…
Ginny
aprì gli occhi
ansimando e lasciando in modo brusco il mondo di Morfeo per una
realtà occupata
dal viso tondo e roseo di Madama Chips.
-Buongiorno, ragazza mia. Dormito
bene? Sono contenta! Hai
fame? Adesso ti porto la colazione, intanto bevi questo-
chiocciò mettendole
direttamente in bocca una pozione violetta, senza nemmeno darle il
tempo di
rispondere ad una sola delle sue domande. Non aveva dormito bene: aveva
avuto
un sonno agitato e nervoso, ma non mangiava dal pranzo del giorno prima
e il
suo stomaco brontolava rumorosamente.
Mentre stava pacificamente facendo
colazione, o meglio,
mentre si stava ingozzando di uova strapazzate e toast alla marmellata
come una
vera Weasley, irruppero dalla porta Demelza e Diane, con un’espressione
indecifrabile ma sicuramente
poco pacifica. –Oh oh- pensò-Sono nei guai-
Le osservò avanzare fino a
quando Demelza esordì :-Non
voglio dire “te l’avevo detto”
ma…-
-Te l’aveva detto!!-
continuò l’amica con gli occhi blu,
irritata –Sei insopportabile, Ginevra-
Se l’angelica Diane era
arrabbiata, allora le cose erano
messe male. Diane abbracciava gli alberi, salvava le farfalle che si
intrappolavano nelle ragnatele, lasciando dei pezzetti di pane per
nutrire i
ragni senza più preda, non riusciva a dormire se non aveva
passato il filo
interdentale!
-Ci hai fatto preoccupare tantissimo-
proseguì Demelza
imperterrita, cercando di non guardare la rossa, che rimpiccioliva
sotto le
coperte, abbattuta e triste.
-Sei un’incosciente!-
-Un’irresponsabile!-
-Non ti parleremo più!-
conclusero insieme.
Passò un momento di
silenzio carico di tensione che venne
rotto da una Diane in lacrime mentre esclamava, coinvolgendole in uno
stritolamento generale:
-Oh, venite qui: abbraccio di
gruppo!- si abbracciarono con
entusiasmo, seppellendo il viso l’una nei capelli
dell’altra, fino a quando la
vocina di Diane pigolò:
-Ragazze, siete fantastiche e vi
voglio un mondo di bene,
ma… COUGHT COUGHT!-
- Mi state pressando- concluse
debolmente.
Le altre due si staccarono
immediatamente con dei-Giusto-,
-Ok, certo-, -Si hai ragione- imbarazzati e un sorriso a trentadue
denti.
-Sarà meglio che andiate
in classe, cercherò di farmi
dimettere da quel marshmellow vivente oggi pomeriggio- disse poi
dolcemente
Ginevra, alludendo alla stucchevolezza Madama Chips.
La ragazza trascorse la mattinata
cercando di evadere dalla
prigione di noia attorno a lei. Ogni tanto le si ripresentavano davanti
agli
occhi flashback del sogno che non l’aveva fatta dormire bene
quella notte. Era
poco chiaro: una serie di immagini confuse e grigie, rosse, nere.
Rabbrividì
istantaneamente ma si costrinse a scavare nel suo inconscio per
catturare
particolari. Ricordò improvvisamente, dopo il panico del
sogno, una mano
gentile fra i capelli e un profumo buonissimo, certamente maschile.
-Che carino, Lee mi ha vegliato
questa notte? Glielo
chiederò- pensò.
Fremente come Leotordo chiuso in
gabbia, nel pomeriggio finalmente
Ginny fu dimessa dall’Infermeria. Le lezioni erano
già finite e lei si avviava
verso il dormitorio Griffyndor. Era ormai passato metà
ottobre e il sole
tramontava molto velocemente. Quasi di corsa raggiunse la sua Sala
Comune,
mormorando la parola d’ordine alla Signora Grassa. Subito
riconobbe l’odore di
legno antico, miele e polvere e l’ambiente caldo rosso-oro
così familiari. La
Sala era quasi vuota; forse tutti gli studenti erano a studiare in
Biblioteca.
Senza pensarci troppo, Ginny si sfilò gli stivaletti e il
mantello,
avvicinandosi davanti al camino per scaldarsi i piedi gelati.
Probabilmente fu
la spossatezza della notte agitata a farla addormentare con il capo
reclinato
su una spalla e i capelli sparsi sulla camicetta come
un’aureola infuocata.
Si svegliò quando
sentì qualcuno prenderla in braccio e
portarla verso il Dormitorio Femminile.
-Ma che diavolo…?!-
mormorò con la bocca impastata.
-Ti sto accompagnando alle scale,
principessa. Ti eri
addormentata su quelle poltrone scomode… Ma non farci
l’abitudine eh? Negli
ultimi giorni ti ho portato troppo spesso!- interloquì
sorridendo Lee Jordan.
Ginny aprì meglio gli
occhi e intrecciò le mani dietro al
collo del ragazzo rispondendo con un sorrisetto impertinente: -Non
è colpa mia
se ti piace tanto prendermi in braccio. Basta chiedere, Lee.-
Il ragazzo rise e i suoi occhi
turchesi brillarono nella
penombra come gemme di acquamarina:
-Siamo arrivati a destinazione, Gin-
Non “Splendore”,
“Dolcezza”; ma il suo nome. Detto da lui
suonava più intimo di quanto la rossa immaginasse. Tuttavia,
nonostante il
commento precedente, il ragazzo non la lasciava, anzi il suo sguardo
era molto
intenso e la scrutava a fondo negli occhi verdi.
Per interrompere
l’imbarazzo dovuto al sentirsi fissata con
così tanta attenzione, Ginny si divincolò un poco
e sciolse l’abbraccio,
scivolando verso il basso.
-Ma perché devo sempre
peggiorare le cose?!- si disse
riprovevole, notando che era finita a guardarlo dal basso, appoggiata
sul petto
ampio del ragazzo.
Cercando di indietreggiare con
delicatezza mormorò: -Grazie
Lee per avermi accompagnata in Infermeria e per avermi vegliato questa
notte.
Ti voglio bene.-
Si sporse di un poco e gli
posò un breve bacio sulla
guancia. Poi corse su per le scale del dormitorio, troppo in fretta per
notare
l’espressione sì sognante, ma anche confusa del
ragazzo.
…
Mentre i giorni scorrevano veloci
l’uno dopo l’altro,
Draco Malfoy si
annoiava ed alternava
momenti di apatia con scatti di rabbia e insofferenza. Theo e Blaise,
al limite
della sopportazione, lo vedevano stare rintanato in camera a consumare
il
tappeto. Erano preoccupati: le chiamate del Marchio si stavano
intensificando e
questa cosa sembrava aggravare l’umore nero di Draco. Avevano
provato, entrambi
e più volte, a farlo parlare, sfogare, ma conoscevano la
riottosità del ragazzo
per qualsiasi rapporto emotivo.
Draco aveva ricevuto ogni giorno una
lettera di suo padre,
che osannava il nuovo padrone ed esprimeva la sua soddisfazione per il
fatto
che il figlio avrebbe presto fatto parte delle schiere dei Mangiamorte
attivi.
Quel giorno, il sedici dicembre, i
due amici avevano deciso
di metterlo alle strette. Entrarono risoluti ma innocenti nella camera
comune,
dando un’occhiata di sfuggita a Draco, appoggiato contro la
finestra, lo
sguardo verso il lago. –Adesso sicuramente vogliono la
verità- pensò il ragazzo
-Ma qual è poi la verità? Il fatto è
che io sono un codardo in tutto: non ho la
forza di ribellarmi a mio padre e di dirgli che non voglio servire il
suo
Signore Oscuro, di espormi davanti alla Weasley per paura che mi faccia
male,
di parlare con i mei amici di tutto ciò…-
Prendendo un respiro profondo Theo si
rivolse a Blaise
sussurrandogli: -Faccio io, che è meglio-, poi
cominciò esitante:
-Ciao Dra, come va oggi?- Il biondo
cercò di non sorridere:
Theo era sempre così cauto; tranquillo e sicuro anche se
avesse avuto uno
Schiopodo Sparacoda nell’armadio.
Blaise lo guardò come per
dire “Ma che fantasia, Mr
Faccio-tutto-io” e sbuffò.
Si stravaccò sulla
poltrona e si allungò per prendere un
Whisky Incendiario continuando ruvidamente:
-Draco è una settimana che
stai da far schifo- Draco
riconobbe la schiettezza tipica
dell’amico dagli occhi di zaffiro: diretto ma sincero.
“Veramente
aulico” sembrava dire l’espressione irritata di
Thed.
Blaise rimase imperturbabile e
concluse:
-Non ci vuoi dire che cosa ti
è successo per ridurti così ma
siamo i tuoi unici amici ed è un miracolo che tu ancora non
abbia scavato una
trincea su quel tappeto a forza di calpestarlo. Quindi sputa il rospo
perché la
mia pazienza è finita-
Draco sedette sull’altra
poltrone mentre Theo prendeva posto
con la schiena appoggiata alla colonna di fianco al camino. Entrambi
gli
stavano prestando tutta la loro attenzione.
-Non avrò ancora
conosciuto l’amore, ma non mi sono mai
accorto che l’amicizia non mi è mai mancata-
realizzò improvvisamente.
Prese un respiro e disse tutto
d’un fiato: -Non voglio
combattere la guerra che verrà e servire Voldemort-
Era riuscito ad ammettere
ai suoi amici ciò che lo crucciava di
più, ma questo non l’aveva
risollevato; ora, imbarazzato per la confessione, posò gli
occhi sul tappeto
mentre calava il silenzio.
Improvvisamente si alzò e
prese il mantello e, senza che
Theo e Blaise avessero nemmeno il tempo di formulare una risposta,
disse: -Sono
le quattro: devo andare-.
E si allontanò.
Ciao a tutti! Devo ammettere che per
scrivere questo
capitolo mi sono spremuta come un limone ma anche adesso la versione
finale non
mi entusiasma. Sarebbe bello sentire il vostro parere su qualche cosa
che vi ha
colpito o che invece non piace. Mi sarebbe di grande aiuto J
Grazie a tutti, anche ai lettori
silenziosi. Un abbraccio,
Violadelpensiero