Capitolo
9
“Col
tempo le cose cambiano
e anche gli slanci si placano…”
Haylie
lanciò uno sguardo veloce all’orologio. Veloce, ma
non ansioso.
Le sue labbra adesso disegnavano un sorriso che per la sua bellezza
avrebbe
meritato di essere mostrato a qualcuno, ma lei si sentiva
così felice che non
le importava. Tutto quello che voleva era tornare in albergo e riferire
a Bill
il risultato dell’ecografia.
Femmina.
A dire il vero, si sarebbe sentita ugualmente felice anche se avesse
scoperto di aspettare un maschio, o persino due gemelli
–anche se quella
notizia avrebbe sicuramente strappato una battutina pungente da parte
di Tom…
ma perché continuava a chiedersi quale avrebbe potuto essere
la sua reazione?-,
ma era come se quell’ulteriore esame avesse reso la sua gioia
ancora più
consapevole, più palpabile, più vera.
Il concerto della sera prima era andato alla grande, il pubblico era in
delirio, Bill era soddisfatto. Era andato a letto mezz’ora
dopo la fine dello
spettacolo, voleva essere ben sveglio il giorno dopo, aveva detto.
Oh, sì…!
Decise di lasciar perdere. Mancava poco al pranzo, sicuramente i
ragazzi
la stavano aspettando. Superò a tutta velocità la
gente che incrociò per i
corridoi, tra cui le parve di scorgere anche Georg e, poco
più avanti, Tom, ma
non si fermò e procedette verso la camera sua e di Bill, con
la cartelletta
azzurra stretta fra le braccia.
Non bussò, non si annunciò, si limitò
solo ad afferrare la maniglia e
aprire di scatto la porta. – Bill, non
immaginerai… -
Rimase ferma sulla soglia, la mano che ancora stringeva la maniglia, i
capelli scompigliati dal vento fresco di marzo.
Bill dormiva. Anche piuttosto profondamente.
Aveva il lenzuolo attorcigliato intorno alla vita, si teneva
abbracciato
a un cuscino, il suo viso era nascosto quasi del tutto dalla folta
capigliatura
corvina. Il suo respiro era leggermente irregolare, Haylie poteva
sentirlo a
quasi due metri di distanza.
E, inspiegabilmente, sentì tutto il suo entusiasmo venire
meno.
Quando Bill era in ansia o particolarmente felice per qualcosa,
praticamente non chiudeva occhio, e si alzava prestissimo, alle prime
luci del
sole.
Haylie lo guardò cercando di non far spegnere il suo
sorriso, almeno
dentro di sé. Ma le riuscì difficile.
Maledettamente difficile.
Forse si era entusiasmata per troppo poco. E ora il semplice fatto che
Bill avesse dormito fino all’ora di pranzo e che non fosse
già sveglio e pronto
a sapere se quattro mesi dopo avrebbe avuto un figlio o una figlia,
bastò a
farla sentire come se l’avessero presa a mazzate.
Strinse al petto la cartellina azzurra. Forse importava davvero solo a
lei.
Chissà se per Bill avrebbe fatto differenza…
Si sentiva una strana ansia addosso. E l’inspiegabile bisogno
di saperlo
anche lui, quello che presumibilmente Haylie stava dicendo a suo
fratello.
Quasi sobbalzò quando la porta della loro stanza si
aprì lentamente,
accompagnata da un leggero cigolio. Ne uscì Haylie, con una
cartelletta azzurra
sotto un braccio, la sua piccola borsa bianca ancora appesa a una
spalla e il
capo chino, una strana espressione triste in viso. Quando lo vide, gli
angoli
della sua bocca si alzarono impercettibilmente.
Le andò incontro a passo lento, sorridendole. Non poteva
fare a meno di
sorridere di fronte a lei, anche se non riusciva ancora a spiegarsi il
perché
di quella malinconia dipinta sul suo viso.
- Ehi – la salutò. Lei accennò un gesto
con la mano libera. Tom si
schiarì la voce. Si sentiva come se avesse dovuto
provare disagio. –
Allora, com’è andata? Maschio o femmina?
–
La voce di Haylie era appena udibile. – Femmina –
- Oh, bene – rispose Tom. Dannazione, perché
doveva sempre uscirsene con
quelle risposte cretine? Era chiaro che c’era qualcosa che
non andava. Ma
questo non doveva interessargli. Era la fidanzata di Bill,
non la sua. –
Probabilmente non ne potevi più di stare in mezzo agli
uomini – Non riuscì
neanche a dare un tono scherzoso alla sua supposizione. Le cose erano
due: o
chiudeva il becco, o si defilava. Inaspettatamente, non
seguì nessuno dei due
propositi. – E Bill che dice? –
– Dorme –
Haylie abbozzò un sorriso triste, quello di Tom si spense
all’istante.
- Oh – Si passò una mano fra i dread. Ora
sì che si sentiva a disagio.
Diamine,
Haylie, non guardarmi così…
- Non importa – si affrettò ad aggiungere lei.
- Non devi preoccuparti – Tom parlò più
velocemente del normale. – Cioè…
scusami, non volevo dire… -
- Non importa – ripeté lei, in tono poco
più convinto. Distolse lo
sguardo e fece per andarsene, ma, prima ancora che Tom avesse il tempo
di
rendersi conto che stava per allontanarsi, si ritrovò a
tenerla stretta per un
polso.
Tom sentì la bocca seccarsi e le parole morirgli in gola.
Perché
mi fai quest’effetto?
No,
era meglio non chiederselo… Qualcosa gli
diceva che stava per commettere un errore madornale, un errore che
avrebbe
ferito qualcuno, ma i suoi desideri erano così
confusi…
Haylie non poteva essere sola, non in quel
momento.
E perché non c’era Bill accanto a lei?
Tom si rese conto con non poca sorpresa che
questo non gli importava. Non come avrebbe dovuto.
- Haylie… - Si stupì lui stesso di essere
riuscito a pronunciare il suo nome senza sprofondare sotto il fardello
della
vergogna. Quella vergogna che non aveva mai provato, e che non avrebbe
nemmeno
dovuto provare, non in quel momento, non in quel luogo, non per lei.
–
Beh… Per Bill sei la cosa più importante
e… sta’ certa che si dedicherà a te
con tutto se stesso –
Stupido,
cretino, idiota!
Sentì
un rumore che non riuscì ad
identificare.
Forse era stata Haylie a tirare su col naso.
- Sono solo una bambina… una stupida bambina…
- mormorò con la voce spezzata.
Non
fare così, non essere triste, non mettermi in
subbuglio lo stomaco!
La ragazza ebbe appena il tempo di lanciare
uno sguardo apprensivo alla mano di Tom, ancora stretta sul suo polso,
che si
sentì tirare bruscamente in avanti.
La cartellina azzurra cadde a terra, i pochi
fogli che la riempivano si sparsero con grazia sul pavimento quando Tom
le
lasciò andare i polsi solo per prenderle il viso tra le mani
ed avvicinarla a
sé.
Pensare era impossibile, dunque perché
provarci?
Cercare di vederci chiaro era impensabile…
…e allora perché non chiudere gli occhi e
lasciarsi trasportare da quel turbine di emozioni, emozioni sbagliate,
ma così
prepotenti?
Tom la trattenne con gentilezza, certamente
non meno di quella che usò per posare un tremante, veloce
bacio sulle sue
labbra.
Non voleva rubarle niente, non voleva
costringerla, solo, ne aveva bisogno.
La mano di Haylie scattò in avanti, afferrò
il polso di Tom e, per pochi, interminabili secondi, nessuno dei due
capì se
fosse con l’intenzione di allontanarlo o aggrapparglisi.
Non vi fu più di un semplice movimento.
Non si udì neppure un rumore, il minimo
suono.
L’unico fu quello del sospirare di Tom quando
la sua bocca si allontanò di qualche centimetro da quella di
Haylie, ma lei,
presumibilmente, non lo avvertì.
Lo guardò quasi con terrore. Terrore di
quello che lei aveva accettato, non di quello che
lui aveva fatto.
- Hay, io… -
La ragazza si chinò e raccolse rapidamente i
fogli sparsi sul tappeto, li ficcò frettolosamente nella
cartellina e schizzò
via cercando di lasciarsi la sua voce alle spalle.
- Haylie, aspetta, non andartene! –
Tom si accasciò contro il muro, sospirando penosamente.
Si coprì la faccia con le mani, quasi graffiandosi con le
sue stesse unghie.
- Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo! –
Non avrebbe saputo trovare un termine più
appropriato.
Cosa cazzo gli era saltato in mente?
E perché cazzo aveva baciato la
fidanzata di suo fratello?
Solo il pensiero di quanto era costato il
soggiorno in quell’hotel lo trattenne dal mollare un calcio
alla parete.
Non poteva innamorarsi di lei.
Nella sua vita non aveva mai provato
sentimenti degni di tale nome, quindi, perché proprio lei?
Fosse stata un’altra ragazza, lo avrebbe
chiesto a Bill. Già la sua voce gli riecheggiava nella
mente…
“Vuol
dire che è una ragazza speciale, Tomi!”
Già.
Lo era.
Purtroppo.
Haylie si fermò solo quando si rese conto di
essere finita fuori dall’hotel. Respirò
profondamente un paio di volte,
cercando di rimettere ordine nella propria mente.
Scosse la testa e si coprì il viso con le
mani.
Impossibile.
Forse si era immaginata tutto… Forse non era
successo niente… Forse cinque minuti dopo avrebbe incontrato
Tom di ritorno da
qualsiasi posto che non fosse il corridoio del secondo piano, lui
l’avrebbe
salutata e le avrebbe chiesto com’era andata
l’ecografia.
Ma questo non successe.
Haylie dovette trattenersi per non darsi un
pugno sulla fronte. Come faceva a pensare a Tom in
quel momento?
Beh, le suggerì una vocina dentro di sé dal
tono vagamente maligno, forse perché Tom è il
fratello del tuo fidanzato, e tu
l’hai appena baciato.
No,
non è vero, non sono stata io! Non è colpa mia!
E allora perché non l’aveva respinto?
Perché
non si era allontanata da lui e non gli aveva stampato cinque dita in
faccia?
Dubitava di poter essere capace di un simile atto, ma doveva ammettere
che le
circostanze avevano tutto il diritto di richiederlo.
Tirò un altro profondo sospiro.
Era stato un errore. Punto. Tom l’aveva solo
baciata, non le era saltato addosso né niente di simile.
Nonostante l’immagine
di sé che presentava agli occhi della gente, aveva un senso
della moralità non
indifferente e sicuramente anche lui si era reso conto di aver avuto,
per un
attimo, la mente un po’ annebbiata.
Un po’ troppo, in effetti.
Dio, perché l’aveva incontrato proprio in
quel momento di debolezza?
Forse sarebbe stata debole anche in qualsiasi
altro momento, si ritrovò a pensare con orrore.
Strinse i pugni e serrò gli occhi, come a
voler cancellare il mondo attorno a sé.
Doveva semplicemente smettere di pensarci.
Non ne avrebbe parlato con nessuno, meno che mai con Bill, avrebbe
aspettato
che lui si svegliasse e gli avrebbe comunicato che aspettava una
bambina.
Dopodiché, avrebbe fatto del suo meglio per ignorare Tom
fino a che entrambi
non avrebbero dimenticato quanto era successo.
Sì, era l’unica soluzione possibile.
Dimentica,
Haylie, dimentica, dimentica!
Cercando di mantenere una certa disinvoltura,
mise la cartelletta azzurra nella borsa e si diresse verso il
ristorante
dell’albergo. Non ci volle molto perché scorgesse
Gustav e Georg, seduti a un
tavolo con altri tre posti vuoti, intenti a parlare fitto con Tom, in
piedi
accanto a loro.
Haylie sbiancò. Di cosa stavano
parlando?
Sforzandosi di convincersi che Tom non poteva
essere tanto stupido da andare a dire ai suoi amici che aveva baciato
la
ragazza di suo fratello, si avvicinò al tavolo e
attirò l’attenzione dei
ragazzi con un leggero colpo di tosse. – Ehm… ciao
–
Gustav e Georg le risposero con due sorrisi
smaglianti, Tom si limitò a sbirciarla di sottecchi.
– Haylie, eccoti
finalmente! – disse Georg. – Mancate solo tu e
Bill. Digli di sbrigarsi, sto
morendo di fame –
- L’ho già chiamato io – intervenne
frettolosamente Tom, ma a voce piuttosto bassa. – Ci
siamo… ehm… incontrati di
sopra e ha detto che scenderà entro cinque minuti –
- Oh, sì, conosco i cinque minuti di Bill –
borbottò Gustav. – Georg, comincia pure a
masticare il tavolo, qui prima delle
due non si mangia – Haylie prese posto accanto a Georg e
posò la borsa sulla
sedia libera alla sua sinistra. Tom, dopo averla lanciato un altro
sguardo
fugace, si sedette dall’altro lato del tavolo, sospirando.
Haylie sobbalzò quando sentì una voce
squillante esclamare: - Buongiorno a tutti! –
Bill aveva raggiunto il resto del gruppo e
ora esibiva un sorriso a 32 denti. – Scusate il ritardo,
avevo un po’ di sonno
arretrato – Haylie gli sorrise e spostò la borsa,
facendogli posto. Bill
sedette accanto a lei e le schioccò un bacio sulle labbra.
– Dormito bene? –
- Sì, meravigliosamente – Haylie cercò
di
mascherare il leggero tremolio assunto dalla sua voce.
- Non vedo l’ora di mettere qualcosa sotto i
denti – disse lui. Georg gli allungò il cestino
del pane.
- Anche noi, ma stavamo aspettando che
vossignoria illustrissima finisse il suo riposino di bellezza
– lo canzonò,
mentre Bill arraffava una fetta di pane.
Haylie aspettò che Bill le chiedesse
qualcosa, stringendo febbrilmente la borsa in grembo, ma lui
continuò solo a
punzecchiarsi con Georg. Quando le rivolse la parola, non se ne accorse
che
dopo qualche istante.
- Amore, scusami se mi sono alzato così tardi
– Haylie sorrise. Ecco, ora glielo avrebbe detto…
- Di sicuro tu sei in piedi
da ore. Cos’hai fatto stamattina? –
La ragazza conficcò inavvertitamente le
unghie nella tracolla di cuoio della borsa. In che senso…
cosa aveva fatto
quella mattina?
- Beh, lo sai… - azzardò a voce bassissima.
- Sei stata un po’ in compagnia del mio fratellino,
eh? – Haylie si sentì gelare il sangue nelle vene.
Non poteva sapere… non se
aveva quel sorriso… - Si sveglia presto solo dopo i
concerti, lui. E si vede,
ha una faccia…! – Haylie lanciò uno
sguardo apprensivo in direzione di Tom: il
ragazzo le restituì un’occhiata perplessa ma
altrettanto preoccupata, poi si
rivolse cautamente al fratello:
- Ehm… Bill, non… non stai dimenticato
niente? – Bill sembrò pensarci per qualche secondo.
- Ah, già! – esclamò, dandosi una
manata
sulla fronte. – Abbiamo il sound check! Cavolo, me
n’ero completamente scordato
– Haylie non riuscì a staccargli lo sguardo di
dosso, le unghie ancora
conficcate nella tracolla della borsa. – Alle tre, giusto?
Uffa però, non si
può neanche pranzare con calma… -
- Chi è che dorme fino al tramonto? – lo
rimbeccò Georg, lanciandogli un tovagliolo in faccia.
Continuarono a battibeccare e a ridere, e non
si accorsero della lunga occhiata che si scambiarono Haylie e Tom nel
frangente.
E’
stato lui a dimenticare… E’ stato lui a
dimenticare…
Vi ringrazio
per le recensioni, anche se queste comportano uno sforzo
disumano (a noirfabi ora fischieranno le orecchie XD). Spero che la mia
ff
continui a piacervi, soprattutto adesso che per me diventa sempre
più difficile
mandarla avanti. Haylie è un personaggio strano, che mi
sfugge, e mi sono trovata più volte a chiedermi se
riuscirò a mandare avanti questo storia...come voglio io,
perlomeno.
Commenti bene accetti! ^^ (ho modificato per la millesima volta l'introduzione...a me piace decisamente di più adesso)