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Autore: callistas    11/10/2013    11 recensioni
Ciao!
Eccomi tornata come promesso a postare il primo capitolo di una nuova storia con gli immancabili Draco e Hermione.
Draco è il titolare di Hermione, la quale lavora presso di lui come centralinista. Grazie a una piccola diatriba con la fidanzata di Draco - leggete e saprete fin dal primo capitolo chi è - per Hermione inizia un calvario senza fine, fatto di dispetti e punizioni immeritate.
Spero vogliate darmi ancora l'occasione di sapere cosa ne pensate.
Vi aspetto numerosi!
Un bacio,
callistas
P.S.: La magia non c'è.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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06 - Conquiste... Una cosa che vorrei fare prima che vi apprestiate a leggere il capitolo è ringraziarvi per il vostro sostegno. Le vostre recensioni, finora, mi hanno dato una bella carica anche nei momenti no.
Voi e i vostri commenti mi avete risollevato l’umore. Di fronte a certi mi facevo di quelle risate per le quali il mio ragazzo mi prendeva per idiota, perché mi mettevo a ridere da sola all’improvviso.


Passiamo oltre.
*Ghost Whisperer*
In questo capitolo c’è la parte che preferisco, quella che vi ho anticipato nello spoiler la settimana scorsa. Qui, è doveroso innalzare stendardi e standing-ovation a Hermione che si è tolta qualche sassolino dalla scarpa.


Spero che questo capitolo vi piaccia, così com’è piaciuto a me scrivere dell’incontro/scontro tra Pansy e Hermione.
Buona lettura,
callistas









Martedì.
Un nuovo giorno lavorativo pieno di frenetici impegni per tutto lo staff che componeva la Malfoy Home.
Un nuovo giorno lavorativo per Draco Malfoy che, quella notte, come le altre, aveva dormito un paio d’ore e poi si era svegliato.
Un nuovo giorno lavorativo per i magazzinieri.
Un nuovo giorno lavorativo che avrebbe ridotto Hermione Granger a uno straccio con le gambe.

Fu un vero trauma per lei alzarsi alla solita ora.
Non lo avrebbe mai creduto possibile, ma era veramente stanca. Aveva sentito la sveglia solo per puro caso, altrimenti sarebbe rimasta a letto tutto il giorno. Aveva impiegato un paio di minuti per riprendere il contatto con la realtà e quando ce l’aveva fatta ad alzarsi, un capogiro improvviso l’aveva assalita, facendola risedere pesantemente sul letto.
Si portò una mano sulla fronte, sperando che la stanza smettesse di girare nei prossimi cinque minuti.

Si era diretta in bagno, dove sperava che una bella doccia, l’avrebbe rimessa a nuovo. Si era fatta una colazione che nemmeno le navi da crociera possedevano, che le portò via ben mezz’ora di tempo, per un totale di: un tazzone di caffè latte con circa una ventina di biscotti, cinque fette biscottate con la nutella e altrettante con la marmellata di fragole. Ora che sapeva che a pranzo avrebbe mangiato letteralmente al volo, era il caso di fare una buona scorta di energie al mattino.

Prese le chiavi dal quadro appeso vicino alla porta e se ne andò ai garage, dove la sua macchina l’avrebbe condotta verso il suo inferno.




Quando parcheggiò all’interno delle apposite strisce, Hermione si appoggiò allo schienale, chiudendo gli occhi, infastidita perché aveva ancora sonno. Certo la sera prima avrebbe potuto andare a letto senza cenare, ma dubitava che avrebbe avuto le forze per alzarsi dal letto, quel mattino.
Prese un enorme respiro e si diresse all’ingresso.

“Oh Cristo santo, beato, Redentore, misericordioso…” – l’elenco proseguì con altri aggettivi. – “Lavori di merda, giornata di merda!” – esclamò la riccia, avviandosi verso l’ingresso.
Stava davvero iniziando a convincersi che esistesse davvero qualcuno che tirasse i fili delle vite delle persone sulla Terra e che si divertisse davvero a far capitare loro ogni sorta di disgrazia possibile, perché altrimenti non si spiegava il fatto che era già la seconda volta – troppe, per lei – che arrivava proprio assieme alla Parkinson.

“Può lasciarmi la porta!…”
Pansy non fece nemmeno lo sforzo di girarsi, entrò e chiuse la porta.
Hermione si fermò con gli occhi lucidi, sentendosi inspiegabilmente umiliata. Cos’aveva fatto per meritarsi un simile trattamento da parte di quella donna?
Oh, ma quella volta non l’avrebbe passata liscia, nossignore!
Corse per raggiungere la Parkinson e dirgliene quattro. Sapeva che il signor Malfoy gliel’avrebbe fatta pagare salata ma non gliene importava più niente. Se doveva arrivare sul posto di lavoro e vivere con il fegato ingrossato, allora lei passava la mano!, anche se questo significava darla vinta a quel muso da carlino!

“Mi scusi? Signorina Parkinson?”
Pansy si girò, facendo mostra di un bello sbuffo infastidito.
“Cosa vuoi?”
“Primo.” – disse Hermione, lasciando basita la Parkinson per quell’atteggiamento. – “Non ricordo di averle mai dato il permesso di darmi del “tu”, quindi è pregata di usare con me la forma di cortesia che io uso con lei.”
“Ma come ti…”
“Non ho finito.” – la zittì malamente, mentre alcuni colleghi che dovevano passare da un piano all’altro osservavano basiti Hermione rispondere in quel modo alla fidanzata del capo. – “Secondo: le consiglio una bella visita dall’otorino perché non è possibile che io debba urlare come una pazza per chiederle di lasciarmi aperta la porta e terzo…” – stava godendo, oh se stava godendo! – “… a differenza dei suoi, i miei genitori l’educazione me l’hanno insegnata. Buona giornata!”

Per concludere trionfalmente quel monologo, sarebbe stato d’effetto che le porte dell’ascensore si fossero aperte proprio in quel momento per permettere a Hermione un’altrettanto trionfale uscita di scena.
Purtroppo la ragazza fu costretta a inforcare le scale e farsi i piani a piedi perché quello non era un film, dove tutto era calcolato al millisecondo: quella era la vita vera e per gli “effetti speciali” doveva arrangiarsi da sola.

Nell’atrio era sceso il silenzio assoluto.
Nessuno, nessuno aveva mai osato tanto ma c’era da dire che quello spettacolo era stato davvero impagabile. Qualcuno era riuscito perfino a registrarlo con il telefonino perché era certo che se lo avesse raccontato, non sarebbe stato creduto.
Inutile dire che quel filmino aveva fatto il giro aziendale nel giro di un nanosecondo.

“Non avete niente da fare voi?!?” – strillò Pansy, inferocita per quella figuraccia.

Giunta al secondo piano Hermione pensò che fosse meglio – per i suoi piedi, più che altro – prendere l’ascensore. Quando arrivò ci si rifugiò dentro e chiuse gli occhi, salvo poi ridere come una pazza.
Oh, la faccia della Merdinson era impagabile!
Quante volte nella vita una persona ha la possibilità di dire la cosa giusta, al momento giusto, alla persona giusta? Rare, secondo Hermione. Di solito, nella grande maggioranza dei casi, o ci si blocca o si scade nella volgarità, tanto che una volta concluso lo sfogo, ci si sente peggio perché ciò che si voleva dire non è stato detto, perché ci si è lasciati trasportare dal rancore.

Naturalmente, dopo la meritata risata per la faccia della Merdinson, Hermione sospirò di amarezza, perché si era resa conto di aver appena decretato la fine della propria carriera lavorativa all’interno della Malfoy Home.

“Malfoy Home… è stato bello lavorare per te.” – sospirò la ragazza mentre entrava in ufficio.




Hermione si stava preoccupando.
Sul serio.
Non era da Pansy lasciare che un simile affronto passasse inosservato. Perché il signor Malfoy non la chiamava? Voleva farle il cazziatone davanti a tutti?

Beh, il motivo per il quale Draco non si faceva vedere era molto semplice: era nel bel mezzo di una riunione con i suoi avvocati. Stava studiando vari sistemi per tutelare se stesso, l’azienda e i lavoratori da possibili minacce esterne, quando una furente Pansy entrò nella sala riunioni – quella che Draco aveva fatto insonorizzare perché due anni fa aveva urlato come un indemoniato e l’avevano sentito fino alla reception – pronta per avere la sua vendetta.

“… è al limite del legale, per questo dovremmo pensarci bene prima di…”
“Draco?!”
La riunione venne bruscamente interrotta da Pansy. Il primo istinto di Draco fu aprire la finestra per scaraventarla di sotto.
Ma non si usava più bussare, adesso?!?
“Pansy!” – esclamò, infastidito per quell’interruzione.
“Signor Malfoy mi scusi… non sono riuscita a fermarla!” – si giustificò Isabel, mortificata.
“Non preoccuparti Isabel, vai pure.” – disse Draco. – “Signori, potete darci qualche minuto, per favore?”
Draco notò immediatamente il fastidio sui volti dei suoi avvocati per quell’interruzione. Anche loro pensavano che aver assunto quella donna nell’azienda in una posizione di prestigio fosse stata una mossa sbagliatissima ma nessuno, ovviamente, aveva il coraggio di dirlo ad alta voce.

Per una frazione di secondo, Draco sentì il peso della Malfoy Home sulle sue spalle.
Sentì il peso del lavoro di suo nonno e di suo padre gravare sulle sue spalle, sentì di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato perché era certo che i suoi predecessori non avrebbero mai commesso errori così stupidi come i suoi – assumere Pansy e punire la Granger –, sentì qualcosa schiacciargli il petto.
E non sapeva come fare per tirarsene fuori.

“Cosa ci fai qui?” – le chiese duramente, dopo aver ripreso il controllo su di sé.
“Hermione Granger!” – urlò, come se solo quel nome fosse una spiegazione sufficiente.
“Hermione Granger… cosa?” – chiese Draco, sperando in un qualche dettaglio in più.
Cazzo! Aveva altre cose più urgenti da fare che star dietro alle beghe tra due donne!, beh, per essere più precisi era Pansy che cercava rogne; da quello che aveva potuto vedere, Hermione cercava di schivarle, a volte, con scarso successo…
“Mi ha insultata e umiliata davanti a tutti!”
Draco sollevò un sopracciglio, perplesso. Era della stessa Hermione Granger che stavano parlando o nella sua azienda c’era un caso di omonimia?
“Cos’è successo?”
“Ha iniziato a urlarmi contro…” – prima balla. – “… a dirmi che sono una stronza…” – seconda balla. – “… e che se sono qui è solo perché sono la tua ragazza!” – terza balla.

Non era difficile per Pansy dire a Draco ciò che le faceva più comodo, perché sapeva che gli altri dipendenti avevano paura di lei, perché le sue parole – e le sue gambe aperte, più che altro – avevano il potere di far pendere l’ago di Draco da una o dall’altra parte.
Draco rimase senza parole.

Sembrava davvero che il mondo avesse iniziato a girare al contrario. In un mese era successo di tutto! Aveva scoperto di possedere un’ottima lavoratrice che fino a quel momento aveva sminuito, facendole fare un lavoro di centralinista, l’aveva spostata in magazzino solo per far star zitta Pansy ma Hermione gli aveva dimostrato di non aver nessun problema con quel tipo di lavoro, l’aveva messa a seguire anche un po’ di amministrazione, sperando che lei cedesse e chiedesse scusa alla sua ragazza, in modo tale da chiudere per sempre quel capitolo e poterla spostare in ben altri reparti, ma niente!, aveva scoperto che questa dipendente non solo era un’eclettica in fatto di lavoro ma non era disposta a chinare il capo di fronte a quella che lei riteneva un’offesa per se stessa, e ora veniva a sapere che aveva pubblicamente umiliato la sua futura moglie con illazioni piuttosto pesanti.

“Senti, voglio che la licenzi! Non so come farai ma trova un modo per!…”
Draco non credette alle sue orecchie. Come osava quella donna dirgli come amministrare la sua azienda?
“No, no frena un attimo. Io non licenzio proprio nessuno!” – esclamò, imponendosi finalmente su di lei.
Pansy rimase basita.
“Ma… perché no?”
“Perché anche se ti sta antipatica, Hermione ha un potenziale che intendo sfruttare al meglio.”

A Pansy mancava solo che un diavoletto le spuntasse sulla spalla e il quadro sarebbe stato completo.
L’invidia le fece vedere verde e cose che non esistevano o che Draco non aveva mai detto…

“Che intendi dire?”
Draco decise che era il caso di darci un taglio.
“Non sono tenuto a discutere con te delle mie decisioni nei confronti di un dipendente.”
Finalmente sentì la coscienza alleggerirsi. Ciò non significava che amasse di meno Pansy, ma solo che era giusto dare un limite alle sue richieste in azienda.
Pansy aprì la bocca, umiliata per la seconda volta.
“Parlerò con Hermione e vedremo di chiudere definitivamente questo capitolo. Dopo di che vi terrete reciprocamente alla larga dall’altra. Non voglio più vederti entrare nel mio ufficio con il nome di Hermione Granger sulla bocca. Mi sono spiegato?”
“Perfettamente.” – rispose lei. – “Hai altri ordini da darmi, signor Malfoy o posso andare?”
“Pansy…” – sospirò lui, già sfinito alle undici del mattino.
“No, no. Sta bene.” – disse, oltraggiata. – “Se preferisci una magazziniera a me, non ci sono problemi!”
Fece per uscire ma la voce perentoria di Draco la fermò.
“Pansy!”
La ragazza si morse il labbro, impaurita.
“Adesso rimani qui. Vado a chiamare Hermione e voglio che oggi stesso venga risolta questa faccenda!”
Pansy fece le spallucce, indifferente ma dentro di sé gioiva per le parole con cui Draco avrebbe sotterrato quella stronzetta.

Draco aprì la porta e represse un gemito di sorpresa quando si ritrovò niente popò di meno che Hermine Granger davanti alla porta con una faccia che esprimeva fastidiosa attesa.
“Hermione!” – esclamò, attirando l’attenzione di Pansy. – “Giusto te cercavo. Entra.”
“Ma va?” – chiese la ragazza, entrando nella sala riunioni con passo menefreghista.


Dieci minuti prima era uscita dall’ufficio per prendere qualcosa al distributore automatico ma si era bloccata sull’uscio quando aveva visto Pansy entrare in sala riunioni.
Di certo non andava dal signor Malfoy per parlare del colore delle tende ma per fargli una testa tanta su quanto le aveva detto quel mattino.
Così aveva aspettato – con un po’ di concentrazione si riusciva a sentire ciò che si diceva in quella sala anche se insonorizzata – che Pansy finisse la sua sfuriata e farsi trovare già pronta per la predica.

Precisa anche nel prendersi le ramanzine.


“Evita i commenti, per favore. Allora, cos’è questa storia? Pansy mi ha detto che l’hai umiliata davanti a tutti.”
Ed ecco il cazziatone. Immeritato, naturalmente.
Adesso però doveva decidere il proprio futuro: ingoiare il rospo e continuare a lavorare lì, sperando che un giorno il signor Malfoy le concedesse la possibilità di diventare la sua segretaria personale, o mandare a fanculo il precitato Malfoy, la sua agenda e soprattutto la sua ragazza, ma con la possibilità di potersi guardare di nuovo allo specchio con la consapevolezza di non essersi svenduta per uno stipendio più alto?
“Sto aspettando.” – disse Draco che aveva colto nel mutismo di Hermione una sorta di conferma alle parole di Pansy.
Non lo avrebbe mai detto possibile.
“Esattamente… cosa vi aspettate che io dica?” – chiese Hermione, scegliendo di seguire i propri principi.

Draco non sapeva più che pesci pigliare.
Aveva addirittura pensato che Hermione si fosse resa conto del proprio potenziale, che poteva essere utile all’azienda e che si permettesse di rispondere male a Pansy perché aveva la certezza che lui non l’avrebbe mai licenziata.
Era un ragionamento un po’ contorto, ma davvero non riusciva più a venirne a capo.

“Intanto le tue scuse per come mi hai trattata!”
“E io non merito delle scuse?” – chiese Hermione direttamente a Pansy.
“Ma tu ci tieni al tuo lavoro qui?”
Bene, non mi dai del “lei?” Scordati che lo faccia pure io!, pensò Hermione, battagliera.
“Non mi risulta che il mio contratto di lavoro me lo abbia firmato tu.
Draco e Pansy sbarrarono gli occhi.
“Chi ti ha detto che puoi darmi del tu?” – la rimproverò Pansy.
“Chi ti ha detto che puoi darmi del tu?” – la pappagallò Hermione.
La mora gonfiò le guance, conscia che non era mai successo che Hermione le avesse dato quel permesso, ma aveva sempre pensato che essere la fidanzata del capo le desse delle libertà che solo la buona educazione avrebbe consentito.
“Ma che cazzo vi prende, si può sapere?” – sbottò Draco, lasciando basita Pansy per il linguaggio e compiaciuta Hermione. – “Sembrate all’asilo!”
“Ha cominciato lei!” – sbottò Pansy, dando conferma della teoria sull’asilo.
“Esattamente quando ho iniziato, scusami?” – chiese Hermione. – “Io mi ricordo di averti sempre dato “del lei”, di averti sempre sorriso educatamente se ti incontravo per la strada, di averti risposto sempre in modo cortese. Onestamente se ti ho fatto qualcosa di male dimmelo e, potessi morire secca qui, mi inginocchierò e ti chiederò scusa!”
Ed è anche diplomatica!, pensò Draco in un moto di profondo scoramento.
Si aspettò però che Pansy rispondesse e iniziò seriamente a prendere in considerazione l’idea che la sua fidanzata avesse solo una forte antipatia per Hermione ma niente che di fatto potesse giustificare quelle sue continue aggressioni, quando non la sentì aprire bocca.
Oh cazzo, pensò Draco, mentre ripensava alle volte che aveva punito Hermione… per niente.
“Appunto.” – disse Hermione dopo lunghi attimi di silenzio.
Poi si rivolse a Draco.
“Signor Malfoy, io avrei piacere di poter continuare a lavorare per lei e la sua azienda e spero non me ne voglia, ma credo che possa capire che così non si può andare avanti. Io non le sto chiedendo niente di particolare: solo di poter fare al meglio i lavori che lei vorrà affidarmi nella massima tranquillità.”
E dove cazzo la trovo un’altra così?, si chiese Draco.

La diplomazia con la quale Hermione aveva chetato la faccenda era qualcosa cui Draco non era abituato.
Aveva sempre avuto a che fare con dipendenti che si scaricavano reciprocamente addosso il barile per evitare le punizioni ma mai che un dipendente si assumesse la responsabilità delle proprie azioni ma al tempo stesso facesse presente che una particolare situazione che si era venuta a creare fosse doverosa da sistemare.
Non aveva urlato, non aveva insultato e non aveva risposto male a nessuno dei due.

“Hermione…” – Draco si grattò la tempia, indeciso. – “… torna pure al tuo lavoro. Oggi vorrei parlarti in pausa pranzo, se per te va bene.”
“Devo seguire il magazzino.” – fece presente.
“Non preoccuparti.”
“Ci sono i carichi per l’America, oggi.” – spiegò Hermione.

A Pansy diede molto fastidio l’intesa tra loro due.

Draco schioccò la lingua sul palato.
“Allora appena hai finito con il magazzino, vieni da me.”
“Va bene. Permesso.” – disse, e finalmente poté uscire.

Una volta fuori, Hermione chiuse gli occhi un secondo, per capire se aveva fatto la cosa giusta.
Non avvertiva nessuna fonte di disagio, quindi significava che non aveva sbagliato: aveva fatto capire senza tanti giri di parole che avrebbe avuto piacere di continuare a lavorare per lui e per la Malfoy Home ma allo stesso tempo aveva lamentato il comportamento di Pansy nei suoi confronti e, ciliegina sulla torta, quella stronza non era riuscita a trovare niente da controbattere perché sapeva di essere nel torto più marcio.

Decisamente, doveva fare il diplomatico…


In sala riunioni, comunque…

“Adesso vediamo di capirci, Pansy.” – disse Draco.
La mora lo guardò incattivita.
“Non so perché ce l’hai tanto con Hermione e, arrivati a questo punto, non mi interessa neanche saperlo.” – se pensava che rischiava di perdere una lavoratrice come Hermione per una semplice antipatia gli veniva la pelle d’oca. – “Quella ragazza sa fare il suo lavoro, sa farlo molto bene e per quanto possa darti fastidio, intendo puntare su di lei.”
“Cosa?!?”
“Sai benissimo che non amo discutere le mie scelte aziendali perciò questo è quanto. Limitati da oggi in poi ai tuoi compiti.”
“Non finisce qui Draco! E scordati l’appuntamento di stasera!” – urlò, uscendo dalla sala riunioni e sbattendo la porta.

E Draco si ritrovò a sospirare per il sollievo.




I carichi per l’America erano piuttosto delicati, così come tutte le consegne che dovevano lasciare l’Inghilterra via mare. Il margine di errore, lì, scendeva sotto lo zero assoluto, poiché quando una nave lasciava il porto, era piuttosto difficile farla tornare indietro.
Infatti, i magazzinieri controllavano fino a cinque volte che il piano cucina o l’arredamento ordinato corrispondesse al nome sulla fattura e che l’imballaggio fosse tre volte più resistente, perché non si sapeva mai chi poteva fare le manovre di carico.

Quel giorno i carichi per l’America erano otto e i controlli seguivano una specie di catena di montaggio. Roger leggeva la destinazione a scaglioni, ossia prima il nome, poi l’indirizzo, poi il CAP, poi il paese, e Josh, Evan, Greg, Martin e Christian la ripetevano, confermando così la correttezza dell’indirizzo.

Tale sistema di controllo era stato ideato da Draco in persona, quando un piano cucina che doveva andare in Asia si era ritrovato in Sud Africa. Riportarlo indietro aveva portato via molto tempo e ancora di più denaro, perché la Malfoy Home – dopotutto, era stato un errore suo – si era accollata le spese di ritiro, di trasporto e di montaggio presso la destinazione finale.
E non si era trattato di noccioline…

Hermione aveva il compito di preparare i documenti di trasporto e le fatture, perché quella merce doveva superare il confine e la dogana del paese che esportava e quello che riceveva.
La documentazione, poi, era infinita.
La dogana britannica richiedeva cinque copie, dieci quella americana. Lo spreco di fogli era assurdo, perché era sufficiente fare una copia conforme dell’originale ma non era possibile. Entrambe volevano le fatture in originale. Infilò tutto nelle rispettive buste con l’indirizzo scritto al computer e le consegnò ai colleghi man mano che i controlli venivano effettuati.

Finì verso le quattro del pomeriggio, perché un autista aveva ritardato di un’ora l’arrivo e aveva messo tutti un po’ nei pasticci.
Fu così che alle quattro e dieci di quel martedì, Hermione tornò nell’ufficio di Draco pronta per… beh, non sapeva cosa l’attendesse, ma era pronta a tutto.


“Permesso?”
“Avanti. Ah Hermione entra.” – disse Draco, sistemando alcuni documenti e pinzandoli. – “Tutto bene con i carichi per l’America?” – s’informò Draco, notato l’orario di arrivo della ragazza.
“C’è stato un ritardo che ha sfasato un po’ tutto, ma siamo riusciti comunque a farli partire.” – spiegò la ragazza.
“Perfetto.”
Appoggiò tutto quello che aveva in mano sul tavolo per concentrarsi solo sulla ragazza.
“Allora, vediamo di chiudere qua questo discorso.”
Speriamo che sia la volta buona, pensò Hermione.
“Ho parlato con Pansy. Non ci saranno ulteriori problemi.”
“Grazie.” – disse Hermione, che avrebbe preferito di gran lunga saltargli al collo e omaggiarlo con una statua a Piccadilly Circus per la gioia di quella notizia.
“Aspetta a farlo. Tu, d’altro canto, evita lo scontro.”
“Guardi che io non ho mai cercato…”
Con un gesto della mano Draco la zittì. Forse non era ancora pronto per sentirsi dire che la sua fidanzata non era poi così perfetta come credeva.
La cosa la urtò comunque, perché voleva solo che lui afferrasse il concetto che non era lei ad andarsele a cercare! Era Pansy che sembrava correrle dietro per attaccar briga!
Beh, accettò comunque il fatto che Draco le avesse detto di starle alla larga. Era già un passo avanti…
“Non voglio sentire altro. Spero di non dover più tornare sull’argomento.”
“Non succederà, signor Malfoy.” – disse Hermione, dando la sua parola.
“Perfetto. Allora siamo a posto.”
“Posso andare?”
“Sì certo. Buon lavoro.”
“Anche a lei.”

Hermione uscì soddisfatta a metà.
Se avesse potuto finire la frase, la sua felicità sarebbe stata completa, ma si accontentò che Draco si fosse reso conto che era Pansy ad aver iniziato quella sorta di guerra e non lei.









I giorni passavano e Hermione continuava a dividersi tra l’amministrazione e il magazzino.
Ormai aveva preso la mano con quel ritmo e aveva imparato a gestire meglio il suo tempo. Quando tornava a casa, la sera, faceva una seconda doccia, cenava e portava fuori il cane.

Lilly era abbastanza indispettita da tutti quei cambiamenti di orario.
E prima si usciva a un orario, poi glielo cambiava, poi glielo cambiava ancora… per tutti i cagnolini!, lei aveva un timer alla vescica che andava rispettato!
Quella sera, infatti, Lilly era parecchio nervosetta e faceva i capricci. Hermione, già stanca di suo, la rimproverava ma poi, riflettendoci più attentamente, non poteva prendersela con il cane se era lei che continuava a cambiarle gli orari.

“Lilly scusa…” – disse, mortificata.
Quel cane era un regalo da parte di una persona speciale e l’aveva trattato alla stregua di un essere umano.
“… so che ti secca continuare a cambiare gli orari ma non lo faccio mica apposta!”
Un tizio passò di lì in quel momento. Anche lui stava portando fuori a passeggio il proprio cane, ma non si sarebbe mai sognato di parlarci insieme in mezzo alla strada! La guardò divertito, però.
Hermione, invece, se ne infischiò altamente del giudizio delle persone che avrebbero potuto prenderla per pazza per quel comportamento. A Lilly mancò solo di arricciare il naso per la scocciatura.
“Dai, ti do un biscottino dopo.”
E finalmente tornarono a casa senza più intoppi.

Come previsto dalla tabella di marcia, Hermione andò a letto, tirandosi dietro il cane che si sistemò – con la pancina piena di ben tre!, biscotti – sul suo cuscino in fondo ai piedi.

“Notte Lilly.”
E con uno sbuffo del cane, si addormentarono.









Altro tempo passò da quando Draco aveva emesso il suo verdetto e si era arrivati, ormai, alla fine di Ottobre. Hermione passava dall’amministrazione al magazzino con estrema facilità.

Le prime volte faceva confusione con i due lavori: parlava a Ginny e a Lavanda del magazzino e a Roger delle provvigioni degli agenti. Stava davvero rischiando di fare una figuraccia ma il suo solito spirito di sopravvivenza era venuto in suo aiuto, riportando le cose alla loro normalità.


“Sei sicura di poter reggere questo ritmo, Hermione?” – le chiese Roger sinceramente preoccupato.
La ragazza gli sorrise grata.
“Tranquillo… iniziati a preoccupare quando leggerai il mio necrologio.” – scherzò lei, ma Roger, evidentemente, non era in vena di scherzare.
“Hermione, sul serio… non so se questa fatica ne valga la pena.”
Roger aveva saputo il perché Hermione faceva due lavori dalla ragazza stessa durante una delle tante pause pranzo. Gli aveva raccontato di come quel doppio lavoro fosse arrivato come punizione per aver risposto a quella smorfiosa di Pansy.
“Roger, tranquillo…” – disse Hermione, appoggiando una mano sul suo braccio per rincuorarlo. – “… quando ho risposto per le rime alla signorina Parkinson… e Dio solo sa quante lezioni di umiltà servirebbero a quella…” – disse, aggiungendo una piccola nota personale. – “… sapevo a cosa andavo incontro, o meglio… sapevo di una punizione, ma non immaginavo che potesse consistere in un doppio lavoro. Comunque il signor Malfoy sembra aver capito con chi ha a che fare. Quando lavoravo da mio padre, ho passato mesi interi a non mangiare a mezzogiorno perché c’era da fare e non mi è mai successo niente. Farò i miei lavori e metterò lo stesso impegno che ci mettevo quando ne facevo solo uno. Alla fine di tutto, non sarò io a cedere Roger, sappilo.”
Era determinata e Roger lo sapeva, così come sapeva che dissuaderla dal suo obiettivo sarebbe stata un’assurdità bella e buona.
Ma il capo magazziniere aveva una brutta sensazione al riguardo. E aveva paura per Hermione.




Tra i tanti compiti che venivano raggruppati sotto la voce “amministrazione” – un termine piuttosto vago – era che Hermione dovesse scendere di tanto in tanto nel sottosuolo per informarsi su come proseguissero i calendari.

Un piccolo sfizio che si era concesso il padre di Draco – e che Draco stesso aveva mantenuto – era fotografare i prodotti con accanto modelle mozzafiato.
Le foto che andavano per la maggiore erano quelle dei piani cucina. In soldoni si trattava di lastre, solitamente lunghe 3 mt, di vari colori, addosso alle quali si stagliavano delle vere e proprie pertiche di ragazze. Le norvegesi erano quelle che andavano per la maggiore, perché avevano le specifiche richieste per quel tipo di lavoro: gambe chilometriche, occhi azzurri e capelli biondi.
Di tanto in tanto si poteva scorgere qualche asiatica e qualche sudafricana ma Draco sembrava prediligere le nordiche.

Il compito di Hermione era scendere e controllare che tutto andasse bene e accertarsi che alle modelle venisse concesso ciò che richiedevano.

“A destra! No! Ferma così! Brava!”
Il fotografo – Hermione non lo aveva mai sentito nominare, ma nel suo campo era abbastanza bravo – impartiva gli ordini che tutte cercavano di seguire alla lettera.
Per un attimo, Hermione si chiese perché non potesse essere nata in Norvegia. Cavolo!, sembrava che quelle ragazze fossero fatte con lo stampino! Tutte belle!, tutte magre e tutte alte!
Lei al confronto era un nano da giardino.
“Ok, bene! Dieci minuti di pausa e poi continuiamo!”
Rimasta in disparte fino alla fine di quel primo round, Hermione si avvicinò, con non poco imbarazzo accanto a quelle bellezze naturali.
“Ciao, io sono Hermione, quella nuova. Se per caso ti servisse qualcosa, dimmelo pure, ok?”
“Oh ti ringrazio.” – disse una, particolarmente gentile.
Si sentì un po’ presa in contropiede, perché immaginava che le modelle fossero tutte altezzose e con la puzza sotto il naso. Le fece piacere vedere che in giro qualcuno aveva ancora un po’ di educazione… passò tutte le modelle in rassegna, presentandosi e facendo presente che era lì per loro.
Prima di andare via, però, volle dare un’occhiata alle fotografie.

Dire che erano bellissime, era offendere il fotografo e la modella.
Le luci cadevano su quei statuari corpi come se fosse stata dipinta e le rendeva ancora più belle di quanto non fossero in realtà.
“Che ne pensi?” – chiese una voce maschile dietro di lei.
Hermione sobbalzò ed ebbe la brutta sensazione di essere stata beccata con le mani nella marmellata.
“Io… scusi… le stavo solo guardando…” – si giustificò, imbarazzata.
Fortuna che nessuno le stava prestando attenzione.
“Sì, ho visto. Volevo solo sapere che ne pensi.”
“Perché lo chiede a me?”
“Perché, senza offesa, non sei del settore e siccome queste foto andranno sugli scaffali del grande pubblico, volevo sapere cosa te ne pareva.”
“Oh, non mi offendo.” – lo rassicurò Hermione che tornò a guardare le foto. – “Dunque… beh, che sono tutte belle mi pare scontato…” – iniziò. – “… però, se dovessi scegliere quella che mi piace di più, prenderei questa.” – disse, indicandogli con il dito una foto.
“Perché proprio questa?” – chiese il fotografo, interessato.
A dire il vero, lui era intenzionato a scartarla, perché non lo aveva soddisfatto.
“Mi piace il contrasto dei capelli della modella sulla lastra.” – spiegò Hermione.
Il fotografo studiò con maggior attenzione quella foto. Parte del suo lavoro consisteva nel saper adocchiare immediatamente ciò che era buono da ciò che doveva essere scartato. Purtroppo, a volte, rischiava di commettere degli errori a causa della routine del lavoro.
“Biondo su rosso…” – sussurrò l’uomo.
“Sì. Magari è una stupidata, però ci sono delle donne che si fanno la testa rossa, mogano, rosso vivo o qualsiasi altro tipo di rosso e poi ci fanno delle meches bionde. A parer mio non stanno male. Poi lo sguardo mi piace…”
“Che ha lo sguardo?”
“Sembra che stia pensando a qualcosa di importante…” – disse Hermione. – “… del tipo… cosa cucino stasera?” – scherzò la riccia, poiché si stava parlando di piani cottura.
Il fotografo rise divertito.
“E mi piace anche com’è reclinata la testa sulla lastra. Mi da un senso di familiarità. Ecco, per esempio… questa invece non mi piace.” – continuò Hermione. – “Cioè… è bello il colore della lastra e la modella è da mettere nel Patrimonio dell’Unesco…” – continuò a scherzare lei, incontrando il favore del fotografo che si espresse in una bella risata. – “… ma è fredda, distaccata… boh, non so come spiegarmi…” – si giustificò.
“No, no… ho capito cosa vuoi dire. Vuoi provare a fare qualche scatto?” – le propose.
Hermione sbarrò gli occhi.
“No, no! Che poi le si rompe l’obiettivo della macchina!” – si prese in giro.
“Beh… scusa, non ho capito come ti chiami.”
“Hermione Granger.”
“Bene Hermione Granger, ti ringrazio: mi hai dato un paio di idee.”
“Oh si figuri. Per il pagamento le farò avere le coordinate bancarie.” – continuò a scherzare lei.
“Le aspetto.” – rispose l’altro, ridendo.
“Ora devo andare. Arrivederci.”
“Ciao!”
Il fotografo continuò a ridere per le battute di Hermione e prima che lei svoltasse l’angolo, lui si girò e sorrise ancora.
“Si ricomincia!” – urlò.




Era tornata al proprio posto con un bel sorriso soddisfatto.
Una persona importante le aveva chiesto un’opinione e non era stata bistrattata per le sue idee, anzi… erano state accolte con educazione e simpatia. Che poi non ne mettesse in pratica nemmeno una non le importava: le interessava solo l’educazione.


In tarda mattinata, Hermione venne convocata nell’ufficio di Draco.
“Sbaglio o sei più nell’ufficio di Draco che non nel tuo?” – scherzò Lavanda.
“Davvero!” – esclamò la riccia, leggermente ansiosa. – “Va a finire che ci metto una brandina!” – rispose lei.
Preoccupata – quando andava in ufficio da Draco non erano mai buone notizie – si diresse verso l’ufficio e si fece annunciare, come al solito, da Isabel.
“E’ permesso?” – chiese la riccia che si sorprese nel trovare il fotografo di prima.
“Vieni Hermione.”
Hermione entrò, mentre Draco confabulava con il fotografo che scoprì chiamarsi Jason Taylor.
“Devo farti vedere una cosa.”
“Cosa?”
Draco le porse una busta abbastanza pesante. Quando l’aprì e vide che erano delle fotografie, alzò gli occhi su Jason.
“Ci devo tappezzare la camera?” – ironizzò lei.
Jason rise mentre Draco era rimasto un po’ allarmato dalla frase. Jason era piuttosto lunatico ma sembrò che quella volta non se la fosse presa. Quella ragazza lo avrebbe spedito al manicomio!
“No, dirmi cosa ne pensi.” – disse il fotografo.
Hermione le adagiò sulla scrivania.
“Io credo che abbiate le persone adatte per questo compito, persone che studiano l’andamento del mercato e le preferenze delle persone. Non vi servo di certo io per questo. Le mie sono solo impressioni personali.”
“Ed è questo che ti sto chiedendo, Hermione.”
Draco alzò lentamente gli occhi sulla riccia.
Quando sarebbe rimasta da sola con lei, le avrebbe chiesto da che razza di pianeta provenisse per essere riuscita a conquistare Jason in così poco tempo, quando lui invece aveva dovuto fare i salti mortali!
La donna arricciò le labbra.
“Di là ho le mie coordinate bancarie.” – scherzò lei.
La risposta di Jason fu una bella risatina.
“Allora… no, no, no, no, no… sì… no, sì, no…”
Man mano che passava le fotografie metteva da parte quelle che non le piacevano e quelle che le piacevano sotto lo sguardo allibito di Draco che non riusciva a capire come Jason permettesse a un’impiegata di fare, primo, una selezione delle sue fotografie, e secondo, non si arrabbiasse!
Per sicurezza, Hermione ripassò le fotografie scartate e le studiò meglio. Ne spostò un paio sul “sì” e poi le commentò insieme ai due.
“Perché?” – le chiese Jason, mentre la guardava divertito.

La mente di Hermione stava lavorando.
Quando aveva scelto le foto per il “sì”, lo aveva fatto perché il suo cervello aveva elaborato che in quelle c’era un filo conduttore, un comune denominatore che però non riusciva a individuare subito.
Ripensò alla conversazione fatta con Jason sottoterra e si illuminò quando comprese che l’uomo aveva usato una sua idea per realizzare un servizio che poi sarebbe andato in stampa.
“Hai fatto gli abbinamenti testa-lastra! Dai! Non ci credo!” – esclamò, raggiante.
“Ho visto che funzionavano. Sai, a dirti la verità, la foto che avevi scelto, avevo intenzione di buttarla via. Non ci vedevo niente di particolare, ma il tuo punto di vista mi ha aiutato.”
“Sono contenta.”
“Allora abbiamo le foto?” – chiese Draco.
“Abbiamo le foto.” – confermò il fotografo. – “Le farò avere la prima bozza quanto prima e…”
“Jason scusa… posso chiederti una cosa?”
“Sì, certo.”
“Perché non c’è neanche un ragazzo su queste foto?”
I due si guardarono e misero a ridere. Dopotutto Hermione era una donna e anche lei aveva gli occhi per guardare.
“Perché solitamente sono le donne che stanno in cucina Hermione.” – la rimproverò bonariamente il fotografo.
“Appunto.” – disse Hermione con una faccia eloquente.
“Allora dimmi. Perché vorresti vedere un uomo su queste lastre? Una donna attira di più.”
“Tu hai detto che nell’immaginario collettivo è la donna che sta in cucina ma secondo te, io che sono una donna, e vedo questo schianto di ragazza su un piano cucina, mi viene voglia di comprarlo? Mettici pure che ho dei seri complessi di inferiorità, dubito seriamente che potresti mai vedermi qui a comprare una lastra.”
“Fai paura.” – disse Jason, che non aveva preso in considerazione quell’aspetto.
Come aveva detto Hermione poco prima, c’erano persone predisposte per questo tipo di studi.
“Concludendo, forse agli uomini piacerà… anzi, togli pure il forse, vedersi una stangona norvegese sul piano cucina, ma se, per l’appunto, in una cucina deve entrarci una donna, credo sarebbe il caso di attirare il pubblico femminile, o sbaglio?”
“La tua proposta quale sarebbe?” – chiese Draco, che aveva capito dove la ragazza voleva andare.
“Fate uscire le foto, non fanno male a nessuno, ma… io farei anche un servizio maschile.”
Draco arricciò le labbra, non del tutto convinto, però il ragionamento di Hermione filava: la cucina era un ambiente prettamente femminile e doveva attirare un pubblico femminile. Quindi…
“Vediamo come va a finire.” – disse Draco.
Hermione sbarrò gli occhi, incredula. Aveva accettato una sua proposta per una cosa così importante? All’improvviso non si sentì più tanto sicura dei suoi ragionamenti.
“Allora è andata.” – disse Jason.
Tanto, lui veniva pagato per fare le foto: uomini o donne non faceva differenza.
Hermione era sbigottita. Era d’accordo pure lui? Oh, cavolo!
“Hermione, ora puoi darmi le tue coordinate bancarie.” – scherzò Jason.
La ragazza negò con il capo a bocca aperta.
“Fammi solo assistere al servizio…”
I due si misero a ridere.


Quando Jason si allontanò dall’ufficio di Draco per organizzare il tutto, rimasero solo Draco e Hermione. Quest’ultima era ancora scossa per ciò che era appena avvenuto: un ragionamento che lei per prima aveva giudicato campato in aria e che aveva esposto più per divertimento che reale convinzione, gli si era “ritorto” contro.
Ma, in fondo, non era forse quello il suo scopo?: dimostrare al signor Malfoy di essere una persona affidabile e sulla quale poteva contare per poter avanzare nella Malfoy Home?
E la cosa che la stupiva maggiormente era che era stato facile! Credeva di dover fare chissà che, e invece una semplice idea aveva incontrato l’approvazione del fotografo e del titolare!
Qui urgeva una sbronza!

“Vedo che hai fatto amicizia anche con Jason.”
Era quasi ora di pranzo.
“Non avrei dovuto?” – chiese.
“No. Mi chiedo solo se tu non venga da Venere.”
“Perché? Perché riesco a trattare con le persone?” – chiese, con leggera ironia.
“Ci sono persone qui dentro che non sono facili da trattare.”
Hermione e Draco pensarono immediatamente a Pansy e da come si guardarono, lo compresero al volo. Distolsero subito lo sguardo dall’altro.
“Forse.” – concesse lei. – “Ma la parola chiave per trattare con le persone è una sola, signor Malfoy.”
“Che sarebbe?”
“Educazione. Pura e semplice educazione. Le auguro buon pranzo.” – disse, uscendo dall’ufficio.
Draco non rispose.
Educazione.




Fortunatamente quel giorno poteva fare un pasto decente.
Decise di andare al bar di Ron, il Boccino d’Oro, perché era da tanto che non lo vedeva. Le mancava la compagnia del rosso e doveva anche aggiornarlo sulle novità.

Attese che l’ascensore arrivasse al piano per scendere.
Quando le porte si aprirono, fece solo pochi passi quando udì la voce di Pansy. Si fermò di scatto, indecisa. Se fosse passata in quel momento sicuramente sarebbe successo qualcosa, nonostante la parola di Draco e non voleva rischiare di rovinarsi il pranzo.
Ma fu proprio in quei pochi secondi, mentre decideva il da farsi, che la sentì parlare al telefono con qualcuno.

“Sì, sì ho capito. Non sono stupida.”

Hermione fece una faccia come per dire “io avrei qualcosa da dire in merito” ma rimase zitta.

“Ho detto che lo farò. Mhm… proposta interessante la tua…”

Hermione aprì la bocca, incredula.
Non riuscì a credere a cosa stesse ascoltando. Il tono usato era volutamente sensuale e a meno che Pansy Parkinson non fosse diventata lesbica nel giro di qualche ora, suppose che dall’altra parte del telefono vi fosse un uomo.

“Stasera? Sì, credo di sì. Prepara tutto l’armamentario…”

La conversazione finì lì e Hermione aspettò qualche secondo prima di uscire allo scoperto.
Quando uscì da dietro la palma aveva una faccia che atterrita era dire poco. E adesso? Cosa doveva fare? Che dovsse andare dal signor Malfoy e dirglielo? E se avesse travisato tutto? Se magari dietro quel telefono vi fosse stata una sua amica e ci avesse scherzato? Di tanto in tanto lo faceva anche lei con le colleghe.
Beh, intanto era il caso di uscire da lì.
Le serviva una bella boccata d’aria fresca – fredda – per pensare lucidamente.




“Ehi, chi non muore si rivede, eh?”
Quando Hermione vide il suo amico Ron, quella conversazione passò subito in secondo piano. Era felice di rivederlo e lo abbracciò.
“Come stai?”
“Io bene e tu? Ma ti hanno fatto direttore? Non ti si è più vista!”
“No, solo che mi hanno dato dei lavori da seguire…”
Così, dopo aver ordinato da mangiare, gli raccontò per filo e per segno tutto quello che era successo, senza omissioni, se non l’ultima conversazione ascoltata.
“E questo è tutto.” – concluse.
“Certo che quel mondo è proprio marcio…” – commentò Ron, che servì un caffè a un avventore.
“Ormai mi sono abituata.” – chiarì Hermione, che aveva finito il secondo.
“Sarà, ma io al tuo posto avrei già mollato.”
Hermione gli sorrise.

Qualche attimo più tardi si ritrovarono seduti entrambi a un tavolino con qualcosa da bere e da sgranocchiare davanti.
Chiacchieravano del più e del meno, finché non fu ora per Hermione di tornare al lavoro.

“Sono stata contenta di rivederti Ron, ma adesso devo andare.”
“Allora ci vediamo la prossima volta.”
“Sì certo! Ciao!”




Quando Hermione uscì dal bar, la telefonata udita della Parkinson tornò a schiacciarle il petto.
Per quanto non avesse apprezzato l’atteggiamento del signor Malfoy nei suoi confronti, nessun meritava un Giuda Iscariota come fidanzata, nemmeno Draco.
Però era davvero indecisa su come agire. Non voleva essere la causa di un litigio.
Per il momento preferì accantonare la questione.




Quando salì in ufficio, si mise subito al lavoro e verso le quindici e trenta del pomeriggio, una modella la disturbò.
“Ciao, ti serve qualcosa?” – le chiese.
“Sì, scusa tu sei Hermione vero?”
“Sì, dimmi tutto.”
“Io avrei finito. Volevo sapere se potevate pagarmi in contanti per stavolta. È possibile?”
“Ah…” – disse Hermione, leggermente presa in contropiede. – “Non puoi proprio aspettare il bonifico?”
“Purtroppo no, mi dispiace. Ho dimenticato il portafoglio in agenzia e ho un aereo da prendere.” – rispose l’altra abbastanza frettolosa.
Hermione ci pensò su un attimo. Solitamente era prassi pagare le prestazioni con bonifici, ma forse in questo caso era possibile fare un’eccezione. L’unica cosa che non le andava giù di tutta la faccenda era che i contanti li teneva il signor Malfoy nella propria cassaforte e per avere quei soldi lei avrebbe dovuto vederlo.
Sbuffò.
Purtroppo non poté fare tanto la schizzinosa, perché la ragazza aveva fretta.
“Aspetta un secondo, devo chiedere al signor Malfoy.”
“Sì, grazie…”

Si diresse dal signor Malfoy, sperando vivamente che acconsentisse e che non le facesse perdere troppo tempo. Erano solo le quindici e trenta del pomeriggio, ma era dovuta scendere tre volte in magazzino perché sembravano esserci problemi con le consegne. Una volta risolti, era ritornata al suo posto e aveva dovuto ricominciare tutto d’accapo.

TOC TOC
“Avanti…” – disse una voce femminile.
Hermione alzò gli occhi al cielo e mandò a quel paese tutti i suoi abitanti.
“Permesso?” – chiese lei atona.
Draco sussultò leggermente quando la vide entrare.
“Cosa vuoi?” – chiese Pansy, bistrattandola com’era suo solito fare.
Hermione dovette armarsi di una santa, santissima pazienza. E meno male che era tutto risolto…
“Signor Malfoy, mi scusi…” – disse Hermione, ignorando deliberatamente Pansy, che se ne risentì tantissimo.
“Dimmi.”
“Di là c’è una modella che chiede un pagamento delle sue prestazioni in contanti. Dice che è solo per questa volta.”
“Di che prestazioni stai parlando?” – chiese Pansy, che volle intendere solo quello che pareva a lei.
Oddio…ma le hanno impiantato un cervello là dentro o c’è solo una mosca che gira sopra un cumulo di merda?, pensò Hermione, cattiva come il veleno.
Draco notò che Hermione aveva tentato di dissimulare la propria antipatia fingendo di avere qualcosa nell’occhio.
“Credo lavorative, signorina Parkinson…” – disse Hermione con lieve sarcasmo, colto solamente da Draco.
Aveva scelto di non dire il vero motivo di quel pagamento, perché la infastidiva oltre ogni dire dover dare delle spiegazioni a qualcuno che non fosse il diretto interessato. Se glielo avesse chiesto il signor Malfoy, a lui sicuramente avrebbe risposto.
“Come mai non può aspettare il bonifico?” – chiese Draco, in un certo senso sollevato di poter parlare con Hermione senza doverci litigare.
“Dice che ha urgente bisogno dei contanti ma non mi ha detto il perchè.” – mentì.
“E hai fatto male.” – s’intromise Pansy. – “Se vuole i contanti, dovrà fornire al direttore una scusa ben più plausibile di questa.”
“Non è mia abitudine impicciarmi degli affari altrui, signorina Parkinson.” – tagliò corto Hermione.
Quel giorno Hermione si era svegliata di umore sarcastico. Draco se ne accorse, ma Pansy capì solamente che quella ragazza le aveva risposto malamente un’altra volta e ciò non poteva tollerarlo.
Draco sorrise, dentro di sé. Quella ragazza non aveva proprio paura di niente…
“Senti un po’ Granger, tu non…”
“Signor Malfoy, allora? Alla modella cosa devo dire?” – chiese Hermione che non aveva voglia di battibeccare con quella per niente.
In più, appena l’aveva vista, le era tornata alla mente la conversazione che aveva sentito e si era infastidita parecchio nel trovarsi in quell’incresciosa situazione.
“Aspettami fuori. Preleverò il contante dalla cassaforte.”
“Grazie.” – uscì senza salutare.

Draco aveva digitato alcuni numeri sulla cassaforte, mentre Pansy pensava a un modo per farla pagare a quella ragazzina insolente.
Il biondo prese il corrispettivo per la modella e, senza salutare Pansy, uscì dall’ufficio, dove trovò Hermione ad aspettarlo appoggiata al muro.
Non era un atteggiamento molto professionale: era come se stesse aspettando un vecchio amico anziché il suo titolare. Eppure, non riuscì a dirle niente.

Forse l’averle dato della puttana ancora gli pesava.

“Andiamo.” – disse Draco, avviandosi con dietro Hermione.
Rimasero in silenzio alcuni secondi, poi l’uomo riprese la parola.
“Non ti riesce proprio di morderti la lingua, non è vero?” – chiese girandosi verso di lei.
Era divertito e Hermione capì che se avesse fatto dell’ironia, quella volta non ci sarebbero stati provvedimenti.
“Mi sono tolta la dentiera, stamattina…” – minimizzò, con un cenno del capo.
Draco scosse la testa e la ragazza tirò un silenzioso sospiro di sollievo.
“Ma se vuole aggiungere un terzo lavoro, faccia pure.”
Draco si fermò e Hermione si maledisse in tutte le lingue che conosceva, anche quelle morte per la mania di voler avere sempre l’ultima parola.
“Credo che te lo sia proprio meritato, Hermione.” – disse Draco con il sorriso di chi si complimenta con un lavoratore per la brillante idea.
Hermione, prima di riprendere il passo, fece il segno dell’impiccato con la sciarpa e pian piano s’incamminò dietro il suo titolare.


L’aspetto imponente di Draco metteva in soggezione chiunque.
Era molto alto e il suo sguardo non aiutava di certo a tranquillizzare l’animo della modella agitata.
Aveva bofonchiato due parole in croce, sperando che il direttore della Malfoy Home non insistette più di tanto, ma se fosse stato per lui, a quest’ora la modella sarebbe stata rinchiusa in una saletta buia con una lampadina puntata contro. Fortuna che le venne in aiuto Hermione che, con diplomazia, era riuscita a far avere alla modella i suoi contanti. Era letteralmente scappata a gambe levate e i presenti diedero la colpa alla figura imponente del direttore.

In ufficio tutti sembravano più solerti nel lavorare, specie quando Draco vi metteva piede.
Hermione si sedette alla propria scrivania quando il telefono suonò.
“Pronto? Sì, ciao Roger.” – lo salutò. – “Ah… sì… sì. No, non ti preoccupare, sì, scendo subito.” – poi riagganciò la cornetta.
“Problemi?”
“Roger è un po’ incasinato con il lavoro. Mi ha chiesto una mano. La saluto.” – salutò Hermione, allontanandosi dal direttore.




“…un’autografo qui e siamo a posto!” – disse Hermione a Frank.
Ormai quel corriere aveva perso la sua cattiva abitudine di arrivare in ritardo e, se sollecitato con le giuste parole, aveva iniziato a lavorare decentemente.
“Ecco qua.” – disse l’autista, con un sorriso che Hermione contraccambiò. – “Allora… ho sentito che ti hanno messa a fare il doppio lavoro…” – disse Frank, piegando a metà la bolla d’accompagnamento.
Hermione alzò gli occhi.
“Già… la mattina sono su in ufficio e in pausa pranzo qui in magazzino, per poi riprendere a lavorare in ufficio fino alle sei e tornare qui alle sei e un quarto in caso di bisogno.”
“Hai fatto incazzare qualcuno?”
“Solo il direttore.” – rispose lei con noncuranza. – “Fa attenzione quando guidi, ok?” – si premurò Hermione.
“Tranquilla… ci vediamo!”
“Ciao ciao!”
Finito con Frank, Hermione uscì dall’ufficetto e andò ad aiutare i ragazzi a scaricare gli arrivi, li controllò e poi li rimise al loro posto. Purtroppo con quei due lavori, Hermione aveva poco tempo da dedicare alla chiacchiera, come invece avrebbe voluto fare, ma non poteva. Sentiva di dover dimostrare al signor Malfoy che lei era in grado di cavarsela benissimo.
Emise altri due D.D.T. e poi tornò di sopra.


Draco era dietro la vetrata.
Aveva osservato Hermione lavorare incessantemente fin da quando era arrivata.
Pensava.
Pensava a quel piccolo battibecco, se così si poteva chiamare, avvenuto quel mattino, sul fatto di mordersi la lingua. Non era avvezzo a certi tipi di cose, ma se lo fosse stato, si sarebbe messo a ridere a crepapelle per la battuta.
E poi ad essere onesti, Pansy se l’era proprio cercata. E tutto per la sua mania di compiacerlo in tutto e per tutto. Era a dir poco stancante, ad un certo punto.

Si mise a pensare a come l’aveva conosciuta. In discoteca?
No.
Si erano trovati a un party, organizzato da uno dei soci in minoranza della Malfoy Home, Theodore Nott, gliel’aveva presentata proprio lui e ne era rimasto affascinato fin da subito. Il corpo era fasciato in uno splendido abito firmato Armani, i capelli erano raccolti nel suo solito chignon, impreziosito da un diadema stile principessa delle fiabe. Si erano appartati per chiacchierare e aveva scoperto di avere molte cose in comune con lei. Il gusto per la bella vita, il buon cibo, il buon vino… e fu grazie ad una sonora sbronza che i due si ritrovarono in una delle stanze della villa che Theodore aveva affittato per il party a dar libero sfogo a quell’attrazione iniziale.
E poi era semplicemente continuata. Cena in un ristorante diverso ogni sera, regali costosissimi e tanto, tanto, tanto sesso.
E adesso… invece di starsene rinchiuso nel suo ufficio a pensare a Pansy e a fare l’amore con lei, si era ridotto a guardare una sua dipendente, scorbutica e imperfetta, uscire dal magazzino per riprendere il suo lavoro amministrativo.
E tutto nel giro di un mese.
Si chiese se suo padre avesse mai commesso una simile leggerezza, si chiese se lui sarebbe stato in grado di individuare fin da subito il potenziale di Hermione e farne di lei una sorta di braccio destro.
Però doveva ammettere che in un solo mese quella ragazza aveva smaltito un bel po’ di arretrati.
L’aveva vista quando aveva fatto il segno dell’impiccato e aveva sorriso.
Draco Malfoy, l’impenetrabile, aveva sorriso di fronte alla spontaneità umana.
La vide prendere l’ascensore e dirigersi verso i piani alti e così fece anche lui. Si diresse verso il suo ufficio.




“… penso per la settimana prossima…” – Hermione era al telefono con un agente. Stava parlando della sua provvigione. – “… no, no… è che speravo che mi potessi… come? No, no… ti dicevo… aspettavo la fattura dell’ultima fornitura per poterti pagare. Così inglobavo tutto e non lasciavo niente al mese prossimo.” – poi sorrise. Aveva raggiunto l’accordo. – “Allora facciamo così. Aspetto la fattura. Intanto mandamela per fax così mi butto avanti. Ok, grazie mille, Alex, a presto!” – Hermione riagganciò e scribacchiò un post-it che appese a lato dello schermo del pc. Ora aveva finito anche con le provvigioni di quel mese.
Ora urgeva un buon caffè.









Calli-corner:

Giusto per evitare incomprensioni… capitoLO ciccione, vero? ^^
Qui la nostra Hermione ha dato il meglio di sé, rispondendo in quel modo a Pansy che, diciamocelo in faccia, se l’è proprio meritato. La Merdaccia pensava che essendo la fidanzata del capo potesse prendersi delle libertà che solo la buona educazione poteva concedere e quando si è trovata davanti quella che non accettava quelle confidenze, ha dovuto fare marcia indietro.

Onestamente, non so se sono stata abbastanza chiara su Draco Malfoy.
Il mio obiettivo è far vedere i due lati dell’uomo: quello che vuole accontentare la fidanzata, ma che al tempo stesso è pieno di responsabilità nel gestire un impero come la sua azienda.
Voglio spezzare una lancia in favore di Draco: non è un cattivo ragazzo, è solo che il dover essere sempre all’altezza delle aspettative di tutti è un peso non da poco, e si rischia di commettere errori come nel caso di Hermione.
Ritroveremo questo aspetto delle “aspettative” molto più avanti, quando tutta la situazione si sarà risolta. ^_^
*me sadica*

Ma adesso, vi lascio alla vostra parte preferita:
lo spoiler!

“Tieniti pronta per la settimana prossima. Partiremo insieme per l’America.”

Ohi ohi…
Lasciate che vi dia un’altra anticipazione. Oggi mi sento generosa.
Nel prossimo capitolo, entrerà in scena il babbo di Draco, con il quale ci sarà una piccola discussione, per non parlare dello spoiler.
In teoria, per questi viaggi di lavoro, dovrebbe essere Pansy ad accompagnare Draco.
Che sarà successo?

Il mio sadismo ora vi saluta definitivamente.
^_____^
callistas
  
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