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Autore: Cat in a box    08/10/2013    1 recensioni
Dopo la caduta del Meteor su Midgar, la maggior parte della popolazione è stata infettata dalle cellule aliene di Jenova, manifestandosi sul corpo degli esseri umani con il Geostigma. [...] Un'ultima missione per l'Avalanche, ormai, sull'orlo di dividersi. Dimostrerà di esserne ancora all'altezza? [...] Al contempo, un eroe caduto si è ritirato dalla battaglia. Il suo animo è ancora diviso a metà, tra bene e male. Sarà un incontro inaspettato a fargli intraprendere una scelta.
Genere: Avventura, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jenova, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Eccomi tornata! ^o^ Vi lascio un piccolo spoiler… alla fine di questo capitolo vi aspetta una sorpresa! E’ stata dura riprendere la fic dopo il lungo periodo di pausa e mi sa che mi dovrò andare a rileggere tutti gli altri capitoli per capire se sto tralasciando qualcosa *maledetta me che mi sono scelta una trama così ingarbugliata* vi avverto che il prossimo capitolo lo pubblicherò tra 1-2 settimane, perché ho un esamuccio in mezzo *hehehe* l’ispirazione mi viene puntualmente quando ho gli esami -.-“ chiedo venia a tutte le fantastiche lettrici che hanno seguito fin qui la mia storia e me l’hanno commentata *si commuove* fatemi sapere se vi piace!! BUONA LETTURA!
 
 
12. A patch of blue sky


Un elicottero della ShinRa stava sorvolando l’arido deserto, che circondava per una ventina di chilometri la città di Midgar. Dal suo interno si udiva provenire tutta pomposa una melodia vagamente familiare alla Cavalcata delle Valchirie, le cui note erano calcate a squarciagola da un Reno febbricitante d’azione.

“La smetti di fracassarmi i timpani con quella roba!!?” esplose Cissnei rivolta al pilota, mentre cercava di ripararsi le orecchie.

“Quella roba?” si interruppe il rosso, lanciando un’occhiata di sbieco alla collega che era diventata paonazza. “Rude! Spiegaglielo tu per favore, che roba è!” Finse in un tono melodrammatico.

“Questo è Wagner.” Disse molto sintetico, l’uomo calvo che sedeva affianco al pilota.

“Lo so chi è!!” ribatté velenosa, dovendo quasi urlare per sovrastare la voce stonata di Reno che stava ancora calcando le note di quella marcia. “Ma perché mettersi a cantare proprio in un momento simile?? E poi, da quando Reno ascolta musica classica!?”

“Ascolta solo questa infatti....” Rispose ancora Rude. “È la colonna sonora dei film d’azione che abbiamo guardato in tutto questo periodo di fermo.” Spiegò.

- Oh per Minerva… - Cissnei alzò gli occhi al cielo esasperata.

“YEAH BABEEE!!!” irruppe Reno “Finalmente una nuova missione e nuove teste da fracassare!! Nessuno può passarla liscia senza fare i conti con noi Turks!” Batté un pugno sul petto per l’orgoglio, lasciando un momento i comandi e facendo perdere quota all’elicottero, che per poco non rischiò di andare fuori controllo.

“PEZZO DI CRETINO! NON LASCIARE MAI I COMANDI!!” sbraitò la castana dando uno scappellotto al pilota.

“MALEDETTA!! Mi verrà un bernoccolo!” si lamentò Reno, mentre si massaggiava la parte offesa.

“Ben ti sta!” commentò lei.

Tra i due scoppiò un’accesa discussione, ma Rude sembrò essersi completamente estraniato da prima ai loro discorsi.

Stava frugando in una tasca della sua giacca e si sentì sollevato, quando con le dita sfiorò lo spigolo di un pezzetto di carta ripiegato, dove nero su bianco aveva composto i primi versi di una poesia.

 
-Questa sarà la volta buona… non mi tirerò indietro… - si gongolò, increspando le labbra in un sorrisetto, mentre nella sua testa ripeteva nome e cognome della persona a cui si sarebbe dichiarato, prima in un verso e poi nell’altro.
 
*** 
Fu investito da una luce accecante.

A lungo i suoi occhi erano stati abituati al buio della foresta e la luce del sole mattutino gli era apparsa in un baleno. Era brillante e aggressiva, al punto che dovette proteggersi la vista con l’arto sano per non restare abbagliato.

Davanti a lui c’era una grande distesa di erba incolta. Si trovava in una radura.

Quando recuperò la vista, riuscì a distinguere lo scheletro di una vecchia chiesa in malora, senza campanile e con parte del tetto sfondato. Una delle cose che gli balzarono subito all’occhio, fu il mosaico di vivaci colori che componevano le sue enormi vetrate ad arco gotico. Pensava a quanto fosse insolito trovare una chiesa in un posto del genere, dimenticato dalla civiltà. Non fu sorpreso quando realizzò, dopo aver esaminato alcuni dettagli, che era identica a quella che aveva visto in sogno.

Ancora, il suo dubbio sul perché la sua nemesi gli avesse mostrato proprio quel luogo, non trovava risposta. Perché proprio una chiesa? Quale messaggio aveva intenzione di lasciargli questa volta?

Man mano che si avvicinava, Cloud, accelerava il passo e stringeva sempre più forte tra le dita l’elsa della spada, in un modo quasi convulso. Poi, quando fu abbastanza vicino, si accorse che l’ingresso era celato da un’immensa porta di legno e davanti a questa, si estendeva una larga pozza di fango rattrappito, nella quale erano rimaste impresse le orme lasciate dagli ultimi visitatori.

Sentì il cuore fare una capriola, quando si accorse che una di quelle orme era stata lasciata dalla scarpa di Yuffie! Anzi, da quelle scarpe che Yuffie aveva regalato a Chloris. Quello che lo lasciò più turbato, un istante dopo, fu l’impronta di uno stivale che trovò accanto alla sua. Erano entrambe abbastanza recenti da fargli pensare che fossero stati lì lo stesso giorno.

Una scarica di adrenalina gli percorse la spina dorsale. Trattenne il respiro e sospinse un’anta dell’immenso portone. Rimase attonito da ciò che trovò all’interno della chiesa.

Riversa sul pavimento trovò metà del corpo di una statua. Era stata recisa alla base con un taglio netto, di sicuro non era opera di una lama ordinaria. Lenta e insidiosa, l’angoscia iniziò a farsi strada nella sua mente: era stato Sephiroth a condurlo lì tramite le visioni e i sogni, voleva lasciargli un messaggio…

“Chloris!” disse in un fil di voce.

Si precipitò dietro la statua, con l’orribile immaginario di imbattersi nel corpo esangue della ragazza; ma tutto quello che vi trovò, fu qualcosa di assolutamente inaspettato. 

Dal pavimento di pietra, era cresciuta rigogliosa una chiazza di gigli bianchi e gialli. Un attimo dopo, fu investito da un’esplosione di ricordi e si lasciò cadere in ginocchio, con gli occhi che bruciavano per le lacrime. Cloud, era diventato pallido come un cencio e a mala pena riusciva a sibilare qualche parola.  

“Aerith…” fu l’unica cosa che riuscì a dire. – Maledetto… non ti prenderai anche lei! – pensò, stringendo talmente forte i pugni da sentir scrocchiare i guanti in pelle. Il messaggio della sua nemesi era chiaro: aveva deciso di risparmiare Chloris, ma solo per poco. E se lei, ingenuamente lo avesse seguito? Se Chloris, lo avesse creduto un amico di cui potersi fidare? Cloud ribollì di rabbia.

Sephiroth lo stava spingendo in una lotta contro il tempo. Era certo che Chloris fosse con lui. Non poteva prevedere tra quanto l’avrebbe uccisa, ma in ogni modo doveva sbrigarsi prima di diventare così debole da non riuscire più a salvarla. La morte di Chloris avrebbe condannato anche la vita di milioni di innocenti che avevano bisogno della cura.

Si alzò in piedi, barcollando leggermente.

Sollevò la pesante spada fin sopra la sua testa e ignorò la fitta che proveniva dal braccio malato. Scagliò una serie di fendenti contro alcune panche di legno, disintegrandole in una miriade di pezzetti. Diresse un colpo verso le vetrate e si frantumarono. Il vetro colorato finì per ricoprire tutto il pavimento. 

Si lasciò cadere sulle ginocchia, esausto e ansimante. Conficcò nel pavimento la spada e la usò come perno per rialzarsi. Era debole e il suo corpo stava toccando i suoi limiti. Per quanto ancora avrebbe resistito al dolore? La carne stava marcendo e il Geostigma stava divorando l’osso.

“Ho…poco tempo.” Ansimò, mentre si rialzava faticosamente.

“Non ti permetterò di distruggere la cura… non ti prenderai anche lei… TI UCCIDERÒ SEPHIROOOOTH!” urlò al vento.

Forse, fu la sua immaginazione a farglielo credere, ma quando aveva urlato quelle ultime tre parole, aveva sentito una risata divertita provenire dall’interno della chiesa.

 
Si guardò intorno con circospezione. Era solo.
 
***
Lentamente, la luna stava scomparendo.

Era sbiadita e sembrava la vela di una barca solitaria che navigava in un immenso oceano celeste. Le nuvole del temporale si erano ritirate in fretta dietro le montagne, lasciando posto ai tiepidi raggi del sole che avevano inondato la foresta, le radure e i sentieri.

Quella mattina, l’aria era gelida. Così gelida che all’inizio Chloris si sentì impacciata nei movimenti e le sue gambe non facevano che tremare per il freddo. I vestiti ancora umidi peggioravano la situazione.

Non solo perché erano più stretti e quindi la limitavano nei movimenti, ma anche perché il loro contatto con la pelle non faceva che procurarle brividi lungo la schiena. Mancava poco che non iniziasse anche a battere i denti dal freddo! 

Solo dopo una mezz’ora di cammino sotto al sole, aveva iniziato ad abituarsi alla temperatura esterna (e anche a quella dei suoi vestiti). Fu in quel momento, quando la sua mente si liberò dal pensiero del freddo, che realizzò di non avere una vaga idea del loro itinerario.

Sfortunatamente, non poteva neanche consultare la mappa, dal momento che la sua borsa si era infradiciata con la pioggia e tutte le cose al suo interno si erano inzuppate. Le scritte della cartina erano diventate illeggibili e non poteva farsene molto, quindi se ne era disfatta.

Non era contenta di doversi affidare completamente allo spadaccino, ma in fin dei conti, non aveva scelta se voleva abbandonare illesa la foresta. Tra l’altro, ancora non si sentiva pienamente a suo agio con lui,  per via della sua straordinaria somiglianza a Kadaj e anche perché a parte il nome, non sapeva altro di lui.
 
Sephiroth stava camminando davanti a lei.

Aveva indossato il suo lungo impermeabile, nero e lucido. Una cintura si stringeva attorno al ventre e due cinghie di cuoio marrone si incrociavano sul torace. Le mani erano coperte da un paio di guanti di pelle. Aveva preso con sé sia la sacca da viaggio che la spada. Ora, riposta dentro il fodero, con gli ideogrammi incisi sopra ben in vista.

Un giorno o l’altro, avrebbe voluto domandargli cosa significasse ‘Masamune’; ma in quel momento, aveva bisogno di rivolgergli domande più urgenti.

“Quanto manca per arrivare ai confini della foresta?” fu la prima cosa che gli chiese.

L’argentato le rivolse un’occhiata di sbieco.

“Due giorni di cammino…” fu la risposta immediata “…ammesso che continueremo con questa marcia, altrimenti diventano tre giorni.” Non si fece problemi a lasciar trasparire dal tono della voce che avrebbe preferito impiegarci meno tempo possibile.

Chloris gli rivolse anche la seconda domanda che teneva in serbo.

“Cosa c’è dopo la foresta?”

“Chilometri di arido deserto.” Rispose semplicemente.

In un primo istante, sembrò come se non fosse riuscita a recepire bene il significato di quelle parole. – Che vuol dire ‘chilometri di arido deserto’? - pensò, mentre provava a raffigurarsi mentalmente un’immensa distesa di sabbia e nessuna forma di vita per chilometri e chilometri a parte lei stessa e qualche cactus.

La sua reazione fu spontanea.

“Ehi! Non avrai intenzione di lasciarmi in mezzo al nulla!!” si lamentò, fermandosi al centro del sentiero.

Sephiroth si fermò poco dopo e si voltò verso di lei, lanciandole una di quelle occhiatacce che avrebbero incenerito chiunque. Chloris si rese conto di aver alzato troppo la voce, perché qualcosa aveva iniziato a muoversi in lontananza, nella foresta.

“Potrei farlo…” rispose lui con un certo tono di malignità, ignorando palesemente il rumore “…ma preferisco assicurarmi di non rivederti più da queste parti, quindi ti condurrò fino a Midgar.” Concluse.

- Midgar? – doveva trattarsi senz’altro di una grande città. Aveva letto il nome sulla cartina ed era stampato a lettere cubitali e ben leggibili, da quello che riusciva a ricordare.

“Ma non sarà rischioso?” irruppe di nuovo, sentendosi ancora una volta, incredibilmente fastidiosa “Voglio dire… Kadaj potrebbe dare per scontato che ci stiamo dirigendo là!”

“A Midgar c’è un gruppo di persone che ti potrà aiutare…” rispose neutro “…hanno tenuto a bada anche nemici ben più pericolosi di Kadaj… nessuno meglio di loro ti saprà proteggere.”

La notizia che non aveva intenzione di lasciarla in mezzo al deserto riuscì a confortarla, ma solo per un breve istante. Chi erano queste persone? Erano forse dei mercenari, come lui? Le domande erano ancora tante e Chloris, ancora, non sapeva niente sul suo conto. Se si fidava di lui, forse era perché stava seguendo il suo istinto; anzi, ma anche no! A dire il vero, era talmente disperata che non avrebbe potuto andare da nessuna parte in quella foresta, senza diventare lo spuntino di qualche mostro e poi, anche con la cartina era riuscita a perdersi.

Un fruscio di foglie la riscosse dai pensieri e di seguito sentì l’aria fremere, come in quelle volte in cui avvertiva un pericolo imminente.

“C’è qualcosa…” bisbigliò all’argentato, che se ne stava ancora fermo al centro del sentiero a prestare ascolto ai rumori.

Non disse nulla. Semplicemente, fece un cenno di assenso col capo e sfoderò la lama, pronto a combattere. Chloris indietreggiò e si avvicinò ai bordi del sentiero, accanto ad un arbusto.

La sensazione dell’aria che fremeva si fece più forte.

“Allontanati!” le gridò Sephiroth.

Era troppo tardi. Chloris non aveva fatto in tempo ad evitare l’attacco paralizzante di un worm e sia gambe che braccia erano state bloccate da una fine ragnatela appiccicosa. Cadde all’indietro come un salame e si ritrovò il mostro a pochi centimetri dalla faccia.

Non fece in tempo a battere ciglio che vide la sua orrenda testa venir decapitata e volarsene via, per poi sparire in mezzo alle boscaglie. Si era irrimediabilmente imbrattata di quel disgustoso sangue violaceo dall’odore pungente.

Neanche il tempo di rialzarsi e vide che se ne presentarono altri sei. Sephiroth tagliò con un colpo netto le ragnatele che la imprigionavano per liberarla.

“Stai indietro.” La sua voce era straordinariamente calma. Vide un ghigno sadico dipingersi sulle sue labbra e ancora a terra, lo vide sfrecciare a gran velocità contro i worm e iniziare ad affettarli con una serie di fendenti.

La lama risaltava di una insolita luce, che solo in quel momento era riuscita a notare. Non poteva trattarsi del semplice riflesso del sole e dovette credere che fosse la lama stessa ad emanare quel bagliore. La spada si scontrò con l’ultimo mostro e dal filo della lama, affiorarono tre fasci di luce che trapassarono il corpo del worm, tagliandolo di netto. 

- Quella luce… io ho già visto quella spada usata in battaglia… - pensò tra sé e sé, mentre il torpore del sonno aveva iniziato a prendere il sopravvento. Qualcosa aveva iniziato a tornarle in mente.

Un ricordo confuso e annebbiato la riportò con gli occhi davanti al decadente scenario di quella città in fiamme. Nulla era cambiato dall’ultima volta. I palazzi anneriti erano divorati alle fiamme e grossi travi di legno crollavano per strada come grossi blocchi inceneriti. L’aria era impregnata di fumo; aveva come la sensazione che le bruciasse la gola a respirare quell’aria velenosa. Era una sensazione molto reale e sgradevole. All’odore di fumo, si unì poi quello della carne bruciata. Iniziò a respirare con affanno e  a muoversi barcollando, in mezzo alla strada. Voleva solo uscire da quell’inferno.

Il ricordo diventò così reale che il calore delle fiamme aveva iniziato a farla sudare. – Come faccio ad uscire da questo posto? Non è reale… non può esserlo… - cercò di rassicurarsi, mentre continuava a camminare. Poco dopo, raggiunse una piccola piazza, al centro della quale si trovava un pozzo. Aveva l’aria familiare. Era come se in quel posto avesse vissuto una parte della sua infanzia e non poteva trattarsi di una semplice coincidenza. Lei conosceva quella città e ci aveva vissuto una parte della sua vita. Cos’era successo? Perché la città era in fiamme? Dov’era la gente?

Il fumo aveva iniziato a farle lacrimare gli occhi.

Notò in lontananza una sagoma nera e indistinta, che si trovava al centro della piazza. Non si stava muovendo, era ferma. Che la stesse aspettando?

“Ehi! Mi scusi!” gridò.

Si avvicinò verso la sagoma, ma il fumo le impediva di tenere gli occhi aperti e continuavano a lacrimare. La figura era quella di un uomo, avvolto in un impermeabile nero. Non riuscì a distinguere altro, a parte un bagliore di luce bianca.

Il ricordo si dissolse e Chloris si risvegliò dalla trance. Respirava con affanno e poteva ancora sentire l’odore di fumo impregnare l’aria. Si accorse di trovarsi seduta, al centro del sentiero e Sephiroth, davanti a lei, che la guardava con un’espressione vagamente incuriosita.

“Stai piangendo…” osservò lui, facendole notare che aveva i goccioloni agli occhi. Chloris, imbarazzata come non mai, si asciugò il viso con le maniche della felpa e si affrettò a rimettersi in piedi. Le gambe tremavano e delle goccioline di sudore le scesero lungo la schiena. Si schiarì la gola con dei colpi di tosse, perché la sentiva bruciare e l’odore di fumo continuare a impregnare l’aria.

“Non lo senti anche tu questo odore di fumo?” chiese, ma Sephiroth la guardò ancora più perplesso di prima. Intuì che lui non stava sentendo nulla.  

“Ti senti bene?” chiese, scrutandola come se si aspettava che da un momento all’altro sarebbe crollata.

“Oh sì! Assolutamente…” si affrettò Chloris, superando l’argentato di qualche metro sul sentiero, verso la direzione che stavano seguendo prima dell’attacco “…adesso mi sento davvero be…” ma non riuscì a finire la frase, perché venne colta da un improvviso capogiro e crollò.

Sephiroth roteò gli occhi verso il cielo.  

– Per Shiva, ma come ha fatto a sopravvivere fino adesso? – pensò, facendosi carico di tutto il peso della ragazza sulle braccia. Era svenuta e chissà tra quanto si sarebbe risvegliata. Se non fosse stato per il fatto che avrebbe potuto spaventarla a morte se avesse visto la sua reale natura, avrebbe preferito volare fino al rifugio più vicino.

Di portarsi di nuovo un peso morto sulle spalle, non aveva assolutamente intenzione. La posò per terra, facendole appoggiare le spalle al tronco di un albero. Era incredibilmente pallida e alcune goccioline di sudore le avevano imperlato la fronte. Dedusse che non fosse un buon segno.

Si sfilò un guanto e posò la mano sulla sua fronte. Non sembrava essere eccessivamente calda. La ragazza dagli occhi chiazzati, in quel momento riaprì gli occhi.

“Che mi stai facendo?” sibilò debolmente.

Sephiroth ritrasse la mano e si infilò nuovamente il guanto. “Pensavo avessi la febbre.” Rispose caustico.

Chloris alzò lo sguardo e rimase impietrita, quando notò che le pupille dell’argentato erano diventate due linee verticali. Rabbrividì nel trovarsi davanti agli stessi occhi del suo aguzzino.

Con uno scatto si allontanò da lui.

“Ma che hai?” sbottò Sephiroth, non spiegandosi la sua reazione.

“I tuoi occhi! Sono… sono come quelli di Kadaj!” balbettò atterrita.

Sephiroth abbassò subito lo sguardo e si alzò in piedi.

“Lo so…” si difese “…ma non ho intenzione di farti del male…”.

“Che cosa sei?” lo interruppe.

Sephiroth piegò gli angoli della bocca e rise. Una risata amara. “È la prima volta che qualcuno mi chiede che cosa sia, dopo che ha saputo il mio nome…”

Chloris, vide il suo sguardo. Era vuoto, come quello di qualcuno che aveva smesso di lottare e di credere in qualcosa. Quello che vide, non era lo sguardo di un assassino. Non erano gli stessi occhi di Kadaj, in cui aveva visto riflettersi le fiamme che divoravano la sua città. Non erano gli occhi di un mostro.

Si alzò, prese coraggio e dopo un respiro profondo, decise di raccontargli la verità. Dopo averlo fatto, si sarebbe sentita molto meglio.

“Mi dispiace, ma non ho idea di chi tu sia… ho perso la memoria e ho passato 6 anni della mia vita in un’incubatrice. Il solo ricordo che ho, è la mia città che viene distrutta dalle fiamme…”

Sephiroth sgranò gli occhi e la fissò, come se in quel momento avesse voluto confessarle qualcosa di terribile. Le parole si frenarono in gola. Che si trattasse proprio di Nibelheim? Non ne era certo. Che fosse stata vittima di esperimenti su Jenova o con energia Mako?

Il suo corpo non dava tracce di contaminazione. I suoi occhi erano insoliti, ma non risplendevano di Mako. Non aveva nemmeno la capacità di difendersi, mentre al contrario, un’esposizione al Mako le avrebbe conferito qualche potere.

“Sto solo cercando di capire chi sono… non ho idea del perché Kadaj mi voglia uccidere o del perché ti somigli così tanto… tutto quello di cui ho bisogno, è di qualcuno di cui mi possa fidare.”

Chloris alzò lo sguardo e lo posò su Sephiroth.

“…non mi importa che cosa sei… mi hai già salvato la vita per due volte e te ne sarò sempre grata.”

- Me ne sarai grata anche quando scoprirai che sono un assassino? - pensò a quello che avrebbe voluto dire, ma si trattenne. Alzò lo sguardo su di lei e la vide sorridere. 


 
-------------------o--------o--------o----->> Note dell’autrice <<------o-------o-------o--------------

Sono ritornata! ^o^ Scusate la pausa, ma ne avevo un disperato bisogno @___@

Sephiroth: Ok, ok… è stata dura bla-bla-bla… colpa degli esami, il tirocinio, hai dovuto mettere su tante flebo e ridurre a un colabrodo le natiche di tanti poveri malcapitati, arriviamo al dunque? u.u

Autrice: guarda che non è facile fare l’infermiera! è___é

Angeal: embrace your dreams, to become a NURSE you should have honor and pride!

Autrice: *facepalm* ok… fermiamo qui la cosa, prima che degeneri troppo!

Mmmh… da dove potrei cominciare? Bene, direi che in questo capitolo dichiaro ufficialmente entrati a far parte della storia i Turks, con tanto di un Reno scoppiettante d’azione. Ma cosa gli attenderà a Midgar? E soprattutto, Rude riuscirà a dichiararsi?

Reno: Lascia perdere il romanticismo! Voglio una fic piena di esplosioni, combattimenti che sfidano le leggi della gravità e un elicottero Apache con mitragliatori al plasma! *Muahahahahahau!*

Autrice: Non ti è bastato Advent Children? -.-‘

Reno: Però non avevo l’Apache con i mitragliatori al p…. *SBENG!*

Sephiroth se ne va via fischiettando nascondendo dietro la schiena il teser di Reno.

Per l’ennesima volta mi avete sabotato le note, quindi non mi resta che lo spazio per lo spoiler… u.u

Il prossimo capitolo si chiamerà: “13. The truth”, finalmente il momento della verità!  
 

“I Cetra? Aerith, io non credo alle leggende… non esistono più da millenni!”

“Ti sbagli. Se non esistessero i Cetra, il mondo non sarebbe più come lo conosci ora.”

“Io continuo a non capire…”

“I Cetra non si sono mai estinti, ma hanno continuato a vivere sulla Terra, confondendosi in mezzo alla gente comune… sin dai tempi antichi, doveva esserci almeno un Cetra sulla Terra, perché il mondo potesse sopravvivere.”

“Perché mi stai dicendo tutto questo? Che cosa avrebbe a che vedere con me?”
   
 
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