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Autore: LadyGrief    03/04/2008    7 recensioni
Quello che un uomo innamorato ha provato per la scomparsa della donna amata, secondo la mia immaginazione. Buona lettura.
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UNA FIC SCRITTA DI GETTO, MI E’ VENUTA D’IMPROVVISO. SPERO SIA VENUTA DECENTEMENTE.
LadyGrief

Era una notte umida e angosciante. L’aria era così pesante che respirare era una sofferenza, soprattutto per chi aveva l’affanno.
Severus Piton avanzava titubante, una morsa gli avvolgeva il petto, strisciando come una serpe attorno al suo cuore. Perché quello era, una serpe. Si, se lo ripeteva all’infinito. Serpe. Procedeva ancora lungo quel viale di Godric’s Hollow, il fiato mozzato per l’ansia, costretto spesso ad appoggiarsi ai muretti delle varie case per non stramazzare al suolo. Un unico pensiero nella sua testa: trovare quella casa.
Non gli importava se in quel momento i Mangiamorte, e magari il Signore Oscuro in persona (o quello che ne era rimasto), si stessero domandando che fine avesse fatto. Che se la fosse data a gambe? No, impossibile, lui non era un codardo. Probabilmente i più coraggiosi lo stavano anche cercando, per decidere cosa fare ora.
Non gli importava. Nulla aveva più importanza ormai.
Ecco che d’un tratto il suo cuore si bloccò e per un attimo penso fosse l’effetto di un Avada Kedavra. Purtroppo no, lui era ancora vivo… Lui, la Serpe.
Era arrivato. Dovette aggrapparsi alle sbarre gelide e umide del cancello per non cadere in ginocchio. Davanti a lui, i resti di quella che fino a pochi giorni fa era Casa Potter. Era successo. Aveva commesso un gravissimo errore e aveva cercato di porvi rimedio. Tutto inutile. Macerie era tutto ciò che restava della sua casa.
L’angoscia cominciò a farsi largo, partì dal centro del petto e pian paino si irradiò in tutte le sue misere membra. Ma non era angoscia, faticò a riconoscere quella tremenda sensazione. Era dolore. Strinse convulsamente le mani attorno all’inferriata, spasmi violenti si impadronirono delle sue spalle e qualcosa di umido riempì i suoi occhi scuri. Lacrime. Non riusciva a crederci. Era la prima volta che… piangeva. Fu allora che notò un cartello a pochi metri dal cancello. Fece un enorme sforzo per riuscire a distinguere le parole, lottando contro la vista annebbiata.

“Qui, la notte del 31 ottobre 1981,
hanno perso la vita Lily e James Potter.
Il figlio Harry è l’unico mago
mai sopravvissuto all’Anatema che Uccide.
La casa, invisibile ai Babbani, è stata lasciata intatta
nel suo stato di rovina come monumento ai Potter
e in ricordo della violenza
che distrusse la loro famiglia.”

Subito dopo, però, si pentì di averlo letto. Il suo affanno peggioro e i sensi di colpa si impadronirono di lui completamente. Immediatamente si staccò da quel cancello maledetto, quasi fosse incandescente, e corse via. Corse il più veloce che potè, con la testa china e gli occhi serrati per arrestare quelle dannate lacrime, corse finchè le gambe glielo permisero, poi cadde.
Rimase disteso sul marciapiede, benché non fosse affatto svenuto. Avrebbe voluto, purtroppo era ancora cosciente e quelle sensazione non accennavano ad abbandonarlo. In quel momento, lì, col viso pallido e sudato a contatto con la viscida pietra, desiderò morire. Desiderò la morte come mai prima di allora, la voleva tutta per sè, bramoso di marcire all’Inferno, sperando che ce ne fosse uno. Voleva soffrire fisicamente, altrimenti quel dolore al petto lo avrebbe fatto impazzire. La morte, però, non lo accontentò. Il suo momento non era ancora giunto.
Così si rialzò con gran fatica e sgomento guardò vicino a cosa era caduto. Inquietante nella notte, seminascosta dall’oscurità, si ergeva la chiesa di Godric’s Hollow, e sulla destra il piccolo cancelletto che conduceva al cimitero. Dove c’era lei. E purtroppo anche lui.
L’istinto era quello di riprendere la sua folle corsa ancor più in fretta di prima, senza voltarsi, ma si sorprese a camminare verso il cimitero contro la sua razionalità. Voleva vederla. Un’ultima volta, doveva dirle addio. Doveva implorare il suo perdono, anche se consapevole della sua anima ormai dannata. Doveva dirle che l’amava, che l’aveva sempre fatto dal primo momento in cui si incontrarono, e che l’avrebbe fatto per sempre. Sempre. Avrebbe passato il resto della sua ignobile vita ad odiarsi, ogni giorno e in ogni momento, per ciò che aveva fatto all’unica donna (o meglio all’unica persona) che si era dimostrata sua amica e che gli aveva dato tutto l’affetto di cui era capace. A volte aveva pensato a lei con amarezza, perché non ricambiava il suo amore. Ma in quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per riaverla, anche solo come amica. Unica amica.
Cominciò allora a passare in rassegna tutte le lapidi, alla ricerca della sua. Il cuore batteva all’impazzata, irregolare, poi si blocco nuovamente. Eccola.

Lily Potter, nata il 30 gennaio 1960, morta il 31 ottobre 1981.

L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte.

La lapide nuova e lucente risaltava rispetto alle altre, insieme a quella di suo marito, a destra. “Lily…” fu l’unica parola che riuscì a pronunciare in un soffio, prima di lasciarsi cadere in ginocchio. Pianse. Pianse amaramente, senza trattenersi, pianse con tutte le sue forze, con la fronte appoggiata sul marmo della desolata lapide e una mano che sfiorava il nome inciso. Le lacrime scesero copiose lungo il viso, morendo poi sul terreno ed unendosi a lei. Chissà se riusciva a sentirlo, chissà se avvertiva il suo dolore, la sua disperazione. La serpe aveva finito di girovagare nel suo corpo, aveva smesso di tormentare le mani con i tremori e gli occhi con le lacrime. La serpe si era avvinghiata al suo cuore, aveva spalancato le fauci e con un feroce sibilo aveva attaccato. Aveva affondato i suoi denti velenosi, e dopo un ultimo spasmo sentì il suo cuore arrestarsi.
Oh si, lo sentì. Il suo cuore andò definitivamente in frantumi, lo sentì scricchiolare, come scricchiolano le crepe di uno specchio che cade in mille pezzi, schegge affilate, insanguinate, che recidono qualsiasi cosa si pari sul loro cammino. In quel momento Severus Piton provò una morte peggiore di quella fisica, di gran lunga più terribile. La morte dell’anima.

Fu così che Albus Silente lo trovò. Era immobile e fissava come assente la lapide di fronte a lui. Si fermò un attimo, poi gli posò delicatamente una mano sulla spalla. Come ridestatosi, l’uomo voltò piano la testa e riconobbe all’istante il vecchio mago.
Sapeva cosa stava per dirgli, sapeva cosa voleva da lui. Eccome se lo sapeva.Ritornò a fissare la lapide e l’anziano interruppe il contatto.
“So cosa cerca, Lily. So perché e qui. L’hai capito anche tu, vero? Certo… Tu capivi sempre ogni cosa. Sapevi sempre cosa fare, cosa dire. Lo farò Lily. Lo farò PER TE. Darò tutto me steso, metterò a rischio la mia vita, come hai fatto tu. Perdonami Lily, perdonami ti prego per tutto ciò che ho fatto. Addio.”. Fu tutto ciò che la mente riuscì a dirle in quel momento. Dopodichè si alzò e si smaterializzò insieme al vecchio preside.

GRAZIE PER AVER LETTO. UN SALUTO A TUTTI.
  
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