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Autore: Nidham    10/10/2013    1 recensioni
Breve elucubrazione della mia ladra nel momento piu' triste del videogioco, quando una scelta porta a tragiche conseguenze. Fatemi conoscere il vostro parere, visto che è anche il mio primo tentativo^^
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“E' peggio che cercare uno stramaledetto ago in uno stramaledetto pagliaio!” sbottò, non per la prima volta, Oghren, mentre cercava con poco successo di liberare l'ascia dalle costole spezzate di un lupo macilento. “Anzi, l'ago, almeno, non può andarsene in giro sulle proprie gambe, portando un bel paio di tette a destra e sinistra per queste puzzolenti lande, senza concederci il piacere di osservarle.”

“Non siamo neppure certi di trovarla qui” aggiunse Alistair, per consolidare l'ottimismo. “Adesso che Flemeth non c'è più, quella maga rinnegata potrebbe essersi diretta ovunque a compiere i suoi malefici.”

Zevran non rispose, ormai abituato alle loro vuote lamentele e indifferente a qualsiasi difficoltà, vera o presunta, potessero rappresentare. Erano passati tre giorni dal loro incontro e non avevano individuato il benché minimo indizio che potesse portarli da Morrigan, ma, nonostante l'umore del gruppo fosse notevolmente peggiorato ora dopo ora, per lui questo era un risultato preventivato. Tanto più che non era neanche certo fosse quella la fine della sua ricerca, nonostante le labili speranze a cui continuava ad aggrapparsi; per quanto la strega avesse dato prova di essere a conoscenza di segreti interessanti, di certo non era onnisciente o onnipotente e poteva anche esserci la seppur remota possibilità che non avesse, comunque, alcuna intenzione di aiutarli. Per quanto ne sapeva, quella strana donna poteva anche essere nei paraggi a osservarli con un sorriso sarcastico dipinto sul volto e il bastone pronto a lanciare una palla di fuoco che li avrebbe inceneriti in un istante. Non escludeva questa eventualità, che anche Alistair aveva bofonchiato a mezza voce solo la sera prima, davanti al pezzo di pane secco che aveva costituito la loro cena, ma non ci credeva troppo.

A differenza del Custode, Zevran aveva riposto quasi subito fiducia in Morrigan, se non altro perché sentiva quanto Eilin tenesse a lei; non era una dolce fanciulla indifesa, con gli occhi colmi di stelle e il cuore gonfio di buoni sentimenti, ma il suo cinismo non era gratuitamente crudele e il suo egoismo derivava forse più dall'abitudine che da un'istintiva indifferenza per il resto del mondo. Si era sinceramente affezionata al loro capo, non c'erano dubbi al riguardo e, seppure i suoi sentimenti avrebbero potuto essersi annacquati, in quei lunghi, faticosi mesi, l'elfo non riusciva a credere che si sarebbe davvero rifiutata di aiutarli, se avesse potuto farlo.

In ogni caso, aveva pronto anche un piano di riserva, di cui non aveva fatto parola ai suoi compari, perché non sapeva come avrebbero preso l'idea di introdursi furtivamente nella Torre del Circolo e rubare un po' di libri dalla sezione proibita, giusto per farsi una cultura che andasse oltre la dottrina che quei maghetti volevano inculcare a tutti loro poveri sciocchi.

“Dovremmo spingerci un po' più a nord” Oghren poggiò una mano sulla spalla dell'ex-templare, stringendola brevemente, in un moto di ruvida tenerezza piuttosto insolito, per lui. “A meno che non la troviamo davvero nella sua vecchia casa e mi ci giocherei la barba che non sarà lì.”

Alistair non replicò, ma strinse con più forza il pomo della spada, chiudendo gli occhi per un attimo, e Zevran non se la sentì di biasimarlo, o deriderlo, per la sua comprensibile riluttanza a dirigersi di nuovo in quel luogo così gonfio di ricordi, per quanto non comprendesse, a quel punto, come riuscisse a vivere a pochi passi dalla torre dove lei aveva perso la vita.

Ostagar. Il luogo dove tutto aveva avuto inizio, dove il destino dei Custodi grigi aveva quasi raggiunto un ingiusto epilogo, dove la polvere era rossa del sangue di centinaia di eroici guerrieri, traditi e massacrati dalla follia crudele di un fanatico invasato.

Ostagar, simbolo della crudeltà e della disperazione, cuore straziato del Flagello, culla martoriata del riposo eterno di un intero ordine e del suo comandante, l'austero e indomito Duncan, guida e padre per Alistair, speranza e coraggio per chiunque avesse creduto in lui.

“Auguriamoci che non ce ne sia bisogno” si sentì in dovere di rassicurarli Zevran, per quanto fosse consapevole di star praticamente mentendo. “In fondo non credo ci sia niente di interessante per la strega, tra quelle rovine.”

“Giusto, giusto” bofonchiò il nano, cogliendone lo sguardo d'intesa. “E Morrigan non è tipa da perder tempo in melense rimembranze.”

“Posso affrontarlo” la voce di Alistair era cupa e atona. “Apprezzo la vostra sollecitudine, ma non ho bisogno di pietà. Potrò camminare tra i resti dell'accampamento senza mettermi a piangere come una femminuccia.”

Zevran si trattenne dal ricordare le varie volte in cui i fatti avevano smentito quei buoni propositi, ma auspicò che stavolta si rivelassero sinceri; non sapeva se avrebbe tollerato di vederlo versare lacrime per qualcuno che non fosse la sua sposa ed era certo non avrebbe giovato ai loro rapporti se l'avesse preso a pugni mentre frignava sul presunto tumulo del suo mentore.

“Auguriamoci di trovarla a casa” mormorò tra sé e sé, alzando gli occhi al cielo. “Per il bene di tutti.”

“E allora muoviamoci” intervenne il nano, con pratica saggezza. “Di certo non arriveremo da nessuna parte stando qui a rimirare le mosche.”

Erano una strana compagnia, legata dal passato e dal futuro, ma incrinata dal presente, retta da una volontà più forte degli interessi e dissapori personali, fondata su una solida base di fiducia e lealtà reciproche, ma scevra da quell'entusiasmo doloroso e catartico che l'aveva mossa durante i faticosi mesi di esplorazione e battaglie per sconfiggere l'arcidemone. Era stata Eilin a riunirli intorno a sé, dando a ciascuno di loro lo scopo e il coraggio, ed era di nuovo lei a tenerli vicini, dopo che la sua morte li aveva divisi, dando loro il sogno e la consolazione, ma le vecchie ferite non si potevano semplicemente dimenticare, soprattutto quando ancora vomitavano pus e sangue, e per quanto gli antichi compagni potessero fingere di aver trovato la pace in nome di un bene comune, nei loro gesti e nelle loro parole si respirava il disagio sussurrato di un fragile cameratismo di facciata.

La capanna era vuota e polverosa come il cuore della sua precedente proprietaria. Gli scaffali erano stati saccheggiati da libri e pozioni, il baule era aperto e vuoto per metà, ma non sarebbe stato facile capire quando qualcuno avesse messo piede lì dentro per l'ultima volta, perché le uniche impronte visibili sullo strato immacolato di sporcizia che ricopriva il pavimento erano le loro.

Non c'era molto da dire e ogni commento sarebbe suonato banale.

Non si erano davvero aspettati di trovarla, ma ciascuno, per motivi diversi, era deluso e frustrato per l'insuccesso preventivato.

“Quasi quasi avrei preferito ritrovarmi davanti un'altra volta Flemeth in forma di drago” si lamentò Oghren, lasciandosi cadere pesantemente su una sedia traballante, che scricchiolò penosamente sotto il suo peso, ma riuscì miracolosamente a reggerlo. “Almeno avremmo potuto torchiarla per avere informazioni.”

“Non è facile torturare un drago” cercò di scherzare l'elfo, senza smettere di cercare indizi, per quanto infimi, in ogni angolo della stanza. “Io sono un cultore di quell'arte, ma non saprei da dove iniziare.”

“Potremmo tenerla ferma per la coda e poi...”

“Io credo siano almeno quattro o cinque mesi che non torna qui” li interruppe Alistair, scuotendosi la polvere dalle ginocchia, con fare ben poco regale. “Probabilmente è venuta a casa subito dopo” balbettò e deglutì, incapace di finire la frase. “Ma chissà dove diamine è andata a cacciarsi adesso.”

“Potrebbe anche trovarsi a Denerim, per quanto ne sappiamo, o a Brecilian o in qualsiasi buco di questo mondo che le sia venuto in mente.”

“Sapevamo benissimo che non sarebbe stato facile” Zevran era stanco di incoraggiarli, non li aveva obbligati a seguirlo e non era stato lui ad illuderli che la ricerca si sarebbe conclusa positivamente e in breve tempo. “Forse sarà anche inutile, ma io ho tutta l'intenzione di continuare a provare e se quando avrò trovato Morrigan non saprà o vorrà aiutarmi, cercherò ancora e ancora finché avrò un alito di fiato in corpo, perché qualsiasi delusione o disperazione possa provare adesso non sarebbe niente rispetto alla consapevolezza di aver abbandonato di nuovo colei che ho amato.”

Si rese conto di quel che aveva detto solo quando, riacquistato il controllo, si trovò a fissare il volto imbarazzato del nano e quello granitico di Alistair, intento a scrutarlo torvo da dietro le sopracciglia crucciate.

I suoi sentimenti non erano un segreto, ma era la prima volta che dava loro voce e adesso si sentiva nudo e indifeso di fronte agli altri e a se stesso, incerto su come affrontare una verità tanto grande venuta finalmente alla luce.

Se il Custode l'avesse preso a pugni non si sarebbe ribellato. In fondo era di sua moglie che stavano parlando e, nonostante tutto il male che potesse averle fatto, rimaneva suo legittimo diritto difendere il loro sentimento da fatue ed inutile romanticherie esterne.

Ma Alistair non gli si avventò contro come una belva, né iniziò a inveire o minacciare; sembrava quasi congelato da una rivelazione che non era una sorpresa, ma che l'aveva trafitto come la lama arroventata di un coltello nella sua immensa e semplice giustezza.

“Anche lei ti amava” disse soltanto, strappandosi le parole ad una ad una dal profondo del petto.

“Amava più te, ha scelto sempre te” c'era rimpianto nella voce di Zevran, ma anche rassegnazione e coraggio. “Io non sono mai stato un vero rivale.”

“Non eri un rivale perché non c'era lotta tra noi. Tu sei stato parte di lei, al di là di me, al di là di noi, fin da quando avete avuto modo di conoscervi. Mi ha amato, per quanto sia impossibile immaginarlo, mi ha protetto e consolato, ha dato la vita per salvare la mia anima, ma non ha mai smesso di essere legata a te.”

“Non rinnegare la sincerità dei suoi sentimenti per te, Alistair” era arrabbiato, adesso. “Non sminuire la sua memoria, accusandola di esserti stata infedele, anche solo col pensiero.”

“Che abbia amato te non significa che mi sia stata infedele, per quanto sia stato geloso di quei sentimenti e lo sia ancora. Ma non posso fingere di non sapere che se la vita l'ha resa mia sposa, la morte l'ha unita a te in eterno.”

  
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