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Autore: Chexemille    13/10/2013    1 recensioni
La vita della giovane Bridgit cambia improvvisamente quando il giorno del suo 16° compleanno comincia a fare strani sogni.
Ogni sera è sempre lo stesso, tanto che inizia a convincersi che più che un sogni siano vere e proprie visioni.
Una voce continua a ripeterle di stare in guardia mentre due occhi rossi la osservano minacciosi nell'oscurità.
Incomincia per lei la ricerca della sua vera identità scoprendo così di appartenere ad un mondo diverso a quello in cui è stata allevata.
Sarà costretta a scappare continuamente per mettersi in salvo e durante la sua fuga incontrerà nuovi e validi alleati.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PREGIUDIZI

DUE MESI DOPO
POV CHRIS

Quella giornata si annunciava di una noia mortale.
Guardai fuori dalla finestra nella speranza di cogliere qualcosa che mi rianimasse un poco.
Detestavo le lezioni di economia domestica,
ma purtroppo come ultimo arrivato non avevo trovato posto in nessun corso che mi attirasse di più.  
La scelta era tra quello o il corso di poesia e onestamente visti i soggetti che lo frequentavano
avevo optato per le lezioni della prof Woger,
lì almeno non c’era nessuno sfigato che viveva in un mondo tutto suo.                                                                                       
Fuori aveva iniziato a piovere, la squadra di calcio interruppe gli allenamenti tornando agli spogliatoi in fila indiana.
L’allenatore era un tipo che teneva parecchio alla disciplina come scoprii il giorno stesso del mio arrivo.
I dieci giri di campo che mi fece fare solo per aver parlato durante il suo interminabile sproloquio
me lo ricordano costantemente.                                                                                 
Riportai la mia attenzione alla lezione del giorno: mousse al cioccolato. 
Mi diressi alla mia postazione insieme a Rita e cominciammo a tirare fuori gli ingredienti.                                                    
Non vedevo l’ora che terminasse il semestre, a quel punto mi sarei accontentato anche una sufficienza,
era chiaro che non sarei mai diventato uno chef ma la mia compagna era talmente negata, da trasformare
ogni ricetta in una vera tortura per coloro che assaggiavano le nostre creazioni culinarie.                                                
Ormai neppure la prof si azzardava più ad assaggiarle, si limitava ad annusarle e storcere il naso prima di darci un’insufficienza.        
          
-Lascia fare a me stavolta- le dissi prima che cominciasse a mescolare gli ingredienti.
Ero deciso a superare il corso, ma se la lasciavo fare non ci sarei riuscito.
Non potevo permettermi di essere bocciato altrimenti addio alla borsa di studi.                          
Mia madre faceva due lavori per mantenerci, ma non avrebbe mai potuto permettersi la retta della Wolfang & Bräun e di certo
le sarebbe dispiaciuto se avessi dovuto cambiare di nuovo scuola. La mousse superò lo spietato esame,
la Woger ci diede addirittura un sette, ero proprio soddisfatto di me, evidentemente non ero poi il disastro che credevo.                                     

-Visto che sei così bravo lascerò a te l’ingrato lavoro-
  annunciò Rita a bassa voce per non farsi sentire dalla prof.                                      

-E tu cosa farai allora?-  le chiesi incuriosito da quell’aria da furbetta.                                                                                                                                                   
-Oh io mi limiterò a raccogliere gli allori!-  rispose serafica e appena suonò la campanella raggiunse la gemella
e le altre compagne che l’aspettavano in corridoio.                              
Uscii dall’aula e mi diressi agli armadietti, svoltai l’angolo e scorsi
Leo che tentava di sfuggire a quella piovra di Andrea la gemella di Rita.
Mi lanciò uno sguardo supplichevole come di un animale preso in trappola. 
A prima vista Andrea sembrava una ragazza tutto miele, ma quando la conoscevi meglio scoprivi che nascondeva
degli artigli affilatissimi e una volta trovata la sua preda lei li affondava bene in profondità impedendole di liberarsi.   
Da buon amico ebbi pietà e andai in suo soccorso.
Mi avvicinai con disinvoltura trascinandolo via senza curarmi di
Andrea che pronunciava una serie interminabile di insulti nella mia direzione.   
La ignorai e tirai dritto finchè non fummo lontano da lei e dalla sua gang.                                                                                                     

-Non so proprio cosa farei se non ci fossi tu amico
- disse Leo una volta al sicuro.                                                                                                                        

-Troveresti comunque il modo di liberarti di lei ne sono certo-  gli assicurai confidando in lui.                                                                
Leo era il solo con cui avessi legato dal mio arrivo. Non ero un asociale,
ma per me far parte di qualche gruppo non era così importante come per gli altri.
Probabilmente dipendeva  dal modo in cui ero cresciuto.
Vivere sei mesi in un posto, un anno in un altro e delle volte solo poche settimane in un altro ancora
mi induceva a non legare con nessuno in particolare.                                       
Le prime volte che ho dovuto lasciare i miei amici ci rimasi piuttosto male, perciò decisi di non affezionarmi troppo alle persone.                          
Speravo che un giorno saremmo finalmente riusciti a trovare un posto in cui stabilirci definitivamente,
ma fino ad allora avrei seguito quella politica.                                                                                                  
Leo era l’eccezione alla regola, quando lo vidi la prima volta era alle prese con D.J. e la sua cricca.  
Erano i bulli della scuola e chiunque non facesse come volevano loro,
diventava un bersaglio mobile.                                                                                                              
La colpa di Leo invece era stata quella attirare l’attenzione di Andrea
che per lui aveva lasciato Lucas amico di D.J. e suo aguzzino.                    
Qualcosa dentro di me, mi spinse a intervenire e levarlo dalle rogne,
non avevo mai sopportato le ingiustizie e se fossero stati uno contro
uno anziché in quattro avrei sicuramente ignorato la cosa.                                                                                                                  

-Perché non lo lasciate in pace?-  li invitai afferrando quello che poi scoprii chiamarsi  
Adam per un braccio e tirandolo via dalla mischia.                                                                                           
-Di cosa t’impicci tu? Sparisci o sarai il prossimo!-  minacciò con rabbia.                                                                                                                                        
-E se non volessi?- chiesi con la sua stessa arroganza.                                   

-Sei nuovo vero? Lascia che ti spieghi come funzionano le cose qui-  Intervenne D.J. facendosi avanti 
-nessuno ci dice cosa fare, altrimenti fa la sua fine-  aggiunse indicando Leo che cercava di tamponare il naso sanguinante.                        
Per tutta risposta gli mollai un pugno in pieno viso mandandolo a gambe all’aria.                                                                                              
D.J. mi guardò con sorpresa, e così anche gli altri, evidentemente prima d’ora nessuno aveva mai osato sfidarlo,
ma onestamente quello più sorpreso ero io. Quella era la prima volta che facevo a botte, non immaginavo di essere così forte.                         
Si sentì un vocio e la folla che si era radunata sparì in un baleno.   

-Vi voglio tutti in presidenza. Immediatamente!-
   dichiarò una voce autoritaria alle mie spalle.                                                                     
Era un uomo sulla cinquantina con i capelli brizzolati e il viso magro e allungato. 
Portava una giacca marrone e dei pantaloni beige. Una maglietta bianca e scarpe da ginnastica.
Sembrava che quella mattina si fosse vestito con le prime cose che avesse trovato,
invece nei giorni a venire scoprii che quello era il suo stile personale,
accettabile in un giovane ma decisamente inusuale in un uomo della sua età.                                                                                        
Lo seguimmo come mucche al macello. Pensai che era proprio una sfiga farsi espellere il primo giorno di scuola,
doveva essere un record, avrebbe potuto entrare nei guinness.                                                   
L’uomo fece entrare prima il quartetto, chiedendo a me e Leo di aspettare fuori.                
Qualche minuto più tardi i quattro uscirono con dei volti scuri.                     

-Con voi facciamo i conti più tardi!-   promise Adam minaccioso.                                       
Io annuii  pensando che probabilmente non li avrei neppure incontrati se venivo cacciato.                                                                            

-Che state aspettando voi due, un invito scritto?- urlò il Preside dall’ufficio.                                                                                                
Leo e io ci guardammo per qualche secondo e imboccammo la porta.                                                                                                                           
-La farò breve-  esordì puntando il suo inquietante sguardo ora su Leo ora su me 
-sono stanco di queste continue risse, lo so-  disse interrompendo Leo che cercava di spiegarsi 
-so che non sei stato tu a cominciare, ma non posso ignorare il tuo coinvolgimento.
Per questa
volta avrai solo un richiamo,
ma se capiterà ancora mi vedrò
costretto a sospenderti-  lo avvertì aprendo l’agenda che teneva sulla scrivania. 

-Le assicuro che farò del mio meglio per evitare che si ripeta-  promise Leo sperando di riuscire a mantenere la parola.                                     

-Fili in classe adesso, con lei ho finito-  lo informò puntando di nuovo lo sguardo su di me.                                                                         

-Questo sarebbe il suo primo giorno giusto?-  esordì riprendendo a sfogliare la sua agenda.                                                                                       

-Sì- risposi mesto.                                                                                                            

-Sa come farsi notare, devo dargliene atto,
peccato che questa sia una scuola e non un ring-
disse con una certa ironia nella voce.        
Non conoscendolo, non sapevo come interpretare la sua uscita.
Ci pensò lui a togliermi subito il dubbio mostrandomi dei biglietti di box che conservava nell’agenda.
Era quelli che cercava pensai quando me li mise d’avanti.                                                                         

-Dopo quanto ha fatto io dovrei espellerla, non si è mai vista una cosa del genere-  annunciò alzandosi e prendendo
a camminare per la stanza che per altro era grandissima.                         
Lo seguii con lo sguardi aspettando il  “ma”  che sapevo sarebbe seguito.                                                                                                                      

-Però, in considerazione del gesto altruistico verso un compagno in difficoltà,
le voglio offrire la possibilità di rimanere- 
disse tornando a sedersi.                                                                                              
Io lo ascoltavo in silenzio pensando che avrei accettato qualsiasi cosa volesse che facessi. Non volere deludere mamma.                       

-Le propongo di entrare nella squadra di box della scuola, lì almeno potrà sfogarsi senza rischiare di essere punito.
Cosa mi risponde?-  
mi chiese con ansia.                                                                                      

-Se mi permetterà di restare dico sì, assolutamente. Ma  devo avvertirla che non ho mai tirato di box,
il colpo di prima è stato pura fortuna-  
ammisi. Non volevo che si facesse false speranze.                                      

-A questo penseremo noi, lei deve solo promettere di impegnarsi.  
C’è del potenziale in lei, mi creda so quello che dico- riferì l’uomo con convinzione.                                                             
Quel giorno stesso mi presentò al resto della squadra e nel pomeriggio feci la mia prima lezione.                                                    
Erano quasi cinque mesi ormai che frequentavo la Wolfang & Bräun e avevo già vinto diversi incontri contro le squadre del nostro Distretto,
trasformandomi nel pupillo del Preside e l’idolo di tutte le ragazzine facilmente impressionabili.                                       
Non capivo come essere un buon atleta potesse attirare stuoli di  ammiratrici, la trovavo una cosa così superficiale,
e onestamente anche fastidiosa giacché tutte le varie reginette si aspettavano che le scegliessi per partecipare
ai vari eventi organizzati dalla scuola.                            
Un paio di volte ero stato al gioco solo per scoprire che quella tortura non era fatta per me,
come facessero poi gli altri ragazzi a sopportarla era un vero mistero.                                                              
Col mio atteggiamento indifferente dovetti ferire più di un orgoglio, perché non tardarono parecchio a circolare voci sulla mia virilità,
o meglio mancanza di virilità.                                                           
La cosa mi infastidiva non poco, cosa ne sapevano quelle oche di me?
Non volevo essere costretto a stare con qualcuno che non mi piaceva solo per dimostrare quanto si sbagliassero.                                  
Il fatto poi che io e Leo fossimo diventati inseparabili  e che lui rifuggisse Agata come la peste, non fece che avvalorare la lo tesi.      
Nessuno dei ragazzi aveva il coraggio di esprimersi apertamente, ricordavano troppo bene la figuraccia di D.J. ma sotto,
sotto sapevo che pensavano la stessa cosa.                                                                                               

-Ciao signorine!-  ci accolse Camille la peggiore di tutti nonché ex di D.J.                                                                                                                
Doveva bruciarle ancora il mio rifiuto pensai notando l’accanimento col quale diffondeva false notizie.                                                                     

-Ignorala! Sei il primo che la mette al suo posto-  mi consolò Nicole.                                                                                                                     
Era una dei pochi che non ci dava grane. Un tipino simpatico anche se pure lei se ne stava un po’ sulle sue.
L’avevo conosciuta dopo la mia prima vittoria quando mi aveva intervistato per il giornalino della scuola per cui scriveva.                                                     
Faceva piacere che qualcuno fosse dalla nostra parte, anche se era solo una piccola minoranza.                                                                       
Scoprii più tardi che malgrado Nicole fosse un tipo riservato aveva un grosso seguito,
la sua solidarietà in qualche modo riuscì ad oscurare le maldicenze delle reginette.                                                                                                         
C’era ancora qualcuno che ogni tanto faceva battutine o sorrisetti dementi ma la maggior parte era convinto che
a farle parlare fosse la vanità offesa.                              
Un giorno però accadde qualcosa che finalmente tolse il dubbio a tutti. 
Era appena suonata la prima campanella, ognuno di noi si affrettava a raggiungere la propria aula e prendere posto.
L’insegnante di chimica il professor Gros Mann entrò seguito da una ragazza. In quel momento pensai
che fosse la più bella che avessi mai visto.
Rimasi a guardarla per un po’ come in trance.          
Leo mi diede una gomitata nelle costole riportandomi tra loro.                           

-Cosa ti prende?-  domandò  sorpreso dalla mia reazione.                         
Il professore intanto aveva presentato quella visione a tutta la  classe.                                                                                                                

-Mi aspetto che la facciate sentire una di voi-  stava dicendo -prego prendi posto-  aggiunse voltandosi verso la cattedra.  
                                       
-Spostati!-  bisbigliai a Leo.    
                                                                            
-Come?- chiese, non capiva il motivo di quel cambiamento.            
               
-Va indietro, sbrigati!-  ripetei dandogli una spinta. Usai troppa forza e lui cadde a terra.
Leo però fu veloce  a riprendersi e dopo essersi alzato disse:

-Prego accomodati qui!-                                                                                         
La ragazza lo ringraziò e prese posto accanto a me. La guardai attentamente, da vicino era ancora
più bella e poi aveva un profumo  così dolce.
Non credo di aver mai sentito qualcosa di così delicato e inebriante al tempo stesso.                                                       

-Sono Christopher Hahn, ma tutti mi chiamano Chris, puoi farlo anche tu se ti va-  mi presentai trovando un certo autocontrollo.                      
Lei si voltò, guardò prima la mano tesa, poi sollevò gli occhi a   incontrare i miei e allora mi fissò come se avesse di fronte una specie rara.          
Dopo qualche attimo sollevo lentamente la mano e stringendo la mia disse:

-Piacere io sono Bridgit Roth-                                                                

-Il piacere è tutto mio!-  dichiarai  elettrizzato.                                  
Speravo che anche lei fosse rimasta colpita da me come io da lei. Non mi aspettavo certo che mi svenisse tra le braccia.     

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*ANGOLO AUTRICI*

Vi è piaciuto? 
è troppo lungo?
chi è in realtà Chris? Perchè Bridgit è svenuta?
Cosa sarà successo a Bridgit in quei mesi?
Recensite e ditemi il vostro parere :) le risposte le troverete nel prossimo capitolo.

EL e DONNA xx                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                 
 
  
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