima, ma non i giorni trascorsi da quando aveva dovuto dare l'ultimo addio a Lavi. Aveva iniziato a scrivere dei brevi appunti su un piccolo diario, che aggiornava durante ogni missione, come stava facendo ora: quattrocentoventisei giorni.

- Cosa stai facendo?

La domanda gli arrivò inaspettata; credeva di essere giunto a un accordo con quella donna, sui suoi momenti di privacy. Evidentemente si sbagliava.

- Niente che ti riguardi. - rispose gelido.

- Mi pareva di aver già stabilito che tutto ciò che fai mi riguarda. - ribatté lei, portandosi le mani ai fianchi.

Poi con un gesto improvviso gli strappò il libretto dalle mani, leggendo i numeri solitari sulla pagina incriminata. Kanda scattò subito in piedi e le sferrò un pugno ben assestato al viso, riprendendosi il diario.

- Mi hai colpito! - protestò la donna mentre riguadagnava l'equilibrio, chiaramente sorpresa da quella reazione tanto estrema.

- Ci puoi scommettere che l'ho fatto! - replicò Kanda fra i denti, una nota di perversa soddisfazione nella voce. - Non immischiarti nella mia vita.

L'Ispettore si rialzò, scrollandosi gli abiti. Se Kanda teneva un diario doveva riguardare i suoi ricordi peccaminosi, che senso avevano quei numeri? Per un momento lo fissò, come se stesse valutando qualcosa, poi gli occhi le si dilatarono appena. Incrociò le braccia al petto con aria di disapprovazione.

- Non dirmi che stai contando i giorni! - esclamò incredula. - I giorni di cosa? Trascorsi con lui? Con Lavi?

Odiava sentirle quel tono, lo faceva sentire sporco come quando, all'inizio della loro relazione, non riusciva ad accettare il suo rapporto con Lavi. Adesso invece, nonostante il processo, lo scherno e il disprezzo di cui era stato oggetto e le torture subite, non credeva più di aver commesso un crimine. Non si sentiva più un pervertito.

- Sta' zitta! - sibilò con rabbia, puntando di nuovo il pugno verso la donna. - Non sei degna di pronunciare il suo nome! - aggiunse subito dopo, alzando di proposito la voce per farle capire quanto lo infastidivano le sue continue considerazioni sul suo rapporto con Lavi. - Sì, conto i giorni, contenta? Visto che ti interessa tanto, ce ne sono solo due tipi da contare per me: quelli che mi restano da vivere e quelli che ho vissuto, senza Lavi. E tu non puoi fare un maledetto niente per fermarmi!

- È una follia, te ne rendi conto, vero? - disse lei, dopo un lungo attimo di silenzio in cui entrambi avevano continuato a squadrarsi come se stessero per iniziare un duello all'ultimo sangue. - Questa tua ossessione per quel ragazzo ti sta facendo uscire di senno. Sai bene che non puoi morire.

Le labbra di Kanda si piegarono in un sorriso amaro, negli occhi scuri chiaramente visibile una luce di disperazione. Certamente che lo sapeva, ogni minuto della sua esistenza malediceva quel corpo che non gli permetteva di decidere quando farla finita.

- Può essere che non mi sia consentito di morire, non subito per lo meno. Non finché la capacità di rigenerare che l'Ordine mi ha gentilmente donato non mi consuma; ma non puoi impedirmi di desiderarlo. Né di cercare di ottenerlo.

L'Ispettore tirò un profondo sospiro nell'udire la dichiarazione di Kanda e allargò le braccia in un gesto di resa. Non poteva onestamente dire di capire davvero la posizione del giovane, né il suo fossilizzarsi su un amore che gli avrebbe portato solo umiliazioni e disperazione, ma non si sentiva nemmeno di continuare a condannarlo. Tuttavia, niente l'avrebbe dissuasa dal cercare di redimerlo.

 

 

Era rientrato nella sua stanza da pochi minuti, giusto dopo che Komui aveva annunciato l'imminente cambio di sede per il Quartier Generale, ed era piuttosto contrariato. Londra; non gli piaceva quella città nebbiosa e non voleva abbandonare la foresta nella quale era solito allenarsi. Trovare un altro posto dove incontrarsi in segreto con Lavi sarebbe stato difficile con la nuova sede, ne era certo. Senza contare i sospetti di Bookman Senior...

Un leggero bussare alla porta lo riscosse da quei pensieri. Sapeva che c'era Lavi lì fuori e si chiedeva come mai si fosse arrischiato a bussare alla sua porta così presto, con tutti gli occhi sospettosi che c'erano in giro dopo il trucchetto di quella Noah, Lulubell, e il conseguente attacco del livello quattro.

Kanda aprì la porta velocemente e con altrettanta destrezza tirò Lavi all'interno, richiudendola silenziosamente dietro di sé.

- Perché sei qui a quest'ora, idiota! - sibilò, bloccandolo contro la porta e baciandolo prima che potesse rispondergli.

- Appunto per questo. - lo canzonò Lavi col sorriso sulle labbra non appena fu di nuovo libero di respirare.

- Potrebbero averti visto! - insistette Kanda, mentre si adoperava per spogliarlo più in fretta che poteva, le dita dell'altro giovane che svolgevano il medesimo compito con pari maestria.

Lavi lasciò scorrere le mani lungo il torace dell'amante, posandogli piccoli baci nell'incavo del collo prima di rispondere alla domanda che questi gli aveva posto.

- Nessuno in giro, stanno tutti organizzando la partenza. - lo rassicurò. - Per questo ho anticipato. Il vecchio vuole che partiamo anche noi. Domattina.

Kanda non rispose, ma il suo corpo fu scosso da un tremito. Lavi lo fissò intensamente; doveva aver intuito cosa pensava, cosa provava. Un'altra separazione. Quanto lunga questa volta? L'ultima erano passati mesi prima che potessero rincontrarsi e quando era finalmente successo si trovavano nel mezzo della battaglia di Edo. E poi sull'Arca si erano separati di nuovo. Aveva creduto fosse la fine di tutto, invece erano sopravvissuti entrambi. Se stavolta non si fossero più rivisti?

Lavi lo baciò di nuovo e lui lo trascinò verso il letto, sdraiandosi in attesa di averlo su di sé. Dentro di sé. Fecero l'amore come se dovesse essere la loro ultima volta, come se presagissero la tragedia che solo poche ore più tardi si sarebbe abbattuta su di loro. Kanda avrebbe voluto dirgli che l'amava in quel momento, ma non ne trovò la forza. Nemmeno Lavi lo fece.

Poi qualcuno buttò giù la porta, svegliandoli, sorprendendoli ancora abbracciati in quel letto, nudi. Voci disgustate li insultarono, mani sconosciute li afferrarono, colpirono, ferirono, e infine legarono senza pietà. Si sentì urlare il nome di Lavi così forte da perdere la voce, così forte che fu colpito perché tacesse. Lavi urlava il suo, di nome; si divincolava, implorava che non gli facessero del male e si accusava di ogni cosa. Poi lo trascinarono via...

- Nghh...

Un suono strozzato ruppe il silenzio della notte in cui era avvolta la stanza in cui Kanda si trovava; il respiro pesante di qualcuno lo seguì e l'agitarsi convulso di un corpo sotto le coperte fece il resto.

- Kanda? - chiamò una voce assonnata dal letto accanto al suo; voleva rispondere, ma non ci riusciva. Ricevendo come responso unicamente il perdurare dei gemiti e dell'agitarsi del suo compagno di stanza, l'Ispettore si tirò a sedere, cercando a tentoni di accendere la lampada che aveva sul comodino. Quando infine vi riuscì e poté puntarla verso il letto dove dormiva Kanda, lo vide divincolarsi come se stessero cercando di strapparlo dal suo giaciglio. - Kanda? - chiamò ancora, senza alcun risultato.

Allora si costrinse a scendere dal letto e ad avvicinarsi a quello di lui, decisa a svegliarlo. Ora capiva come mai si fosse strenuamente opposto a dividere la camera durante le missioni, sapeva quanto tormentati potessero essere i suoi sogni e non voleva che altri assistessero a quel genere di spettacolo. Aveva sempre sofferto di questo problema? Conoscendo il passato di Kanda, non si sentiva di escluderlo, però le risultava che avesse spesso diviso l'alloggio con altri Esorcisti e a volte se necessario persino con qualche Finder. Gli posò una mano sul petto, scuotendolo appena.

- La... vi... - mormorò allora il giovane, protendendo una mano in un gesto disperato.

Quella dell'Ispettore si bloccò per un attimo prima di riprendere a scuoterlo. Sognava Lavi? Non sembrava qualcosa di piacevole, da quanto tempo gli succedeva? Sospirò, comprendendo che probabilmente era così dal giorno in cui aveva saputo della morte del giovane. Stava gridando il suo nome con un'espressione terribile sul viso, sognava forse del momento in cui li avevano separati? In ogni caso, doveva svegliarlo. Lo chiamò ancora, questa volta a voce più alta e usando entrambe le mani per cercare di riscuoterlo.

- Kanda! Svegliati, è solo un sogno.

Kanda tornò bruscamente alla realtà, reagendo di riflesso come se l'avessero attaccato, le mani pronte ad afferrare e colpire chiunque fosse che lo stava toccando. L'Ispettore però se l'aspettava e riuscì a contenerne la furia, finché lui non fu di nuovo in grado di riconoscere dove si trovava. Deglutì a vuoto, fissando la donna davanti a sé con un misto di sollievo e rabbia al contempo. Lei ricambiò lo sguardo, l'aria grave.

- Stavi sognando di lui. - accusò senza mezzi termini.

- No. - rispose Kanda, lapidario.

- Gridavi il suo nome, è inutile negare. Cosa sognavi? - chiese ancora l'Ispettore, il tono duro e allusivo. - La notte che vi hanno arrestato?

- Per questo non volevo dormire nella stessa stanza! - esplose Kanda, anziché fornire una spiegazione valida. - Non risponderò alle tue domande!

La donna scosse il capo, esalando un respiro rassegnato. Si diresse verso la propria valigia, inginocchiandosi accanto a essa e iniziando a frugarvi dentro.

- Lo hai appena fatto. - disse, estraendo un'ampolla dal colore ambrato. - Hai parlato con Komui di questi incubi? - chiese poi, e quando si scontrò con il cocciuto mutismo di Kanda continuò per suo conto il discorso. - Immagino di sì, perché mi ha dato questa.

Gli occhi di Kanda ebbero un guizzo alla vista dell'oggetto, segno che il giovane sapeva perfettamente di cosa si trattava. Adesso capiva la ragione per cui il Supervisore le aveva affidato una boccetta d'olio profumato, che a suo dire possedeva proprietà strabilianti nel conciliare il sonno e rilassare il corpo. Non aveva specificato a cosa dovesse servire quella particolare dotazione per la loro missione, ma le era pienamente chiaro ora.

- Faccio da solo. - le comunicò Kanda, vedendola avanzare verso di lui e stappare l'ampolla. Lei gliela porse, incrociando le braccia al petto.

Kanda sollevò un sopracciglio con aria eloquente e la donna si voltò. L'udì togliersi la maglietta nera che indossava sotto la divisa e poi un aroma delizioso pervase la stanza. Biancospino, le aveva detto Komui?

- Non ti facevo tanto pudico. - lo canzonò.

Kanda sbuffò, sarcastico. No, non aveva mai avuto problemi a mostrarsi a torso nudo, nonostante l'espandersi del suo tatuaggio attirasse in continuazione gli sguardi di tutti. Era lei il problema. Gli dava fastidio anche solo il pensiero che lo scrutasse, cercando di analizzare ciò che pensava, le emozioni che a volte lasciava affiorare alla superficie, visibili sul suo viso; e sapeva fin troppo bene quale ne sarebbe stata l'espressione nell'applicarsi quell'olio.

- Non lo sono. È essere osservato e giudicato da te che mi irrita. - chiarì in tono piatto.

La donna non raccolse il palese tentativo di offenderla del giovane Esorcista.

- Dovresti smettere di pensare a lui. Ti sta distruggendo. - commentò invece, tornando verso il proprio letto.

- Sta' zitta! - sibilò Kanda con astio. - Quello che penso non ti riguarda.

Il rumore di coperte che venivano mosse disse all'Ispettore che il giovane si era nuovamente sistemato nel letto, dichiarando in tal modo chiusa la conversazione. Aggirare l'ostilità di Kanda nei suoi confronti non appariva affatto semplice, ci sarebbe voluto molto tempo per costringerlo ad accettare la sua presenza accanto a lui, considerò la donna. Molto di più di quello che aveva stimato all'inizio.

S'infilò anche lei di nuovo sotto le coperte; dormire qualche altra ora era la cosa più saggia da fare, se volevano completare l'attuale missione il giorno seguente.

 

 

Erano di nuovo al Quartier Generale. Un altro frammento di Innocence consegnato nelle capaci mani degli scienziati dell'Ordine Oscuro. L'ennesimo rapporto da fare, prima a voce, al Supervisore, Komui Lee, poi su carta, per gli archivi dell'Ordine.

Kanda era così stanco di tutto ciò. Lo stavano spedendo in giro per il mondo con il suo cane da guardia senza sosta, concedendogli appena qualche giorno di riposo tra una missione e la successiva. Questa volta quanto tempo sarebbero rimasti? Tre giorni? Quattro?

Stavano andando via dall'ufficio di Komui, diretti al settore dov'erano i bagni comuni per potersi togliere di dosso i segni del viaggio (e della battaglia sostenuta), quando qualcuno chiamò a gran voce proprio lui.

- Yuu-kun! - esclamò la familiare voce, colma di gioia. - Finalmente ti vedo, dopo la tua liberazione!

Froi Tiedoll. No, quella era l'ultima cosa di cui aveva bisogno ora. Tra tutti proprio il Generale che l'aveva addestrato fin da bambino e che a causa di ciò si considerava come un padre per lui, doveva incontrare? Un sopracciglio di Kanda iniziò a tremare per l'irritazione. Non aveva mai sopportato le manie paterne di quell'uomo, né la sua tendenza a straparlare, tanto meno le dimostrazioni di affetto non richieste delle quali era più che prodigo.

Sapeva che avrebbe cercato di fare cose per lui inaccettabili come abbracciarlo o pretendere di sapere se stava bene. Dopo quello che era successo, poteva star bene? Kanda si voltò verso Tiedoll, lanciandogli un'occhiataccia, l'Ispettore Crow che salutava il Generale con rispetto, allontanandosi di qualche passo perché potesse parlare con il suo allievo.

- Che vuoi? - chiese il suddetto allievo, guardingo, il tono leggermente contrariato.

- Semplicemente parlare con il mio adorato figliolo. Ero preoccupato per te, sai? - rispose l'uomo, sorridendo e infilandosi una mano fra i crespi capelli castani in un gesto apparentemente imbarazzato. - Ti trovo bene. Mi fa piacere.

Kanda non beveva una sola parola di quella sceneggiata; fissò Tiedoll con aria sospettosa. Stava macchinando qualcosa, ne era certo.

- Non sono tuo figlio, smetti di chiamarmi così! - sibilò irritato, scoccando un'occhiata in tralice al suo sorvegliante. - Sto benissimo. Ora che lo sai... - Kanda terminò la frase con un gesto eloquente che segnalava il termine della conversazione. Fece per voltarsi e continuare per la propria strada, ma Tiedoll l'afferrò per un braccio costringendolo a restare, l'espressione per un istante improvvisamente seria.

- Aspetta, Yuu-kun! - esclamò, e Kanda si chiese perché mai negli occhi dell'uomo ci fosse tanta decisione; durò soltanto un momento, poi sul viso gli tornò il solito sorriso gentile e affettuoso. - Ho un regalo per te, una cosa che sono sicuro ti farà piacere, per avere la tua famiglia sempre vicino anche in viaggio.

Di che diavolo stava parlando quello sciroccato? Cosa aveva escogitato questa volta per farlo arrabbiare? Prima ancora che potesse sottrarsi alla presa che lo tratteneva, Kanda si ritrovò in mano un ciondolo. Tiedoll gli chiuse il pugno, battendovi sopra con l'altra mano, l'aria estremamente soddisfatta.

- Cosa...? - fece per obiettare il giovane, ma non riuscì a finire la frase.

- Prima che tu possa dire che non lo vuoi, guarda all'interno. - lo esortò Tiedoll, liberandogli la mano.

Kanda sbuffò, rassegnato; scrutò il piccolo gioiello dorato, notando i cardini che aveva da un lato. Li fece scattare e l'apertura del coperchio rivelò un ritratto di lui insieme al Generale e agli altri due allievi di questi. Che razza di stupido regalo era mai?

- Non lo voglio. - disse, fissando l'uomo negli occhi con espressione piatta, fredda e noncurante.

- Yuu-kun, sii buono... - Tiedoll sospirò, scuotendo la testa con aria afflitta, atteggiamento cui Kanda reagì con uno dei suoi 'CHE'. - Ti ricorderà delle persone che ti vogliono bene.

Ne aveva le tasche piene delle persone che si arrogavano il diritto di decidere per lui in nome del 'suo bene' e, in particolare, non sopportava che gli imponessero cosa fare. Il suo corpo fu percorso da un forte tremito di rabbia e Kanda scagliò il gioiello in terra con forza.

- Non ne ho bisogno! - esplose, esasperato dall'insistenza di Tiedoll; andava sempre a finire così con lui, insisteva e insisteva finché non gli saltavano i nervi.

- Metti in tasca quel maledetto pendente e andiamo! - Si intromise a un certo punto l'Ispettore, stanco di assistere a quell'inutile battibecco. - Anche io vorrei farmi un bagno e poi mangiare.

Kanda stava per rifiutarsi categoricamente quando un riflesso rosso attirò la sua attenzione sul coperchio mezzo aperto del pendente, dal quale sporgeva un pezzo del ritratto che conteneva. I suoi occhi si dilatarono leggermente nel comprendere cosa potesse in realtà essere e scattò verso l'oggetto, scambiando un'occhiata in tralice con chi l'aveva portato. Si affrettò a raccogliere il ciondolo, lanciando uno sguardo velenoso al suo guardiano, il quale gli fece cenno di muoversi. Kanda si voltò con espressione indagatrice e Tiedoll annuì verso di lui, felice, salutandoli con la mano.

- Bene figliolo, molto bene. - gli sentì dire mentre si allontanavano.

Durante la cena Kanda continuò a domandarsi se l'Ispettore si fosse accorto che qualcosa non andava nel ciondolo, ma apparentemente non nutriva alcun sospetto, al contrario di lui. Non aveva ancora avuto modo di controllare, voleva la privacy della sua stanza per farlo; se quel che conteneva fosse stato ciò che sospettava, nessuno doveva vedere la reazione che avrebbe potuto avere.

Eccolo al momento della verità, mentre chiudeva dietro di sé la porta della propria stanza, lasciando l'Ispettore in quella comunicante come al solito. Abbassò la fiamma della lampada e lanciò un'occhiata al punto di luce che filtrava dal centro della porta, procedendo a sbottonarsi la giacca della divisa e poi piegandola con religiosa attenzione. Continuò con la sua routine serale finché non vide il fascio luminoso ridursi e scomparire; dannata Crow, aveva trovato un modo per spiarlo anche lì. Si avvicinò piano a uno dei due angoli ciechi accanto alla porta, estraendo infine dalla tasca il ciondolo e aprendolo fra le dita ansiose. Nell'impatto con il pavimento il ritratto era uscito per metà dalla cornice metallica, rivelando sotto di sé un'altra immagine. Kanda trattenne il fiato: non poteva essere... Tiedoll era uno di quelli che apparivano più scioccati al processo, come mai gli aveva dipinto un ritratto di Lavi, consegnandoglielo su un piatto d'argento con tanto di pendente? Rimosse completamente l'altra immagine, stringendo il ciondolo contro il petto. A quanto pareva, in fin dei conti aveva qualcosa di cui essere veramente grato a Tiedoll.

La mattina seguente, Kanda uscì dalla camera con il pendente al collo, guadagnandosi un'occhiata meravigliata dal suo guardiano Crow. La donna sollevò un sopracciglio, frapponendosi fra lui e la porta principale che introduceva alle loro stanze.

- Cosa vuoi? - l'apostrofò Kanda in tono seccato.

- Cambiato idea? - domandò lei, scrutandone il viso alla ricerca del più insignificante indizio di emozione. Kanda l'ignorò, facendo per oltrepassarla e guadagnare l'uscita. La donna gli sbarrò la strada con un braccio, l'aria inquisitoria. - Cosa esattamente c'è dentro quel pendente? - l'incalzò.

- Lo sai già.

La risposta non soddisfece affatto le aspettative dell'interrogante, che squadrò l'accusato con espressione scettica.

- Non ne sono sicura. - affermò; Kanda dette una scrollata di spalle.

- Problema tuo. - rispose, allungando una mano verso la maniglia della porta.

L'Ispettore l'afferrò, impedendogli di aprirla. "Cocciuto come un mulo, accidenti a lui," pensò, guardandolo dritto negli occhi.

- Se ti chiedo di mostrarmi di nuovo il contenuto, lo farai? - chiese in tono severo.

- No. - ribatté Kanda, la voce altrettanto grave. Non avrebbe ceduto. Non avrebbe mai rinunciato all'unica immagine che aveva di Lavi.

La donna però non era dello stesso avviso e insistette, lasciando intendere che sapeva perfettamente cosa il pendente celava. Ci poteva essere un'unica ragione per cui il dono del Generale fosse ora appeso al collo di Kanda, dopo che il giovane aveva rifiutato con tanta veemenza di accettarlo.

- Kanda, apri quel gioiello. Il Generale Tiedoll ha il cuore di burro e ti considera come un figlio; farebbe qualunque cosa per te. Aprilo.

Quel comando dapprima fu ignorato. L'aria di sfida con cui il giovane sostenne il suo sguardo non mancò di stupire l'Ispettore. Non voleva piegarsi, per nessuna ragione, continuava a rifiutare di riconoscere il suo Peccato.

Kanda si liberò della presa sul braccio con un gesto secco, quasi sprezzante, e un ghigno irriverente gli comparve sul viso. Lentamente, aprì il gioiello.

- Contenta? - chiese, mostrando con orgoglio il ritratto e osservando compiaciuto l'espressione inorridita di lei.

Un sorriso sardonico gli increspò le labbra, e Kanda aprì di forza la porta, intenzionato a uscire. Con la medesima forza la donna la richiuse di botto, fronteggiandolo con decisione.

- Non puoi girare con... - esitò un istante, non sapendo come definire l'oggetto in questione - quello appeso al collo! - concluse infine, gesticolando in maniera molto chiara su quanto considerasse impura una cosa del genere. Eresia. - Consegnamelo! - ordinò. - Subito.

- Costringimi. - sibilò Kanda, richiudendo il pendente e stringendolo contro il proprio petto, protetto nel suo pugno.

L'Ispettore sospirò; aveva il fondato sospetto di sapere dove sarebbe andata a finire quella conversazione, e la cosa non le piaceva nemmeno un po'. Il caratteraccio del giovane era famoso, così come la sua testardaggine.

- Kanda, sai che posso farlo... - minacciò in maniera velata - dammelo spontaneamente.

- No. Dovrai uccidermi se vuoi togliermelo.

Ecco la dichiarazione che si aspettava. Dannazione, iniziava a essere stanca di quel ricatto: 'Lasciami in pace oppure ammazzami'. Come se lei avesse avuto voce in capitolo.

- È questo il tuo piano? - chiese in tono stanco. - Usarmi per poterlo raggiungere? O ricattarmi per ottenere oggetti che ti sono proibiti? - Kanda le rivolse uno sguardo insofferente. Lei quasi si morse un labbro per la frustrazione. Dannazione, lui sapeva che alla fine avrebbe dovuto cedere! Ingoiò il proprio orgoglio e lo fece. - Sono qui per mantenerti in vita perché tu possa continuare a servire l'Ordine, sai bene che non mi batterò con te. Tieni pure quella... icona, se ti piace tanto soffrire.

- Tch.

Fu l'unica risposta che ricevette dal giovane, mentre infine apriva la porta e usciva. Lei l'affiancò immediatamente.

- Almeno... nascondilo. - mormorò, guardandosi intorno come se tutto l'Ordine Oscuro potesse sapere cosa c'era nel pendente.

Emettendo un altro suono sprezzante, Kanda ubbidì, seppure a malincuore. Alla fine non era importante mostrarlo, lo era averlo accanto al suo cuore. Lo infilò all'interno dell'uniforme, facendo in modo che vi rimanesse.

   
 
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