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Autore: dreamlikeview    13/10/2013    3 recensioni
Il Dottore, una ragazza, due cantanti, due studenti, un medico, un 'consulting detective', due agenti del Torchwood, un principe, un servitore mago, due maghi, un supereroe e una comune minaccia. Cosa spingerà questi personaggi ad incontrarsi? Come fermeranno la minaccia imminente? Riuscirà il Dottore a salvare la situazione?
[Crossover: Doctor Who, One Direction, Merlin, Torchwood, Glee, Sherlock, Harry Potter, Smallville]
[Larry, Merthur, Janto, Johnlock, Klaine]
Genere: Avventura, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Doctor - 10, Jack Harkness, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Desclaimer: Nessuno dei personaggi citati mi appartiene, purtroppo. Non intendo offendere nessuno - come potrei, io li adoro tutti - e tutto ciò che ho scritto è stato fatto solo per il mio puro diletto, senza alcuno scopo di lucro, lo giuro, non guadagno nulla da questo. 
 
Credits: Alla mia Lu (che ama Louis troietta)  per il banner. Quell'angelo è figo, ma anche inquietante.
 
Avviso: Contiene fangirling. (lo ripeto sempre, perchè... meglio avvisare sempre. LOL)
Avviso2: Tutti i personaggi sono OOC, anche se ho cercato di rimanere quanto più IC ho potuto, spero di non aver cannato nulla. Ovviamente molte delle cose che dirò sono prese dalle varie serie, ma non tutto. Alcune cose, e teorie le ho inventate di sana pianta. (es. le deduzioni brillanti di Sherlock.)
Allons-y!
 



 
“Dobbiamo studiare un altro piano” – disse il Dottore – “gli specchi sono fragili, e non possono resistere per molto. Non li bloccano in eterno e l’abbiamo già verificato.” – spiegò prendendosi la testa tra le mani. Il TARDIS era in orbita, lì non correvano pericoli di attacchi. Forse quelli che avevano smosso il TARDIS si erano bloccati per sempre, perché si erano guardati l’un l’altro una volta che la cabina era sparita. Ma quanti potevano essere? Nemmeno una decina, e paragonati al numero che erano, quelli fermati non rappresentavano nemmeno la punta dell’iceberg.
“Dovremmo restare qui per un po’.” – disse Charlotte avvicinandosi a lui – “riposare, perché si vede che tu sia stanco, rilassarci e poi pensare a qualcosa” – gli sorrise – “sono sicura che tu troverai la soluzione, hai bisogno di mettere a posto le sinapsi.” – gli diede una pacca sulla spalla – “una buona tazza di tè?”
“E dove lo prendi il tè? Siamo nel TARDIS.”
“Sì, ma il tuo TARDIS non è l’unica cosa che può contenere tutto lo spazio e il tempo.” – il Dottore la guardò stralunato, mentre Charlotte si abbassava ed apriva uno zaino, dal quale estrasse dei bicchieri e un termos.
“Quello… è uno zaino?”
“Il mio zaino da scampagnata.” – ridacchiò – “te l’ho detto, sono irlandese. Ero a Londra per una gita… di piacere.” – spiegò – “quindi qui ho tutto l’occorrente per sopravvivere.”
“Ti faccio notare che siamo quindici persone, inclusa te.”
“Tu non conosci mia nonna, Dottore.” – lo guardò con sfida, alzando un sopracciglio – “mi ha fornito cibo e bevande che basterebbero per sfamare un esercito.” – il Dottore rise scuotendo la testa. Quella ragazza era imprevedibile. Aveva imparato che nulla era impossibile, solo imprevedibile, in fondo, lui aveva una cabina che poteva contenere decine e decine di persone. Prese dei bicchieri di carta, ne sistemò quindici davanti a sé, e verso del tè in ognuno di essi, distribuendoli poi a tutti. Era una fortuna che avesse portato con sé il suo zaino, altrimenti sarebbero restati in quella situazione scomoda, senza viveri e acqua.
Tutti i presenti si sedettero per terra, chi contro le pareti del TARDIS, chi solo sul pavimento.
Dovevano solo riuscire a trovare una soluzione, non era poi così complicato. Il Dottore era preoccupato, quella volta non aveva affatto idea di come risolvere la situazione, era fin troppo complicata. Come potevano distruggere delle statue che si bloccavano nel momento in cui venivano fissate? Doveva trovare un modo, altrimenti nessuno di loro ce l’avrebbe fatta, e non avrebbe potuto riportare nessuno nella propria epoca.
“Dovremmo pensare a qualcosa da fare.” – disse Kurt, improvvisamente ritornando nella sua forma migliore.
“Sì, è vero.” – concordò Charlotte - “siamo quindici persone, in una nave spazio-temporale, abbiamo a disposizione tutto lo spazio che ci pare, ci sono quattro cantanti, e…” – estrasse un cellulare dalla sua tasca – “la musica.”
“Ragazza, tu sei un genio!” – esclamò Kurt sorridendo – “possiamo organizzare un Glee club qui dentro!”
“Un Glee, cosa?” – chiese Sherlock. La cosa diventava irritante. Non ne poteva più di sentire assurdità, tra le statue, le cose assurde, la cabina enorme dentro… il suo cervello rischiava di fondere.
“Shh” – ammonì il ragazzo, guardando la ragazza – “hai abbastanza canzoni lì dentro?”
“Certo che ne ho abbastanza, e con l’aiuto del Dottore, posso renderle solo basi, in modo che…”
“Possiamo cantare, ah tu sei un genio, davvero!” – sorrise. Finalmente iniziava ad avere meno paura, e la scelta di cantare lì dentro, lo emozionava. Gli bastava un po’ di musica per placare le sue paure – “Blaine, tu ci stai?”
“Lo chiedi anche, tesoro?”
Perfetto, Blaine era dentro. Erano già a due membri di quel club di cantanti improvvisati.
“Sì, anche io voglio partecipare.” – disse Harry, il riccio, alzandosi. Seguito a ruota dal suo fidanzato, Louis, che accettò anche lui di buon grado quella scelta improvvisata di cantare, almeno tutti si sarebbero rilassati e le acque si sarebbero placate, rendendo tutto più piacevole, e meno terrificante.
“Mi unisco!” – esclamò anche Jack, sorridendo.
“Ci sto anche io!” – fece John alzandosi – “Sherlock, che ne dici?” – chiese all’amico… o cos’erano, adesso?
“La mia mente è troppo sviluppata per certe idiozie.” – rispose inacidito.
Arthur e Merlin si tirarono indietro, perché effettivamente non avrebbero conosciuto nessuna delle canzoni proposte, perché… beh, erano di un’altra epoca. Clark declinò l’offerta perché sosteneva di non saper cantare bene, e non voleva fare pessime figure davanti a tutta quella gente; Malfoy si rifiutò, perché lui – testuali parole – “non mi abbasso a certi livelli babbani inferiori.”, Potter era troppo timido per cantare, e la stessa cosa era per Ianto.
Charlotte si offrì per scattare foto, riprodurre le canzoni, e filmare di tanto in tanto qualcosa.
“E tu Dottore?” – chiese Kurt, guardandolo – “tu ti unirai a noi?”
Il Time Lord parve un attimo perplesso.
Forse doveva accettare, in fondo non gli costava nulla cantare, anzi avrebbe fatto bene ai suoi nervi, tra l’altro era una cosa che gli piaceva da morire fare, quindi, perché no? Ma poi come avrebbe pensato al piano?
Tutti lo guardavano con ansia, sperando che desse l’okay per quella cosa un po’ strampalata e piena di… non senso, ma alla fine, dovevano rilassarsi in qualche modo, no? E poi cosa aveva senso da un paio di giorni a quella parte?
“Va bene, ci sto!” – esclamò, sorridendo.
“Allora è deciso, saremo il Glee club della cabina blu!” – esclamò il ragazzo, mentre Charlotte tirava fuori un pezzo di carta, del nastro adesivo e una penna dalla borsa.
“Io direi più…  TARDIS Glee club” – corresse mostrando il foglio a tutti i presenti, mentre Kurt annuiva allegramente, e una volta aggiunti un paio di strappi di nastro, la ragazza aprì la porta del TARDIS, trovandosi davanti uno degli spettacoli più emozionati ai quali avesse assistito.
L’universo si espandeva davanti a lei, milioni erano le stelle – vere stelle, polveri e gas in fusione – che c’erano davanti a lei, i pianeti del sistema solare erano lì, e lei aveva gli occhi spalancati, stupefatta.
“Oh, non te l’avevo ancora mostrato?” – chiese il Dottore affiancandola.
“E’… meraviglioso. Dannazione, è stupendo!” – indicò con il dito un punto davanti a loro – “quella è la Via Lattea?”
“Oh sì. Ma non aspettarti di vedere costellazioni.”
“Lo so, per chi mi prendi?” – lo guardò alzando un sopracciglio – “le stelle delle costellazioni si vedono in quel modo sulla terra, ma da qui… sono tutte a grandi distanze tra di loro.”
“Sei preparata allora.”
“Certo! Studio astronomia.” – sorrise e corse dentro per prendere la macchina fotografica dallo zaino. Uno spettacolo del genere non poteva farlo passare inosservato e non fotografato.
Era tutto così meraviglioso lì fuori, c’era un universo intero da esplorare. Come avrebbe potuto dire di no a quello spettacolo? Come avrebbe potuto rinunciarvi da quel giorno?
Il Dottore l’aveva trovata, quando vagava sola e smarrita per Londra. Non era proprio smarrita, ma aveva bisogno di qualcosa del genere per rivalutare tutta la sua vita, e… cambiare.
Tornò alla porta aperta del TARDIS e iniziò a scattare delle foto, sotto gli occhi attenti e sorridenti del Dottore.
“Il TARDIS ci protegge, vero? E’ per questo che possiamo respirare?” – chiese. E il Dottore rise, perché era assurdo che sapesse davvero così tante cose su di lui, sul TARDIS, sui suoi viaggi, su chi l’aveva accompagnato e su chi aveva affrontato.
“Esatto, guarda, non te lo chiedo nemmeno come tu faccia a sapere certe cose.” – scosse la testa, mentre la ragazza non poteva far altro che sorridere, scattare foto, e continuare a sorridere. Quell’avventura era davvero la cosa migliore che le fosse capitata in tutta la sua vita e poi… dannazione era insieme a tutti coloro che stimava, e ammirava. Era tutto così epico che stentava a credere che fosse… reale.
“Dottore?”
“Sì?”
“Grazie. Di tutto.” – disse, e prima che lui rispondesse, lo abbracciò con delicatezza. Avvolse le sue esili braccia intorno ai fianchi del Dottore, e lasciò che lui ricambiasse – con suo sommo stupore – l’abbraccio. Appoggiò la testa sul suo petto e i battiti dei due cuori del Time Lord le invasero l’orecchio, facendola sorridere.
Non poteva essere tutto un sogno, non poteva davvero.
Era tutto così reale, così tangibile, ed era sempre più emozionata.
Quale sarebbe stata la prossima mossa?
Tossicchiò spostandosi da vicino a lui, arrossendo incredibilmente, mentre lui si lasciava andare in un sorriso intenerito e dolce, che spediva la ragazza – letteralmente – su un altro pianeta.
Okay, forse lo adorava tanto.
Forse un po’ più di tanto.
Si fece aiutare da lui a sistemare il cartello improvvisato e sorrise soddisfatta. Non poteva crederci, aveva creato un Glee club insieme a Kurt Hummel, tra i cui membri c’erano anche Harry Styles e Louis Tomlinson, insieme a John Watson, Jack Harkness, il Dottore e Blaine Anderson. Nel pubblico c’erano Arthur Pendragon, Merlin, Clark Kent, Sherlock Holmes, Ianto Jones, Draco Malfoy ed Harry Potter. Quanto a lei, era la responsabile della regia e della fotografia, un evento del genere non poteva passare inosservato e soprattutto non poteva non essere ripreso.
Non voleva perdere nemmeno un attimo, non voleva dimenticare nemmeno un secondo, non voleva che sembrasse davvero frutto della sua fantasia frenata, o non aver nessun ricordo. Doveva ricordare per tutti i giorni della sua vita l’avventura più bella che avesse mai vissuto.
Il ‘TARDIS Glee club’ era nato.
L’adrenalina era alle stelle, lo stomaco contorto in una massa informe, il cuore impazzito e l’aria carica di sensazioni positive.
“Allora.” – esordì – “i cantanti vengano qui vicino a me, e mi dicano la canzone che vogliono cantare.” – ordinò – “gli altri si dispongano per ordine d’altezza seduti per terra, farete il coro.”
“Ma noi…” – tentò Merlin, cercando di spiegare che loro non conoscevano le parole, né la melodia.
“Silenzio. E’ ovvio che chi non conosce la canzone, non canterà granché. Ma se seguite gli altri non avrete problemi.” – spiegò velocemente. Poi chiese al Dottore qualcosa, che nessuno degli altri capì, e gli passò il telefono.
Il Dottore doveva solo fare in modo che la batteria durasse di più e che il suo si amplificasse, oltre a dover lasciare solo la base delle canzoni, cose che riuscì a fare grazie all’aiuto del cacciavite sonico che aveva.
Ormai tutto era pronto. I ruoli erano stati stabiliti e tutti avrebbero deciso cosa cantare, soprattutto per chi farlo.
Charlotte sperava in tanti momenti romantici tra le varie coppiette che aveva avanti. Prese la macchina fotografica, e la mise in modalità di registrazione, sistemò il telefono in modo che il suo si estendesse a macchia, e poi chiese chi fosse il primo a volersi esibire. Non vedeva l’ora di vedere quali canzoni avrebbero scelto. Era estasiata.
Durante tutto quel tempo, era cambiata, aveva abbracciato il Dottore, con lui viaggiato e visto le stelle, appena istituito un Glee club nel TARDIS, conosciuto il futuro Re Arthur e il suo aiutante-mago Merlin, incontrato Harry e Louis degli One Direction, parlato con il famoso Sherlock Holmes insieme al medico John Watson, incontrato due maghi – Malfoy e Potter – fatto amicizia con Kurt e Blaine, e conosciuto il famosissimo Clark Kent, il supereroe più conosciuto, inoltre aveva visto con i suoi occhi i temibili Weeping Angels, le statue che avevano terrorizzato tutti.
Intanto, Louis aveva avvistato Clark e insisteva con Harry perché gli andassero vicino.
Era più che emozionato, fin da bambino aveva sognato di poterlo incontrare, ed eccolo lì, con il suo eroe preferito, bloccato in una cabina blu, insieme anche al suo ragazzo. Era una situazione sovrannaturale, ma per lui meravigliosa.
Quando finalmente ebbe convinto Harry, lo trascinò fino al ragazzo con la casacca rossa e la t-shirt rossa, e sorrise.
“Ehm… Clark?” – chiese inizialmente intimidito, stringendo la mano di Harry – “sei… sei il vero Clark Kent?”
Quello si voltò verso di lui, e gli sorrise annuendo – “Sì, sono il vero Clark. Tu… sei?”
“Louis Tomlinson!” – esclamò estasiato, allungando una mano verso di lui per stringergliela. – “so tutto di te, come sei arrivato sulla terra, come hai sconfitto il male, di come hai salvato la terra!” – lasciò senza accorgersene la mano di Harry, per afferrare quella di Clark con entrambe le mani, stringendola forte. – “posso fare una foto con te? Quando mi capita di incontrare di nuovo Clark Kent in carne, ossa e… muscoli. Hai i muscoli!” – esclamò, sotto gli occhi contrariati di Harry, che guardava il suo ragazzo gioire per quel campagnolo spilungone e palestrato.
“Ehm… piacere di conoscerti, Louis” – ridacchiò Clark, facendo impazzire ancor di più il castano, che dimenticando totalmente la presenza di Harry dietro di lui, chiese se potesse toccargli i muscoli e vedere se fossero davvero “d’acciaio” come si diceva. Il riccio continuava a guardarli innervosito. Indietreggiò di parecchio, fino ad urtare contro un altro dei passeggeri di quella nave stranissima.
“Qualche problema?” – chiese la voce che Harry riconobbe come quella di Ianto.
“No, è che…” – sospirò – “odio vederlo con altre persone, specialmente se è così…” – indicò Louis che toccava addominali di Kent, che rideva alle reazioni dell’altro ragazzo – “… estroverso.”
“Oh capisco, sei geloso.” – ridacchiò l’agente Torchwood, toccandogli la spalla.
“No, io…” – tentò di giustificarsi Harry, cercando di dissimulare la sua palese ed evidentissima gelosia nei confronti dell’altro. Odiava quando si sentiva così, ma non poteva farci nulla. Assolutamente nulla.
“Sei geloso.” – completò l’altro, mentre Harry sconfitto abbassò la testa annuendo. Inutile negare, era geloso, e lo era da tre anni, non riusciva a nasconderla nemmeno quando Louis si avvicinava a qualcuno dei loro compagni di band…
“Okay, forse lo sono un po’.”
“Un po’, eh?”
“Oh mio dio!” – si sentì l’urlo eccitato di Louis, che fece ridere tutti – “sei davvero forte!”
Harry si girò verso la provenienza di quell’espressione eccitata, e spalancò gli occhi.
Louis si lasciava tranquillamente tenere in braccio da quel tipo, mentre Charlotte scattava foto su foto, e lui rideva. Rideva così tanto che la sua risata scaldava i cuori di tutti. Erano anni che non era così felice, e doveva esserlo con quel… campagnolo spilungone?
“Okay, dì pure che sono molto geloso!” – esclamò, allontanandosi da quel punto a grandi falcate, raggiungendo quello in cui erano Louis e quel… ragazzo. Sentiva il nervosismo salire sempre di più.
No, non era mai stato un tipo eccessivamente geloso, ma…in quel momento lo era. Non sopportava vedere Louis così… attratto da un altro. Era una cosa che non rientrava nei suoi schemi mentali. No, doveva esserci un certo limite tra ciò che Louis poteva fare con un altro e quello che poteva fare con lui, ed essere preso in braccio non rientrava nella prima categoria di limiti. Forse era davvero troppo geloso.
“Ehi spilungone muscoloso!” – esclamò quando fu vicino.
Okay, non era una buona idea mettersi contro uno immune a tutto, tranne che a della pietra verde – Louis gli aveva spiegato milioni di volte chi fosse Clark Kent, tutti i suoi poteri, e il suo unico punto debole – ma la gelosia era esplosa, insieme alla rabbia, e proprio non riusciva a trattenersi.
“Dici a me?” – chiese Clark, ignaro di tutto ciò che stava succedendo al ragazzo che gli rivolgeva la parola.
“Sì, dico a te.” – disse nervoso – “quello è il mio ragazzo, mettilo giù!” – trillò, mollandogli un pugno sul braccio, sentendo immediatamente un dolore immensamente atroce espandesi per tutta la mano. Era davvero “d’acciaio” come si diceva.
Louis, ancora in braccio a Clark, scoppiò a ridere, e lo guardò con dolcezza. Amava quando lui era geloso, amava quando dimostrava in quel modo il suo amore per lui, e amava da morire il fatto che da quando erano  lontano da casa, Harry spiattellava a tutti la loro relazione, era una bella sensazione, appagante.
Voleva dire che prima o poi sarebbero usciti allo scoperto? Avrebbero smesso di nascondersi?
“Tranquillo, ricciolino, non gli faccio niente.” – fece mettendolo a terra, facendo nascere un verso contrariato nella bocca di Louis, che silenziosamente protestava. Ma era comunque soddisfatto. Aveva una foto insieme a Clark Kent, il vero, non un manichino o una statua di cera. Era il vero, in carne, ossa e muscoli.
Non poteva lasciarsi sfuggire quest’occasione.
Louis si avvicinò ad Harry sorridendo sornione e gli avvolse le braccia attorno al collo felice come non mai.
“Sei geloso, amore?” – chiese con gli occhi dolci, e l’espressione innocente.
Harry sbuffò e lo allontanò in malo modo. Si era fatto male, e Louis lo scherniva anche. Fantastico!
“Haz, ma…” – provò Louis, ma il riccio gli rivolse uno sguardo di fuoco, facendolo sentire improvvisamente piccolo.
“Tornatene dal tuo Clark!” – strillò esasperato, chiudendo a pugno la mano che si era ferito. Si allontanò a passo svelto, mentre Louis lo guardava dispiaciuto. Non credeva che avrebbe avuto quell’attacco di rabbia nei confronti di Clark. Harry era un ragazzo tranquillo, a modo… forse era solo geloso.
“Charlotte, gli medichi tu, la mano?” – chiese dispiaciuto e preoccupato, sospettando che Harry si fosse rotto un paio di ossa, e abbassò lo sguardo. Non voleva litigare con Harry, e il riccio aveva decisamente esagerato, ma sapeva come farsi perdonare, certo che lo sapeva.
“Perché non vai tu?” – sorrise la ragazza passandogli un tubetto di pomata e una garza – “così parlate, siete stressati entrambi.” – Louis sorrise annuendo. Era vero, doveva farlo lui, per questo ritornò da Harry, e una volta accanto a lui, gli fece un sorriso di scuse, e gli prese delicatamente la mano tra le sue, accarezzandola piano, prima di passarvi sopra la pomata e avvolgere attorno ad essa un po’ di garza per fargliela tenere ferma.
“Te lo richiedo, sei geloso?” – chiese con un mezzo sorriso sulle labbra, fissando il suo ragazzo negli occhi.
“Da morire.” – brontolò il riccio, appoggiando la fronte contro la sua.
Louis conosceva i suoi punti deboli, e sapeva che Harry non riusciva a tenergli il broncio per più di dieci minuti, ma comunque avrebbe fatto di tutto fargli capire che la sua reazione a Clark, seppur eccessiva, era stata solo indotta dal suo essere un fan sfegatato del supereroe. Lo baciò con dolcezza, facendo sciogliere non solo il riccio, che tenendolo tra le sue braccia si sentì di nuovo completo, ma tutti gli altri intorno. Ognuno di loro avrebbe voluto tenere in quel modo la persona a cui tenevano di più. Quei due ragazzi erano un esempio per tutti. Tutti avrebbero dovuto sciogliersi e lasciare liberi i sentimenti. In una situazione del genere, mantenere la calma era la cosa più indicata, e rilassarsi era d’obbligo. Tutti parevano stressati e troppo preoccupati rispetto a cosa stava accadendo, cosa sarebbe accaduto, e come sarebbe finita tutta quella storia, tutti speravano di tornare a casa propria, e ritornare alla normalità.
Forse un po’ di musica avrebbe alleviato i loro animi, e avrebbe ristabilito un po’ di tranquillità tra tutti. Forse quella di creare un club sul TARDIS non era male come idea. Forse la musica era la chiave mancante. Era quella cosa che li avrebbe salvati.
Non potevano sapere cosa sarebbe successo dopo quella notte, lunghissima notte, che avrebbero passato su una nave spazio-temporale, in orbita, e sospesi nello spazio.
Per persone come Charlotte, sognatori, di larghe vedute, amanti della stravaganza e dell’irrealtà, era un sogno.
Per persone come Sherlock, calcolatori, ragionatori, schematici e amanti della realtà, era un vero e proprio incubo. Non riusciva a capire perché a lui fosse capitata una cosa del genere. Per fortuna che con lui c’era John, altrimenti non avrebbe saputo come fare. Si sarebbe sentito fuori luogo – cosa che sentiva, ma con John era attenuato – si sarebbe sentito perso, ma avendo John al suo fianco era tutto diverso. E non sapeva come sarebbe finita con lui, insomma, gli aveva detto che l’avrebbe baciato, ma in effetti non l’aveva fatto, non ancora.
Forse aspettava il momento giusto, forse. Magari aveva solo paura.
“Okay, basta, basta!” – esclamò Charlotte, felice dopo aver scattato una foto a Louis ed Harry – “chi canta per primo?” – chiese, sorridente.
“Io! Vengo io per primo!” – esclamò Jack avvicinandosi alla ragazza, che sorrise dolcemente esultando. L’uomo le disse all’orecchio la canzone che voleva cantare e lei annuì, dicendogli che fosse presente nel suo cellulare.
Lo posizionò davanti alla telecamera, facendo partire la base, attivando immediatamente la registrazione.
Jack rivolse lo sguardo a Ianto, e sorrise, iniziando a cantare.
I wanna call the stars, down from the sky
I wanna live a day that never dies
I wanna change the world only for you
All the impossibile, I wanna do.” – Ianto subito alzò lo sguardo su di lui, e sorrise. Non era possibile, Jack non gli stava davvero dedicando una canzone. Era… meraviglioso, non gli era mai successa una cosa così.
I wanna hold you close under the rain
I wanna kiss your smile and feel the pain
I know what's beautiful looking at you
In a world of lies, you are the truth” – a parte qualche eccezione, tutti avevano già le lacrime agli occhi, soprattutto Ianto, che non poteva davvero credere alle sue orecchie. No, Jack non stava cantando per lui, non lo stava… guardando negli occhi.
And baby every time you touch me
I become a hero, I'll make you safe
No matter where you are
And bring you everything you ask for
Nothing is above me
I'm shining like a candle in the dark
When you tell me that you love me” – Jack sorrise mentre cantava, vedeva Ianto imbarazzato e amava vederlo così, timido, arrossito. Sperava che quella canzone, facesse passare in parte l’arrabbiatura nei suoi confronti.
I wanna make you see, just what I was
Show you the loneliness and what it does
You walked into my life to stop my tears
Everything's easy now, I have you here” – lo indicò, finalmente e Ianto non capì più nulla. Lo fissò intimidito e stralunato. Davvero non sapeva come comportarsi, era così strano. Jack aveva una voce meravigliosa, non l’aveva mai sentito cantare, e forse si innamorò di lui per la millesima volta da quando lo aveva conosciuto.
And baby every time you touch me
I become a hero, I'll make you safe
No matter where you are
And bring you everything you ask for
Nothing is above me
I'm shining like a candle in the dark
When you tell me that you love me” – Jack sorrise guardandolo, era vero, si sentiva diverso quando Ianto gli diceva di amarlo, si sentiva bene, nonostante sapesse che avevano un tempo limitato, sperava che quel tempo limitato non finisse mai.
In a world without you
I would always hunger
All I need is your love
to make me stronger” – la voce di Jack era spettacolare. Tutti avevano i brividi e al moro scappò una lacrima, mentre guardava il suo fidanzato cantare. Poteva considerarlo, fidanzato, no? Gli stava praticamente dicendo di on voler vivere in un mondo senza di lui. Dannazione, quanto erano complicati i sentimenti. Qualcosa di assurdo, soprattutto per un agente che avrebbe dovuto essere freddo e calcolatore.
“And baby, Everytime you touch me
I become a hero, I'll make you safe
No matter where you are
And bring you, everything you ask for
Nothing is above me
I'm shining like a candle in the dark
When you tell me that you love me” – dopo una lacrima, ne seguirono altre, sempre di più. Fino a che il viso di Ianto non fu invaso dalle lacrime. Tante lacrime lente, di commozione, di felicità, d’amore. Voleva alzarsi, correre da lui e abbracciarlo forte. E poi baciarlo fino allo sfinimento. Forse quello era stato uno dei momenti migliori della sua vita, che non avrebbe ripetuto mai più. Uno di quei piccoli momenti indimenticabili che avrebbe sempre portato nel cuore, che l’avrebbero fatto sorridere nei momenti più bui e tristi, e forse Jack lo amava davvero, ma era troppo... se stesso per capirlo.
When you tell me that you love me” – capitava raramente, nessuno dei due voleva mai dire quelle due paroline magiche, quelle che avrebbero risolto tutti i problemi, solo Ianto ogni tanto, preso dai momenti di dolcezza, si spingeva tanto oltre, ma Jack mai. Non lo faceva mai. Era sempre freddo, e forse un po’ lo comprendeva, insomma, aveva più di cento anni, ne aveva viste tante, troppe – “You love me” – occhi negli occhi, sorrisi stampati sulle labbra, e forse un pizzico d’amore che non faceva mai male ai cuori di nessuno – “When you tell me that you love me” – concluse la canzone, fissando Ianto negli occhi. Tutti si alzarono in piedi applaudendo, nessuno si sarebbe mai aspettato da  Jack tanta dolcezza e tanto amore, e soprattutto quella voce pazzesca.
Il cuore di Ianto batteva all’impazzata, e – purtroppo – ne capiva anche il motivo. Era quel maledetto capitano che lo faceva sentire così. Non poteva sentirsi come un ragazzino, non in quel momento, lui era un agente, doveva mantenere il sangue freddo,  e il cervello all’erta, teoricamente. Tecnicamente si alzò da terra, e raggiunse Jack, avvolgendogli le braccia attorno al collo, sussurrandogli sulle labbra, prima di baciarlo, “ti amo”.
Dopo un ulteriore applauso, andarono a sedersi vicini. Ianto con la testa appoggiata sulla spalla di Jack, e quest’ultimo che gli cingeva i fianchi con un braccio, sotto gli occhi felici di Charlotte, che scattò un'altra foto.
“Chi è il prossimo?” – trillò guardando tutti gli altri. John precedette di pochi secondi Louis, che voleva cantare per farsi perdonare da Harry per poco prima. Il medico si avvicinò alla ragazza e le sussurrò il titolo della canzone che aveva scelto con attenta meditazione poco prima, gli occhi della giovane brillarono, capendo a chi volesse dedicare la canzone, e dopo averlo posizionato davanti alla telecamera ancora in funzione, fece partire la base, e John iniziò a cantare, mentre gli altri rimasti a terra, gli facevano da coro.
I’ve been lied to, you been cheated
I’ve been cried to, you been mistreated
I’ve been watching you, you want action
You need love and I need satisfaction” – iniziò cercando con lo sguardo Sherlock, che imbarazzato, distoglieva lo sguardo, fissando una delle pareti del TARDIS, a caso.
I’m burning for love
Filled with desire
I can’t stand the heat
And my heart’s on fire
I can’t get enough
It’s down to the wire
I’m making my move, I’m looking for you
I’m burning for love” – Sherlock si ostinava a tenere lo sguardo lontano da quello di John, per non imbarazzarsi, per non sentire la pressione di quelle parole. Aveva capito che l’ex-soldato si riferisse a quello che poco prima si erano detti nella foresta, eppure… non sapeva cosa pensare. Insomma, aveva detto quelle cose perché preso dalla paura, no? Per quanto fosse strano per uno come lui, Sherlock arrossì incredibilmente tanto. John lo aveva appena indicato dicendogli che lui volesse amarlo? Amare, era serio? Aveva inalato qualcosa in quella cabina per dire certe cose così assurde? Quell’avventura a John faceva davvero male, bruciare d’amore? Ma che diavolo significava?
You’re the victim it’s in your eyes
I’m the suspect and love’s the crime
Tensions mounting bodies shaking
I can’t take the anticipation” – no, no, quello era un colpo basso bello e buono, non poteva paragonare l’amore ad un crimine, quelli che lui amava risolvere. Era impossibile, non voleva crederci, era… asssurdo.
Allora perché, aveva la voglia incredibile di alzarsi da terra e avvicinarsi a lui per baciarlo? Beh, in fondo, l’aveva detto prima, no? Se fossero sopravvissuti avrebbe voluto baciarlo.
I’m burning for love
Filled with desire
I can’t stand the heat
And my heart’s on fire
I can’t get enough
It’s down to the wire
I’m making my move, I’m looking for you
I’m burning for love” – che diavolo significavano quelle parole? Perché le stava cantando a lui? No, si rifiutava di credere una cosa del genere. John non poteva bruciare d’amore, era scientificamente impossibile. Era qualcosa totalmente irrazionale, e a lui l’irrazionalità non piaceva, per niente.
No, non aveva bisogno d’amore, no di certo, lui non poteva amare. Finiva sempre per ferire le persone con il suo atteggiamento, e non voleva succedesse con John, era il suo unico amico, o forse qualcosa di più?
Now that I got you in my sight
Can’t take another sleepless night
Oh, no, no
You can run but you can’t hide
You’re the only one I need
To feel the fire inside” – no, no, John doveva smetterla, non poteva continuare con quella canzone, era troppo. Non poteva continuare a guardarlo. Sentiva gli occhi del soldato su di sé, sentiva il suo sguardo bruciare addosso, e no, non doveva arrossire, non poteva. Lui non era innamorato di John, e John non lo era di lui.
Perché invece, voleva solo baciarlo?
John sorrise allora terminando la canzone, finalmente aveva incrociato gli occhi del Consulting detective, e non riusciva a staccarli da lì. Tutto pareva magico, non riuscivano nemmeno a sentire gli applausi. John riusciva solamente a sorridere guardando Sherlock, che era combattuto tra il sorridere e… il restare indifferente.
Non che la canzone di John non gli avesse fatto piacere, ma lui era solito restare impassibile davanti a certe smancerie. Il bruno si sistemò il cappotto, nascondendo all’interno del colletto di esso il viso terribilmente arrossato. Perché si sentiva così? Cos’aveva fatto? Aveva solo cantato una canzone, in fondo. Una canzone nemmeno bellissima. Erano solo idiozie, stupide idiozie. Cantare non serviva a nulla, né tanto meno provare sentimenti. Erano tutte cose inutili. John dopo poco ringraziò con un breve inchino e ritornò al suo posto, accanto a Sherlock. Era stato un buco nell’acqua? A giudicare dallo stato di Sherlock era un sì e un no.
“Sei stato bravo” – borbottò il Consulting detective – “insomma, sì. Bravo.” – le mani iniziarono a sudare e lui prese a sfregarle tra di loro. Quella di sicuro era una crisi d’astinenza da fumo, non imbarazzo.
“Grazie” – sorrise – “speravo ti piacesse.”
“Sì beh…” – si morse il labbro, per evitare di dire qualche cattiveria, com’era solito fare lui – “insomma, i Bon Jovi? Davvero?” – lo spintonò per un braccio – “non ti facevo tipo da Bon Jovi, tu sei… uhm…”
Quella era una cosa strana e inusuale. Sherlock senza parole.
John aveva compiuto un miracolo, a quanto pareva.
“Sherlock?” – chiese, appoggiandogli una mano sulla guancia, fermando la moltitudine incredibile di parole che fuoriuscivano al secondo dalla bocca del Consulting detective. La mano di John bruciava.
“Cosa…?” – chiese senza guardarlo negli occhi, e quello fu il primo passo falso di Sherlock, perché se avesse alzato lo sguardo, avrebbe visto che John era una spanna più vicino a lui. E i loro nasi quasi si sfioravano.
“Sta’ zitto, e baciami.” – disse in un sussurro, catturando le labbra di Sherlock con le sue. L’altro restò per un attimo stranito, e tutto intorno a loro parve fermarsi. Forse e solo forse voleva quello da quando si erano conosciuti e forse lo voleva anche John, visto che ormai le sue labbra erano incollate e lo stava baciando con dolcezza, una disarmante dolcezza che bruciava dentro di loro. Non capiva perché sentiva il suo cuore battere all’impazzata, e non capiva nemmeno perché si sentisse così… strano.
Sapeva solo che avesse dischiuso le labbra e avesse permesso a John di approfondire quel bacio tanto voluto e desiderato da entrambi, nonostante lo nascondessero e cercassero di negarlo a loro stessi, quel bacio lo volevano e lo aspettavano da sempre, era inutile dire il contrario, e tutti se n’erano accorti. Chiunque li vedesse, li scambiava per una coppia, e forse lo sarebbero stati in futuro. Quel bacio stava cambiando tutto, il loro rapporto, quello che avrebbero provato da quel momento in poi, ogni cosa.
Sentirono un flash, probabilmente di Charlotte che urlava felice di quell’evento, ma non vi fecero caso.
Sentirono gli altri applaudire, ma non vi fecero caso. Erano semplicemente persi in quel bacio dolce che si stavano scambiando quella sera strana di quel giorno, in cui si erano trovati lontani dalla loro realtà.
Quando finalmente rinvennero, restarono vicini, molto vicini. Era il turno di Louis, stavolta era riuscito ad alzarsi prima che qualcun altro decidesse di precederlo.
La base era già partita, e lui aveva iniziato a cantare.
If I don't say this now I will surely break
As I'm leaving the one I want to take
Forgive the urgency but hurry up and wait
My heart has started to separate” – un sorriso timido si dipinse sulle sue labbra, mentre rivolgeva lo sguardo al suo ragazzo, che ancora gli teneva il broncio, finto ovviamente, era ovvio dal bacio di poco prima che l’avesse perdonato.
Oh, oh, be my baby
Oh, oh, oh, be my baby
I'll look after you” – Harry inclinò la testa, sorridendo, oh, quanto amava la voce di Louis, era il suono più bello che avesse mai ascoltato, era come una medicina, una di quelle buone, che facevano stare bene. Sorrise guardando il ragazzo, che ammiccò nella sua direzione.
There now, steady love, so few come and don't go
Will you won't you, be the one I'll always know
When I'm losing my control, the city spins around
You're the only one who knows, you slow it down” – Harry socchiuse gli occhi, e si beò di quel suono, lasciando che esso accarezzasse le sue orecchie, e lo facesse sorridere come un ebete.
Tutti ascoltavano la canzone, la voce di Louis era così dolce e rilassante che no poteva non essere ascoltata. Charlotte aveva gli occhi lucidi, e tutti gli altri erano estasiati. Non c’era qualcuno che non ascoltasse.
Oh, oh, be my baby
Oh, oh, oh, be my baby
I'll look after you” – indicò Harry, che aveva appena aperto gli occhi, e si lasciava scappare l’ennesimo sorriso rivolto al suo ragazzo. Non poteva davvero essere arrabbiato con lui, nemmeno se lui aveva urlato di gioia, toccato un altro, e lasciato che questo lo prendesse in braccio.
If ever there was a doubt
My love she leans into me
This most assuredly counts
(S)he says most assuredly”- Harry mandò un bacio volante a Louis con la mano, e il ragazzo fece il gesto di afferrarlo, continuando a cantare. Non aveva mai visto Louis così rilassato, e forse l’idea che stava ponderando da un po’, non era poi così sbagliata, assurda e… disastrosa.
Oh, oh, be my baby
Oh, oh, oh, be my baby
I'll look after you” – il riccio aveva sempre saputo che Louis fosse un tipo timido, riservato, piccolo e indifeso, ma in quel momento gli sembrava di vedere l’opposto. Anche se era leggermente goffo nei movimenti, Harry lo trovava incredibilmente eccitante. Anche in quel momento, all’apice della sua dolcezza. - “After You, oh, oh, be my baby, oh…” – il riccio non ne poteva più, voleva alzarsi, andare da lui e baciarlo fino a fargli perdere il respiro e la ragione, voleva baciarlo intensamente con amore e dolcezza, con passione e intensità.
It's always have and never hold
You've begun to feel like home
What's mine is yours to leave or take
What's mine is yours to make your own” – tutti erano ancora attenti e in ascolto, mentre ad Harry erano scappate un paio di lacrime. Quello era davvero un ragazzo speciale, aveva fatto bene a sceglierlo, tre anni prima.
“Oh, oh, be my baby
Oh, oh, oh
Be my baby
I'll look after you” – Louis concluse la canzone, e Harry fu il primo ad alzarsi in piedi ed esultare, mentre il ragazzo faceva un inchino un po’ imbarazzato, impacciato e goffo. Nonostante avesse ventun anni, Louis conservava l’innocenza di un ragazzino, non la giocosità, ma l’innocenza pura.
“Quello è il mio ragazzo!” – urlò Harry applaudendo, mentre Louis, imbarazzato abbassava lo sguardo e ringraziava chiunque gli facesse complimenti. Okay, la situazione era un tantino imbarazzante, e la reazione di Harry ancor di più. Ritornò al suo posto, e si accoccolò vicino ad Harry, appoggiando la testa sulla sua spalla, facendogli capire che non dovesse dire niente, che andava bene così. Sussurrò solo un timido ‘grazie’ e aspettò che il prossimo si esibisse.
Era stata davvero una meravigliosa idea quella del gruppo di canto nella cabina.
Il prossimo ad esibirsi era Kurt, che si avvicinò a Charlotte, dicendole la canzone che volesse usare, e poi si diresse nel punto in cui tutti si erano esibiti. Sorrise guardando Blaine, e aspettò che la ragazza facesse partire la base, poi iniziò a cantare, sorprendendo tutti con la sua meravigliosa voce.
Share my life, take me for what I am
Cause I'll never change all my colors for you
Take my love, I'll never ask for too much
Just all that you are and everything that you do” – fermo sul posto, teneva le braccia lungo i fianchi, e sorrideva, guardandosi intorno, alla ricerca dello sguardo del suo fidanzato, che doveva guardarlo negli occhi mentre gli dedicava la canzone, non poteva non farlo.
I don't really need to look very much further
I don't want to have to go where you don't follow
I won't hold it back again, this passion inside
Can't run from myself, there's nowhere to hide” – Blaine lo guardò con gli occhi colmi di fierezza ed amore, mentre Kurt cantava guardandolo dritto negli occhi, cercando di trasmettergli quello che provava in quel momento.
Don't make me close one more door
I don't wanna hurt anymore
Stay in my arms if you dare
Or must I imagine you there
Don't walk away from me... ” – protese le mani in avanti verso di lui, continuando ad intonare la canzone, e gli occhi di Blaine iniziavano a riempirsi di lacrime. I brividi percorrevano la sua schiena da cima a fondo, facendolo rabbrividire e sentire un ragazzino alla prima cotta.
I have nothing, nothing, nothing
If I don't have you, you, you, you.” – il suo indice puntava verso di lui e il bruno non riusciva ad evitare di sorridere ed avere gli occhi rossi. Quella era una delle emozioni più belle della sua vita, ogni volta che ascoltava Kurt cantare era un’emozione enorme, non c’era niente di paragonabile alla sua voce.
You see through, right to the heart of me
You break down my walls with the strength of you love
I never knew love like I've known it with you
Will a memory survive, one I can hold on to” – il ragazzo stava cantando con l’anima e il cuore tra le mani. Tutti se ne erano accorti, in quella cabina troppo grande per essere tale, le emozioni si stavano condensando, rendendo l’atmosfera più dolce, più carica, più… romantica.
I don't really need to look very much further
I don't want to have to go where you don't follow
I won't hold it back again, this passion inside
Can't run from myself, there's nowhere to hide
Your love I'll remember forever” – anche Kurt aveva gli occhi lucidi, come succedeva sempre quando metteva tutto se stesso nelle canzone così dolci e romantiche. E guardava Blaine, che anche lui commosso, lo guardava sorridendo, ed era tentato di saltargli al collo e baciarlo, stringerlo forte, e ringraziarlo. Dietro di lui, Charlotte in lacrime, che cercava di far foto con una mano e asciugarsi le lacrime con l’altra.
Don't make me close one more door
I don't wanna hurt anymore
Stay in my arms if you dare
Or must I imagine you there
Don't walk away from me...
I have nothing, nothing, nothing” – Blaine non diede il tempo al giovane Kurt di finire la canzone. No, si alzò in piedi, prima che la melodia finisse, mentre il ragazzo ancora cantava e corse verso di lui, abbracciandolo forte. Era stato il momento migliore della sua vita, e quando Kurt cantava in quel modo, Blaine non poteva farci nulla, si emozionava peggio di un bambino piccolo. Il castano sorrise dolcemente e avvolse le braccia attorno al collo del ragazzo, che aveva il collo affondato nel collo del fidanzato, e singhiozzava, troppo preso dall’emozione.
“Ehi… la prossima volta non canto se reagisci così” – sussurrò il più grande, stringendolo tra le braccia, sorridendo felice come non mai. Gli baciò la guancia con delicatezza, sorridendo. Blaine faceva tanto il forte, il duro, ma poi era un tenerone, e un romantico di prim’ordine, peggio di Kurt stesso, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
“Non dire sciocchezze, amo quando canti così, quando ci metti tutto te stesso…” – sussurrò contro il suo collo, lasciandosi cullare dalle braccia del fidanzato, che non poteva farci nulla, era adorabile qualsiasi cosa facesse. Dall’avere paura di una statua al dedicargli una canzone mozzafiato. Quello era il potere di Kurt, essere sempre adorabile in ogni situazione, e Blaine cadeva ai suoi piedi ogni giorno di più, non avrebbe vissuto un singolo giorno senza di lui, era ovvio. Era una delle cose più ovvie e palesi del creato.
“Io amo te.” – confessò a bassa voce, facendo sorridere – nuovamente – come un idiota Blaine, che non si trattenne, alzò il viso verso il suo e posò le labbra sulle sue, fregandosene di trovarsi davanti a tutti, se aveva fatto bene i conti, erano tutte coppiette come lui e Kurt, quindi… lo baciò. Lo baciò con dolcezza e amore. Era un bacio casto, fatto di piccole parole non dette. Blaine non aveva mai sentito Kurt dire quelle parole con tale facilità, ma forse era il momento di mettere a nudo i propri sentimenti. Sì, era giusto, doveva farlo anche lui. Ma era troppo ovvio e prevedibile che lo facesse subito dopo di lui, avrebbe aspettato un po’.
Intrecciò le dita con quelle di Kurt, e insieme a lui tornò a sedersi tra gli altri, che applaudivano Kurt e con lui si congratulavano per la meravigliosa esibizione non conclusa a causa di Blaine. Quella canzone aveva risvegliato i sentimenti di due persone tra quel piccolo pubblico improvvisato. Charlotte cercava di non piangere dall’emozione, ne aveva provate troppe. E tutta quella dolcezza le stava facendo scoppiare il cuore, notato ciò, il Dottore si alzò, chiamando Jack con sé, e il capitano batté una mano sulla fronte. Quando arrivarono da lei, le dissero velocemente la canzone, e prima che la ragazza la facesse partire, brevemente decisero come avrebbero cantato quella canzone. Intanto tra gli spettatori, qualcun altro si organizzava per cantare assieme ad altri, decidendo le canzoni. La musica partì e i due improvvisati cantanti iniziarono a dettare il tempo battendo le mani, coinvolgendo di già tutti i presenti. Quale stregoneria era quella? Che domande, erano Jack e il Dottore, riuscivano a coinvolgere sempre tutti in tutto.
Tonight I'm gonna have myself a real good time
I feel alive and the world I'll turn it inside out, yeah
And floating around in ecstasy
So don't stop me now don't stop me
'Cause I'm having a good time having a good time” – Jack iniziò a cantare per primo, mentre il Dottore annuiva improvvisando balletti imbarazzanti a ritmo di musica, accompagnato dal capitano.
I'm a shooting star leaping through the sky
Like a tiger defying the laws of gravity
I'm a racing car passing by like Lady Godiva
I'm gonna go go go
There's no stopping me” – continuò il Dottore, guardando il suo partner, che continuava ad improvvisare balletti imbarazzanti, mentre Charlotte rideva battendosi una mano sulla fronte, quei due erano… impossibili.
I'm burnin' through the sky yeah
Two hundred degrees
That's why they call me Mister Fahrenheit
I'm trav'ling at the speed of light
I wanna make a supersonic man out of you” – cantarono insieme, coinvolgendo finalmente tutti che li seguirono nei balletti imbarazzanti facendo da coro a quella canzone. Tutti ridevano, si divertivano, e finalmente parevano davvero rilassati. Charlotte scattava foto su foto, gioiosa di vedere quanto l’idea sua e di Kurt avesse avuto successo. Quel ‘TARDIS Glee Club’ era stato come una benedizione, e forse un piano per sconfiggere gli angeli stava per essere ponderato da qualcuno, ma era troppo presto, ancora.
Don't stop me now” – cantò per primo Jack, aiutato da chi tra gli altri conosceva la canzone.
I'm having such a good time
I'm having a ball” – continuò ancora il Dottore, guardando divertito la ragazza, che non voleva saperne di aggregarsi a quella banda di scalmanati imbarazzanti.
Don't stop me now” – di nuovo Jack aiutato dagli altri, che rideva rilassato, salutando il suo… partner Ianto che lo fissava quasi fiero dal suo posto. Ianto nemmeno si era unito alle danze, era troppo timido, a differenza di chi era rimasto lì. – “If you wanna have a good time just give me a call” – cantò nuovamente il Dottore, mentre nel pubblico si scatenava il putiferio. C’era Louis che si alternata tra Clark ed Harry, che moriva di gelosia ogni qualvolta il liscio si avvicinava al kryptoniano. Per non parlare dei due maghi, che si erano lasciati trascinare dalla musica ‘babbana’ e si scatenavano anche loro tra tutti. Forse solo Merlin ed Arthur non capivano bene cosa accadesse, perché, effettivamente anche John aveva coinvolto Sherlock, e la cosa per il Consulting detective era davvero troppo strana, non era mica da lui lasciarsi andare in quel modo.
Don't stop me now
'Cause I'm having a good time
Don't stop me now
Yes, I'm havin' a good time
I don't want to stop at all” – stavolta cantarono in coro, aiutati da tutti gli altri che facevano da coro. Poi improvvisamente la musica continuò, senza che i due continuassero a cantare. Jack guardava il Dottore senza capire, che a sua volta guardava Jack in modo strano. Forse avevano dimenticato la canzone.
“Ops. Scusate, credo di aver dimenticato come continua!” – esclamò il Dottore – “sono vecchio, la mia memoria non è poi così buona, sapete?” – chiese ironicamente, suscitando ilarità in tutti i presenti.
Charlotte si batté una mano sulla fronte, ridendo. Non era assolutamente possibile una cosa del genere, era comica e… buffa. Come poteva dimenticarsi una canzone? Tutti scoppiarono a ridere, Jack compreso che gli diede una pacca sulla spalla. La situazione era diventata improvvisamente comica. Era vero che la musica avesse alleviato i loro animi, ed era un bene in quella situazione tanto critica. Non potevano rischiare di perdere la testa, nessuno di loro. Erano fondamentali tutti, se si erano ritrovati lì, c’era un motivo specifico, e il Dottore doveva scoprilo, oltre a scoprire come riportare tutti a casa in tempo, prima che gli angeli che li avevano spediti lì, si nutrissero della loro energia, se non l’avevano già fatto, era ovvio. Ma in qualche modo doveva fermarli, doveva esserci un modo per liberare quel popolo da quella minaccia, doveva esserci una soluzione, e lui trovava sempre le soluzioni a tutti i problemi. Doveva trovarla anche per quello. Non solo perché aveva sulle spalle le vite di quattordici persone capitate con lui, ma perché non era quello il destino di Camelot, lui lo sapeva. Non sarebbe finita distrutta dagli angeli, spopolata di tutti i suoi abitanti. Quindi il suo compito era doppio, doveva salvare il popolo, doveva risolvere tutto e salvare la storia e il tempo. In quel momento, però, aveva davvero bisogno di rimettere in ordine le idee, e l’idea di quella ragazza di cantare canzoni a caso, o mirate come avevano fatto tutti coloro che avevano cantato prima di loro, era una buona idea per distendere i nervi. Doveva solo avere pazienza, ed aver fiducia in tutti. Sicuramente gli avrebbero dato una mano a risolvere tutto, con le loro idee, del resto, sapeva che gli umani fossero davvero inventivi se ci si mettevano, altrimenti erano solo in grado di fare guai.
“Allora, chi è il prossimo?” – trillò Charlotte, facendolo distogliere dai suoi pensieri. Sì, doveva distrarsi, era molto meglio, poi ci avrebbe pensato. La notte era ancora lunga, e sapeva che nessuno dei presenti avrebbe dormito a causa della preoccupazione. Blaine si alzò sorridendo ed andò alla postazione, dicendo alla giovane con quale canzone volesse esibirsi, lei annuì, facendone partire la base. Il bruno mandò un bacio a Kurt, facendogli intendere che la canzone fosse per lui, e iniziò ad intonare le parole della canzone, mentre il suo ragazzo aveva già le lacrime agli occhi, e tutti aprivano le orecchie, facendogli da sottofondo, era piacevole la voce di Blaine, in fondo.
Before you met me, I was a wreck but things
Were kinda heavy, you brought me to life
Now every February, you’ll be my valentine,
Valentine” – Kurt arrossì immediatamente sentendolo cantare. Adorava quando Blaine cantava, del resto era così che si erano conosciuti, quando Kurt si era trasferito alla Dalton e aveva conosciuto i Warblers, e di conseguenza Blaine.
Let’s go all the way tonight
No regrets, just love
We can dance until we die, you and I
We’ll be young forever” – il castano abbassò lo sguardo nettamente in imbarazzo, mentre Blaine sorrideva mentre cantava guardandolo. Kurt era davvero adorabile, e nonostante fosse più grande di lui, sentiva la necessità di proteggerlo da tutto, e anche di rassicurarlo, era sempre insicuro, timido… adorabile, quando si trattava del moro.
You make me feel like I’m living a teenage dream
The way you turn me on, I can’t sleep
Let’s runaway and don’t ever look back, don’t ever look back” – tutti gli altri presenti, come accaduto prima, gli facevano il coro, aiutandolo con la canzone. Kurt era sempre più in imbarazzo, e si stava coprendo il viso con le mani per nascondere il rossore delle sue guance. Ogni tanto si vergognava un po’ del suo essere così intimidito davanti a Blaine, soprattutto quando arrossiva per ogni minima cosa, ma sapeva che non fosse un problema per il ragazzo.
Let’s go all the way tonight
No regrets, just love
We can dance until we die, you and I
We’ll be young forever” – oh, quello forse era un sogno. Restare sempre giovane, insieme a Blaine. Il ragazzo si avvicinò a lui tendendogli le mani, mentre continuava a cantare e Kurt non poté dire di no. Gli afferrò le mani, e lasciò che il suo ragazzo lo aiutasse ad alzarsi da terra, e lo trascinasse con sé, ballando con lui. Charlotte li guardava intenerita, scattava foto senza fermarsi mai, mentre tutti gli altri li fissavano sorpresi battendo silenziosamente le mani: erano uno spettacolo adorabile da guardare, da ascoltare. Loro erano bellissimi, Kurt era ancor più imbarazzato, e Blaine sempre più allegro. La loro situazione drammatica stava lentamente scemando dalle loro menti.
You make me feel like I’m living a teenage dream
The way you turn me on, I can’t sleep
Let’s runaway and don’t ever look back, don’t ever look back” – e no, Kurt non avrebbe guardato indietro, mai non l’avrebbe mai fatto. Non poteva, né voleva guardarsi indietro, né ricordare i brutti momenti. Davanti a sé tutta la vita, da vivere con Blaine e realizzare i suoi sogni, magari anche mettere su famiglia con lui, un giorno.
Let you put your hands on me
In my skin tight jeans
Be your teenage dream tonight” – Blaine continuava a cantare, mentre gli altri cantavano in sottofondo, e Kurt ballava con lui. Oh, Kurt era adorabile quando si muoveva, forse perché ne aveva vergogna, o perché davanti a tutte quelle persone ballare con il proprio ragazzo, una canzone non propriamente ballabile non era il massimo a cui aspirare, però lo leggeva sul suo viso colmo di imbarazzo, quel sorriso divertito segno che non era più spaventato da quella situazione. Dopo quasi due giorni, finalmente Kurt iniziava ad ambientarsi. Forse Blaine aveva smesso di credere che fosse tutto un sogno. Non aveva desiderato di nascondersi in una cabina enorme dentro e organizzare un gruppo di canto lì dentro, ma la cosa non lo turbava più di tanto, non in quel momento, non con Kurt tra le sue braccia, colui che gli dava la forza di sostenere anche le situazioni più terribili, come quella in cui erano capitati.
My heart stops when you look at me
Just one touch now baby I believe
This is real so take a chance and don’t ever look back, don’t ever look back” – continuo a ballare con lui, come se quella canzone fosse loro e gli appartenesse, come se da quello potesse dipendere tutto il resto. Stavano così bene che non desideravano altro in quel momento. Non potevano restare in quel modo stretti l’uno all’altro per sempre?
My heart stops when you look at me
Just one touch now baby I believe
This is real so take a chance and don’t ever look back, don’t ever look back” – Kurt lo guardò negli occhi, sorridendo, come poteva non amare quel ragazzo così dolce e… adorabile, si era innamorato di lui dalla prima volta che si erano visti. E il primo bacio con lui? Totalmente inaspettato, meraviglioso. Forse sì, era lui il suo sogno adolescenziale.
I might get your heart racing
In my skin tight jeans
Be your teenage dream tonight
Let you put your hands on me
In my skin tight jeans
Be your teenage dream tonight” – o forse non solo adolescenziale, visto che era Blaine, visto che era il ragazzo di cui si era innamorato per la prima volta, con cui era andato al ballo, colui che aveva cambiato scuola per lui. Sì, era quello giusto. Lo sapeva. Blaine concluse la canzone, attirando Kurt verso di sé, e il castano lo abbracciò forte, affondando il viso nell’incavo del suo collo, stringendolo fortissimo a sé. Era una sensazione magica, meravigliosa. Gli altri applaudirono ancora, e Charlotte scattò altre foto. Blaine e Kurt si guardavano negli occhi, si scrutavano a vicenda, cercando nello sguardo dell’altro qualcosa, un segno che li aiutasse a capire che tutto ciò che c’era tra di loro non fosse solo un bellissimo sogno, dal quale non si sarebbero mai voluti svegliare.
 
 
To be continued

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Hi everybody!
Vi linko velocemente le canzoni usate: 
- When you tell me that you love me (cantata da John Barrowman, aka Jack.)
- Buring for love
- Look after you (cantata da Loulou)
- I have nothing (cantata da Kurt, vi prego, datemi la sua voce.)
- Don't stop me now ( cantanta sempre da John aw.)
- Teenage dream (cantata da Blaine.) 


Ora, so che questa cosa è totalmente malata, impossibile e tutto quello che volete, ma ho amato scriverla.
E mi sono divertita da morire.
C'è un altro capitolo con il glee club, ovviamente, ma ho dovuto dividerlo a metà, per ovvi motivi.
Mi scuso per il ritardo, e... ci vediamo alla prossima parte.

Byeee.

 
   
 
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