Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Trick    14/10/2013    11 recensioni
"Esistono infiniti principi che pretendono di regolare l'universo e nessuno di essi ha ancora trovato il modo di spiegare le dinamiche della vita".
La verità è soltanto una.
| Quattro flash-fic per i Malandrini | Deathfic |
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note:
  1. Le quattro frasi che aprono ogni flash-fic si riferiscono a quattro principi di fisica. Non scenderò nel particolare per un solo motivo: non li ho capiti quando mi costringevano a studiarli alle superiori e non li ho capiti nemmeno adesso, quindi Dio solo sa quali aberranti sciocchezze ho in realtà scritto. Nella mia abissale ignoranza ho tuttavia capito due cose. La prima è che ce ne sono due di Newton, una di Galileo e uno di un tizio di nome Hamilton e la seconda è che non ho capito un cavolo di quanto ho scritto.
  2. Spero davvero di essere riuscita a rendere chiaro quanto accade nell'ultima flash-fic: l'episodio in questione ipotizza i giorni immediatamente successivi alla morte dei Potter dal punto di vista di Remus – con Moody che tenta di rimetterlo in piedi.
  3. Partecipa al contest di Halloween indetto da _Eterea_.





*
Quattro principi di morte e uno di vita
*


[Esiste un principio secondo il quale un corpo intoccato da qualsiasi mutamento dell'universo può rotolare per inerzia fino alla fine del mondo].

Non c'è mai stato un principio fondamentalmente più errato di questo, e James Potter lo capisce la notte in cui realizza di essere schiavo della paura come qualunque altro essere umano.
Non è una notte spaventosa in sé – non è Halloween, non dovrebbero esserci mostri accucciati sotto il letto. È maggio, il cielo è sereno e la luna piena illumina gli alti torrioni, le statue e gli scuri cancelli di Hogwarts. Ci sono le stelle, l'aria è tiepida e i grilli già cantano all'estate in arrivo.
Poi ci sono state solo grida e terrore e corse incespicate lungo le scale che risalgono fino al Platano Picchiatore, e il volto pallido di Piton, il sangue che scivola lento lungo la sua tempia, il cuore in gola, la mente pulsante e l'agonia di un amico che si dilania ogni centimetro di carne con zanne e artigli.
«Siete pazzi! Pazzi! Quello è un dannato Lupo Mannaro! Lupin è--».
Il pugno che si abbatte sul naso dell'altro ragazzo parte prima ancora che James riesca a rendersene conto. Non aveva intenzione di colpirlo, non quella volta, ma c'è un fiume di adrenalina che scalpita nelle sue vene e l'ultima cosa che potrebbe fare è ragionare con chiarezza.
Un ululato carico di strazio e dolore squarcia il silenzio della notte – una notte d'inferno senza zucche e leccornie, una di quelle in cui i mostri sono veri e sono cattivi.
È di Sirius, il naso che James immagina di rompere. È del mostro, dell'idiota, dell'amico che ha tradito Remus. E Remus ora è furioso, indemoniato e fuori controllo, e James è terrorizzato all'idea che si possa ammazzare prima dell'alba.
Per la prima volta nella vita, James Potter ha paura. Si ripiega in avanti e dà di stomaco, crolla sull'erba e prega che l'agitato vociare che sente giungere in distanza appartenga a qualcuno che possa riportarlo indietro, prima del plenilunio, prima della cena, prima che Sirius riveli il loro segreto a Piton...
Il suo mondo si incrina, si frantuma e James diventa adulto mentre è in ginocchio sulle sue schegge – e fanno male, fanno male perché lo feriscono fino all'osso, e James sa che l'anima è solo di poco più lontana.
Non esiste nulla che possa durare per sempre: il suo coraggio non fa eccezione.
Si ripete che non ha paura di nulla e lo fa con una risolutezza perfino più testarda. Mente, ma è la sola menzogna che lo mantiene in piedi.
Lo fa anche la notte in cui muore – una di quelle in cui i mostri dovrebbero essere di cartapesta.
«Io non ho paura».
Lord Voldemort ride.
«Neanch'io, Potter».



[Esiste un principio secondo il quale a ogni azione, per quanto labile e imprecisa, ne corrisponda sempre una uguale e contraria].

Non c'è mai stato un principio fondamentalmente più giusto di questo, e Sirius Black lo capisce la notte in cui realizza di essere schiavo delle conseguenze come qualunque altro essere umano.
È una notte spaventosa quanto quelle che l'hanno preceduta – e poco importa se è Halloween, poco importano i fantasmi e i costumi. Importano solo la guerra e l'ansia e il perenne timore di non vedere l'alba successiva. Sono bocconi che Sirius ingoia e soffoca nello stomaco con ammirevole persistenza. Li accumula uno dopo l'altro, ignorando il pericolo che possano esplodere tutti insieme e lo facciano impazzire, ma mentre si sforza di evitarlo commette l'errore di non accorgersi di essere già esploso.
«Non puoi essere che tu».
Il pugno che piomba sulla sua tempia arriva così inaspettato e violento da farlo sbattere contro la parete. Non può evitarlo: la furia di Remus si abbatte su di lui come un fulmine estivo e lo lascia a terra senza fiato e con l'occhio destro pulsante.
C'è l'ombra del lupo sul suo volto. Brilla nello sguardo indignato, nell'espressione rabbiosa, scende fino ai pugni tremanti. Comprendere di avere ragione fa mille volte più male della botta ricevuta, e Sirius vorrebbe solo farlo a brandelli e strapparsi dalla memoria il ricordo del ragazzino gentile che perdonava ogni scherzo – anche i più tremendi, anche quelli che lui per primo non avrebbe potuto perdonare.
Il passato ha smesso di interessargli. Ora c'è solo Remus, Remus che li sta tradendo, Remus che fa la spia per Voldemort, Remus che non ha parole per difendersi dalle sue accuse e si lascia scivolare sulla sedia come un sacco vuoto.
È sempre stato un notevole attore, Sirius gliene dà atto. Li ha ingannati per mesi con decine di menzogne su influenze e madri morenti, ingannava ogni professore con quel maledetto sorriso innocente e i modi educati e compiti... e ora li inganna nuovamente tutti con le stesse menzogne.
Sirius si convince di avere una sola soluzione ed è quella sbagliata. Se ne accorge troppo tardi, quando non trova Peter a casa, raggiunge Godric's Hollow, inciampa sul cadavere di James nascosto dalla porta spalancata e capisce.
Il suo mondo crolla come un castello di carte e Sirius diventa adulto mentre piange, grida e impazzisce sul volto esangue del proprio migliore amico – e fa più male di quanto non avesse mai potuto temere.
Non esiste nulla che possa durare per sempre: la sua spavalderia non fa eccezione.
Si ripete che è più forte di qualunque cosa, di poter affrontare qualunque cosa e lo fa con un'ardore perfino più sciocco. Mente, ma è la sola menzogna che lo mantiene in piedi.
Lo fa anche la notte in cui muore – una di quelle in cui i mostri si accucciano dietro le ginocchia e ti fanno lo sgambetto.
«Avanti, puoi fare di meglio!».
Bellatrix sogghigna.
«Puoi giurarci».



[Esiste un principio secondo il quale le leggi elementari della natura non possono variare nemmeno nei più improbabili sistemi di riferimento].

Non c'è mai stato un principio fondamentalmente più umano di questo, e Peter Minus lo capisce la notte in cui realizza di essere schiavo della debolezza quanto qualunque altro essere umano.
È una notte tiepida che lo fa comunque tremare – è una notte spaventosa quanto il giorno che l'ha preceduta, quanto l'incontenibile potere che Lord Voldemort sta acquisendo, quanto il numero di gente che combatte e muore che va aumentando. Ci sono un po' troppi elementi spaventosi e Peter si è rassegnato all'idea di non essere abbastanza forte per fronteggiarli. Non ha il coraggio di James né la sfrontatezza di Sirius né il controllo di Remus, e ha capito che in quella guerra occorre essere coraggiosi, sfrontati e controllati. Se i suoi amici possono vantare solo un'arma su tre, quanto può mai resistere, lui?
«Non ho avuto altra scelta».
Il pugno di Sirius gli fa saltare via almeno due denti. È violento, impetuoso, istintivo – è Sirius, e Peter ne viene travolto come da un torrente in piena che gli spezza le ginocchia e lo trascina a fondo.
Ha sempre nutrito nei confronti della morte un timore reverenziale, ma in quel momento si convince che Sirius è diventato la morte e si rannicchia spaventato ai suoi piedi. Nutre la stessa paura anche nei confronti di Sirius, e giunto a quel punto non ha importanza il fatto che fra Sirius e la morte non scorra più alcuna differenza.
Ciò che non cambia è solo il suo disperato bisogno di sopravvivere e non si ritiene un vigliacco per l'insistenza con cui si attacca la vita. Tutti gli uomini vogliono vivere. Chi si ostina a ribadire di essere preparato alla morte forse non ama abbastanza la vita, e Peter ama la vita, la ama più di qualunque altra cosa e non può credere che i suoi amici non la amino con la sua stessa brama. Non è lui, il vigliacco: loro sono semplicemente pazzi. O bugiardi, forse, e quella convinzione è l'unica che gli permette di allontanare dalla mente i loro volti accusatori. Lo avrebbero fatto anche loro e mentono solo perché vogliono che il mondo renda loro gloria. Non c'è altra spiegazione, eppure qualcosa continua a turbarlo.
Il suo mondo diventa pallido e soffocante e Peter diventa adulto mentre cerca di ritagliarsi un angolo nel quale sopravvivere – e fa male, ma l'alternativa è vivere e morire e potrebbe fare ancora più male.
Non esiste nulla che possa durare per sempre: la sua negazione non fa eccezione.
Si ripete di aver agito come chiunque altro avrebbe agito e lo fa con una sicurezza perfino più cieca. Mente, ma è la sola menzogna che lo mantiene in piedi.
Lo fa anche la notte in cui muore – una di quelle in cui ti guardi allo specchio e scopri di essere diventato il mostro della storia.
«No!».
Harry Potter grida.
«No...».



[Esiste un principio secondo il quale il tempo che divide un istante dall'altro resta il medesimo quando tali istanti combaciano per entità e natura].

Non c'è mai stato un principio fondamentalmente più crudele di questo, e Remus Lupin lo capisce la notte in cui realizza di essere schiavo del caso quanto qualunque altro essere umano.
È una notte luminosa – e Remus non ne è affatto spaventato. Ha sei anni e la luce della luna piena irradia i contorni del giardino. È un bambino dotato di particolare acutezza ed è abbastanza coraggioso da non temere ciò che conosce. Ciò che non conosce deve ancora arrivare a mostrargli quanto può essere spaventosa una notte di luna piena, e Remus ne soffocherà invano il terrore per il resto della vita. Gli anni lo convincono che non può giungere nulla di peggiore, ma si sbaglia.
«Sono rimasto solo. Non mi interessa altro».
Il pugno di Alastor fa un male infernale. È duro, spietato e Remus si concede qualche secondo per chiedersi se il rumore che ha sentito proviene dal suo naso o dalla sua mandibola. Forse era solo ciò che restava della propria dignità.
Alastor è furioso, ruggisce improperi e bestemmie, ma Remus ha già smesso di ascoltarlo. Non ha nemmeno iniziato. Ha la mente altrove, ben lontana da quel sudicio appartamento in periferia impregnato del puzzo di whisky stantio e sigarette lasciate a fumare da sole. Corre nel prato di Hogwarts lungo la scia di James, e James si aggiusta gli occhiali e i suoi occhi sono vivaci e brillanti – non ancora vuoti, non ancora morti; insegue Peter, e sul suo volto paffuto c'è un sorriso spensierato, e c'è una faccia e un torace e due gambe e due braccia – non è ancora poltiglia e sangue; e c'è Sirius, c'è anche Sirius, e gli ciondola accanto come se nulla potesse andare storto – come se niente fosse andato storto quando in realtà ogni cosa era andata storta.
All'improvviso è semplicemente troppo e Remus colpisce il muro una, due, tre, dieci volte, si apre le nocche, grida e si lascia scivolare sul pavimento lasciando tetre impronte di sangue sulla carta da parati sciupata.
Il suo mondo torna a riempirsi di bestie e fauci spalancate sulla sua bocca e Remus diventa adulto mentre si accorge di non essere mai cresciuto davvero – e fa male, fa male e non avrebbe dovuto credere in alcun lieto fine.
Non esiste nulla che possa durare per sempre: la sua speranza non fa eccezione.
Si ripete che andrà bene e lo con una fermezza perfino più ingenua. Mente, ma è la sola menzogna che lo mantiene in piedi.
Lo fa anche la notte in cui muore – quella di cui desiderava vedere l'alba, quella che doveva lasciare lo spazio a un mondo migliore.
«Non vincerete».
Dolohov fa una smorfia ironica.
«Avete già perso».


[Esistono infiniti principi che pretendono di regolare l'universo e nessuno di essi ha ancora trovato il modo di spiegare le dinamiche della vita.
La verità è che nella vita capita anche di morire.]
   
 
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Trick