Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Desty    09/10/2013    6 recensioni
-Mi scusi- chiese, attirando l’attenzione dell’infermiera che di colpo si fermò. -Le scale proseguono. Esistono altri piani?- domandò curioso. Per quanto quel posto lo stesse terrorizzando, un briciolo di curiosità sembrava farsi spazio in mezzo a quel terrore. Miss.Marin s’irrigidì di colpo, serrando saldamente la mascella.
-Il quinto piano non è area di sua competenza. Esistono gli infermieri per quel piano, lei si limiti a lavorare su questo- rispose, poco educatamente. -Ora muoviamoci, il mio turno sta per cominciare e devo mostrarle la sua stanza- aggiunse, riprendendo a camminare. Harry pensò di chiederle di spiegargli dove si trovasse la sua camera e di farlo proseguire da solo, ma un urlo agghiacciante lo fece rabbrividire e capire che l’idea non era delle migliori.
**
-Loro cercano di farci dimenticare tutto, Dottor.Styles. Però noi non possiamo dimenticare. Siamo persi nella confusione- sussurrò Spencer; lo sguardo fisso nel vuoto e la postura immobile. Sembrava quasi non respirare, il terrore dipintole sul volto.
**
Harry spalancò gli occhi inorridito. Si sedette accanto a Spencer e, con dolcezza, le afferrò le mani stringendole saldamente. -Ti aiuterò Spencer: fuggiremo da Clerkenwell- sussurrò posando la sua fronte contro quella della ragazza.
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A






 

IV.

 
 

"Il male che facciamo non ci attira tante persecuzioni
e tanto odio quanto le nostre buone qualità"

Francois de la Rochefoucauld. 

 

Quella parete era di un bianco incredibilmente nauseante e l’odore della muffa, venutasi a formare nel corso degli anni negli angoli dei muri, sembrava solo voler aumentare il senso di nausea in Harry, chiuso in quella sua stanza. Non ce la faceva già più; era lì solo da tre giorni, ma per lui sembravano esser passati secoli. Non poté fare a meno di chiedersi come riuscissero quei ragazzi ad essere lì da quasi ormai tre anni; nessuna emozione calcava i volti dei presenti in quel manicomio e Harry stava riuscendo a spiegarsi il motivo, nonostante il pensiero costante del quinto piano sembrava quasi non riuscirlo a far dormire la notte. Preso dalla curiosità, la sera precedente mentre non riusciva a prender sonno, si era messo a cercare notizie relative a Clerkenwell su internet, ma ciò che era riuscito a trovare non soddisfava la sua sete di curiosità e voglia di scoprire. Alla fine ci aveva rinunciato e si era messo a fissare quel soffitto che stava fissando anche in quel momento. Per di più non era ancora riuscito ad uscire nel giardino sul retro per fumarsi una sigaretta, visto che senza Miss Marin non gli era permesso muoversi all’interno, o all’esterno, di quell’edificio; come se non bastasse il cibo che gli stavano fornendo in quel posto stava iniziando a diventare troppo monotono, visto che ogni giorno gli veniva servita sempre la stessa colazione, lo stesso pranzo e la stessa cena. Stava iniziando a detestare quel posto con tutto se stesso. Sbuffò e si alzò dal letto, ormai al limite della sopportazione; erano le sette del mattino e mancavano ancora un paio d’ore prima dell’arrivo di quel Niall Horan, il suo paziente del giorno, quindi poteva anche concedersi una passeggiata nel giardino, con o senza Miss Marin.

Prese il suo pacchetto di Marlboro rosse e se lo infilò nella tasca posteriore dei jeans neri skinny che aveva deciso d’indossare quel giorno, afferrò il suo impermeabile nero e aprì la porta della camera. Sussultò nel trovarsi faccia a faccia col sorriso inquietante di Miss Marin, ferma e immobile proprio davanti alla soglia d’ingresso. Gli occhi smeraldini di Harry si soffermarono, per chissà quale motivo, sul volto, anche fin troppo tirato, della donna; era molto più vecchia di come sembrava di solito. Parecchie rughe le si venivano a formare sulla fronte, lasciata scoperta dai capelli corti e bianchi -nascosti sotto una retina-, le labbra erano di un color rosa pallido così come il colore della pelle, lievemente ingiallita a causa dei neon appesi al soffitto; gli occhi, di un colore quasi indefinito, erano incredibilmente grandi e circondati da zampe di galline causate dalla vecchiaia ma anche dall’espressione tenuta dalla donna. Styles sentì il sangue raggelarsi nelle vene non appena i loro sguardi s’incontrarono; fu costretto a chiudere gli occhi e riaprirli, dirigendo la traiettoria altrove, puntandoli sul ragazzo accanto all’infermiera. Era alto, all’incirca quanto lo psicologo, e la cosa che colpì maggiormente Harry furono i suoi occhi di un azzurro così spento che accompagnavano uno sguardo diverso da quello che Harry aveva incontrato fin ora tra i suoi pazienti. In quegli occhi sembrava trapelare odio e nient’altro; il problema era che Harry ancora non sapeva verso cosa fosse diretto quel sentimento così negativo. Il ragazzo, dalla carnagione di un bianco latte, si passò le lunghe dita ossute e rovinate tra i capelli di un biondo cenere, arricchiti di qualche striatura castana, e pettinati in un ciuffo alto e spettinato. Harry percepiva perfettamente quanto fosse scocciato di trovarsi in quel luogo, in quelle circostanze e in quella stanza.

-Buon… Buongiorno Miss. Marin- borbottò Harry camuffando un lieve colpo di tosse, evitando il più possibile d’incontrare lo sguardo della donna. Chinò il capo e s’infilò la mano in tasca, afferrando il pacchetto di sigarette, pronto per rifilare la solita scusa.

-Stava andando da qualche parte, Dottor. Styles?- chiese, quasi retoricamente, l’infermiera, chinando la testa da un lato e osservando con espressione maniacale il ragazzo riccio di fronte a lei. Harry tossì una seconda volta, estraendo il pacchetto di sigarette dalla tasca e mostrandolo a Miss. Marin quasi fosse un trofeo e lui fosse quasi entusiasta di averlo ricevuto, volendo far invidia agli altri.

-Io… avevo bisogno di fumare e poi… si beh, vi aspettavo tra un paio d’ore. Siete… siete in anticipo- sperò con tutto se stesso di riuscire a cambiare discorso e, fortunatamente, si sentì più rilassato quando notò, con la coda dell’occhio, che il volto della donna dirimpetto si stava, man mano, rilassando.

-Oh si, le chiedo scusa ma al signorino Horan è stata anticipata la visita medica e, quindi, con questo cambio d’orario viene spostata anche la seduta psicologica- spiegò, con calma, l’infermiera. Harry annuì quasi comprensivo, anche se l’unica cosa che lo interessava in quel momento era allontanarsi il più possibile da Miss. Marin, la quale lo stava anche fin troppo preoccupando.

-Nessun problema. Accomodati pure, Niall- sospirò il riccio, allungando una mano per afferrare, velocemente, il fascicolo dalle mani della donna e scostandosi dall’ingresso, permettendo così al ragazzo biondo di poter entrare. Quest’ultimo alzò gli occhi al cielo e, non curandosi di colpire lo psicologo con una potente spallata, entrò nella stanza senza proferir parola e si accomodò sul divano in pelle nera, sotto lo sguardo di entrambi i presenti. Styles fece per chiudere la porta ma venne bloccato dal piede, troppo veloce, di Miss. Marin. La donna si avvicinò all’orecchio del ragazzo.

-La prossima volta che cercherà di uscire, nuovamente, senza il mio permesso non la passerà liscia. Non faccia troppo il furbo Dottor. Styles, qui può succedere di tutto senza che lei ricordi qualche cosa- sibilò tra i denti. Un freddo incontrollabile prese possesso di Harry. Si rizzò di colpo la schiena e ogni muscolo del volto sembrava essergli irrigidito; aveva paura. -Mi ha capito?- sussurrò con acidità nella voce. Harry riuscì solamente ad annuire, lentamente, in totale assenza di possesso corporeo. Deglutì velocemente e chiuse la porta il prima possibile. Sentiva freddo. Lo sguardo fisso sul pavimento e ogni muscolo corporeo sembrava quasi addormentato, incosciente del fatto che potesse muoversi. Non aveva compreso a pieno il significato delle parole pronunciate dall’infermiera, ma aveva percepito che tutto ciò non era nulla di buono. Riuscì ad alzare lo sguardo solo quando Niall tossì, scocciato.

-Se ti muovi con questa sceneggiata, mi fai un favore- disse il biondo, fregandosene dell’essere cortese o gentile. Styles sembrò quasi ritornare in sé. Si trovava lì per svolgere il suo lavoro, doveva solo svolgere il suo lavoro: fare lo psicologo e aiutare quei ragazzi che riscontravano problemi psicologici. Non doveva immischiarsi negli affari di Clerkenwell, doveva solo fare ciò per cui era stato chiamato lì. Il riccio annuì, più che altro ai suoi pensieri che alle parole del giovane.

-Ciao, Niall- disse con voce ancora più roca, accomodandosi sulla poltrona di fronte a Horan. In quel momento Harry avrebbe solo voluto stare da solo.

-Chiariamo una cosa. Odio questo posto. Odio quello che ho fatto, ma non me ne pento. Odio ogni singolo essere umano e, fondamentalmente, odio te e tutti quelli come te- Styles riconobbe un accento irlandese nella parlata, molto forte e veloce, di Niall. Il riccio chinò la testa da un lato, socchiudendo gli occhi. Niall non gli piaceva molto, ma comunque doveva cercare di aiutarlo e non poteva fuggire dai suoi doveri.

-Non posso impedirti di odiare me, anche se non ci trovo un motivo preciso, o “tutti quelli come me”. Vorrei solo sapere il motivo per il quale odi ciò che hai fatto ma non te ne penti. Cos’hai fatto, Niall?- chiese. Il biondo scrollò le spalle come se ciò di cui stava per parlare era, solamente, un argomento superfluo e inutile.

-Tu non capiresti. Ho ucciso mio padre e mio fratello. Una notte. Senza motivo. Mi andava solo di farlo.- quelle parole fecero gelare, per la seconda volta, il sangue nelle vene ad Harry. Sgranò gli occhi cercando di nascondere, il più possibile, il terrore. Non doveva mostrarsi spaventato; era stato preparato ad affrontare qualsiasi tipo di caso psicologico ma, fin ora, non si era mai trovato un caso tale. Prese un profondo respiro, sentiva che non era a pieno di sé. Si grattò la nuca, alzando lo sguardo per ritrovarsi quello di Niall puntato addosso. Stava sorridendo beffardo, quasi soddisfatto della reazione che aveva provocato in Harry con le sue parole. Il riccio l’osservò confuso.

-Lo so, faccio quest’effetto “Dottore”- disse Horan, ammiccando verso lo psicologo. Styles deglutì, nuovamente, sentendo le mani diventare sempre più fredde e intorpidite; capiva che stavano per iniziare a formicolare quando il flusso sanguineo smise di arrivare.

-Quindi, a te, sembra una cosa normale uccidere gente solo per la pura voglia di farlo?- chiese, retorico, Harry, nascondendo ogni singolo sintomo di paura e orrore che gli stava attraversando la mente. Niall incrociò le gambe e le braccia, portandosele al petto e socchiudendo gli occhi.

-Sì- rispose, semplicemente, arricciando gli angoli della bocca sottile e rosea. -è difficile controllare gli impulsi di rabbia, per uno che ne soffre. Viene così, senza preavviso. Ti viene semplicemente voglia di distruggere tutto, voglia di vedere soffrire altra gente e sfogare la tua rabbia su di loro. Peccato che tutto ciò non si possa controllare; quando cominci a sfogarti è difficile poi smettere. È un po’ come una droga: quando cominci, non riesci a smettere. Perdi il controllo delle tue azioni e l’unica cosa che desideri è averne di più, sempre di più. Quindi sì, la considero una cosa normale arrivare ad uccidere qualcuno per la pura voglia di farlo- Niall sentiva il sangue pulsargli nelle vene, il calore che prendeva possesso del suo corpo e la testa pulsare come mai aveva fatto fin’ora. Stava iniziando a non sopportare più quella faccia che si trovava davanti, la faccia shockata e spaventata del Dottor Styles. I suoi denti iniziarono a digrignare e, senza nemmeno rendersene conto, si alzò di scatto, non sopportando più di stare seduto.

-Niall! Calmati!- urlò Harry, ma ormai l’udito del biondo era diventato ovattato. Non ascoltava più nulla, se non l’istinto di rabbia che necessitava sfogare in quel preciso momento, sulla persona che l’aveva fatto diventare così. Eppure, nel giro di un secondo tutto, per Niall, cambiò. La vista gli si era offuscata. Iniziò a capire vagamente ciò che gli stava succedendo attorno; la testa iniziò a fargli male, quasi come un martello pneumatico avesse iniziato a martellargli la testa. Harry scattò in piedi osservando il ragazzo cadere a terra di colpo e rannicchiarsi sul pavimento urlando terrorizzato.

-Fermateli! Vi prego fermateli!- la voce del biondo era acuta, spaventata e piena di terrore; Styles si trovò completamente spiazzato da tutto quello che gli stava succedendo attorno. Le mani iniziarono a tremargli dal panico.

-Aiuto! Fateli smettere!- Niall continuava ad urlare, implorare aiuto, ma Harry non riusciva a parlare, muoversi. Non sapeva che cosa fare, si trovava in un completo e totale black out corporeo e mentale.

 

Quando Miss. Marin aprì la porta di colpo, gli si presentò la tipica scena che capitava quando Horan doveva affrontare una seduta dallo psicologo che, di turno, lavorava a Clerkenwell. Ormai la banalità in quel posto stavano iniziando ad annoiare l’infermiera. Trattenne uno sbadiglio e, con finta preoccupazione, raggiunse di corsa quel moccioso riccio di Styles, spingendolo il più lontano possibile da Horan che, in preda agli effetti collaterali dei farmaci che gli venivano iniettati durante le visite mediche, crogiolava sul pavimento implorando aiuto.

-Che gli succede? Io… io non so cosa fare! Io… che cosa sta succedendo? Che cosa mi sta succedendo?- Miss Marin alzò gli occhi al cielo nel notare che, dietro di lei, Harry Styles fissava terrorizzato il tutto e ripeteva quelle parole quasi fosse un disco rotto. L’infermiera lanciò un’occhiata ai due infermieri che si era portata con sé, giusto per fare un po’ scena di fronte al nuovo psicologo -da lei poco apprezzato-, e fece loro segno con lo sguardo.

-Portatelo fuori, ha bisogno d’aria- disse, senza alcuna nota d’emozione. I due uomini annuirono all’ordine e ponendosi ai lati del giovane psicologo lo afferrarono per le braccia, trascinandolo fuori da quella stanza.

 

 

 

Harry fissava, inespressivo, quella fontana ormai ricoperta da muffa e funghi, rami secchi ed escrementi di piccioni, i quali sembravano aver trovato piacere a considerarlo come raduno. La fissava come per costringersi a non pensare a ciò che gli era successo; si sentiva quasi traumatizzato. Nella sua mente si presentavano solo frammenti di ciò che era accaduto, non del tutto consapevole della verità. Si sentiva quasi perso nella confusione mentale. In che cosa si era andato a cacciare? Per quale motivo si trovava ancora lì? Perché non aveva ancora preso il suo cellulare, composto il numero di qualcuno e costringerlo a correre a recuperarlo? Doveva andarsene. Non sarebbe riuscito a resistere un secondo di più in quel luogo. L’unica cosa positiva, in quel momento, era la completa solitudine e il fatto di trovarsi, finalmente, all’aria aperta del giardino sul retro da lui tanto ambito. Il freddo sembrava non essere particolarmente fastidioso in quel momento, l’aria lo tranquillizzava. Per una volta le urla, spesso sentite dalla sua camera, non erano un peso. Qualsiasi rumore interno a Clerkenwell da quel posto non si sentiva per niente, e Harry si stava tranquillizzando. Chiuse gli occhi e li riaprì di scatto, sentendo il rumore di foglie secche scricchiolare sotto la suola di scarpe. Si trovò, proprio di fronte a lui, il volto di Spencer. Immediatamente si sentì quasi più sollevato; riusciva a leggere perfettamente i sentimenti di lei attraverso i suoi occhi e questi erano identici a quelli che stava provando Harry.

-Harry?- chiese quasi per conferma, non per chiedere come mai si trovasse in quel posto. Il riccio annuì, in difficoltà. Sapeva che con Spencer sarebbe riuscito a parlare di tutto. Si chiedeva quando sarebbe toccato a lei una seduta dallo psicologo. Desiderava poter parlare da solo con lei, desiderava poter scoprire la sua storia. La sentiva diversa e ne aveva quasi la certezza; Spencer non era di certo come gli altri pazienti di Clerkenwell e l’aveva capito solamente con uno sguardo. A Harry non importava del perché quella ragazza si trovasse lì, non gli importava chiederle sul come fosse riuscita a raggiungere quel cortile. Non la conosceva, sapeva ben poco di lei, ma era come se la conoscesse da sempre. Si alzò di scatto avanzando di pochi passi e, senza nemmeno programmarlo, allargò le braccia e la strinse in un abbraccio spontaneo. Sentì Spencer sussultare e rimanere rigida per i primi minuti; anche se tirò un sospiro di sollievo nel sentire che, comunque, riuscì a rilassarsi tra le braccia del riccio.

-Dove sono finito?- sussurrò Harry, stringendola tra le braccia.

-Benvenuto nel mondo della paura, degli incubi e della pazzia. Benvenuto a Clerkenwell- rispose Spencer. Però, in quel momento, la voce della ragazza risuonò incredibilmente lontana alle orecchie del riccio. L’immagine di fronte a lui iniziò a diventare, andando, sempre più sfocata e un incredibile senso di nausea che non riusciva a spiegarsi lo costrinse a chiudere gli occhi.

 

 

Miss. Marin sorrise soddisfatta. Fissava con sguardo compiaciuto il corpo del moccioso psicologo giacere sul letto della camera. In fondo, il direttore non ne sarebbe venuto a conoscenza. Nessuno avrebbe potuto dirgli che, quando era giunta nella camera dello psicologo per soccorrere Horan, aveva trovato anche Styles svenuto sul pavimento e aveva deciso di fargli visitare il famoso quinto piano, anche se privo di coscienza. Era certa che per un po’ di tempo avrebbe smesso di fare domande e si sarebbe limitato a svolgere il suo lavoro.


 

Desty's Corner.
*s'inginocchia e chiede umilmente perdono per l'orribile ritardo che ci ha messo*
Buona sera gente! eccomi qui, dopo mesi d'ibernazione, con il quarto e attesissimo capitolo della FF :')
comunque, è un pò tardi e sono abbastanza (anche fin troppo) stanca e in queste settimane sono completamente piena con gli impegni scolastici. Tra verifiche e interrogazioni sto morendo, credetemi. Beh, non mi dilungo troppo, spero solo che vi piaccia questo nuovo capitolo :3
Love. #Desty


 
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Desty