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Autore: RainbowCar    10/10/2013    1 recensioni
FF iniziata quando DAI non era ancora stato rilasciato. In questa storia gli eventi di Inquisition non sono mai accaduti: ho scelto di immaginare i miei eroi e le loro storie; personaggi nuovi che inevitabilmente incontrano quelli di DA:O e DA2.
"Era tutto perfetto. Mio padre e mia madre si abbracciavano sorridenti mentre mi guardavano giocare col mio fratellino. Il sole splendeva alto nel cielo e il lago Celestine luccicava come uno zaffiro. C’erano uccelli e cerbiatti, e nug. E c‘era un drago. Un drago enorme, mostruoso. Era venuto per uccidere."
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Custode, Hawke, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano passati sette giorni. Aveva viaggiato senza fermarsi quasi mai. Di notte riposava molto poco, preferiva camminare, arrivare il più presto possibile. Non sapeva perché avesse intrapreso quel lungo viaggio, perché per la prima volta aveva abbandonato il suo compagno e i suoi figli, eppure sentiva di doverlo fare. Quindi procedeva veloce lungo il suo cammino, illudendosi che prima sarebbe arrivata, prima sarebbe tornata dalla sua famiglia.
Aveva sempre saputo dove si trovasse lui. Non ne aveva mai fatto parola con Fenris, ma Liraya sapeva dove si nascondeva Anders. Era stato Varric a dirglielo, quella volta che si erano incontrati dopo tanti anni. Da allora aveva rivisto Varric altre volte, ma mai aveva avuto il coraggio di cercare Anders.
Gli aveva risparmiato la vita. Perché doveva sdebitarsi e combattere, si era detta. O forse era per un altro motivo? Era lei a sentirsi in debito con lui. Tra di loro c’era stato solo uno sciocco bacio. Eppure… eppure era stato uno dei suoi rimpianti più grandi. Non sarebbe dovuto accadere. Anders non sarebbe dovuto andare da lei quella notte, lei non avrebbe dovuto cacciarlo via…
Era tutto sbagliato. Amava Fenris, da impazzire. Ma il pensiero di Anders l’aveva tormentata per tutto quel tempo. Credeva che se ne sarebbe dimenticata prima o poi, che fingere che non esistesse avrebbe risolto il problema, che il suo senso di colpa sarebbe stato lenito dal passare degli anni. La verità era che lei lo aveva abbandonato. Sapeva che lui se lo meritava. Anders stesso lo aveva ammesso, ne era cosciente e avrebbe accettato persino la morte per mano sua. Ma lei si era limitata a voltargli le spalle e ad abbandonarlo ad un destino di cui si era lavata completamente le mani. Si sentiva una codarda, un’egoista. Razionalmente aveva tutte le ragioni del mondo per essersi comportata così. Ma il suo cuore le diceva altro.
 
Le rovine non avevano un aspetto molto diverso da quello che aveva immaginato. Era da poco diventato buio e la luce di un fuoco proveniente da una delle finestre, rendeva tutto inquietante. Le pareti semicrollate, le statue danneggiate, i rampicanti che le soffocavano, sembravano quasi prendere vita seguendo la danza altalenante delle fiamme.
Nascosta nel suo mantello, silenziosa come un gatto, Hawke si mosse in direzione di quelle fiamme, cercando un’ entrata.
La soglia era di fronte a lei quando esitò. Voleva davvero entrare? Poteva davvero andare da Anders dopo tutti quegli anni e presentarsi lì come nulla fosse? Che cosa avrebbe dovuto dire? Come avrebbe reagito lui? Era davvero la cosa giusta?
Una voce la distrasse dai suoi pensieri. Era una risata. La sua risata. Dopotutto, era ancora capace di ridere. Questo stranamente la rincuorò. Ma Anders non era solo, c’era qualcuno con lui. Ecco, un’altra risata, un’altra voce che lei avrebbe riconosciuto tra mille.

*********
 
“Ti devo una spiegazione” mi disse Deleric, non appena ci fummo accampati per la notte.
Avevo pensato che forse mi sarei dovuta scusare per il mio comportamento, invece fu lui a farlo.
“Scusami se mi sono rivolto a te in quel modo. Anzi, le tue intenzioni erano buone e io non ti ho nemmeno ringraziato”
Fui stupita. Sapevo che in realtà avevo sbagliato io, eppure lui si scusava e mi ringraziava. Ero confusa.
“Non c’è alcun bisogno di ringraziarmi” risposi sbrigativa, molto più interessata al resto della storia, “ma mi farebbe piacere sapere chi fosse quella donna”
Mi accompagnò accanto al fuoco, dove ci sedemmo e consumammo un breve pasto. Poi, approfittando del fatto che fossimo soli, cominciò a raccontare.
“Quella donna si chiama Leliana. Lavora per mia madre, e per chiunque abbia i soldi necessari per pagarla. E’ una brava donna, non accetta missioni illecite nonostante tutti sappiano del suo passato burrascoso con la legge di Orlais. E’ una sorta di guardia del corpo, se così vogliamo chiamarla. Mia madre l’ha mandata a cercarmi”
Leliana. Un nome che non mi era del tutto nuovo. Ma dove l’avevo sentito?
“Tua madre non accetta il fatto che tu sia partito?”
“In effetti no. E’ sempre stata contro questa mia decisione. Non voleva perdermi. Crede che possa capitarmi qualcosa e che non tornerò mai più a casa. Come posso biasimarla?”
Annuii.
“Lo capisco. Anche io sono partita contro il volere di mia madre”
“Allora saprai cosa si prova sapendo di aver lasciato una donna in balia dell’incertezza e della paura”
“In realtà mia madre non è quel tipo di persona. Non credo che in questo momento si stia tormentando domandandosi quale sorte mi sia capitata…”
“Non dire così. Non conosco tua madre, è vero, ma sono sicuro che le manchi”
Quella rivelazione mi lasciò piacevolmente sorpresa. Magari era solo una frase di circostanza, ma forse, dopotutto, aveva ragione. Magari mia madre era davvero in pensiero per me, ecco perché, ne ero sicura, mi seguiva da non troppo lontano. Era strano, ma era una sensazione che mi riscaldava dentro, mi faceva sentire bene.
“ E tuo fratello?” chiesi trasportata dall’empatia. “Anche lui si preoccupa molto per te?”
Lo sguardo di Deleric divenne cupo.
“Mio fratello… è molto malato” mi confessò. “Da ragazzino è caduto da cavallo e ora è costretto a letto, completamente paralizzato dal collo in giù”
Sospirò. Si passò una mano tra i capelli, poi continuò.
“Nostro padre è morto anni fa. Io sono il fratello maggiore e l’ho abbandonato. Lui ha solo me e mia madre. E io l’ho abbandonato”
Era chiaro che si sentiva molto in colpa. Ma era altrettanto chiaro che quella decisione aveva richiesto molto coraggio.
“Non l’hai abbandonato. Hai solo deciso che anche tu hai diritto a vivere la tua vita”
Deleric alzò lo sguardo, che fino a quel momento aveva tenuto basso, perso nel terreno incolto sotto i nostri piedi. Mi guardò negli occhi, incapace di fare altro. Quell’azzurro limpido mi abbagliò.
“Inoltre quando riuscirai a trovare quello che stai cercando, tornerai da lui. Ti sei preso solo una vacanza, ti sei solo ricordato che esisti anche tu e che rischiavi di soffocare sotto tutto quel peso. Hai deciso di abbandonare quel peso per qualche tempo, non la tua famiglia. La tua famiglia non è un peso per te”
Le mie parole fluirono incapaci di essere trattenute. Non so come fossi giunta a quelle considerazioni, ma ero convinta di quello che dicevo mentre lo dicevo.
Deleric non rispose. Si limitò a prendere la mia mano tra le sue. La baciò. Poi mi augurò la buona notte e si ritirò nella sua tenda.
Era la seconda volta che mi baciava la mano. La prima volta era stato un gesto puramente formale, ma questa volta mi era sembrato diverso. Forse stavo solo lavorando di fantasia. Non vedevo nessun’altro sveglio, erano tutti nelle proprie tende, dunque spensi il fuoco e andai a dormire anch’io.
 
Dei passi mi svegliarono. C’era qualcuno fuori la mia tenda. Mi destai, rimanendo appostata, in silenzio, per capire che intenzioni avesse il visitatore indesiderato.
“Andraste!” sussurrò una voce familiare. “Andraste sei sveglia? Devo parlarti”
Aprii la tenda e feci entrare Altelha.
“Che succede?” le chiesi preoccupata.
“Io devo parlare con te, devo parlare con una donna… è una questione… delicata”
Non riuscivo proprio a capire di cosa volesse parlare con me. Ero indubbiamente una donna, ma non credevo che avremmo potuto discorrere di tematiche femminili. Non ero avvezza a frivolezze come le acconciature più alla moda o le ciprie più setose.
La osservai. Sembrava in imbarazzo.
“Non so proprio come possa aiutarti, me ne intendo poco di cose da donne…”
“Lo so! Non sono qui per parlarti di profumi orlesiani, per quello sarei potuta andare da Deleric. Solo… solo voglio parlarti di… quello che prova una donna in certi momenti…”
Non riuscivo proprio a seguire il discorso.
“Vedi… quando un uomo e una donna… decidono di… conoscersi meglio e…”
Non ero certo famosa per la mia pazienza.
“Vieni al punto!” la incitai.
“Oh, insomma, d’accordo. Io vorrei tanto passare la notte con Gulliack!”
Ero esterrefatta. Sesso? Stava parlando di sesso? A me? Io ne sapevo davvero poco dell’argomento, non avevo davvero idea di cosa potessi dirle…
“ Dovresti dirlo a lui, non a me”
Sbattei le palpebre un paio di volte, ancora incredula.
“No! Cioè sì! Cioè… gliel’ho detto. Ma lui non ne vuole sapere…”
Questa sì che era bella. Un ragazzo che rifiutava un rapporto sessuale. Da quello che mi aveva insegnato mia madre, nessun uomo rifiutava un’offerta così generosa.
Rimasi in silenzio, mentre Altelha continuava il suo discorso.
“Lui dice che vuole aspettare il matrimonio. Dice che mi desidera tantissimo, ma che dobbiamo essere sposati prima, per rispetto verso i nostri antenati e verso mia madre. Ci tiene a farle una bella impressione. Io gli ho detto che tanto lei già lo odia a prescindere, perché per colpa sua non sposerò l’uomo che lei ha scelto per me, ma lui insiste. Vuole fare le cose per bene. Vuole la sua benedizione!”
Mi veniva da ridere. Cercai di non farlo ma forse un mezzo sorriso dovette scapparmi, perché l’elfa mi guardò male.
“La sua benedizione?” ripetei. “E’ assolutamente ridicolo. Non avete bisogno della benedizione di nessuno”
“Quindi secondo te il mio desiderio non è sbagliato?”
“Perché mai dovrebbe essere sbagliato? E’ un desiderio normale, naturale. Tutti fanno sesso. Gli uomini, gli animali. E’ l’istinto”
“Ma per me non si ratta solo dell’istinto. Io sono innamorata di lui. Lo amo e non posso fare a meno di desiderarlo. Non posso aspettare di amarlo in base a un consenso. Nessun altro può avere giurisdizione sui miei sentimenti”
Chissà se quello che stava dicendo era vero. L’amore era così? Qualcosa privo di regole, di razionalità? Anche Feron mi aveva confermato che l’amore era come lo descriveva Altelha, come lo descrivevano i menestrelli nelle loro canzoni. Quanto poco ne sapevo!
“Tu… l’hai mai fatto?” mi chiese infine.
“Fatto cosa?”
“Sesso. Hai mai fatto sesso?”
La domanda mi spiazzò.
“No. Mai” risposi, fingendo di non esserne estremamente incuriosita.
“Perchè non l’hai mai fatto?”
“Non ho mai sentito questa esigenza, l’istinto di accoppiamento non mi ha mai…”
“Non sei mai stata innamorata” mi interruppe. “Vedrai che quando ti innamorerai, comincerai a provare questo desiderio”
Sorrisi, incerta. Era una conversazione molto strana, ma, se non altro, mi aveva aiutato a capire un po’ meglio il parere delle altre persone sul sesso e sull’amore. Quello di mia madre non mi sembrava più l’unico punto di vista possibile.
“Credo che parlerò di nuovo con Gulliack, proverò a spiegargli che lo amo troppo per continuare ad aspettare, sperando che ceda, prima o poi. Tanto, con o senza mia madre, ci sposeremo lo stesso una volta giunti a Denerim”
“Forzarlo però potrebbe essere controproducente” suggerii. “Fai bene a dirgli cosa pensi veramente, ma se lui non se la sente non puoi continuare a insistere. Si tratterebbe solo di aspettare qualche settimana, no?”
“Hai ragione… io voglio che sia assolutamente perfetto. E che lui ne sia convinto. Gli parlerò, ma farò in modo che si senta libero di decidere…”
Improvvisamente si bloccò.
“Hai sentito?”bisbigliò dopo qualche secondo.
“Sentito cosa?”
I sensi di Altelha erano più sviluppati dei miei. Aveva un udito più fine, grazie al suo sangue elfico.
“Passi” sentenziò. “Forse quattro o cinque persone. Indossano corazze pesanti, sono armati!”
Adesso cominciavo a distinguere anche io qualche suono.
“Avvertiamo gli altri!” affermai, precipitandomi fuori dalla tenda.
L’elfa raggiunse l’alloggio di Gulliack, mentre io mi precipitai nella tenda più vicina alla mia.
“Feron, svegliati. Abbiamo compagnia!”
Il ladro non se lo fece ripetere due volte, sembrava che fosse già sveglio. Si alzò immediatamente e cominciò a prepararsi in tutta fretta. Ignorai in suo corpo semi nudo e mi recai nell’ultima tenda.
“Deleric!”
Ma Deleric non era lì.
 
 
I templari ormai ci avevano accerchiati. Erano più di cinque, una quindicina in tutto, quello che avevamo sentito io e Altelha era solo il primo plotone.
Avevano tentato di catturare l’elfa, dicendo che doveva essere lei l’eretica che cercavano. Io sapevo che non si trattava di Altelha. Loro cercavano Merrill, e cercavano me. Non potevo permettere che facessero del male a lei che non c’entrava niente. Quindi rivelai i miei poteri nel tentativo di salvarla. Riuscii a strapparla dalle grinfie di un templare, ma Feron mi rimproverò.
“Perché hai usato la magia? Ora sanno che sei un’ eretica, sei stata stupida! Ci avremmo pensato noi a salvarla!” disse riferendosi a sè stesso e a Gulliack.
Era sinceramente preoccupato, ma con o senza poteri, i templari ci stavano comunque sopraffacendo. E di Deleric nessuna traccia.
“Quel figlio di una cagna ci ha traditi!” continuò il ladro. “Lo sapevo! Mai fidarsi di un orlesiano. Loro e la… loro fissazione per chiesa!”
Non potevo credere che fosse davvero così. Eppure i fatti indicavano proprio un suo tradimento. Com’era possibile che i templari ci avessero trovati lì, nel bel mezzo del nulla, senza che avessero ricevuto una qualche soffiata? E che guarda caso Deleric fosse sparito poco prima che loro arrivassero?
Non capivo perché mi stupissi. Il tradimento è nella natura umana, lo sapevo bene, mia madre me ne aveva ampiamente parlato, e talvolta l’avevo anche visto coi miei occhi… ma poche ore prima mi ero sentita vicina a Deleric come non mi era mai capitato prima. Forse ero solo arrabbiata e delusa per aver creduto che potesse essere un vero amico. In fondo stavo riponendo la mia fiducia praticamente nei confronti di estranei. Nessuno di loro aveva un motivo valido per essere mio alleato. Così come non lo avevo io. Ma nonostante ciò io non avevo intenzione di abbandonarli o tradirli. Anzi, rischiavo la vita per loro. Me ne sarei potuta andare in qualunque momento, e invece ero lì a combattere, così come i miei compagni. I mie i amici. Anche Deleric aveva rischiato la vita per noi. Non capivo… finchè tutto non fu chiaro.
 
*****
 
“Lo sapevo, hai la febbre alta”
“Sto bene” rispose Lavriella scostando la mano del suo amico dalla propria fronte. ”E’ solo colpa di quei dannati funghi!”
“Io dico che è colpa della tempesta di quella notte. Ti ricordo che sei quasi morta”
“Sto bene! Ora smettila di stressarmi, ti preoccupi troppo…”
“Forse. O forse dovresti riposarti. L’accampamento Dalish non è lontano”
Lavriella cercava di nasconderlo, ma era stremata. Le emozioni dell’ultimo periodo erano state piuttosto violente, e lei si sentiva stanca. Molto stanca. L’unica cosa che desiderava in quel momento era un letto caldo. All’improvviso andare dai Dalish le sembrò una buona idea.
  
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