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Autore: massi_97    08/10/2013    1 recensioni
Beh, a tutti noi possono capitare dei momenti… singolari?
Delle circostanze che non si spiegano appieno, di cui ci sfugge qualcosa.
O delle situazioni completamente prive di senso, cose che rasentano l’impossibile, cose che possiamo vedere solo nei nostri sogni… o per meglio dire, nei nostri incubi.
Se c’è qualcuno li fuori che pensa di essere l’unico a cui accadono queste cose, che pensa che capitino tutte a lui, devo dire che si sbaglia di grosso.
Ci sono dei ragazzi a cui queste cose capitano di continuo, e non possono sfuggirvi.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Gli Dèi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Accidenti”
Max è come sempre in ritardo, sta correndo nel parco per raggiungere il luogo dell’appuntamento stabilito con Dylan.
Vede in lontananza i ricci biondi del suo amico.
Gli fa cenno con la mano di avvicinarsi.
La prima volta che ha visto Dylan, non ne è stato particolarmente colpito, gli sembrava uno di quei ragazzi bellocci, che si sentono il top.
Altezza media che si aggira intorno al metro e settantacinque, gli occhi celesti e i capelli biondi e ricci leggermente più corti sulle tempie e spettinati sopra.
Con quel suo comportamento da bel tenebroso, sempre silenzioso, sempre per i fatti suoi.
Ma da quel unico incontro ha capito di sbagliarsi, non è lui a volersi comportare così, è il resto del mondo a costringerlo.
- Scusa il ritardo.
- Non ti preoccupare non sto aspettando da molto, e ora che facciamo? Voglio dire, tu hai idea di dove trovare quelle foglie?
- Beh, si da il caso che mia zia è una botanica e a casa abbiamo una serra, quindi, possiamo fare tutto li- dice con un pizzico d’orgoglio.
- Fantastico! Finalmente la fortuna gira dalla mia parte!
- D’accordo, d’accordo, ma non ti ci abituare, capito?!
Casa di Max non è molto lontana dal scuola, passando per il parco si impiegano solo dieci minuti.
A dire il vero si mette meno tempo passando per la strada, ma lui preferisce di gran lunga il parco.
È come passare sotto una doccia, che elimina ogni brutta cosa, che rinfresca e alleggerisce l’anima, che schiarisce le idee.
Tutte le preoccupazioni della scuola che sarebbe abbreve iniziata o da poco finita, sfumano fino a scomparire.
Il fruscio ipnotico delle foglie è come una melodia nelle sue orecchie.
Questo gli riporta alla mente un lontano ricordo.
Era piccolo, aveva 5 anni, e si era appena trasferito li dalla zia.
Si era seduto alla base  di una grande quercia, la sua preferita.
Enorme, maestosa, i rami piegati e contorti dal peso di tanti anni di vita.
“Quercus Ellipsoidalis” Max la riconobbe subito, come se stesse guardando il volto di un vecchio amico, anche se era la prima volta che la  vedeva.
“Che ci fa qui questa? Qui fa troppo caldo per lei dovrebbe vivere più a nord-ovest. Magari in Michigan o al massimo al nord di New York!”
Si stupì da solo dei suoi pensieri, come lo sapeva?
Ma aveva altro che gli frullava nella mente.
Si sedette nell’incavo di due radici, poggiò la schiena sul tronco e immerse il viso tra le braccia che abbracciano le ginocchia.
Un tumulto di sentimenti lo travolse: tristezza, dolore, rimorso, solitudine.
La vista si stava pian piano appannando per le lacrime che premevano per liberarsi come  un fiume in piena preme sugli argini artificiali.
Lui tentò di trattenerle ma una gli scappò e gli rigò il viso per poi cadere sopra una delle grosse radici.
A quel punto il vento scosse le foglie e nel su fruscio Max distinse una voce.
Una voce di donna, non stava parlando, cantava.
Parole a lui incomprensibili ma che riuscivano a toccare corde nascoste nel profondo del suo cuore.
Ne rimase incantato, tutte le sue preoccupazioni scivolarono via come se non ci fossero mai state fino a farlo addormentare.
Il suo ricordo termina solo con un vaga sensazione prima di chiudere le pupille, gli parve che il tronco si fece morbido, e che un abbraccio lo stinse ad esso.
- Prego si accomodi – dice scherzoso indicandogli l’entrata.
La porta da direttamente in uno spazioso salotto.
Certamente casa di Max non potrà mai essere definita “ordinata”, ma in fin dei conti la zia è sempre a lavoro e certamente lui non si mette a rassettare casa.
Sui tavoli torreggiano pile di libri e scartoffie della zia e alcune sedie sono ricoperte da indumenti vari.
Un lievissimo strato di polvere ricopre il tutto.
Ma lui sa perfettamente che esiste di peggio.
Max si dirige verso la cucina e tira fuori da un enorme frigo un cartone di succo alla pera.
- Vuoi qualcosa? Succo di frutta? Acqua? Oppure preferisci qualcosa da mangiare? Ci sono dei biscotti al cocco, vuoi?
Dice porgendogli un vassoio tirato fuori dal forno.
Dylan accetta volentieri il biscotto e si mette a fare un giro per la stanza mentre Max rimette apposto il vassoio e si infila in bocca un biscotto.
- Lei è tua madre?
Max si fa serio a quella domanda, girandosi vede Dylan che guarda una foto attaccata alla parete.
La donna ritratta ha dei lunghi capelli biondi e gli occhi come i suoi sono socchiusi in un largo sorriso, al suo fianco un uomo, di almeno una decina di anni in più di lei, con dei capelli castano chiaro, sfoggia anche lui un sorriso abbagliante.
- No, lei è mia zia Abby. Mia madre non la ho mai conosciuta - vede il biondo diventare lentamente rosso sul viso.
- Accidenti, scusami non volevo. Emh lui chi è? - quello che Max interpreta come un goffo tentativo di cambiare argomento
- Lui è mio padre, è morto quando avevo cinque anni in un incidente. Prima vivevo con lui nella fattoria di famiglia, ora vivo con mia zia - Max nota che l’amico stringe i pugni fino a far diventare le nocche bianche, evidentemente imbarazzato.
- Non ti preoccupare, non potevi saperlo, non c’è nessun problema.
Cerca di mascherare brutti ricordi dietro a un sorriso tirato.
- Beh che ne dici se ti faccio vedere il mio piccolo angolo di paradiso, che è anche la soluzione dei nostri problemi scolastici?
Max fa strada verso il giardino, il verde brillante delle foglie contorna i fiori di decine di piante diverse.
E in mezzo spicca un alta casetta tutta trasparente. 
Il moro ha sempre amato quel posto dal tetto di vetro, ottimo per far passare i brutti pensieri.
Non è come tutte le serre in cui le piante crescono sopra dei freddi tavoli di metallo, li è tutto piantato al suolo, sembra che qualcuno abbia staccato una zolla di terra di qualche posto esotico e lo abbia in New London.
All’interno si trovano le piante più disparate e dai colori più sgargianti, fantastiche orchidee in fiore crescono su alberelli contorti.
Piante carnivore insieme a strane piante dalle foglie arricciate e colorate ricoprono il pavimento.
Piante rampicanti in fiore si vedono salire lungo quasi tutte le pareti, oscurando la vista dell’esterno e avvolgendoti in un altro mondo.
Un piccolo sentiero in pietra si snoda lungo quella meraviglia.
Max fa un giro e mentre cammina raccoglie delle foglie sapendo perfettamente quali prendere.
Vede Dylan meravigliarsi di fronte alle piante carnivore che reagiscono al suo tocco.
- Forte vero? Ora è meglio iniziare a fare quella ricerca altrimenti non la finiremo mai.
Mentre rientrano a casa Max si ferma a raccogliere altre foglie, poi va in camera sua dove aveva già acceso il computer e preso dei libri dallo studio della zia prima di uscire da casa.
Si lascia cadere sopra una sedia e si avvicina alla scrivania, invita l’amico a fare lo stesso.
- Bene, io cerco su internet mentre tu potresti cercare tra questi libri, alcune cose le so già io ma non ci riesco a riempire dieci pagine. Ho messo dei segnalibri nei paragrafi dove potresti trovare delle cose interessanti.
Passa un libro a Dylan e si gira verso il monitor.
- Beh… a dire il vero… io sono fortemente dislessico, quindi…
- Oh ma non ti preoccupare, lo capisco, non c’è problema.
La ricerca la ha fatta quasi del tutto Max, ma certo non si sente sfruttato, in fondo non è ceto colpa di Dylan.
Il biondino se ne è andato verso le 18.:00 e adesso Max sta iniziando ad avere un certo languore, quindi va in cucina a prendersi un altro biscotto.
Ma passare di fronte a quella foto non è stata una grande idea.
Aveva solo cinque anni quando è successo il fatto.
Era ormai sera tardi e lui si era messo a leggere, le guancie ancora pulsanti.
Non ha mai avuto un buon rapporto con il padre, e non era la prima volta che veniva schiaffeggiato senza motivo.
Non molto tempo prima Max stava tranquillamente studiando in camera sua, il padre è entrato barcollante.
Il puzzo di alcol si è sentito subito.
Era sempre ubriaco, ma quella volta non si era posto limiti.
Afferra Max per un braccio e lo scaraventa contro la parete.
- È colpa tua se non c’è più, se non fossi nato staremmo ancora insieme - disse il padre, con gli occhi colmi di tristezza,  prima di spingerlo e farlo cadere atterra.
Si mise a cavalcioni sopra il ragazzo, bloccandogli le braccia con le ginocchia, e iniziò a schiaffeggiarlo, ogni colpo era sempre più forte.
Ma lui non urlava, non piangeva, non tentava di divincolarsi, lo guardava e basta, uno sguardo carico di disprezzo.
Non smise fino a che un rivolo di sangue son gli scese dalle labbra.
A quel punto il padre uscì sbattendo la porta, e quando sbatté anche il portone Max capì che non sarebbe tornato molto presto.
Stava ancora leggendo quando la porta d’ingresso venne aperta fragorosamente.
Quando si spalancò anche la porta della sua camera in un primo istante credete il padre fosse arrivato per un secondo round, ma quando si girò vide una donna bella e giovane con i lunghi capelli biondi e gli occhi verdi gonfi di lacrime.
Lei gli cinse il collo in un abbraccio.
- A-Abby perche piangi?
- Grazie al cielo stai bene - la voce tremula.
- Cosa è successo?
La zia respira a singhiozzi e ci mise un po’ a trovare il fiato per parlare.
Tenendolo per le spalle lo fissava negli occhi.
- Tuo… Tuo padre… Tuo padre ha avuto un brutto incidente e… -non riuscì a concludere la frase che scoppiò di nuovo in lacrime e si gettò nuovamente ad abbracciare il piccolo.
- È morto, Max, tuo padre è morto.-
  
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