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Autore: sunset92    13/10/2013    0 recensioni
Aurora, un'adolescente come tante, non è felice della sua vita. Sarà l' amicizia ad aiutarla ad essere una persona migliore e ad essere ciò che ha sempre ciò che sempre desiderato di essere: se stessa.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo secondo

2.

La ragazza è più alta di me pochi centimetri, bionda con un paio di occhi celesti.

“Ciao! Tu sei Aurora di III B, vero?”

“Sì ma tu come fai a sapere il mio nome?”

“Sono Giada Taddei. Frequentiamo la stessa scuola, io sono di IV C”

“Come mai non sei a scuola?”

“E' la stessa domanda che potrei fare io a te” Rispose lei.

Io non dico nulla. Non mi va di spiegarle il motivo della mia “fuga” scolastica, anzi non voglio neanche dirle la verità, certe cose le racconto solo a chi ha la mia piena fiducia, di sicuro non le vado a spiattellare ad una ragazza qualunque che mi viene incontro senza motivo dicendomi pure che frequentiamo la stessa scuola. Giada ed io restiamo a guardarci senza emettere suoni di nessun tipo per pochi secondi che sembrano un' eternità, poi è lei a rompere il silenzio per prima:

“Andiamo a prenderci un caffè?”

Attendo un istante prima di rispondere, ma un faccio segno di sì con la testa e ci dirigiamo insieme nel bar più vicino. Una volta entrate, ci sistemiamo nel tavolino meno distante dalla finestra. Il bar è quasi completamente, eccetto per una coppia di coniugi di mezza età seduti in fondo al locale. Il barista, un ragazzo alto sulla trentina raggiunge il nostro tavolo:

“Cosa desiderate ragazze?”

“Un caffè macchiato.” rispose Giada.

“Un caffè lungo.” Dissi io.

“Okay, subito.”

Il barista si allontana ed è Giada ad iniziare a parlare:

“Pensavo non accettassi di prendere un caffè insieme a me.”

“E perché no?”

“Bé sai...non è da tutti accettare un invito da una perfetta sconosciuta, che ti piomba davanti di punto in bianco, sa già chi sei e ti spara pure che frequentate la stessa scuola.” Disse Giada quasi mortificata, come se all' improvviso si fosse pentita di avermi chiesto di prendere un caffè insieme.

“Non ti preoccupare, stavo marinando la scuola non sapevo dove andare e in più fuori piove che Dio la mandi! Avevo bisogno di qualcuno con cui parlare ed un posto riscaldato dove sostare.”

“Ah sì, bene allora!”

Intanto il barista raggiunge il nostro tavolino per appoggiarci sopra i nostri caffè. Mentre sorseggiamo i caffè, la pioggia continua a picchiettare forte sulle strade e si formano pozzanghere ad intervalli regolari ai lati delle carreggiate.

“Comunque ho marinato la scuola perché non mi andava di vedere i miei compagni. Io sono sola in quella classe, nessuno mi considera, mi tengono sempre in disparte! Anche quando cerco di avvicinarmi a loro, bé che fanno? Mi evitano come se avessi la peste!” Riprese lei.

“Come mai ti evitano?”

“Di preciso non lo so neppure io, forse perché sono timida, oppure perché a scuola faccio più fatica rispetto agli altri. Ho più problemi di apprendimento rispetto ai miei compagni e questo è per me un grosso svantaggio, poiché tale deficit non mi consente di avere buoni rapporti sociali con i miei coetanei! Ma non solo ora, fin dalle scuole elementari avevo questo problema ed in quegli anni, ed anche alle scuole medie avevo un' insegnante di sostegno, ed ero l'unica della classe!”

Noto una lacrima rigarle viso, proprio mentre dice le ultime parole del suo lungo discorso. Volevo dirle pure io che sono stata spesso derisa dai miei compagni. Tentai di parlare ma dalla mia bocca non uscirono parole, ne uscì soltanto un lungo respiro ed un sorriso di comprensione. In quel preciso istante però ho capito perché mi conoscesse, perché sapesse il mio nome ancora prima che mi presentassi: doveva avermi notata a scuola, aveva notato che lei ed io forse avevamo qualcosa in comune, e così non appena mi vide tutta sola in Piazza del Nettuno pensò di “attaccare bottone” anche per scoprire se potevamo qualche assomiglianza. Dopo questa mia riflessione, espongo a Giada le motivazione della mia “assenza” da scuola. Lei mi fissa e mi sorride, e contraccambio il gesto.

Paghiamo il conto ed usciamo dal bar col sorriso sulle labbra, consapevole di aver trovato, forse, qualcuno con la quale posso semplicemente essere una persona e non mille personaggi: me stessa.

Fuori ha smesso di piovere ed il cielo si sta a poco a poco schiarendo. La mia nuova amica ed io stabiliamo di fare una passeggiata insieme in centro per guardare le vetrine prima di dirigersi verso casa, ossia prima del termine delle lezioni.




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