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Autore: Rubus idaeus    13/10/2013    6 recensioni
Un ritardo di consegna di un abito da sposa può essere così fatale? Oh si, decisamente fatale. Potrebbe sconvolgere completamente tutti i piani, creare problemi, scompigli, magari anche far aprire gli occhi, dare una svolta al destino.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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N580, Saint-Laurent-Des-Arbres, Francia. 15:44 pm.



Oscar fissò la lancetta dei secondi del proprio Rolex compiere, con una lentezza inverosimile, un giro completo.

Non aveva con esattezza idea di quante ore fossero passate da quando avevano lasciato Avignone, ma le erano sembrate un'eternità.
Per tutto il tratto di statale percorso aveva assillato André, senza cattive intenzioni ovviamente, ogni poche centinaia di metri interrogandolo come un oracolo su quanto mancasse ad arrivare a Parigi. Sperava in una risposta esauriente, ma il responso era sempre vago e piuttosto insoddisfacente. Il più delle volte André, non sapendo esattamente definire quanti chilometri restassero da percorrere e esasperato dalla sua insoddisfazione, aveva sparato lì per lì una cirfa giusto per farla contenta, anche se lei continuava imperterrita a non compiacersi.
Erano passati già nove minuti dall'ultima volta che Oscar l'aveva interpellato e non riusciva più a trattenere la propria curiosità. Fissò André di sottecchi e dischiuse le labbra con l'intenzione di porgli la rituale domanda, ma qualcosa la bloccò. Improvvisamente si rese conto che forse stava facendo la parte della classica donnetta ossessiva e fastidiosa, cosa che era lungi da lei. Constató che fosse meglio starsene buona e zitta con il dubbio fisso, che dargli un'idea sbagliata di sé. Che buffo, non si era mai sentita tanto in difficoltà davanti ad una persona. La cosa cominciava a darle un certo fastidio.
Tic
Tac
Tic 
Tac
Contava i secondi, percependoli sempre più lenti, sempre più pesanti. Si mise a giochicchiare con le proprie unghie. Lei era una di quelle donne che se vogliono una cosa la ottengono. Una donna d'azione. Non poteva starsene lì buona a contare mentalmente i centimetri che percorrevano, avvertendo nel silenzio tombale dell'auto il ticchettio martellante dell'orologio. Sbuffò.
Andrè le lanciò un'occhiata stranita. Quella donna per lui era un mistero insvelabile...

Oscar aprì di scatto lo sportellino dello specchio sopra la sua fronte. I suoi occhi riflessi le fecero soggiungere un mini infarto: avevano tutta l'aria di appartenere un vampiro con l'insonnia. Le 30 ore in cui era stata costantemente sveglia avevano lasciato un segno deciso sotto i suoi occhi iniettati di sangue e le palpebre a mala pena riuscivano a tenersi sollevate. 
Si, ho un estremo bisogno di una dormita.
Pensò mordendosi il labbro.
Sorse però un nuovo dubbio amletico: dirlo o non dirlo? Avrebbe fatto meglio ad annunciare che stava per compiere un meritato riposino o doveva far finta di niente e chiudere gli occhi? Trovava inspiegabilmente imbarazzante la cosa.
Mentre si arrovellava su questi banali interrogativi Joseph procedette a salvare inconsciamente la situazione.
-Zio André, 
Chiamò sbadigliando.
-Io dormo un po'.
Andrè sorrise.
-Va bene Jo.
-Credo che dormirò anche io.
Si affrettò a comunicare lei avvertendo un involontario e insensato rossore sulle guance. André socchiuse gli occhi e le rivolse uno sguardo disinvolto:
-Tutto quello che vuoi, tesoro.
Oscar con un alzata di naso indispettita si voltò dall'altra parte e dedicò con piacere al suo riposino.

Guardò fuori dal finestrino e con sconcerto notò che percorrevano spediti la 125th strada per poi svoltare su Frederick Douglas Boulevard in direzione Central Park. Non capì perchè tutt'ad un tratto di trovassero a New York, ma non era mai stata così felice di attraversare le vie della sua Manhattan. C'erano luci ovunque e moltissima gente in strada, ma soprattutto neppure un minimo di traffico.
Sto sognando.
Pensò ridendo.
Il maggiolino prese la destra e Oscar si rese conto che non erano più a New York, piuttosto, avrebbe detto, lungo una caotica, ma elegante strada tipica di una città europea . Improvvisamente il maggiolino si bloccò davanti all'entrata di una maestosa chiesa Gotica a due torri. Oscar rimase qualche secondo ad ammirare col naso all'insù la candida facciata della cattedrale, trovandola tanto bella quanto incombente. E fu colta da un terrore irrefrenabile.
-Scendi, Oscar, devi andare a sposarti.
Oscar guardò lui poi abbassò gli occhi su di sè: da quando indossava l'abito da sposa?
-Non voglio sposarmi.
Gli disse scuotendo la testa. Lui sorrise rassicurante e le mormoró:
-Allora vai e dì che non vuoi sposarti. Io ti aspetto qui.
Oscar scese e si incamminò sui gradini inciampando nell'ampia gonna. Quello che indossava non era l'abito che aveva ordinato, era pomposo, largo, ingombrante. Perché era vestita così?
Bussó al portone, ma nessuno rispose. Era tutto muto e placido. Ebbe dunque l'insopportabile sensazione che se ne fossero andati tutti perchè era arrivata tardi. Scese le scale correndo.
-Non c'è nessuno! È colpa tua se siamo arrivati tardi! Vattene, non voglio più vederti!
Urló verso il finestrino aperto del maggiolino, che con un rantolo ripartì lasciandola sola su quei freddi gradini di granito a piangere.

-Oscar, Oscar!
Una voce, un paio di schiaffetti sulla guancia e Oscar riaprì di scatto gli occhi.
-Incubo?
Domandò Andrè con un sorriso sfacciatamente bello. Oscar si sentiva totalmente disorientata. Si stropicciò gli occhi senza rispondere.
-Dove siamo?
Erano fermi, accostati al ciglio di una strettissima stradina in mezzo ai vigneti. Il cielo era tinto di un rosa fluo accecante e uniforme. Oscar si sistemò sul sedile e si guardò intorno senza capire.
-Dove siamo?
Ripetè con voce rauca e ancora provata dal sonno agitato. André si grattò la nuca con un mugolio.
-In realtà non lo so..
Oscar riacquistò in un millesimo di secondo tutta la sua grinta vitale e drizzò la schiena esclamando:
-Che cosa significa che non sai dove siamo?
Avrebbe voluto picchiarlo, prendere un bastone e ammazzarlo a forza di botte. Aggrottò le sopracciglia.
Idiota.
Incompetente.
Truffatore.
Si morse le labbra per tenersi cheta.
Era quasi sera e loro erano dispersi in mezzo alla campagna francese senza sapere quale parallelo o meridiano stessero toccando. Se solo lei non si fosse addormentata, quel citrullo di un francese forse non avrebbe sbagliato strada.
-Andrè, dovresti comprati un navigatore.
Esaló con voce esausta.
Ma certo! Eureka!
La sua stessa affermazione le fece accendere la lampadina. Immerse subito le mani nella borsetta, per estrarne immediatamente dopo, con un'esclamazione trionfante, il proprio luccicante cellulare di ultimissima generazione.
André e Joseph si voltarono all'unisono verso di lei e la fissarono con aria confusa mentre le sue agili dita digitavano freneticamente qualcosa sul touch screen. D'un tratto dall'alto parlante del cellulare si levò una voce femminile dal tono meccanico ed elettronico, decisamente tutt'altro che amichevole :
-Proseguire per cinquecento metri, dunque svoltare a destra.
Andrè aggrottò le sopracciglia senza capacitarsi di come quel cellulare, oggetto scientificamente privo di vita, avesse magicamente favellato esattamente come un essere umano. Immerse il proprio sguardo in quello di Oscar cercando spiegazioni e lei, con un sorriso che pareva ispirato da una nike greca, gli mostrò lo schermo.
-Tutti i cellulari oggi hanno un GPS integrato.
Spiegò lei con tono da maestrina. Andrè scrolló le spalle e sollevò un sopracciglio con fare poco convinto.
-Personalmente non mi fido molto dei navigatori...
Mugugnò ripiegando svogliatamente la cartina aperta ingiallita che teneva sulle gambe ma quando riportò gli occhi su di lei si sentì accoltellato dal suo sguardo assassino. 
Come non detto.
Pensò soffiando dal naso. Quegli occhi azzurri parlavano chiari: o lui la assecondava o si sarebbe ritrovato due metri di terra sopra la testa prima di poter dire "Oui". 
Giró la chiave e mise in moto. Ma, a quanto pareva, persino la macchina era tanto reticente quanto lui ad accettare di buon occhio l'idea di viaggiare guidati da un aggeggio meccanico, perchè come una bambina capricciosa grugnì un poco e poi si spense di nuovo. Ci vollero ben tre tentativi per farla partire. 
Joseph si ritirò nei suoi spazi posteriori a giocare con la propria PSP e Oscar appoggiò il proprio telefono sul cruscotto in modo che la mappa della strada da percorrere fosse ben visibile ad Andrè.

Avevano percorso circa un quarto di chilometro quando improvvisamente si ritrovarono faccia a faccia con un laghetto artificiale che inghiottiva letteralmente la strada. Rimasero tutti un istante attoniti in silenzio a fissare l'asfalto che si confondeva con l'acqua, poi Andrè lasciò cadere la testa sul volante. Un mal di testa avvilente stava per impossessarsi del suo cranio, tra i brontolii seccati di Oscar, la voce elettronica e ripetitiva del suo cellulare e gli effetti sonori del videogioco di Joseph. Sentiva che il livello di ebollizione del sangue si stava innalzando paurosamente, fino a che non gli giunse alla testa facendogli definitivamente perdere la pazienza. Afferrò quel maledetto cellulare parlante che continuava a esortarlo a proseguire su quella strada e scese dalla macchina come un fulmine. Prese la mira, stile lanciatore di baseball, e lo fiondò con tutte le sue forze in acqua, gesto che sconvolse non poco Oscar. Risalito in macchina non perse tempo e fece marcia indietro abbracciando il proprio sedile e lanciando lo sguardo oltre il vetro posteriore. Oscar lo fissava con le labbra schiuse e gli occhi sgranati.
-Hai gettato il mio cellulare in quel lago...
Gli disse con voce roca e ancora scioccata cercando inutilmente il suo sguardo. Era rimasta assolutamente pietrificata, non si sarebbe mai aspettata nulla di simile da un tipo calmo come lui. Inutile dire che avrebbe voluto strozzarlo e poi buttare il cadavere nello stesso laghetto in cui ora giaceva il suo povero cellulare, ma al contrario non fiatò ulteriormente. Andrè arrabbiato faceva abbastanza soggezione, anche ad una tipa temeraria come lei. Preferì dunque evitare di innervosirlo ancora più di quanto già fosse, altrimenti avrebbe potuto ritrovarsi lei a far compagnia al suo cellulare.
Calò il silenzio. Lei incrociò le braccia sul petto mordendo si il labbro per la frustrazione, lui strinse con ambo le mani il volante, virando bruscamente al sinistra al primo incrocio. 
-Livello 12!
Esclamò d'un tratto Joseph. Oscar e André si voltarono verso di lui con occhi sadici per poi spostare lo sguardo su loro stessi. Le pupille di entrambi sprizzavano scintille furenti, era una evidente promessa di guerra.



I nostri eroi proprio non riescono a sopportarsi e anche André, che prima almeno provava ad essere cordiale, ha deciso di prendere le armi. Sarà guerra? Oh si, una guerra nucleare. Ma il viaggio è ancora lungo. E poi la Francia è la Francia dopotutto, paese magico, e la loro metà è Parigi, la città de l'amour.. Come sarà possibile che due caratteri così diversi, trovino l'uno nell'altro qualcosa di simile?
Ringrazio ancora una volta tutti coloro che continuano a leggere questa storia, spero di non annoiarvi e che vi piaccia.
  
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