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Autore: controcorrente    08/10/2013    1 recensioni
Soledad ed Ester. Due sorelle divise. Due vite separate da dieci anni di distanza, improvvisamente riunite per il capriccio della prima. Due donne profondamente diverse. Una provata da 3 grossi sacrifici, l'altra cresciuta con l'ansia del futuro. La loro riunione porterà a delle conseguenze impreviste che mai avrebbero pensato potessero accadere: L'ambientazione è storica ma spero che vi piaccia, indicativamente tra 700 ed 800.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Periodo regency/Inghilterra, L'Ottocento
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Benvenuti, cari lettori. Questo capitolo è un nuovo aggiornamento della vicenda. Non garantisco niente ed i misteri aumentano, come al solito. Buona lettura!
 
Il giardino era immenso.
Ester e Viola passeggiavano da circa un quarto d’ora, conversando delle più varie e disparate cose. Malgrado non potessero vedersi molto, le due avevano stretto una sincera amicizia. Qualcuno avrebbe detto che questa felice circostanze non fosse altro che la naturale conseguenza della solitudine in cui le due si trovavano di solito, oppure che fosse dovuto ad un carattere simile. La giovane Escobar era felice di questo nuovo incontro, anche perché non sempre poteva scriverle.
-…e così mia madre si è arrabbiata molto con il mio maestro di musica, non ha appena ha visto che mi batteva sulle nocche per punirmi.-disse ridendo – Lui ha sostenuto che fosse il suo metodo e lei, per tutta risposta, gli ha rotto la bacchetta sulla testa, licenziandolo in tronco!-
Ester rise a sua volta, sentendo quel buffo aneddoto.
La giornata si stava facendo davvero piacevole. –La mia istitutrice è molto strana ma devo ammettere che è molto paziente con me.-disse lei- Lady Mc Stone le ha dato la più completa fiducia, anche se i suoi metodi sono assai poco tradizionali. Non mi ha mai bacchettato quando ho usato un linguaggio troppo diretto. Si è limitata a spiegarmi perché quel tono non fosse adatto.-
-E’molto simpatica?-chiese Viola.
Ester ci pensò su.
Se era simpatica? Non ci aveva mai pensato. Non si era mai soffermata sul pensare che un’istitutrice potesse essere una persona piacevole. Le insegnanti che aveva avuto erano tutte serie e noiose. Mademoiselle Treville era completamente diversa da quel genere di persone. Aveva umorismo e sapeva conversare piacevolmente, senza annoiare. –Sì-disse, cominciando a parlare di lei, con crescente entusiasmo.
Viola le sorrise. –Siete davvero fortunata io non esco molto spesso, anche se…-si interruppe, con un’espressione da monella- promettete di tacere con vostra sorella su quanto dirò?-
Ester annuì.
-Da alcuni mesi, c’è un giovane che si ferma sempre davanti alla mia finestra, quando  mi esercito con il violoncello.-fece, concludendo il tutto con una pausa ad effetto.
La giovane Escobar rimase ferma.
-Se ne sta sempre lì, nei pressi di quell’albero che si trova nel viale. La prima volta che l’ho sorpreso mentre mi guardava, è quasi inciampato sui suoi piedi!-fece ridacchiando.
-Che goffo!-esclamò Ester- E com’era?-
Viola si fermò. –Poi, qualche giorno dopo, con non poco impaccio, mi ha rivolto la parola, scusandosi per la magra figura della volta precedente. Così abbiamo cominciato a conversare. Io ero affacciata alla finestra e lui sulla strada.-disse, con aria felice.
La bionda la osservò.
-Come si chiamava?-chiese.
Viola si portò la mano sulle guance lisce. –James…ma non so quale sia il cognome.-disse pensierosa.
-Pensate che sia un cattivo soggetto?-domandò di nuovo la Escobar ma Viola scosse violentemente il capo. –Impossibile-ribatté- James aveva una luce buona nello sguardo e non mi ha mancato di rispetto. Pareva di buona famiglia ma non ha detto niente sulla sua condizione.-A quel pensiero, si fece pensierosa.
-Non vi ha detto niente?-chiese di nuovo Ester, interdetta.
Viola scosse il capo.
-Allora è un maleducato.-concluse la bionda con un cipiglio indignato.
-No, forse ha saputo della storia di mia madre-ribatté la giovane Pertignac- non sarebbe il primo. La mia condizione d’illegittima mi ha resa sgradita ai suoi occhi. Forse non era stato informato prima.-
L’altra fissò corrucciata il paesaggio. Non condivideva affatto le idee dell’amica ma conosceva quello stato d’animo di chi viveva costantemente esclusa. Così non commentò le sue parole, limitandosi ad ascoltarla ma il suo grado di comprensione finì presto, quando l’amica decise di cambiare argomento. –A proposito, ho saputo del vostro fidanzamento.-disse, con un sorriso divertito.
Ester si irrigidì.
-Come è?-chiese la mora.
L’altra sbuffò. –E’un villano e mi tratta come una bambina. Non lo sopporto-disse storcendo la bocca.
-Ma davvero?-esclamò una voce alle loro spalle.
Ester si girò…salvo poi arrossire violentemente. Di rabbia, però. Cedric Gillford era proprio alle sue spalle, con la sua alta e robusta corporatura così poco aristocratica...e la fissava minaccioso. Cosa ci faceva quel maledetto americano in quel giardino? –E voi cosa ci fate qui?-chiese, mettendosi le mani intorno alla vita e trucidandolo con lo sguardo.
-Ordini di Mr. Gillford e di mia madre-rispose l’americano, ricambiando l’occhiata ostile.
Ester distolse gli occhi. Solo allora si accorse della giovane ragazza che camminava al suo fianco e occhieggiava ora lei ora quel seccatore. –Buongiorno-disse, spostando la sua attenzione verso quella sconosciuta ed ignorando volutamente l’alta sagoma del ragazzo –io sono Miss Ester Escobar. Voi chi siete, di grazia?-
-Mi chiamo Ann Gillford e sono la sorella minore di Cedric Gillford.-rispose l’altra, con un lieve inchino.
Cedric arricciò il naso. –Non esagerate sorella-disse questi- la signorina Escobar ha l’abitudine di salutare i gentiluomini, tirando loro i blocchi di schizzi sulla testa.-
Viola si portò una mano sulla bocca, osservando con stupore divertito l’amica…che arrossi per l’irritazione. –Io non saluto in questo modo!-esclamò, prima di sorridere sarcastica- Solo con i villani!-
A quella risposta, l’americano ebbe uno scatto. Fece per rispondere ma la risata cristallina di Ann mise da parte la sua ostilità. A quel suono, mise da parte tutte le sue intenzioni bellicose. Avrebbe rimandato ogni risposta sgarbata ad un altro momento. Non sopportava quella lingua lunga e irriverente…ma non avrebbe mai dato il cattivo esempio con sua sorella accanto. Così si tenne il malumore addosso, limitandosi a soffiare come un gatto indispettito.
-Credo che sia meglio rimandare questo diverbio ad un altro momento-disse la violoncellista- Io sono Viola Pertignac. Scusate se ho indugiato presentarmi.-
Ann si passò una mano sulla bocca, con gli occhi ancora pieni di divertimento.
-Non temete-rispose, con un tono sereno, come mai si sarebbe aspettata.
Camminarono per un po’, fino a quando Ester non propose di andare a vedere le fontane del giardino. Il gruppo la assecondò, non sapendo cosa vedere. -A quanto pare- disse Viola- nemmeno voi siete abituata alla campagna.-
La signorina Gillford la guardò con sorpresa. Pensava di essere la sola a trovarsi in una simile situazione e questo sconcerto fece sorridere ancora di più la signorina Pertignac. -Non possiedo una villa in campagna e nemmeno la mia amica, la signorina Escobar gode di questa fortuna.-rispose, occhieggiando quest'ultima che, sentendo quelle parole, annuì con un velo d'imbarazzo.
Cedric sbuffò.
-Nemmeno noi. Mio zio stava pensando di acquistare una piccola dimora ma al momento nessuno dei progetti in corso rientra nei suoi interessi.-rispose l'americana, ignorando il disappunto del fratello.  
-Una magnifica scelta-commentò la piccola Ester, ignorando il ragazzo a bella posta.
Quando tornarono alla villa, videro la padrona di casa e sua sorella. Entrambe le aspettavano.
-Signorina Escobar, Mademoiselle Pertignac-fece-spero che la passeggiata sia stata di vostro gradimento.-
Le due chinarono la testa, mentre Ann si strinse al braccio del fratello. Mrs. Chambers sorrise a quest'ultima. -Temo che sto peggiorando le mie maniere, gentilissime ospiti. Permettetemi di presentarvi Miss Gillford, sorella minore di Mr. Gillford. Lady Mc Stone mi ha detto che voi, signorina Escobar conoscete costui ma spero che almeno sua sorella vi sia nota. Altrimenti, sarei davvero una pessima padrona di casa!-esclamò, in una risata musicale.
Lady Mc Stone annuì, mentre studiava silenziosamente tutti i presenti.
Cedric avanzò.
-Mrs. Chambers-esordì- vorrei cogliere l'occasione di ringraziarvi per aver accettato anche mia sorella. Non ha ancora debuttato e spero che la sua presenza in questa dimora non sia per voi cagione di qualche scandalo.-
La donna scosse la testa.
-Non dovete temere per questo. Credo che vostra sorella trarrà giovamento da questa visita.-disse, prima di rivolgersi alla giovane -Miss Gillford, siete la benvenuta in questa dimora e vi auguro di trovare un simile soggiorno piacevole. Salutatemi vostro zio.-
Ann annuì, con un cenno della testa. Non le era sfuggita l'omissione di sua madre ma non ne era nemmeno sorpresa. Lo status di Margareth non era minimamente mutato con il matrimonio con suo padre e, anche se difficile, doveva accettare quella verità. Ingoiò quel boccone amaro, imponendosi un sorriso di circostanza.
-Ho saputo che avete sedici anni-disse Lady Mc Stone- anche mia sorella Ester e la sua amica Viola hanno la stessa età. Spero che diventerete buone amiche.-
La giovane annuì ancora di più, in imbarazzo come mai lo era stata in vita sua. Quelle dame l'avevano considerata degna del loro interesse e, addirittura, la tutrice della fidanzata di suo fratello pareva assai cortese, benché formale. L'americana, tuttavia, non riuscì a rallegrarsi della cosa. Una strana freddezza copriva le maniere della dama e lei non sapeva come comportarsi e se davvero la considerava degna oppure no.
-Le abbiamo incontrate, Milady-rispose suo fratello.
-Davvero?-disse la più grande, inarcando il sopracciglio perfetto- Allora biasimerò mia sorella per la sua omissione. Non va bene che ci siano simili segreti tra noi.- La padrona di casa ridacchiò, divertita da quella battuta ma i due fratelli, a disagio per tutto questo, non riuscirono a cogliere la ragione di quella ilarità.
 
 
 
 
Ester aveva un diavolo per capello. -E'un arrogante! Un maleducato!-andava dicendo, mentre percorreva a grandi passi la camera, in lungo ed in largo. -Se ripenso a quegli occhi, colmi di sufficienza io, io...Aaah!-esclamò, bloccandosi dando un tonfo secco al suolo.
Viola sorseggiò placidamente il té.
Perfettamente composta, sulla propria sedia, osservava il nervosismo dell'amica con la stessa attenzione di uno spettatore a teatro. -Non credete che state esagerando?-domandò alla fine, posando la tazzina sul tavolo.
La signorina Escobar si girò, fissandola orripilata. -Come sarebbe?-chiese incredula- Avete visto che razza di...di...di...insomma, quello che è! Io dovrò sposarlo un giorno, capite!-
Mademoiselle Pertignac sospirò, imponendosi di mantenere un filo di calma. -Mia cara amica, vi voglio bene ed apprezzo la vostra vivacità-disse, mettendo le mani sul grembo- ma non trovate tutto ciò oltremodo esagerato?Mr. Gillford è rimasto perfettamente nei ranghi della buona educazione e non mi è sembrato tanto indegno di fiducia. Semmai dovreste ringraziare vostra sorella.-
La bionda sgranò gli occhi.
-Lady Mc Stone ha scelto per voi un marito giovane e promettente...oppure preferite tornare al progetto di vostra madre?-disse la mora, lanciandole un'occhiata significativa. Aveva saputo da sua madre della scelta della tutrice dell'amica ed ora che vedeva quell'americano non poteva che essere d'accordo. Aveva visto un quadro del prussiano che aveva chiesto la mano della sua amica e, confrontandolo con l'immagine vivente dell'attuale promesso, non poteva che congratularsi per una simile scelta.
Ester chiuse la bocca, rimasta aperta fino a quel momento. Non aveva dimenticato quanto avesse trovato sgradevole Lord Von Gruhnweld e doveva ammettere che, almeno su quel punto, sua sorella aveva avuto maggiore rispetto.
Viola scosse benevolmente il capo. -Mi è sembrata una persona piacevole. Perché non provate a vedere i pregi?-fece, tentando di essere incoraggiante.
A quelle parole la giovane non rispose.
Non aveva mai pensato a quella possibilità. Fin da subito quella persona aveva mostrato un carattere insopportabile ai suoi occhi e, cosa ancora più insostenibile, non aveva nascosto alcuna ostilità nei suoi confronti. Come poteva essere gentile con lui con simili premesse? -Non è semplice-disse, abbassando la testa- non abbiamo iniziato a parlarci pacificamente.-
La giovane mora inclinò la testa.
-Forse dovreste farlo-le consigliò- ma vi suggerisco di provare con sua sorella.-
Ester inarcò la fronte.
-No-disse- non ho nessuna intenzione di usare quella ragazza. Non mi piace suo fratello. E'rozzo e antipatico, non voglio avere niente a che fare con lui.-
Viola scosse il capo.
La sua amica non voleva accettare la verità dei fatti. Quel fidanzamento poteva essere la soluzione alla sua sorte precaria ma la signorina Escobar non sembrava vedere quello stato di cose. Istintivamente pensò al giovane americano. -Allora provate a parlare con lui-continuò- vostra sorella ha l'aria di essere decisa a porvelo come futuro marito e, considerando come stanno le cose, provate a conoscerlo. Del resto, non è meglio tenersi stretti gli amici e ancora di più i nemici?-
 
 
 
 
 
 
 
 
Ann inclinò la testa mentre leggeva il romanzo che aveva preso dalla ricca libreria della padrona di casa.
-Che libro è?-domandò suo fratello, mentre fissava la finestra.
-Ivanhoe.-rispose laconica, continuando a seguire le frasi con lo sguardo. -Un romanzo ambientato nel medioevo, di un certo Walter Scott.-continuò, vedendo la sua espressione imbronciata.
Cedric sospirò, mentre fissava il paesaggio intorno alla dimora. I campi inglesi parevano perdersi a vista d'occhio, sparendo nella lieve e perenne foschia dell'orizzonte. Mentre osservava quel posto, si chiedeva la ragione della sua presenza lì. Suo zio aveva affermato di conoscere la padrona di casa ma da quando aveva rivisto Lady Mc Stone, l'americano aveva compreso che doveva esserci il suo zampino, dietro a quell'improvvisa scampagnata.
-Fratello-fece la giovane poco distante- la signorina Escobar è molto bella.-
Gillford si voltò di scatto, fissandola con indignazione. Ann le sorrise angelicamente, con la stessa espressione che usava dopo aver compiuto qualche marachella. -E'una ragazzina irritante e capricciosa!-sbottò, furente per quelle parole.
Ann non disse niente.
Da quando erano giunti in Inghilterra, suo fratello aveva mostrato di essere scontento per qualsiasi cosa e non si sorprese quindi di una risposta simile. Ugualmente, non poté fare a meno di notare quanto fosse eccessiva quell'irritazione. La loro madre nutriva molte aspettative su di lui e lei non poteva che essere d'accordo. Non sapeva come fosse la signorina Escobar ma non aveva nessun dubbio sul fatto che parte dell'ira di Cedric fosse dovuta alla loro condizione. -Mademoiselle Pertignac mi ha invitato ad una partita a cricket-disse, rompendo l'irritazione che pareva gravare nell'animo del ragazzo- posso andarci?-
Cedric si riscosse.
Sua sorella aspettava una sua risposta, fissandolo speranzosa e incerta.
-Fa come ti pare-rispose, senza guardarla.
 
 
 
 
 
 
Oceane osservava silenziosa il foglio che teneva tra le mani. Non sapeva cosa la trattenesse lì. Avrebbe dovuto gridare, urlare il mostro che le gravava dentro...ma si sentiva come svuotata di ogni forza, priva del suo consueto entusiasmo.
 
 
La informo che suo marito Maurice de Fabergé è ricoverato nell'ospizio degli Infermi presso la chiesa di Saint Deny a Parigi. Le sue attuali condizioni di salute lasciano ben poco sperare su una sua effettiva guarigione. Stando così le cose, la gendarme di Parigi ha sospeso le accuse che vi sono state rivolte e vi esorta ad assolvere i vostri ultimi doveri coniugali nei confronti di quel distinto uomo, meritevole della vostra più completa devozione e riconoscenza.
 
 
L'istitutrice inarcò la fronte. Quanta ipocrisia in quelle parole! Quanta menzogna era stata versata! Oceane chiuse gli occhi. Per un momento, si illuse che il rumore delle parole dei passanti coprisse quello che urlava dentro di lei. Aveva perso tutto per colpa del soggetto della lettera e di suo padre...e cominciò a tremare per le emozioni spiacevoli che le gravavano dentro. 
Un profondo malessere dominava le sue azioni, lasciandole addosso l'amaro sapore del tempo che le era stato rubato.
-Signorina Treville-esclamò una voce leggermente aspra.
Oceane alzò la testa, incontrando il viso del russo.
Fece per rispondere ma un'ondata di malinconia e rimpianto ricacciò in gola le parole che voleva dire.
-Vi ho visto qui-rispose questi- ed ho pensato di salutarvi. Ho saputo che c'è una graziosa commedia in non so quale teatro ed ho rimediato dei biglietti. Volete unirvi a me?-
La donna sussultò. Ancora presa dai suoi pensieri, era stata presa alla sprovvista da quell'invito. -Monsieur Browsky...io...-provò a dire, scoprendosi impacciata.
Igor la fissò interdetto...poi si accorse della lettera che teneva in mano.
-Avete ricevuto delle cattive notizie-disse questi.
Oceane lo guardò a sua volta.
Non era una domanda ma una semplice costatazione.
La signorina Treville chiuse gli occhi. Non aveva voglia di parlarne e Igor se ne accorse. -Vi andrebbe di venire al George Inn? Hanno il migliore cheese cake di Londra, posso garantirvelo.- fece, con un sorriso incoraggiante.
Oceane indugiò un po' a rispondere.
La lettera ricevuta aveva fatto crollare buona parte dei suoi propositi di gettare via il passato. Per un momento, si era scioccamente illusa che fosse possibile porre rimedio a quegli errori di cui era stato oggetto ma si rendeva conto, in un moto d'inconcludente pessimismo che, anche se innocente, aveva ereditato le colpe di altri. -Va bene- disse, con un sorriso malinconico.
Il russo nascose bene lo sgomento dovuto a quella strana espressione e, con le sue consuete maniere impeccabili, si incamminò verso il locale che le aveva mostrato.
 
 
 

 
Il locale dove andarono era assai piacevole. Oceane occhieggiò la finestra vicino a cui si trovava, non potendo fare a meno di apprezzare il brulicare di persone che passavano sotto il suo edificio. Erano al piano superiore ed il panorama meritava certamente quella passeggiata. -Vi piace, mademoiselle?-domandò il russo, mentre fissava con golosità il cheesecake contenuti nei due piattini che avevano ordinato.
-Sì, è molto bello.-rispose la donna, mentre prendeva un cucchiaio del dolce.
Il chiacchiericcio agli altri tavoli creava un bizzarro sottofondo ma non le dispiaceva affatto. Aveva sempre amato i dolci e, per qualche strano motivo, il cheesecake era tra queste pietanze. -Ho sempre amato questo tipo di torta-disse improvvisamente- ha un sapore fresco e piacevole.-
Igor scosse il capo. -Benché questo locale sia rinomato per questo tipo di torta, io ho un'autentica passione per i piroghi.-commentò, prima di sorridere- Sono delle focaccine ripiene di cibi salati o dolci. Sono molto pratiche. La mia preferita è alla marmellata di ciliegie.-
Oceane annuì. -Non ne ho mai sentito parlare ma ammetto che sono molto intriganti...o voi siete sicuramente abile a descriverle-disse, occhieggiandolo divertita.
Igor sorrise a sua volta, lieto di aver allontanato per un po'il malumore della donna.
 
Capitolo un po'più lungo del solito e goloso, se vedete la foto del cheese cake. Ho messo dei dolci russi, giusto per far venire l'acquolina in bocca e, come potete vedere c'è qualcosa nell'aria. Intanto, abbiamo la sorpresa della nostra Oceane. Questa storia è più lenta di molte altre che ho scritto (?) ma spero che piaccia comunque.
Grazie a chi legge e a chi commenta. 
   
 
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