“Aaaaa!”
non facevo altre che urlare. Amavo e odiavo le montagne russe.
Mi facevano sentire libera ma avevo anche paura di cadere e morire come
le
persone di uno di quei film di cui, in questo momento, non mi ricordo
il nome.
“Sei
pronta?” mi chiese Harry prendendomi per mano e
catapultandosi sui
tonchi. Si, i tronchi, i più grandi che io abbia mai visto.
“Guarda,
sono tutta bagnata!” dico ridendo.
“Bè
perché io sono asciutto!” mi risponde seguendo la
mia risata. Non
lo avevo mai notata ma, aveva due adorabili fossette al fondo delle
guance. Lo
facevano così tenero. Tenero? Alex riprenditi da quei bei
occhi e quel bel
sorriso per favore. Ma che sto a dì?
“Vieni!”
mi disse lui sedendosi sul prato del parco dei divertimenti.
“Ti
è piaciuta questa giornata?” chiede il riccio.
“Che
cosa ti rimarrà impresso di oggi?” chiedo
sdraiandomi sul prato.
“I
tuoi occhi!” quella risposta mi sorprende. Nessuno mi aveva
mai
fatto un complimento così.
“E
a te?” continua
Sospiro
sorridendo.
“E’
la prima e ultima volta che salgo su quel coso! Perché ne ho
sempre
avuto paura.” indico una specie di torre. Ridiamo.
“Io
te le farò passare tutte, le paure”
“Guarda
che ne ho poche ma, quelle che ho sono, come dire..”
“Io
non ho paura invece. Neanche di guardare i tuoi occhi per dieci
minuti.” Mi fissa sorridendomi. Ricambio. E ci guardiamo
negli occhi.
“Sto
sudando. Tu non stai sudando?” chiedo a Harry
“Si”
risponde
“Tu
stai sudando per il sole?” annuisce. “Bè
io no. Ho letto una frase
che dice ‘ Se si guarda più di sei secondi una
persona negli occhi, lo si fa per
due motivi: o si ha un istinto omicida nei confronti
dell’altro.”
Ride.
“Oppure’ l’altra non la posso
dire.”
“A
me piace di più la seconda, poi non so a te!”
Harry si sdraia vicino
a me.
“Hai
dei bellissimi occhi” arrossisco.
Mi
accarezza la guancia. Ci avviciniamo e ci abbracciamo.
Già,
proprio così abbracciamo. Non voglio baciarlo al primo
appuntamento;
non sarebbe da me e da i miei ideali!
Il mio
cellulare squilla interrompendo la quiete che si era formata.
Dove sei? Non ti ricordi che
stasera viene l’assistente? –Joan-
Cavolo,
l’assistente.
“Harry
io devo andare” mi alzo e incomincio a camminare.
Lui mi
raggiunge ed in pochi minuti ripartiamo per destinazione casa
mia.
“Scusa,
me n’ero dimenticata!” dico entrando in cucina
“Ciao,
dove sei stata?” chiede finendo di apparecchiare la tavola in
sala da pranzo. L’ aiuto.
“Ero
in giro con un amica” dico
“Amica
o amico?” mi guarda negli occhi.
“Oh
finalmente la signorina è tornata a casa!”
“Ciao
Louis! Io vado a prepararmi!” dico sfuggendo a Louis e alle
domande di Joan.
A cena
l’ambiente era tesissimo.
“Vuole
altro polpettone?” chiede Joan all’assistente.
“No,
grazie!” risponde in modo freddo la signora.
Finito
di mangiare la signora appunta su un libretto qualcosa, di
indecifrabile.
Sale
le scale ed arriva alla mia cameretta. La mia stanza è
piccola.
Giusto il posto per letto, armadio e un tappetino.
La
signora scuote la testa e si avvia verso il bagno.
E
così via passa in tutte le stanze della casa, dove in questo
momento
e da anni abito. Scrive continuamente su un piccolo bloc-notes che mi
mette una
continua ansia.
“Grazie!”
dice prendendo il suo giubbotto
“Mi
rivedrete presto!” aggiunge uscendo dalla porta
d’ingresso.
“Cosa
vuol dire quella frase?” chiede ansioso Louis
“Non
lo so, ma credo niente di buono.” Risponde sua madre
sospirando e
andando in cucina per finire di mettere a posto.
“Ehi
Louis, posso entrare?” chiedo in pigiama,
sull’angolo della porta
di camera sua
“Cosa
c’è Alex?”
chiede
alzandosi dalla scrivania e venendomi in contro.
“Ho
paura” abbasso lo sguardo perché i miei occhi
cominciano a
riempirsi di lacrime.
“Di
cosa?” risponde con un tono dolce e mi abbraccia
“Ho
paura che mi portino via. Da te, da Joan, da questo paese.”
Singhiozzo
piano piano e mi accoccolo sul suo petto.
“Ssh
andrà tutto bene, vedrai!” mi accarezza i capelli.