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Autore: Vella    13/10/2013    10 recensioni
"Non consigliata ai deboli di cuore.
Quanti di voi hanno sempre considerato Mirtilla Malcontenta una povera sfigatella? Persino io lo pensavo. E poi? Cosa è successo? Mirtilla, la nostra fantasmina dei bagni femminili, non è quello che appare. Lei non è mai stata una stupida Corvonero. Il cappello non ha sbagliato a smistarla, la sua intelligenza, infatti, supera i limiti massimi.
E chi può rimanere colpito da tanta astuzia se non Tom Riddle?
Questa che state per leggere è una vera e propria storia, in tutto e per tutto, tradizionale fino al midollo, niente verrà scombussolato e noi, sì, proprio noi, daremo una spiegazione più che valida a tanti fattacci. Com'è che diceva Silente?
Non provare pietà per i morti, Harry. Prova pietà per i vivi e soprattutto per coloro che vivono senza amore ? Chi, infatti, ha mai detto che Lord Voldemort non stesse vivendo per amore? "
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Avery, Mirtilla Malcontenta, Rubeus Hagrid, Tom O. Riddle
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Contesto generale/vago
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"...ha nascosto un frammento della propria anima al fine di raggiungere l'immortalità"


Ma questo lui non lo sapeva, o quasi. L'immortalità era una parola impossibile da pensare, figuriamoci se c'era una vaga possibilità di diventarlo.
Miliardi di ipotesi si facevano largo nella sua piccola mente: non solo era pieno di presupposizione e di orridi piani, ma era anche sicuro che il suo progetto sarebbe stato un gran successo, bastava solo metterlo in atto. Non c'era altra scelta se non addentrarsi in quella coltre di paura e di pericolo. Aveva lo sguardo perso, mentre la lunga tunica invernale strisciava inconsueta sul pavimento, la mano destra era sudata e stringeva la bacchetta, non sicuro di riuscire completamente nella sua missione.
Si sentì uno scricchiolio e poi un track seguito quasi subito dal brutto suono di unghie sulla lavagna, in verità era stata appena aperto e socchiuso il grande cancello nero della sezione proibita. Biblioteca. Nessuno, apparentemente, l'aveva sentito, il buio incombeva con prepotenza. E poi un sospiro disarmante ed altri piccoli passi, più certi, convinti.
«Lumos ...» sussurrò flebile, la bacchetta l'aveva udito e così un fascio di luce illuminò i lunghi scaffali.
Secondo Tom quel reparto proibito era stato reso tale per essere infranto. Insomma, chi non bramava almeno una volta al giorno di subentrarci in piena notte? Eppure nessuno lo faceva: tranne lui.
Un sorriso cospiratorio si dipinse sul volto, non poteva trattenersi lì per sempre.
La luce scivolò in varie direzioni, veloce, avanti, indietro, su, giù, verso altri scaffali, soffermandosi sul grosso tavolo in legno, fino a che un libro massiccio dall'aspetto inquietante invase il suo campo visivo.

"Segreti dell'Arte Più Oscura".


Boccheggiò, avventandosi su di esso, lo prese con forza posizionandolo poi sul tavolo levigato. Gli sembrava strano, aveva trovato quel libro così velocemente e senza nessun sforzo, le cose facili non gli erano mai piaciute particolarmente, sapevano di menzogna, di trabocchetto.
D'oltretutto, l'idea che s'era fatta scemò immediatamente appena ebbe sfiorato la copertina del libro: uno strano ed insensato brivido si insinuò in tutto il corpo e i palmi delle dita scoppiarono in mille scintille di dolore, quasi come se si fosse appena scottato
Trasalì, spaventato. Non poteva esser vero: il suo tocco. Digrignò tra i denti, massaggiandosi con la mano destra quella sinistra bruciacchiata e del tutto dolorante.
Doveva pensare, doveva aprire quel libro in qualche modo, e doveva persino sbrigarsi.
Il ticchettio dell'orologio scandì la mezzanotte, proprio in quel momento si sentirono riecheggiare da lontano passi sconosciuti. Dov'erano diretti? Tom non lo seppe, almeno non subito. Senza preavviso si nascose in fondo al reparto, nel terzo corridoio. Nessuno si sarebbe spinto fin lì, era la parte più lugubre e oscura che si potesse immaginare e, soprattutto, infestata da voci psichiche, capaci di traumatizzare anche il più coraggioso e forte degli studenti. Ma lui non era uno studente, o meglio, lui non era un coraggioso e forte studente.
Entro pochi minuti i passi si fecero fin troppo vicini, attutiti però dalle voci pestifere. Tom non capì se l'ombra si fosse spinta fin nel reparto proibito, - per questo e per altri svariati motivi ancora sconosciuti- decise di uscire dal nascondiglio improvvisato, con la bacchetta stretta forte in entrambe le mani.
Neanche il tempo di mettere a fuoco la vista nel buio della sezione che riconobbe quelle ciocche così nere da mandare in confusione chiunque. Trattenne il respiro finché l'ombra non si disperse. Aspettò che i passi non riecheggiassero più, o almeno, che il suo udito non li sentisse prima di riavvicinarsi al tavolo.
La fitta lancinante che il manufatto aveva procurato alla sua mano non fu davvero nulla in confronto al dolore della sconfitta che ne seguì appena ebbe capito che il libro era scomparso. Volatizzato. Puff. Avvenne tutto troppo in fretta, un minuto prima lo scritto era lì, davanti ai suoi occhi ed un minuto dopo era scomparso, totalmente, quasi come se si fosse smaterializzato.
Gli prudeva il collo e gli occhi volavano da una parte all'altra del Reparto, camminò più e più volte per accettarsi che non fosse caduto o stato riposto, ma non era così: il libro era scappato; e proprio in quel momento, come un flash improvviso, ripensò alle lunghe ciocche nere ondeggianti. Che fosse stata lei a prenderlo? E come aveva fatto senza provarne dolore? Dovette respirare profondamente, per ritornare lucido, per non perdersi di nuovo in stupidi attacchi di panico.
Uscì dalla biblioteca così com'era entrato, totalmente sicuro che nessuno l'aveva visto o sentito. Ma si sa, il buio gioca brutti scherzi.




La sala grande era gremita di persone quella sera.
I lunghi tavoli traboccavano di cibo, il Professor Silente sedeva al fianco di Lumacorno e stava gustando amabilmente un coscia di pollo lasciata rosolare in crema di spezie. I boccali erano pieni fino all'orlo di succo di zucca. Una pila di toast croccanti e del burro nelle vicinanze scossero tutti gli studenti che finirono quella portata in un battibaleno. Fiabetta era seduta di fronte alla giovane amica, aveva le mani intrise di marmellata e nel frattempo dava grossi morsi ad una fetta di roast beef*. I gusti alterati non erano per niente apprezzati da Mirtilla che, come giusto fosse, guardava Fiabetta incredula, se non disgustata.
Lei invece si limitava a rosicchiare una pagnotta di pane caldo.
Il tavolo dei serpeverde, quella sera, sembrava più felice del solito, risate cristalline ne trasparivano e questo lasciò interdetti molti corvonero che non poterono trattenersi nell'osservarli per l'intera serata, tranne quelle due: Fiabetta aveva troppe cose da dire a Mirtilla per concentrare la sua attenzione sugli altri. Era presa dalla vita sentimentale, sociale ed economica, ad ogni parola proferita senza una logica, Malcontenta si lasciava sfuggire un sospiro e, certamente, non di sollievo.
«Me lo devi Mirty, non ce la posso fare e poi... ci divertiremo, vedrai!» Seppur fin ad allora aveva evitato spudoratamente di ascoltarla, quella frase la risvegliò. A cosa si stava riferendo?
«Che intendi Betta?» un tono assai annoiato e per di più l'aveva chiamata Betta, l'amica odiava quel soprannome più di ogni altra cosa al mondo eppure a Mirtilla piaceva e nell'ultimo periodo lo usava troppo spesso.
«Devi accompagnarmi! Non ho... intenzione di... hai capito!» aveva ignorato il nomignolo, c'era qualcosa di importante, Mirtilla si raddrizzò sulla panca ed inclinò il busto verso il tavolo.
«Accompagnarti dove? E... spiegati». Non era di certo famosa per la pazienza.
«Maaalconteeenta, devi ascoltarmi!» la rimbeccò Fiabetta, «Il bel grifone mi ha incastrato ed io non so come liberarmene, ho bisogno del tuo aiuto e non puoi rifiutarti!»
«Cosa dovrei fare io, Betta? » digrignò Mirtilla tra i denti.
«Passeremo un bel pomeriggio, vedrai!» trillò tutta felice l'amica.
«Dove? Quando? Ed io sarei la candela? Il terzo incomodo? L'amico di routine? Andiamo Betta ...»
«No, affatto! Anzi! Ci divertiremo, bazzicheremo per i negozi, berremo burrobirra e... chissà, farai anche tu qualche incontro!» sorrideva in modo raggiante, e non era di certo un buon segno.
«E cosa farà il Grifone? Secondo te non proverà ad allontanarti da me? Non cercherà di rimaner soli? Certe volte sei così ingenua, Fiabetta». Sospirò Mirtilla.
Dopo pochi attimi di silenzio, decise di alzarsi e ritirarsi nella camerata; stringeva a sé una borsa di velluto, piena di libri, troppo pesante da esser portata con i due manici.
Dava quasi l'impressione che stesse nascondendo qualcosa. Tom, dal suo tavolo, l'osservava e notava anche una certa distrazione, come se i pensieri della giovane Malcontenta fossero dispersi in chissà quale mondo. Ma era la sua immaginazione? Era tutto un brutto scherzo della sua mente? Non lo sapeva, eppure era così travagliato da quella storia ed ogni singolo movimento della corva lo lasciava sempre più interdetto, cominciava a crescere dentro di lui una rabbia insormontabile e doveva spegnerla a tutti i costi.
«Vado Fiabetta, ci vediamo stasera in sala». Fu un saluto distratto e mentre Mirtilla sgusciava via dal tavolo dei corvi sentì l'amica gridarle: «Pensaci Mirty! È importante!»
"Pensaci tu Betta, usa il cervello per una volta".
Lo sperava tanto, e credeva anche che in fondo ci sarebbe riuscita a metterlo in moto. Un'accensione lenta ma, dopotutto, efficace.
Uscì dalla Sala Grande sospirando di sollievo, con la divisa scolastica un po' stropicciata e con la borsa che le aveva stancato entrambe le braccia.
Saltellò per una buona parte di corridoio, canticchiando qualcosa di macabro e sentendo i fantasmi lamentarsi ed inveire contro di lei. Si divertiva a dare fastidio qui e là, finalmente era sola e poteva godersi pace, dove la maschera perfettamente intatta di una Malcontenta solitaria e codarda, si frantumava lasciando il posto al suo vero viso.
Uno sguardo che raramente si scorge nel viso delle persone, degli occhi verdi luminosi, dove la luce proveniva dal suo ego. E se qualcuno l'avesse vista in quel momento, l'avrebbe di certo scambiata per un'altra Mirtilla, quasi come se avesse una doppia personalità.
Lei, però, era consapevole del cambiamento, aveva costruito il suo mondo goccia per goccia, attimo per attimo ed aveva faticato molto per diventare così com'era.
Fiera di esserlo. "Siam i tre porcellin, siam i..." uno struscio e la canzone cessò nella mente della corva, poi qualcosa si infranse rumorosamente sul pavimento, la giovane non ebbe neanche il tempo di girarsi per capire cosa fosse successo che due occhi neri come la pece, iniettati di un rossastro pauroso, la stavano squadrando in modo prepotente e sbagliato ad un palmo dal suo viso.
Mirtilla boccheggiò, cercando di rianimarsi e di ritornare in sé. E soprattutto si affrettò ad indossare la sua maschera di cemento.
Non riusciva a spiccicare parola: troppo occupata a capire del perché si ritrovasse di fronte a quegli occhi neri e come c'era capitata in quella situazione così d'improvviso.
Un attimo prima cantava una canzoncina ed un attimo dopo si ritrovava disarmata.
"Mi stava seguendo?" pensò incosciamente.
«Dov'è?» sibilò ad occhi stretti il ragazzo.
«Cosa?» rispose titubante Mirtilla che indietreggiò di pochi passi.
«Ti conviene cacciarlo, Malcontenta» un ulteriore sibilo, la ragazza venne prepotentemente schiacciata contro il muro, sentiva il freddo del marmo pizzicarle la schiena.
«Cosa vaneggi, Riddle?» digrignò a denti stretti Mirtilla e quando lui si avvicinò al suo viso così velocemente, rubandole il respiro, capì che il Prefetto non stava affatto vaneggiando.
Per errore o per destino, questo non sappiamo dirlo, la borsa piena zeppa di libri cadde dalle braccia di Mirtilla, schiantandosi contro il pavimento. Tutto fuoriuscì dalla casacca, ogni singolo libro, ma nessuno era quello .
L'occhio inquisitore di Riddle cadde su un quaderno sottile, nero, lo aveva riconosciuto: faceva parte dell'ala proibita. Ma di quel libro non ce n'era traccia.
Un colpo, uno sparo, un qualcosa che trafisse i pensieri del giovane. Aveva sbagliato?
Si soffermò per pochi attimi sul viso di Malcontenta, allontanandosi precipitosamente dal suo corpo caldo.
«Cosa c'è, Prefetto? Qualcosa non va?» disse in modo ironico e nervoso Mirtilla, chinandosi per raccogliere gli oggetti sparsi caduti dalla borsa e nascondendo immediatamente il quaderno nero e mal ridotto.
«Ragazzina dovresti smetterla».
«Di fare ...?»
«Cos'era quel quaderno?», rise Tom.
«Cosa è secondo te un quaderno?» lo sfidò Mirtilla adirata, riprendendo la borsa e allontanandosi anch'essa da lui.
«Un quaderno dell'ala proibita non è mai qualcosa di ovvio». Boccheggiò Riddle, voltandole le spalle per dirigersi di nuovo in Sala Grande, con quell'aria spavalda e quelle spalle dritte, le mani nelle tasche e il mento troppo in alto per non considerarlo una persona fiera e pericolosa.
«Come se io fossi l'unica ad avere dei segreti!» gridò quasi Mirtilla, era rossa in viso e le sopracciglia erano aggrottate, ma non vide la reazione di Tom, anzi, si voltò anche lei e cominciò a correre verso la torre. Eppure, se si fosse fermata un altro paio di secondi avrebbe scorto un nuovo Tom Riddle pietrificato, ghiacciato e totalmente compromesso.
Mirtilla quando entrò nella camerata aveva mal di testa, era stanca e arrabbiata. Un profondo odio cominciava a nutrire verso il Prefetto dei Serpeverde che prima le riservava uno sguardo cospiratorio, poi la salvava insieme a Fiabetta, infine l'aggrediva con una strana calma, più forte della violenza.
Si sedette sul letto, il suo sguardo era dritto, fuori la finestra il buio penetrava, le stelle a malapena regalavano luce.
«E se... ?» sussurrò quasi, poi come un flashback, un ricordo improvviso, una premessa, si inginocchiò di fronte al letto ed estrasse da sotto, una scatola piena zeppa di libri. Ma solo uno aveva colto e rapito la sua attenzione.
Il suo ultimo acquisto.
«Per quale motivo?» sussurrò tra sé mentre con tutte e cinque dita sfiorava la copertina: neanche il tempo di percepire il contatto che il dolore l'attanagliò forte, fin dentro le viscere. Lasciando cinque brutte scottature scintillanti di vittoria.


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S|S: Salve, salvino!
Per prima cosa vi ringrazio delle otto recensioni, e le sette persone che hanno inserito la storia nelle seguite così come i lettori silenziosi e quelli delle ricordate/preferite: mi avete reso immensamente felice.
Cosa ve ne pare della nuova perla settimanale? E questo libro? Il famoso libro! Quanti grattacapi che ha Tom in testa e la nostra Mirtilla perché si diverte con queste strane congetture? E nel prossimo capitolo cosa succederà? Domande su domande, le cui risposte non tarderanno ad arrivare! u.u
Continuate a lasciare i vostri commenti, impressioni, consigli, critiche: per me oltre ad essere importante, m'aiuta molto.
Infine un grazie speciale a tutte le persone che credono costantemente in questo progetto, spronandomi ed aiutandomi sempre più. A domenica prossima gentaglia!
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