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Autore: Gio_Snower    13/10/2013    1 recensioni
Piccola Raccolta di One Shot sulla coppia ZoRobin, unico collegamento fra loro la coppia stessa.
Il Silenzio Nel Caos : Sono passati due anni dalla Grande Guerra e tutti si sono ritrovati. Fra Zoro e Robin aleggia qualcosa, qualcosa che presto li porterà a scoprire un sentimento che fra loro c'è sempre stato. Una FF in cui non ci sono parole, perché, onestamente, fra loro non servono.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Z, Zoro\Robin
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Il Significato del Silenzio

 
«Zoro?» una voce dolce, dall’intonazione delicata, sussurrò quel nome, il SUO nome.
«Mmm?» mormorò Zoro, ancora nel dormiveglia.
Una mano delicata si appoggiò sulla sua fronte e delicate dita si allargarono su di essa.
«Scotti…» mormorò la voce.
«Sì…» rispose lui, del tutto confuso, inerme.
Poi dolci labbra, fredde labbra, si poggiarono sulla sua fronte.
Poi il silenzio. Perché lui era troppo intontito, lei troppo confusa da quel gesto così amorevole e femminile.
 
 
Una mano stringeva ogni giorno la sua. Le dita di quella mano erano affusolate, così sottili rispetto alla sua. E fredde, un freddo piacevole in quel caldo asfissiante.
 
Giorni in cui gli incubi lo inseguivano, dove vedeva la sua migliore amica morire, il suo corpo bianco e pallido, morto, inseguirlo. E la spada che si spezzava come se fosse un ramoscello.
 
E quando riacquistava un po’ di lucidità, si ritrovava in una cabina di una grande nave… La Merry?
Possibile? Eppure non ricordava. Cosa ci faceva lì? E dov’era Rufy? Non l’aveva mai visto o sentito, anche se, visto che non riusciva ad aprire gli occhi, vedere era tutto dire e niente di fatto.
 
Ed ogni giorno una mano prendeva la sua, a volte se ne accorgeva, altre no. La mano lo teneva stretto, e quando ansimava per il troppo caldo, essa lo stringeva. Come se fosse preoccupata…
 
Un’altra mano qualche volta lo toccava, ma era una mano più rude, meno delicata, la mano era anche un po’ ruvida sulle punte, come se tenesse sempre in mano delle vecchie carte…forse mappe.
Era la mano di Nami?
E l’altra mano, di chi era?
Qualche volta, se era abbastanza lucido, sentiva gli zoccoli di Chopper sulle assi, il suo passo incerto e duro che emetteva un leggero tac tac.
 
A volte nel freddo un gelo lo assaliva e sudava freddo, e quella mano allora gli accarezzava il braccio, gentilmente, fino a che non si tranquillizzava.
Nessuna parola, nessun sussurro. Era tutto un vortice di calore. E non sentiva nemmeno lo scorrere del tempo.
 
Un giorno, dopo l’ennesimo incubo, sentì delle labbra sul suo volto, leggere sulle sue tanto calde.
Un bacio gentile, un bacio freddo nel calore di una malattia e caldo di suo. Un bacio puro.
 
«Zoro, ti sei ripreso?» disse una voce.
Zoro aprì gli occhi. Il caldo era passato e nonostante la debolezza si tirò su a sedere.
«Ero ammalato?» chiese.
«Sì, hai avuto la febbre dei tre giorni. Abbiamo avuto paura per la tua vita…spesso i marinai muoiono per essa.» rispose Chopper guardandolo con grandi occhioni lacrimosi.
Zoro si toccò leggermente la testa. I suoi capelli erano leggermente cresciuti. Nella sua mente, i giorni erano passati, e si ricordava poche cose.
 
«Piccola Alce, nemmeno un carro armato può far fuori il nostro spadaccino, lo sai!» disse Nami con la sua solita schiettezza.
Poi lo abbracciò. «Bentornato.»
«Sì, sì, ora vai. Mi fai caldo.» disse scorbutico Zoro. In realtà gli faceva piacere, ma era pure un po’ imbarazzato da quella manifestazione d’affetto di Nami.
Lei mise il broncio. Allora lui le diede una scrollata rassicurante alla spalla e lei sorrise.
«Chopper.» disse.
La piccola Alce gli si avvicinò. Zoro mise la sua mano callosa e dura sulla sua testa e leggermente lo accarezzò. «Ora sto bene…grazie.» disse.
E Chopper sorrise mentre il suo musetto si illuminava di felicità.
 
Quando uscì sul ponte, il sole gli ferì gli occhi.
«Zooooooooroooooooo» urlò una voce da sopra. Zoro si girò. Capello di Paglia lo guardava sorridendo.
«C’hai fatto preoccupareeee!» disse.
Zoro gli fece il segno dell’okay e lui ricambiò, sorridendo di quel suo ampio sorriso.
«Potevi anche non guarire.» disse un’altra voce, tanto per punzecchiarlo.
Zoro si voltò e trovò il suo donnaiolo preferito, o meglio, odiato, davanti a lui.
«E lasciarti in pace? MAI.» disse con un sorriso sfrontato.
«Secondo me, agli inferi hanno visto quanto sei brutto e t’hanno rimandato indietro!» rispose Sanji.
«Sempre meglio essere brutto, che sciocco.» ribatté Zoro.
«Finitela per una buona volta!» urlò Nami, spazientita. Sanji gli lanciò un’occhiata omicida, gli toccò la spalla come a dirgli “bentornato” e poi andò da Nami, come il fedele cagnolino qual era.
«Robin era molto preoccupata.» disse Chopper, di colpo vicino a lui.
Zoro si avviò verso il solito posto. Le sua gambe erano ancora troppo deboli e quindi voleva sedersi e recuperare le sue spade.
«Infatti è stata con te giorno e notte. T’ha tenuto la mano…» disse Chopper.
Robin era lì, e sentì tutto. Arrossì e Zoro la vide.
Si chiese il perché di quel rossore. Lui d’altronde, dopo aver saputo questo, gli era molto grato.
Quindi sorrise, anche se quel suo sorriso sembrava un ghigno.
Robin ritornò in sé stessa in poco tempo e gli sorrise di rimando, poi si voltò e se ne andò.
Senza dire niente.
Qual era il significato di quel silenzio?
Zoro di colpo ricordò. Ricordò una mano fredda, una carezza gentile, e il tocco di labbra delicate sulle sue.
Possibile? Poi scosse la testa. Era ancora tutto da capire e presto, prima o poi, l’avrebbero capito insieme.
Quello era il significato del silenzio fra loro.

 
   
 
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