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Autore: esse198    09/10/2013    1 recensioni
la protagonista è Dora, una ragazza di venticinque anni. molla tutto, cambia città e cambia vita, anche se non completamente. conoscerà persone nuove, ma soprattutto una ragazzina di sedici anni da cui scaturirà un confronto di due personalità ed esistenze simili, ma dalle sfumature significative.
è la storia di chi prova a cambiare e ci riesce, ma anche di chi ci prova, ma non riesce ad andare avanti, di chi prova tanta fatica nel farlo.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’era il concerto. O meglio, erano le performance di una serie di band giovani ed esordienti, alcune magari nate apposta per l’occasione e poi non più esistite. C’erano le cover band e quelle che si concentravano su un solo genere senza per questo rifarsi ad un unico artista, chi azzardava pezzi originali, con qualche discreto successo, e chi mescolava generi e ritmi diversi con risultati a volte sorprendenti, a volte scadenti. I ragazzi avrebbero voluto partecipare, così: era una delle tante idee balenate nel gruppo. Si limitarono alla fine ad andare a vedere la manifestazione. La manifestazione era nata per i giovani, per dare la possibilità loro di esprimersi, esprimere le loro idee, la loro voglia di farsi sentire. E non c’era giornata migliore se non la giornata dello studente. Quell’anno anticipata ai primi di marzo, ma nonostante questo aveva suscitato un discreto successo. Il palco era stato allestito nella piazza principale, abbastanza ampia da ospitare artisti e spettatori. Lo spettacolo ebbe inizio già alle undici del mattino per dilungarsi per tutta la giornata fino a tarda notte. I ragazzi andarono al mattino, poi tornarono il pomeriggio per restarvi fino quasi alla fine.
Lo spettacolo fu proprio gradevole. C’erano band per tutti i gusti. Bravi, meno bravi. Si andava dal pop al raggae, rap più popolare, ma anche quello meno conosciuto, c’era un gruppo di tendenza comunista ispiratosi ai Modena City Ramblers e avevano preparato anche alcuni pezzi di De Andrè. Una cover band di Battisti, un’altra dei Beatles. Ma il genere predominante era il pop-rock, conosciuto, trascinante, coinvolgente e il più idoneo ad una manifestazione di piazza. Agli estremi c’erano quelli particolarmente impegnati e il rock più duro, quasi satanico, a volte, fino alle varie sfumature del metal. I gruppi erano di varia provenienza. Si facevano rappresentanti delle più diverse località dell’interland. Sàfito non era una cittadina grandissima, nemmeno particolarmente ricca di attrattiva, ma certe manifestazioni, certi eventi sapeva proprio organizzarle bene, e riusciva a raccogliere un bel po’ di gente, tanto da rianimarla totalmente. Gli stessi ragazzi, giunti in piazza, restarono abbastanza sorpresi da tanta affluenza.
Quella fu una giornata meravigliosa. Casualmente fu una bellissima giornata calda, assolata, si stava benissimo all’aperto. Per Anna quello era uno dei primi concerti a cui assisteva e forse nemmeno concerto poteva chiamarsi. Fu una bellissima esperienza. Ritrovarsi con gli amici sotto il palco, con le orecchie inondate dalla musica. Lasciarsi trascinare dall’euforia. Inizialmente si fermarono un po’ più lontano dal palco, giusto per prendere confidenza, soprattutto al mattino. Giulia aveva notato come l’amica era rimasta rapita da tanto entusiasmo così al ritorno aveva proposto:
-Pomeriggio ci piazziamo sotto il palco.
-Ci ammazzeranno!
-No! – aveva risposto Giulia con una smorfia.
-Certo, però che è bellissimo. È un gran casino. Sì, pomeriggio sotto il palco.
Durante il sopralluogo della mattinata le ragazze avevano incrociato Roberto, Marco e Vincenzo, ma non erano rimasti a lungo assieme, i tre andavano in giro, in esplorazione, dietro il palco a conoscere nuova gente. Si videro poi il pomeriggio. Le ragazze tornavano da sotto il palco, abbastanza euforiche e per Roberto fu un po’ una sorpresa vedere in quello stato Anna, lui, abituato a vederla abbastanza posata.
-E’ proprio un bell’evento. – urlava Anna.
-Sì, ci sono gruppi abbastanza bravi.
Rimasero un po’ lì con loro. E mentre i gruppi e le canzoni sfilavano Anna riusciva ad andar dietro quasi a tutte le canzoni. Ed ogni volta Roberto chiedeva “Ma la conosci?” e lei allora rispondeva che sì, la conosceva, spiegava come e perché la conosceva e quanto le piacesse. Anna però fu fortunata perché Roberto l’aveva beccata a seguire quella parte di concerto in cui si susseguivano gran parte delle canzoni che Anna conosceva, insomma, fu un caso se Anna apparve così preparata, fu un caso se in quel frangente si esibì quel gruppo tendente comunista che aveva cantato le canzoni dei Modena che lei conosceva abbastanza, fu un caso se poi si esibì un gruppo che aveva cantato pezzi di cantautori italiani, quelli che lei appunto prediligeva e fu un caso se il gruppo che cantava pezzi stranieri si era limitato a presentare pezzi molto recenti, se non addirittura del momento, infatti quando entrò in scena la cover band dei Beatles la ragazza si ammutolì, si limitava a mugugnare qualcosa, ma in modo molto impreciso e vago.
-I Beatles non li conosci. – disse Roberto con un tono quasi scontato.
-No. Cioè so della loro esistenza
-Ma dai! – interruppe lui ironicamente
-Ma non saprei riconoscere le loro canzoni come loro lavori, ma che comunque conosco perché sono pezzi di storia. – precisò lei.
Roberto, al contrario di Anna prediligeva parecchio la musica straniera, soprattutto i classici e i gruppi e artisti rock, ma spaziava volentieri diffusamente tra artisti e generi. E non è che si stupisse del fatto che alcuni pezzi o artisti fossero conosciuti, ma che fosse proprio Anna a conoscerli. Aveva un’idea della ragazza di chi ascolta le canzoncine mielose, quelle struggenti e non avrebbe certo immaginato che le piacesse così tanto il pop-rock. Roberto aveva proprio pensato di lei come una di quelle protagoniste da romanzo ottocentesco, una di quelle fanciulle posate, carine, eleganti, ma a volte poco intelligenti, o semplicemente poco interessate alla cultura in generale. Aveva commesso un grande errore, e un po’ se ne vergognava, era forse per quella sua abitudine a porsi sempre un po’ più in alto degli altri. Ed era facile notarlo quando argomentava con gli amici, con gli altri ragazzi, e più spesso con le ragazze, di quello che sapeva, di quello che faceva volendo mostrare sempre una certa competenza e padronanza. Difficile stabilire se vi fosse della vera e propria arroganza, forse solo un desiderio di farsi valere, di far vedere di valere qualcosa. Semplice amor proprio che a volte lo portava a sottovalutare lo spessore delle personalità di chi gli stava intorno. No, non era pieno di sé, e questo lo mostrava il fatto che non appena gli capitava di incontrare qualcuno che ne sapesse più di lui si rimetteva alla sua superiorità lasciandosi guidare, senza però lasciarsi condizionare meccanicamente. Roberto era una personalità abbastanza complessa: cercava sempre qualcuno con cui condividere i suoi interessi, e con i suoi amici questo gli riusciva abbastanza, cercava gente che gli aprisse nuovi orizzonti, nuovi modi di vedere, di vivere, di affrontare la vita. Ma lasciava che ciò avvenisse con entusiasmo, sì, ma anche con una certa diffidenza, per non restare mai abbagliato dalle apparenze, dalle prime impressioni. Ma, si sa, non è mai semplice mantenere un comportamento del genere, e infatti il ragazzo aveva commesso l’errore di dare per scontato certi aspetti di Anna. Chissà cosa lo spingeva a farsi di lei ogni volta qualche tipo di ritratto, ritratti che comunque la ritraevano sempre su un livello particolare: né troppo in basso, né troppo in alto. Come sospesa, come aldilà di ogni giudizio, come se né il bene né il male potessero in qualche modo intaccare la sua figura. Forse per paura di vederla troppo perfetta e scoprire poi così tante imperfezioni da rovinare alla fine il quadro, l’opera. Chissà se era stata la disavventura dell’estate scorsa a fargli nascere tutta una serie di riguardi verso la ragazza. Riusciva comunque a lasciarsi affascinare in qualche modo e non capiva cosa lo attraeva di preciso. Ci fosse solo affetto, o compassione, o curiosità, o attrazione fisica. Ma a volte era come una calamita, altre non ci pensava proprio e anche la sua stessa presenza non gli suscitava particolari reazioni.
Quella giornata scivolò tranquilla e spensierata, come molte altre da allora. Per Anna si apriva un lungo periodo di giornate, di serate, di pomeriggi passate con gli amici, con Giulia, con cui condivideva sempre tutto, con i nuovi ragazzi che le invitavano sempre più spesso nel loro “covo”, con Angela e Martina, con cui gli scontri ogni tanto si facevano più accesi, soprattutto con la seconda, ma poi si dissolvevano, grazie ai vari mediatori. Era Angela la ragazza a cui Anna era più affezionata, la conosceva da molti anni e non voleva rompere l’amicizia con lei, però quel cipiglio di Martina, quella sua abitudine di mettere zizzania, quella sua sorta di gelosia minava la serenità del quartetto, ma siccome negli ultimi tempi Angela aveva legato sempre più con Martina questo creava qualche piccolo problema tra Anna e Angela. Che poi era sempre difficile capire cosa la spingesse, certi momenti, a muovere determinate cattiverie. La rendevano sempre parte del gruppo, nonostante questi suoi momenti, eppure, se voleva, se era di buon umore, era una ragazza abbastanza simpatica, di compagnia e ci si poteva divertire anche, almeno così era stato nei primi tempi, poi era divenuta sempre più acida. Mah, dovevano essere certi meccanismi che muovono il gruppo, sempre e comunque.
Il concerto di quella giornata fu un’esperienza bellissima per Anna. La sera tornarono tutti quanti sotto il palco e vedersi circondata dai suoi amici, sentire la musica scivolarle addosso, dentro, lasciarsi trascinare dal ritmo, dall’entusiasmo, dall’euforia generale fu un’emozione grandissima e indimenticabile. Cantava a squarciagola, con passione, lasciandosi trascinare, quasi come una matta, come rapita dal “demone” della musica. I salti, le coreografie buffe intese con Giulia, che poi coinvolgevano anche Angela e Martina, i contatti, le spinte con i ragazzi. E poi le urla, l’entusiasmo esagerato, gli insulti gratuiti, le ironie, le risate, ma anche le malinconie, i momenti di riflessione, la voglia di sentirsi, di esserci, di comunicare qualcosa. Fu una forte energia che si portò ancora a lungo nel tempo, come un ricordo sempre molto vivido che gli dava una carica in più se ci pensava. E Marco che ci provava ancora con Giulia. E Giulia gli dava corda quasi in modo disinteressato. Questa storia tra Marco e Giulia restò a lungo un gran mistero anche per Anna. Per lungo tempo non riuscì a cavare proprio nulla dalle confidenze dell’amica. Ogni volta che cercava di indagare, di capire la ragazza sviava il discorso facendo intendere che non era una cosa importante, per cui era anche inutile parlarne. E all’inizio fu anche molto convincente nel suo non parlarne mai, e infatti Anna non se ne preoccupò più di tanto, anche se un po’ la incuriosiva ‘sta storia. Conoscendo la sua amica, non era il tipo che si lasciava andare con il primo che capita, però anche con Marco non è che avesse fatto chissà che, soltanto sguardi, allusioni come una specie di gioco fine a se stesso. Quanto alle intenzioni di Marco era meglio non pensarci proprio vista la fama che si portava dietro. Per lui una ragazza valeva l’altra, agiva per istinto, per gioco, per passatempo.
Ma ci fu un momento. Vide Marco strusciarsi troppo alla sua amica, e Anna d’istinto andò verso l’amica e la tirò a sé senza nemmeno una scusa, senza avvisare, la allontanò da lui. La ragazza la guardò sorpresa, un po’ sconcertata. Poi capì. Anche Marco lo trovò molto strano quel gesto, anche più di Giulia visto che lui non arrivò a spiegarselo, quel gesto, ma non ci perse troppo tempo a pensarci su. Lasciò correre e se ne dimenticò.
Si allontanarono da sotto il palco, andarono a sedersi più in là dove la folla era più rada, andarono a sedersi sparsi tra i marciapiedi e il pavimento della piazza. Giulia andò a sedersi accanto ad Anna e le disse:
-Ascolta, guarda che con Marco la situazione è sotto controllo.
Anna sembrò cadere dalle nuvole in un primo momento. Poi rispose:
-Ah, scusa, per poco fa. L’ho fatto senza riflettere. Mi sono preoccupata e ho agito d’istinto.
-Sì, l’avevo capito. Ma davvero puoi stare tranquilla. E… cioè… se dovessi vedermi andar via con Marco, ci si può fidare e comunque è tutto sotto controllo.
Anna assentì, anche perché era la paura e l’impressione di certi ricordi che tornavano e la incantavano e le facevano agire in modo strano, come in quel caso. Dall’altro lato spuntò Vincenzo che le urlò:
-Ehi! Ma lo sai che canti proprio forte!
-Anche tu stai parlando proprio forte! – ribatté la ragazza.
-Ah, scusa, sono stordito, non ci sento più… no, volevo dire che canti bene. – riprese lui riuscendo ad abbassare il tono della voce.
-Ma come hai fatto a sentirmi in tutto quel casino.
-Non è sotto il palco che me ne sono accorto, ma prima. – poi si voltò verso Roberto: - a noi mancava la solista e l’avevamo proprio sotto gli occhi.
-Perché? Suonate pure? – chiese provocatoriamente Giulia.
-Sì! – rispose con un certo orgoglio Vincenzo – io suono bene la batteria, Roberto è il nostro chitarrista, Marco è il bassista e infine abbiamo il tastierista e percussionista in Elia.
-Elia è quel ragazzo del corso sperimentale che sta sempre con Luca? – chiese Angela
-Sì, lui. Lo conosci?
-Eravamo insieme alle elementari.
Giulia si mise a fare un casino per sapere di chi stavano parlando, così le ragazze cominciarono a spiegarle chi era quel ragazzo e una volta che lo ebbe capito, esclamò:
-Lui tastierista? Non lo avrei mai detto!
-Perché?
-Boh, così, a guardarlo non lo avrei detto.
La mandarono tutti a quel paese. Tali commenti da parte di Giulia erano tipici e i ragazzi ogni volta ne approfittavano per darle addosso visto che il passatempo preferito restava quello di accentuare le manie e i difetti degli altri.
Vincenzo tornò sull’idea della band, insistendo e quasi implorando Anna perché prendesse parte al progetto. La ragazza ci credeva poco, ma si lasciò convincere. Del resto i ragazzi di idee ne tiravano giù parecchio. Bisognava vedere se andavano fino in fondo.
Poi come un flash ad Anna venne in mente la precedente conversazione con Giulia.  Si voltò di scatto verso la sua destra, dove stava Giulia, appunto e le disse:
-Scusa… ma che significa se ti vedo allontanarti con Marco?
-Eh?
-Il discorso di poco fa…
-Ah, niente… metti che mi deve parlare…
-Ma che intenzioni hai?
-Niente, stai tranquilla. Non ci pensare.
-Stai attenta, ok. Per favore!
-Va bene.
Ma non era così semplice. Giulia era terribilmente attratta da Marco. E Marco era di sicuro un bel ragazzo. Tra i due fino ad allora non c’era stato un gran dialogo, si limitavano a provocarsi a vicenda. Lui la stuzzicava sul suo stile da setta satanica, lei ribatteva accusandolo di superficialità. Ma si attraevano come due calamite. E così poco a poco le provocazioni lasciarono un po’ di spazio a qualche chiacchierata, a qualche confidenza. E Giulia non voleva che questo: riuscire a sentirlo parlare per capire se c’era davvero solo superficialità. In realtà il ragazzo cercava di atteggiarsi in questo modo per non prendere cantonate, cercava di fregarsene di tutto per poter vivere tranquillamente. Non prendeva nulla sul serio perché sapeva che nulla gli sarebbe potuto appartenere. Ma finiva per accanirsi su certe passioni. Come quella per il cinema. Ma Giulia, anche a tal proposito, gli sentì dire:
-Sarebbe bello… ma non ci penso. Meglio non pensarci. Ogni volta che a mio padre gli dico che mi piacerebbe entrare nel mondo del cinema, diventa scettico, smonta ogni mia più piccola speranza ed io non credo di avere la forza di ribellarmi alla sua presunzione. Anche perché a volte penso che ha ragione e forse è meglio lasciar perdere.
Si trattava del classico problema di stima. La ragazza capì che il suo problema stava proprio nel sottovalutarsi. Lei non ne capiva nulla di cinema, ma aveva visto che, nell’occasione del corto, Marco aveva saputo muoversi a meraviglia, sembrava essere nato tra le cineprese e con Roberto aveva messo su un’organizzazione quasi perfetta.
Insomma, Giulia era del parere che un tentativo si sarebbe potuto fare. Ma i travagli, i conflitti familiari a volte non sono così semplici da capire. Certe tensioni non si risolvono, si trascinano per tutta la vita. Il peso di un genitore che ti smonta, che non crede in te, che non si fida di te, te lo porterai per sempre.
  
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