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Autore: moni98    12/10/2013    1 recensioni
LARRY
Buongiorno.
E' la mia prima fanfiction, quindi siate clementi! Essendo da poco una fan dei One Direction ho cercato di essere il più informata possibile, se mi è sfuggito qualcosa, scusatemi.
Ora veniamo alla fan fiction. Dico subito che è Larry, quindi, chiunque non ci creda, è pregato di non offendere. E' incentrata soprattutto su Louis in un ipotetico futuro in cui gli One Direction si sono sciolti e Louis e Harry non si vedono più.
Buona lettura!
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Lemon | Avvertimenti: Incompiuta
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Louis prese un giubbotto qualsiasi dall’armadio, s’infilò le scarpe e uscì in una fredda mattina di gennaio. Prese una via a caso, e si mise a camminare sperando di rimuovere tutti i brutti pensieri, che alla fine invece di andarsene si accumularono tutti insiemi rischiando di farlo impazzire. Troppi ricordi, troppe carezze, baci, sguardi, mani strette, lacrime di gioia, risate da togliere il fiato, troppo.
Senza neanche accorgersene Louis era arrivato alla sua panchina preferita e si era seduto sopra. Quella panchina era la sua preferita, da sempre. Lì sopra ci aveva vissuto tutta la sua vita. Se avesse voluto, avrebbe potuto vedere incise le iniziali sue e della sua prima fidanzatina, un cuore per il ragazzo del suo corso che amava tanto. Quella panchina sapeva delle lacrime amare che aveva pianto quando non si sentiva accettato, di quando pensava che la sua vita fosse inutile. Se ascoltava attentamente, poteva sentire le risate dei giorni felici che aveva trascorso seduto lì circondato dai suoi amici. Se solo avesse voluto, avrebbe potuto sentire scorrergli nelle vene l’amore che aveva provato seduto esattamente su quella panchina, con un ragazzo al suo fianco.
 
“Perché mi hai portato qui?” chiese il ragazzo riccio.
“E’ il mio posto preferito. Quando sono qui tutto il resto del mondo sparisce. Mi sento bene, quando sto qui.” Rispose fiero il ragazzo dagli occhi celesti.
“Posso sedermi?”
“Non lo so… Devo decidere.”
“Che cosa devi decidere?”
“Se sei abbastanza importante per me.”
Il ragazzino dai capelli ricci e gli occhi verdi scrutò il ragazzo che gli stava seduto davanti, con le gambe aperte e le mani nelle tasche della giacca, poi abbassò la testa, sconfortato.
“Non ho mai portato nessuno qui. Nessuno che non ne conoscesse già l’esistenza, sia chiaro.” Disse il ragazzo seduto, quasi per consolare l’altro. “Però tu… Non so. Volevo che fossi felice con me. Quando sto in questo posto, sono sempre felice.”
“Comunque se non mi vuoi, me ne vado, eh… Non voglio invadere i tuoi spazi.” Disse il ragazzino in piedi.
Si girò e stava per andarsene, quando l’altro gli prese la mano e gliela strinse forte, per impedire che andasse da qualche parte. Lo voleva lì con lui.
“Non vai da nessuna parte, tu. Ho deciso. Ti puoi sedere, qui, affianco a me.”
Il ragazzo si sedette. Rimasero per molto tempo in silenzio, a respirare l’aria fresca e a osservare i movimenti degli alberi intorno.
“Sei felice?” Chiese infine il ragazzo dagli occhi celesti.
“Lo sono sempre quando sto con te.”
Stettero ancora un po’ in silenzio, poi il più grande interruppe.
“Anche io. Sono felice. Però… sento che manca qualcosa.”
“Cosa ti manca?” chiese curioso l’altro.
“E’ un po’ di tempo che sento che c’è qualcosa che manca. Ora credo di aver finalmente capito cos’è.”
“E cos’è?”
“Finiscila di far domande e baciami.”
Il ragazzino strabuzzò gli occhi, e credette di aver sentito male.
“Possibile che debba fare tutto io con te!”
Il più grande gli si avvicinò, gli prese la faccia con le mani delicate e la aderì alla sua. Piano la stretta divenne una leggere presa e poi si trasformò in una carezza. Le loro labbra si scoprirono per la prima volta, indugiarono l’una sull’altra, si assaporarono e lì capirono che non avrebbero mai provato nulla di simile con nessun altro. Nessuno.
Quello fu solo il primo dei mille baci che si scambiarono quel pomeriggio su quella panchina, sempre più esperti, appassionati…
“Ora sono felice. Felicissimo. Ecco cosa mi mancava, tu.”
Il riccio riuscì solo a sorridere e ad abbassare la testa.
 
Louis sarebbe voluto tornare indietro nel tempo per rivivere quei momenti, per rivedere di nuovo il faccino di Harry abbassarsi e arrossire, per ripetergli ancora una volta quanto fosse felice con lui, solo con lui. Non riuscì più a trattenere le lacrime e scoppiò in un pianto che non faceva altro che peggiorare il suo umore, riducendolo a una spugna inzuppata di lacrime che non aveva nessuna intenzione di piangere.
Si sentì picchiettare sulla spalla. Di nuovo quell’assurda sensazione di paura lo assalì e alzò la testa sperando di vedere il volto dell’unica persona di cui davvero gli importava qualcosa.
Un tuffo al cuore. Quel volto non era il suo, anzi, erano due, i volti.
“Scusa, eh, ma questa è la panchina mia e della mia ragazza.”
“Oh, non vedi che sta piangendo, lascialo stare.”
I due ragazzi si misero a battibeccare, ma Louis non li ascoltava, perché oltre quei due aveva visto qualcosa. Era sicuro di aver visto qualcosa.
E quando Louis Tomlinson era sicuro di una cosa, quella era certamente vera.
Così si alzò, e inseguì l’uomo dal cappotto grigio, che era sicuro di aver visto dietro un albero. Il loro albero.
   
 
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