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Autore: Star_    13/10/2013    1 recensioni
[Storia inventata ispirata al mondo degli anime/manga]
"Lasciate ogni speranza o voi che entrate."
Questo racconto non narra storielle per bambini, in questo racconto vi faremo conoscere cosa sia la vera paura... perché lei, la "Regina del Male" sta progettando il modo per farvi inchinare al suo cospetto. Occhi di ghiaccio smeraldo vi faranno capire che non tutto è come sembra! Ma questo è solo un sogno, almeno per adesso, ovviamente. La giovane Ayame, una ragazza giapponese di 17 anni che ama il basket alla follia, non si lascerà abbattere così facilmente! Il suo sogno è diventare la "Regina del Male" ma degli imprevisti stanno per ostacolare la sua ascesa al potere. Uno di questi è un nuovo studente, il bello, snob e presuntuoso americano di nome Ryan, che le sconvolgerà la vita. Che succederà alla nostra Ayame? Con l'aiuto del suo migliore e unico amico di sempre Jin, l'unico di cui lei si fidi, riuscirà a sconfiggere l'americano? O forse anche lei cederà ai sentimenti umani?
Scopritelo seguendo il loro intreccio di destini tra comicità, parole non dette e sentimenti nascosti!
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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I don't speak American.

 

 

Capitolo 3 ~ L'Arte del Diavolo

 



 

Finalmente le lezioni sono finite, non ce la facevo più! Uffa… ho sonno! Questo è l’effetto della lezione di storia!

Esco dall’aula insieme a Jin e mentre cammino per andare in palestra sento delle ragazze continuare ad urlare… tutta colpa di quel maledetto americano!

Arrivati in palestra, vedo mio padre che si dirige verso di noi.

«Ciao tesoro! Jin!» Ci saluta con la mano.

«Ciao papà, cos’è successo? Come mai tutta questa felicità?»

Sapevo bene che mio padre stava tramando qualcosa, me lo sentivo. Lo vedevo dalla sua faccia!

«Nulla, tesoro… ma devo avvertirti che gli allenamenti oggi non si faranno, mi dispiace!»

Cosa? Ma come? E per di più me lo dice con quella faccia felice! Era tutto il giorno che volevo allenarmi… uffa, credo che oggi sia il giorno più brutto della mia vita!

«Aya, se vuoi, puoi venire ai miei allenamenti!» Jin mi sorride, è sempre così dolce. Beh, in effetti ora che ci penso anche Jin è molto popolare nella nostra scuola, lui gioca a calcio come attaccante. E’ molto bravo. Per lui il calcio è come per me il basket, sono alcune delle cose che amiamo di più!

«Ok! Papà, tu che fai?» Lo fisso.

«Devo andare per un po’ via. Tornerò stasera, ciao!» Mi bacia sulla fronte.

Arrivati al campo da calcio aspetto che Jin si cambi. Non avevo mai notato che ci fossero così tante ragazze sugli spalti. Jin entra in campo e cominciano le urla. Era come stamattina con l’americano!

Gli allenamenti durano due ore, poi Jin corre verso di me e mi sussurra all’orecchio: «Sbrigati, andiamo.»

Mi afferra per mano e mi trascina via, non capisco cosa gli succeda. Mi giro perché sento delle urla provenire dal campo ed eccolo lì… mamma quanto lo odio! Gli vorrei spaccare la faccia! «Ci sono troppi testimoni, non ti conviene.»

Jin mi fissa e poi mi sorride lasciandomi la mano. «Grazie, non so cosa avrei fatto senza di te!» Sorrido. «Lo avresti semplicemente picchiato a sangue.» Scoppiamo tutti e due a ridere.


°~°~°~°~°~°~°~°~°


«Svegliaaaa! Oggi c’è scuola… alzati!» Mamma… quante botte, quante botte!

Non lo sopporto più! Che ci vada lui a scuola, insomma.

«Sto male! Oggi non vado a scuola!» Grido, certa di essere il più convincente possibile.

«E cos’avresti? Sentiamo cosa ti sei inventata oggi!»

«Sono gravemente allergica a economia domestica!» Questa è la verità!

«Cucinare non ha mai ucciso nessuno!» Sentitelo, il grande chef…

Certo, cucinare non ha mai ucciso nessuno… ma lui non sa quante persone sono quasi morte mangiando i miei dolci!

Esco dal letto e mi vesto. Scendo gli scalini uno alla volta cosicché quando li avrò fatti tutti saranno passati tre anni.

Sento qualcuno ridere di gusto. Alzo gli occhi e vedo Jin seduto su una sedia in cucina.

«Certo che sei lenta… vorrei avere ancora diciassette anni quando avrai finito gli scalini.» Mi sorride.

Gli regalo una risata falsa. «Che spiritoso, non vedi che qui qualcuno sta male?»

«Strano, pensavo che dovessi ancora cucinare!»

Lo guardo male e poi sorrido. Saluto papà e ci dirigiamo a scuola. Mentre camminiamo vengono verso di noi Meroko e Tomaki, due nostre compagne di classe.

«Ciao Aya, Jin!»

«Ciao.» rispondiamo in coro io e Jin.

«Aya, sei pronta per economia domestica?» Mi sorride guardandomi Meroko.

Io la fisso male e stavo per risponderle in malo modo ma prima che ne abbia avuto il tempo Tomaki urla. Indica qualcosa dietro me. Allora io e Jin ci giriamo e chi vediamo avvicinarsi a noi?

Il principino, il signorino! Quell’americano (più precisamente la mia prossima vittima).

Si ferma. «Ciao, piacere di conoscervi! Mi chiamo Ryan.» Sorride e mi fissa.

Perché a me? Perché a me?! «Jin, andiamo o faremo tardi. Non perdiamo tempo a parlare con una zanzara fastidiosa!» Mi giro dandogli la schiena e mi metto a camminare al fianco di Jin.

Alle mie spalle mi sembra di sentire una risatina ma non sono sicura di chi sia.

La campanella suona. Ecco, addio, la mia vita è finita. Odio, odio, odio economia domestica! E più in specifico cucinare!

Per fortuna oggi si sta a coppie! Jin, Jin, Jin! Jin cucina benissimo!

«Jin stai con-» Lui? Lui?! Che cosa ci fa qui?!

No! Ecco, si sta avvicinando… ma perché a me?

«Ciao, posso essere in coppia con te?» Sorride.

Mamma, quante botte gli darei! Ma dimmi un po’, non ho mai visto nessuno andare incontro alla morte con il sorriso. Non lo sopporto più! Deve morire… morte, morte, morte.

«Ma tu vuoi proprio…» Prima che potessi finire la frase la professoressa ci interrompe, uffa.

Volevo minacciarlo come si deve e fargli capire che la sua vita avrebbe presto avuto fine!

Muahahahahahahahahaha! Nella mia mente rido per quasi un’ora non badando alla professoressa che sta formando le coppie per la lezione.

«Allora è deciso, la signorina Kazawa sarà in coppia con il signor Thompson.» La prof. sorride tutta felice.

«Ma siete tutti scemi? Volete proprio che io uccida questo qui!» Indico quel fastidiosissimo americano.

«Io mi chiamerei Ryan.» Dice ridendo. Mamma quante botte! Lo picchio a sangue se sorride ancora. Ci sistemiamo tutti alle nostre postazioni e a me… tocca stare con questo. E lui intanto se ne sta lì con il suo sorrisetto. Non lo sopporto più! O lo uccido subito, o mi uccido io!

«Tu mi odi molto, non è vero?» Mi fissa.

«Sì!»

Ride. «Sei diversa dalle altre… sei stata molto sincera, brava.»

«Di sicuro tu non mi piaci per niente!»

Ride ancora. «Non intendo solo questo… sei diversa da ogni ragazza.»

«Lo sai, io non parlo la lingua dei malati di mente, quindi spiegati o muori.»

«Dico solo che non sei come le altre ragazze della scuola, o della città, o magari anche della Terra!»

«Mi stai paragonando a quelle? Non ci tengo affatto ad essere così. Pensare solo ai vestiti, ai trucchi, non è da me. Preferirei morire! La mia vita è il basket!» Anche dopo aver finito di dire questa frase lui continua a fissarmi con uno strano sorrisetto che non si toglierà per tutta la lezione.

Ecco, che io sia una schiappa in cucina lo avevamo già capito, ma perché oggi dobbiamo fare proprio i dolci? Insomma, vogliono proprio che qualcuno muoia oggi!

«Bene, oggi prepareremo “Il Diavolo di Neve”.» Ryan fissa male la professoressa.

«“Il Diavolo di Neve”?» La sua faccia è così stupita dal nome da sembrare un bambino che ha visto la neve per la prima volta. Rido.

«Sono così divertente? Mi fa piacere che tu rida grazie a me… anche se non so per cosa.» Sorride.

«Non ridevo grazie a te, ridevo di te

«Sincera come sempre, eh?»

«Tsk… allora vediamo. Sai preparare i dolci, vero, signorino so tutto io?!»

«Certo. Me la cavo bene in cucina. Ho preparato altre volte questo dolce.»

«Cosa? Ma se fino ad un attimo fa eri lì sbigottito!»

«Sbigottito? A chi? Ci sono rimasto un po’ male perché noi in America questo dolce lo chiamiamo “L’Angelo di Neve”, tutto qui!» Scoppio a ridere.

«Professoressa, scusi, perché si chiama “Diavolo”, invece che “Angelo”, qui in Giappone?»

«Beh… in effetti anche qui si chiamerebbe “L’Angelo di Neve”, ma da quando qualcuno l’ha cucinato, come posso dire… non esattamente bene, si chiama diavolo.»

«Insomma, il dolce di Aya faceva schifo.» Interviene Jin, tagliando corto.

È la verità… io e lui stavamo cucinando insieme, ma io non capivo nulla e il mio orgoglio mi impediva di chiedere aiuto, così il dolce è andato distrutto. Ho rischiato di bruciare tutta la classe, ma questo è solo un dettaglio…

Scoppio a ridere. «Già, me lo ricordo bene! Quanto ci siamo divertiti io e te, vero Jin?» Sorridiamo tutti e due.

«Forse non le hai insegnato bene come fare, ma non ti preoccupare, bado io a lei questa volta.» Fissa Jin negli occhi. Certo che non lo capisco, chi si crede di essere? Lui fa cosa? Morte, morte.

Metto gli ingredienti dentro alla teglia. Ecco fatto. E ora impasto. Farò vedere a quello lì che sono capace anche da sola! E ora mescoliamo.

«Bene, ora devo solo impastarlo.»

«Lascia stare, lo faccio io.» Mi prende la teglia dalle mani e comincia ad impastare. Ma come osa?! Ora mi ruba anche il lavoro!

Deve andare a morte!

«Aya! Bene, bene! Vedo che sta impastando Ryan, per fortuna! Volevo avvertirti, ma vedo che hai un vero gentiluomo!» È la prof. che parla.

«Chi, lui? Tsk… figuriamoci.»

«Ma certo che lo è. Il lievito che abbiamo usato fa diventare le dita ruvide e l’effetto andrà via solo domani. Per questo non potevi usarlo oggi, hai gli allenamenti, non saresti riuscita a tenere la palla perché ti avrebbero fatto male le mani, capisci?»

Lo fisso… perché l’ha fatto?

«Perché? » Gli chiedo.

«Perché cosa?»

«Ti devo picchiare?!»

«Tu hai detto che non ti interessa nulla oltre il basket e quindi ho solo pensato che oggi non saresti riuscita a giocare…»

«Cosa?»

«Mi avresti accusato e la tua vendetta sarebbe stata terribile. Tutto qua.»

«Vero… comunque, tu prima o poi muori lo stesso, ti avverto!»

Ride. «Mi diverto molto con te, piccola.» Sussurra dietro di me. Dopo una giornata del genere non ebbi la voglia, né lo stimolo di reagire.

«Bene, ragazzi! Ora tirate fuori le torte dai forni.»

La prof. passa una ad una le torte, mettendoci venti minuti prima di avere il coraggio di guardare il mio dolce. Chissà mai perché…

«Oh, ma non ci posso credere! Sembra un angelo!» Tutti si girano a guardare me e quell’antipatico di un americano. «Il merito è di Ryan!», «Che bravo che è Ryan!», ma chi cavolo lo vuole Ryan?! Io nooooooooooooooooooo!

Jin appare dietro di me dicendomi: «La mia “Regina del Male” ha fallito?!»

«Questa battaglia l’avrà pure vinta lui… ma ricorda che io vincerò la guerra! Muahahahahahahaha!» Rimangono tutti di pietra. Quando faccio la mia risata, tutti sanno cha fra poco succederà qualcosa e che quel qualcosa sarà terribile! Hanno terribilmente paura!

Ma non sapevo che mentre io e Jin stavamo architettando il piano per ucciderlo, lui mi fissava con aria di sfida.

«Grazie ancora, arrivederci!» Finalmente se n’è andato!

Le ore passarono veloci e il tempo si scurì. Al telegiornale avevano dato sole ma ora sembrava che non mancasse molto perché piovesse. No! Uffa, sono la solita pasticciona ho dimenticato l’ombrello! No! Jin è già andato a casa e tutte le ragazze sono già andate via. Va beh, aspetterò in palestra. Intanto mi allenerò un po’ da sola! Mi incammino per la palestra e purtroppo mi bagno un bel po’.

Per fortuna ho i vestiti di ricam-. Nooooooooooo! Li ho lasciati a casa! Nooooooooooooo!

«E’ il giorno più sfortunato della mia vita!» Urlo.

«Si può sapere perché urli? Non c’è bisogno che gli altri sappiano che oggi non è il tuo giorno.» Questa voce, dimmi che non è vero! Fra tutte le persone che potevo incontrare alle sette di sera, a scuola, in palestra, ovviamente incontro proprio lui, quel presuntuoso di un americano! Quell’ipocrita di un principino!

«Tsk… vattene!»

«Posso sapere che ci fai a quest’ora ancora a scuola?» Mi fissa curioso. Ma non ha ancora capito che lo odio? Non sarò mai gentile con lui, che gli sia chiaro!

Mi volto per non guardarlo, solo la sua vista mi da i nervi. Non riesco proprio a sopportarlo.

Che cosa ho fatto di male per meritare una simile punizione?!

Sento dei passi avvicinarsi sempre di più a me. Che si sia seduto vicino a me?

Ma cosa vuole da me?

Mi prende per le spalle, mi volta verso di lui, mi fissa negli occhi e sorride. Ma cosa fa, è pazzo?

«Se vuoi morire prima del previsto, basta dirlo!»

«Credo che mi divertirò molto con te, lo sai, Aya.» Mi libero dalle sue mani e gli salgo sulle ginocchia, mettendogli le mani intorno al collo.

«Senti, ormai è chiaro che ti odio e voglio dirtelo in faccia, io ti ucciderò. Se un giorno troveranno il tuo corpo senza vita, bene, sai già chi è il colpevole!» Mi alzo e lo lascio andare. Chiudo la porta della palestra e torno a casa sotto la pioggia.

Ma io non sapevo, che invece di spaventarlo, gli avevo solo reso il gioco più divertente. Perché lui non vedeva l’ora di giocare con la ragazza dagli occhi di ghiaccio smeraldo.




 

   
 
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