Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Daisy Pearl    16/10/2013    4 recensioni
Finì di parlare e ansimò brevemente, come se avesse fatto una corsa infinita, lo sentii andare avanti e indietro e in qualche modo riuscii a immaginarmelo. Aveva un lungo abito bianco che si adagiava sul pavimento in pietra. La veste ondeggiava con eleganza e sembrava brillare di luce propria. Le lunghe ali erano spalancate sulle sue spalle, candide come il vestito e, a completarne la figura c’erano i classici boccoli oro che gli ricadevano sulle spalle con gentilezza. Potevo quasi vedere gli occhi azzurri come il cielo fissarmi attendendo che fossi in grado di alzarmi, in quel modo mi avrebbe potuta portare dove dovevo stare.
Mi avrebbe portata all’inferno.
- Questa è la storia di Mar e di Dave. Una storia di magia, tradimenti, colpi di scena, pazza, lucidità, amore. Bene e male si intrecciano in continuazione fondendosi in alcuni punti per poi separarsi. Il confine tra bianco e nero non è mai stato così invisibile.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Gioco di...'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



CAPITOLO 9


Il ragazzo era sdraiato sul tavolo, i polsi e le caviglie erano ancorati ad esso tramite spessi bracciali di ferro, tutto il suo corpo era avvolto da spesse catene. Sembrava una mummia, solo che non si trovava in un sudario fatto di stoffa, ma di metallo. La testa era piegata da un lato e sembrava stesse dormendo, gli occhi erano chiusi mentre la bocca era appena aperta. Una figura incappucciata si trovava in piedi accanto a lui e lo fissava attentamente avvicinandosi ad intervalli regolari per controllargli il polso. Ogni volta che lo faceva estraeva da una tasca interna al mantello un taccuino e prendeva nota, durante le attese stava immobile come una statua.

Il ragazzo iniziò a mugugnare nel sonno mentre una porta si apriva e la stanza buia veniva illuminata dalla luce del giorno che filtrava dall’uscio. Una sagoma entrò e chiuse la porta alle sue spalle facendo ricadere la stanza nella penombra.
“Non ci riuscirai questa volta!” iniziò il nuovo arrivato con una punta di dispiacere misto a qualcosa di simile al compiacimento.
“Devo farcela!”
“Puoi usare tutti i tuoi trucchi, ma non sei abbastanza forte!”
“Lo sarò invece!”
“Non hai abbastanza potere!”
La figura incappucciata rivolse lo sguardo verso il suo interlocutore.
“Ce l’ha lui!” disse indicando il ragazzo dormiente.
“Non riuscirà a controllarsi!”
“Sono riuscita a farlo altre volte, ce la farò anche ora!”
L’uomo la prese per le spalle e, dolcemente, abbassò il cappuccio del mantello che lei indossava portando alla luce la folta massa di capelli rossi della ragazza. Non potè non trattenere il sorriso di fronte a tanta bellezza quasi sempre celata da quel cappuccio che lei si ostinava a portare.
“Come?” le domandò.
“Come ho fatto finora!”
“Come hai fatto finora?”
“Creatività!”
L’uomo sospirò.
“Questa volta sarà impossibile!”
Lei sorrise fiduciosa “Questa volta non può essere impossibile. Non capisci? Non abbiamo mai avuto a che fare con qualcuno come lui, potrebbe segnare l’apocalisse della …”
“Shhh!” l’uomo le posò un dito sulle labbra interrompendo la frase a metà “Non devi nemmeno dirlo!”
“Ho paura!” sussurrò la ragazza “E se non fossi all’altezza, come dici tu?”
L’uomo si fece ancora più serio e la guardò negli occhi.
“Tutti questi esseri non sono mai stati affar tuo! Lasciali perdere. Sono tutti pericolosi e tu rischi la tua vita ogni giorno circondandotene! Loro non sono una tua responsabilità!”
“Non sono pericolosi solo per me, ma per tutti, quindi sono una mia responsabilità. Sono l’unica che voglia insegnar loro come controllarsi, come essere normali, come renderli innocui, quindi lo devo fare!”
L’uomo scosse la testa, ma pareva essersi arreso.
“Sappi solo, Myria, che se le cose dovessero mettersi male eliminerò personalmente questo ragazzo!”
Lei deglutì a fatica, come se fosse spaventata da quell’idea, ma non volesse darlo a vedere. Annuì impercettibilmente. L’uomo si diresse verso la porta dalla quale era entrato con un piccolo sorriso soddisfatto dipinto sulle labbra.
 
 
“Signorina! Signorina!”
Aprii lentamente gli occhi al suono della voce del tassista. Dovevo essermi assopita durante il viaggio. Sbattei un paio di volte le palpebre e stiracchiai le braccia.
“Signorina! Sono 12 euro!” disse il tassista che sembrava rincuorato dal fatto che io mi fossi finalmente svegliata. Lì per lì non lo ascoltai mentre cercavo di riportare alla memoria ciò che avevo sognato. Avevo solo dei brevi flash che sapevo sarebbero spariti nel giro di qualche secondo, ma poco importava, avevo di meglio da fare.
Gli sorrisi beffarda ed incontrai i suoi occhi.
Era l’occasione perfetta per testare le mie appena riacquisite capacità.
Nelle sue iridi leggevo impazienza e attesa.
Mie. Fare mie quelle sensazioni era così facile, come bere un bicchier d’acqua.
Empatia. Ero impaziente e in attesa.
Offrimi la corsa.
L’uomo sbattè una volta le palpebre.
“La vedo molto stanca signorina, non si preoccupi, questa volta la corsa è gratis, ma cerchi di fare un lungo sonno!”
Il mio sorriso aumentò. Aveva funzionato alla perfezione. L’euforia più totale si impadronì di me e mi sarei messa volentieri a saltare per la gioia, tuttavia cercai di rimanere composta. L’importante era che avesse funzionato davvero! Quello che stavo vivendo non era un bellissimo sogno, ma la realtà. Ero tornata ad essere me stessa. Posai lo sguardo accanto a me, dove la scatola blu era adagiata, la afferrai e, senza una parola, uscii dal taxi e sbattei la porta alle spalle. La sera stava scendendo sulla villa di Dave e io ero più felice che mai: riavevo i miei poteri, presto avrei avuto vendetta e potere.
Mi incamminai lungo il vialetto e suonai il campanello in attesa. Poco dopo la porta venne spalancata e incontrai gli occhi verdi di Dave. Invece di farmi entrare si bloccò sull’entrata e mi fissò come se vedesse un fantasma. Spazientita sbuffai e mossi un passo in avanti, con la speranza che lui si scansasse e mi lasciasse entrare. Invece Dave, non appena fui davanti a lui mi avvolse tra le sue braccia e fece sprofondare il viso tra i miei capelli.
Rimasi di sasso non riuscendo a capire la ragione di quel gesto. La sola idea che mi stesse abbracciando mi rivoltava e lì per lì mi presi gioco dei sentimenti che avevo provato fino al giorno prima. Li vedevo spingere contro il mio scudo, la gioia e la sicurezza, sentimenti che ero ben felice di non sentire. Cercai di allontanarmi dalla sua stretta, ma lui non sembrava volermi lasciare.
“Ero così preoccupato per te!” mi sussurrò all’orecchiò. Che stupido che era, probabilmente stavo meglio di lui e di tutti le altre persone della terra messe insieme.
“Senti Dave, io ho la soluzione ai nostri pr…”
“Oddio sono così felice che tu sia tornata!” si scostò leggermente da me prima di posare le labbra sulle mie. Il contatto era piacevole, dopotutto continuavo a reputare Dave molto attraente, ma non potevo dimenticare le sensazioni che mi aveva fatto provare. Con quel bacio io non sentii nulla, nella mia mente si affollavano migliaia di immagini su come avrei potuto fargli del male, non solo in maniera fisica, non avrebbe sofferto quanto me in quel modo.
Io  volevo distruggerlo, volevo vedere ciò che era disgregarsi in tanti piccoli pezzi, ma avrei dovuto attendere per quello. Anche se non sapevo cosa Jasmine aveva in mente ero certa che si trattasse di qualcosa di molto perfido e non volevo perdermelo per nulla al mondo. Però non potevo privarmi almeno di una piccola soddisfazione. Ricambiai brevemente il bacio dopo di che morsi il suo labbro inferiore con tutta la forza che avevo in corpo e sorrisi istintivamente mentre sentivo il sapore del sangue che gocciolava sulla mia lingua. Lui si staccò di scatto con un ombra di confusione negli occhi portandosi una mano sul piccolo taglio.
“Perché?” chiese smarrito probabilmente cercando di capire dove avesse sbagliato.
“Perché ieri sera hai baciato con le stesse labbra Jamie e baciarti ora sarebbe come baciare lei!” storsi il naso mentre lui sembrava ancora più confuso. Ghignai e finalmente entrai in casa sua.
“Chi diavolo è Jamie?” domandò con gli occhi sgranati.
Mi voltai verso di lui sorridendo. “Non sei molto bravo a fingere Dave, rinuncia!” gli voltai le spalle e mi diressi verso camera sua con la scatola stretta sotto il braccio.
“Dave cosa sta succedendo?” dalla cucina spuntò fuori la testa di Alex. I suoi occhi si posarono su di me e passarono dallo stupito al sollevato in un paio di secondi.
“Grazie al cielo sei tornata Mar, dove diavolo sei stata?”
Mi bloccai sul posto. Forse sapevano qualcosa di quello che era successo in quella giornata, forse sospettavano di me. Bè, poco importava dal momento che avrei potuto convincerli tutti a dimenticare. Alzai le sopracciglia fingendomi innocente. “In giro!”
“Una persona non va in giro ubriaca alle due di notte e non si fa vedere fino alla sera successiva!” sibilò Dave. Sotto la sua rabbia sentivo che era ferito, anche se non ne comprendevo il motivo.
“Non vedo come questi siano affari vostri!” ribattei stanca delle loro domande.
“Possibile che non capisci? Pensavamo che Alan ti avesse trovata!” Dave sembrava fosse sull’orlo di una crisi di nervi, solo allora notai delle pesanti occhiaie sotto i suoi occhi e i capelli ancora più scompigliati del solito, sembrava che non avesse nemmeno dormito.
Nonostante tutto forse, anche se si era interessato ad un'altra ragazza, sembrava ancora tenerci molto a me. Ghignai all’idea di poter far cadere la cosa a mio vantaggio.
Mosse qualche passo verso di me. “Pensavamo che ti avesse fatto qualcosa di spaventoso, che ti avesse uccisa o non so che altro!” la voce gli tremò leggermente e improvvisamente capii: si era preoccupato per me, ero stata via molto e lui era rimasto in pensiero. Che stupido.
“Non abbiamo la certezza che non le sia stato fatto nulla!” un terzo uomo uscì dalla cucina. Doveva essere sulla trentina, aveva corti capelli color cioccolato e gli occhi del medesimo colore. Era più alto di Dave e più grosso di spalle.
“Lei è la signorina Jones, deduco!” disse rivolto a me. Alzai un sopracciglio un po’ sorpresa dall’apparizione di quell’uomo sconosciuto. Si avvicinò a me e lanciò un’occhiata alla scatola che tenevo sotto braccio.
“Cos’è quella?” domandò circospetto.
“Chi è lei?” non risposi e non diedi alcun segno del fatto che quella scatola fosse in qualche modo molto importante.
“Scusami. Sono Edward Cyfer e sto prendendo io in mano tutta la situazione!”
“Situazione?”
Un’idea stava iniziando a formarsi nella mia testa. Avevo sentito Alex parlare al telefono con qualcuno che sapeva tutto su di noi e dedussi che quell’uomo fosse uno di quegli stalker che ci osservavano a nostra insaputa.
“Devo farle qualche domanda!” disse in tono serio.
Lanciai uno sguardo perplesso a Dave il quale annuì, capì che non potevo sfuggire all’interrogatorio. Presi un respiro profondo: tutti loro erano totalmente fuori strada, pensavano che fosse Alan il problema, quindi non potevano nemmeno lontanamente sospettare il coinvolgimento mio e di Jasmine, anche se credevano che Alan avesse avuto un aiuto dall’esterno.
“Vorrei prima scambiare due parole con Dave!” esclamai. Dovevo ridare anche a lui i suoi poteri e questo aveva la precedenza su tutto.
Dave si avvicinò a me, ma il signor Cyfer lo bloccò.
“Non posso permettertelo! Prima deve essere controllata!” disse con tono serio che non ammetteva repliche.
Aggrottai le sopracciglia.
“Credete che sia stata automatizzata?” domandai a bruciapelo.
Dave distolse lo sguardo dai miei occhi mentre fissava il soffitto e Alex annuì impercettibilmente. Ridacchiai.
“Fatemi pure tutte le domande che volete, ma ho bisogno di rimanere un attimo da sola con Dave!”
“Non te lo posso permettere!” ripetè convinto il signor Cyfer.
Una rabbia calcolata si impadronì di me, socchiusi gli occhi  e lo guardai minacciosa. Avrei potuto convincerlo in un batter d’occhio, ma fortunatamente non lo feci. Mi ricordai la conversazione che Alex aveva avuto al telefono e rammentai di aver sentito che i suoi interlocutori avevano le menti schermate, quindi se lui faceva parte di quella setta non potevo convincerlo in alcun modo.
“Bene!” dissi freddamente. Mi diressi verso la cucina passando davanti a Dave.
“Mi terresti questa nel frattempo?” chiesi a quest’ultimo innocentemente. Dave annuì.
“Fermo!” esclamò il signor Cyfer mentre stavo porgendo la scatola a Dave “Non la toccare!”
“E’ solo una scatola!” gli sorrisi con calcolata calma mentre in realtà avrei solo voluto strozzarlo.
Lui mi fulminò con lo sguardo. “Sarò io a deciderlo!” mi strappò la scatola dalle mani e si diresse in cucina mentre la osservava da vicino. Trattenni il respiro mentre il cuore accelerava. Sperai con tutto il cuore che non aprisse quella scatola. Dov’era Jasmine quando serviva?
“Mar!” Dave si avvicinò a me e mi scostò una ciocca di capelli che mi era finita sul viso “Non sei costretta a rispondere alle sue domande!” sembrava quasi dispiaciuto per tutto ciò che stava accadendo.
“E’ per la tua e la sua sicurezza Dave!” si intromise Alex.
Dave sospirò rassegnato mentre col pollice mi fece una leggera carezza partendo dallo zigomo per terminare sul mento. Avevo l’istinto di allontanare schifata la sua mano, ma non mi mossi, non doveva pensare che ero cambiata tanto in così poco tempo, altrimenti anche lui si sarebbe insospettito.
“Sono felice che tu stia bene!” sussurrò in modo tale che solo io lo udissi, gli occhi gli brillavano e un sorriso dolce gli illuminò i tratti stanchi del viso.
Mi sforzai di sorridergli mentre in realtà avrei voluto farlo urlare di dolore come Jasmine aveva fatto con me.
Lo oltrepassai sotto lo sguardo vigile di Alex ed entrai in cucina, dove il signor Cyfer mi stava attendendo pazientemente. La scatola era a pochi centimetri da lui poggiata sul tavolo, non avrei mai potuto sottrargliela senza che lui se ne accorgesse. Cercai di nascondere la delusione e di trovare una soluzione a quella situazione imprevista.
“Forse non mi sono presentato a dovere.” Iniziò non appena io mi fui seduta.
“Da tempo stiamo tenendo d’occhio la vostra situazione, tua e di Dave, e fino a pochi giorni fa era tutto sotto controllo. Ora le cose sono notevolmente mutate. La liberazione di Alan ci fa capire come la sua persona sia stata sottovalutata ed ora noi porremo rimedio a ciò!”
Alzai un sopracciglio.
“Sembra ben informato! Come fa a sapere tutte queste cose? Chi è lei?”
“Sono domande lecite Marguerite, si tratta di un’intrusione nella tua vita e sarò lieto di risponderti, ma prima devo assicurarmi che tu non sia in alcun modo pilotata da Alan Black!”
Sbuffai.
“Sono perfettamente cosciente!”
Incurante delle mie parole l’uomo si avvicinò al mio viso e mi fissò negli occhi. Sostenni lo sguardo chiedendomi quali fossero le sue intenzioni. Estrasse quella che sembrava una luce di quelle che usano negli ospedali e me la puntò in un occhio. Istintivamente chiusi la palpebra ma lui, con le dita, cercò di farmela aprire nuovamente.
“Tranquilla, apri bene gli occhi, devo controllare se il tuo sguardo è opaco!”
Strinsi la mascella. Avrei voluto incenerire quell’uomo davvero fastidioso, ma non potevo mandare tutto all’aria. Cercai di mantenere la calma mentre spalancavo gli occhi.
Quando finì mise via l’aggeggio e mi osservò curioso.
“Quando è stata l’ultima volta che hai visto Alan Black?” domandò.
“Al processo!”
“Non dopo?”
“No!”
“Ne sei sicura?”
Mi venne un’idea per cercare di uscire da quella fastidiosa situazione nella quale mi trovavo.
“L’ho sentito di recente però!” dissi pregustando la reazione del mio interlocutore.
I suoi occhi si spalancarono e si avvicinò leggermente a me, se fosse stato un insetto avrebbe avuto le antenne drizzate.
“Quando?”
Repressi il sorriso compiaciuto che minacciava di uscire dalle mie labbra “Poco prima di venire qui a casa di Dave ieri mattina!”
Un lampo di comprensione balenò negli occhi del signor Cyfer.
“Io sono al corrente dell’argomento di discussione tra te e Alex di ieri mattina!”
Mi finsi offesa, mentre invece avevo origliato la conversazione di Alex al telefono e sapevo che aveva riferito a quegli spioni tutto il nostro colloquio.
“C’è qualcosa che tu non sappia? Francamente è decisamente fastidioso sapere che la mia vita è stata osservata da così tanti occhi!”
“A noi dispiace, ma prima eravamo solo tenuti al corrente degli sviluppi da Alex, ora, dovendo prendere in mano la situazione abbiamo bisogno di tutte le informazioni che sono in vostro possesso. Dobbiamo ricostruire tutto ciò che è successo fin nei più piccoli dettagli.”
Chi diavolo era quella gente?
“Alan è affar mio e mio soltanto!” sibilai, in linea con le miei intenzioni di dare informazioni errate e concordanti con ciò che sospettavano.
“Non più, è troppo pericoloso!”
Sbuffai e incrociai le braccia al petto, fingendomi offesa e poco collaborativa.
“Dove eravate allora quando ha tentato di farmi fuori?” sbottai ricordando le parole di Alex al telefono.
L’uomo parve leggermente dispiaciuto. “Non ci siamo resi conto dove poteva arrivare quell’uomo!” disse quasi rivolto a se stesso che a me.
“Mi ha chiamata al cellulare!” continuai “Non so come avesse il mio numero. Dormivo tranquillamente e mi ha svegliata. Poi mi ha detto che avrei potuto  riacquistare i poteri se avessi trovato un oggetto magico dal quale estrarli!”
“Lui ha fatto così?” chiese quasi in trepidazione Cyfer.
“Non lo so, è stato molto vago sui suoi metodi!”
“E perché avrebbe dovuto dirti come riacquistare i poteri?”
“Ha detto che voleva uno scontro tra pari, altrimenti non si sarebbe divertito!” ero piuttosto compiaciuta della mia storiella, era molto verosimile “E ha aggiunto che avrei dovuto cedergli i poteri che avrei acquisto in caso di una mia sconfitta!” la buttai lì sperando che lui mi desse delle informazioni sul metodo per rubare il potere dagli altri.
“Strano, ma logico!” sussurrò annuendo con la testa “E così tu ti sei recata da Alex a chiedergli dove trovare un oggetto del genere!”
Annuii.
Cyfer si prese una pausa per riflettere prima di continuare “Alan voleva che anche Dave riacquistasse i suoi poteri?”
“Non gli interessava, lui voleva me!” risposi prontamente.
L’uomo annuì nuovamente.
“Dopo la telefonata di Alan hai iniziato ad assumere dei comportamenti strani!”
Aggrottai le sopracciglia.
“Quando di preciso?” ero stata presa alla sprovvista, non mi sembrava di essere stata strana.
“La tua coinquilina ha detto che quella stessa mattina, più tardi, ti sei comportata come se fossi sconvolta, parlavi dicendo cose senza senso e piangevi!”
Lo guardai come se fossi pazzo. Non avevo mai fatto una cosa del genere. Certo avevo pianto dopo l’incontro con Rob o lo spettacolino di Dave in discoteca, ma sicuramente non l’avevo fatto di fronte a Emily.
“Ha avuto delle allucinazioni!”
“Sembrava sana!”
“Ha provato a vedere se aveva lo sguardo opaco?” ribattei infastidita facendo riferimento esplicito alla pseudo visita oculistica che mi aveva fatto pochi minuti prima.
Lui distolse lo sguardo e espirò profondamente, capii che Emily non era stata controllata.
Alzai un sopracciglio.
“Avrebbe dovuto farlo!”
L’uomo sospirò e si portò una mano sul viso ben rasato ignorandomi.
“Ti hanno ritrovata parecchie ore dopo ubriaca in un locale. Perché ti sei ubriacata se andava tutto bene?”
Cercai di non sbuffare malgrado fossi stanca delle sue domande.
“La telefonata di Alan mi ha scossa. Non sono una persona che generalmente mostra le proprie debolezze e l’alcool aiuta a non pensare!” questo in parte era vero.
“Fatto sta che poi sei sparita e ricomparsa più di dodici ore dopo! Cos’hai fatto in questo lasso di tempo?”
“Credo di essermi fatta un giro, come hai detto tu, ero ubriaca e non ricordo molto!” presi una pausa cercando di inventarmi qualcosa di plausibile, se avessi saputo che all’arrivo a casa di Dave mi sarei dovuta sorbire un bell’interrogatorio sicuramente avrei passato il viaggio in taxi ad inventarmi una bella storiella per giustificare la mia assenza invece che dormire.
“Non puoi avere un vuoto di memoria lungo più di dodici ore!”
Sbuffai. “Mi sono svegliata su una panchina a mattina inoltrata va bene?” sbottai “Avevo un gran mal di testa e sono andata nel mio appartamento a dormire e farmi una doccia!”
“Non mentire!”
“Non sto mentendo!”
“Nel tuo appartamento è sempre rimasta Emily, nel caso tu tornassi e lei non ha chiamato per informarci della tua presenza!”
Dannazione, questa non ci voleva.
“Ero nel mio vecchio appartamento, quello che condividevo con Caren, sono sicura che lei sappia chi è.” Commentai acidamente “ Ancora non è stato affittato e io ho le chiavi!” sperai che fosse vero perché non avrei saputo cos’altro inventarmi. Quell’uomo era incredibilmente bravo a mettere alle strette una persona.
Annuì come se comprendesse io tirai un sospiro di sollievo: quella tortura era giunta al termine e io finalmente potevo dedicarmi a faccende molto più importanti.
“E la scatola?”
Speravo se ne fosse dimenticato.
“L’avevo dimenticata nel mio vecchio appartamento!” assunsi uno sguardo innocente sperando che se la bevesse.
“Quindi non avrai niente in contrario se la apro vero?”
Trattenni il respiro. Se lo faceva avrebbe liberato il potere che Jasmine aveva posto al suo interno e questo, ne ero sicura, mi sarebbe costato almeno un arto se fossi sopravvissuta alle ire di quella strega.
L’uomo avvicinò la scatola a se e la osservò.
“Gioco di prestigio eh?” disse leggendo la scritta sul lato della stessa “Ti dai alla magia, Marguerite?”
“Non  si tratta di magia!” cercai di temporeggiare “I giochi di prestigio sono dei trucchi!”
“Io credo che si tratti di magia, invece. Vedi?” avvicinò una specie mi microchip alla scatola. “Questo è un piccolo microfono che amplifica i suoni nel giro di un centimetro da esso. Il suono registrato viene trasmesso ad un ripetitore e amplificatore che si trova proprio nel mio orecchio e mi permette di udire un caratteristico ronzio!” posò il microfono sulla scatola.
“Adesso devi sapere una cosa Marguerite. L’associazione per la quale lavoro cerca di proteggere il mondo dalla magia e da tutto quello che c’è di soprannaturale e, allo stesso tempo, di studiarla dal punto di vista scientifico, ci rifiutiamo di credere che sia inesplicabile. Dai nostri studi è emerso che il potere, che poi trasferito in una persona le dona quelle determinate capacità note come magia, emette un ronzio a frequenze molto basse, impossibile da udire normalmente, ma con questi attrezzi, io sono perfettamente in grado di affermare che questa scatola contiene del potere!”
Perplessa sbattei gli occhi un paio di volte. Il mio cervello lavorava senza sosta per trovare una via d’uscita a quel grosso pasticcio. Come facevo a sapere che il potere emetteva un ronzio?
Le grandi mani si Cyfer si adagiarono sul coperchio della scatola.
“Non mi racconti tutta la verità Marguerite. Vuoi davvero che io apra questa scatola?”
Strinsi i pugni. Mi immaginai quell’uomo scivolare dalla sedia e cadere a terra sbattendo la testa sul pavimento. Una piccola macchia di sangue si espandeva sotto al suo cranio. Sorrisi impercettibilmente. Quella scena sembrava così reale.
Cyfer avvicinò la scatola a se e fece per risedersi sulla sedia, ma inspiegabilmente scivolò e cadde a terra.
Trattenni il respiro mentre mi alzavo di scatto dalla sedia e vedevo la pozza di sangue espandersi lentamente sotto al suo viso.
Per un istante rimasi immobile.
Era successo quello che avevo immaginato, com’era possibile?
Era ovvio che Jasmine stesse osservando la scena e che avesse deciso di intervenire. Era anche ora. Mi ritrovai a sorridere al pensiero che avesse avuto la mia medesima idea, o forse mi aveva letto nel pensiero, quella donna era capace di tutto.
Corsi fuori dalla stanza e chiamai a gran voce Alex sfoderando le mie doti di grande attrice. Egli, che si trovava al piano superiore, corse  velocemente giù dalle scale.
“Che succede?”
Mi finsi preoccupata “Io e il signor Cyfer stavamo parlando e lui a un tratto… oddio!” la mia voce si incrinò ad arte e non mi sarei stupita se fosse partito un applauso per  la mia interpretazione da oscar.
Alex mi superò senza lasciarmi finire la frase ed entrò in cucina mentre Dave faceva capolino dalla cima delle scale.
Rientrai in cucina a mia volta e osservai Alex mentre faceva sedere Cyfer che aveva intanto ripreso conoscenza. Sulla tempia aveva un taglio dal quale sgorgava del sangue, ma Alex cercava di bloccarlo con un fazzoletto di stoffa.
“Mar, prendi del cotone e chiama un’ambulanza, qui servono dei punti!” intimò Alex visibilmente preoccupato.
Vidi Dave che era appena entrato nella stanza farmi cenno di chiamare, mentre lui si sarebbe occupato del cotone.
“Cos’è successo?” domandò Alex scostando leggermente il fazzoletto ormai cremisi per osservare la ferita.
Cyfer fece una smorfia di dolore.
“Sono scivolato, non ho visto bene dov’era la sedia e praticamente mi sono seduto sul vuoto!” sbottò stupito.
“Mi dispiace molto!” dissi fingendomi sconvolta.
“E di cosa? Non avresti potuto fare nulla per evitare la mia caduta!” borbottò.
Annuii. “L’ambulanza arriverà a momenti, vi lascio tranquilli!”
Agguantai la scatola e uscii dalla stanza. Con la coda dell’occhio vidi che Cyfer era troppo dolorante per prestare attenzione ai miei movimenti, davvero una pessima mossa da parte sua.
Ghignando portai la preziosa scatola in camera di Dave, mentre lui mi raggiunse qualche minuto dopo.
“Povero Edward!” sussurrò.
“Edward?”
“E’ il nome del signor Cyfer!”
Capii. “Già!”
“Rimarrà qui lo sai?”
Rimasi sorpresa.
“Cosa?”
“Dal momento che prenderà lui in mano tutta la faccenda di Alan, noi non dobbiamo più preoccuparci, ma rimarrà qui per la nostra incolumità!”
“Come può proteggerci un uomo che non sa nemmeno sedersi su una sedia senza cadere?” sibilai, per niente felice della notizia.
“Mar!” disse facendosi ancora più serio e prendendomi il viso tra le sue mani. Avrei voluto avere la pelle bollente per ustionarlo e farlo allontanare da me il più possibile, invece lui rimase lì, con gli occhi persi nei mie e quel sorriso schifosamente dolce “So che non è nella tua natura avere aiuti, ma ora il problema è più grande di noi, lasciamo fare a lui!”
“Alan è un problema mio e io lo risolverò!”
“Non fare sciocchezze!”
Sorrisi.
“Non ne faccio mai!”
“Ti prego!” sembrava nuovamente sul punto di avere una nuova crisi di nervi.
“Risolverò il problema più velocemente rispetto a lui!”
“Ma se non sai nemmeno come!”
“E’ qui che ti sbagli!” gli sorrisi trionfante.
“Non lo fare, non posso perderti!”
Mi strinse nuovamente tra le sue braccia. La sua presa era salda, forte. Mentre mi teneva contro il suo corpo percepii i suoi muscoli che si rilassavano, come se io fossi il suo bagno caldo personale.
“Possiamo lavorare in squadra!” sussurrai “Tu e io, niente Alex, niente società segrete che ci osservano, niente pericoli!”
Si staccò da me, con mia enorme gioia e mi fissò negli occhi.
“Ci saranno i pericoli!”
Sorrisi debolmente “Ma ci guarderemo le spalle l’un l’altro!”
Mi veniva da vomitare tanto la mia voce era mielosa, eppure sapevo che stavo davvero giocando bene il mio ruolo.
Sorrise e nuovamente mi abbracciò stavolta con più forza, come se non volesse farmi fuggire via.




Non so che dire su questo capitolo. Sinceramente non mi soddisfa completamente, ma è un passaggio obbligatori per ciò che dovrà accadere.
vengono introdotti due personaggi che si riveleranno piuttosto importanti: Edward Cyfer e Myria.
So che in 'Glances Game' molti non hano apprezzato la storia di Grace, forse era un po' smilata, ma alla fine si è rivelata utile. Con questa accadrà più o meno la stessa cosa e non sarà smileta, quindi spero davvero di riuscire a non annoiarvi.
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno recensito lo scorso capitolo: le vostre parole mi danno forza, in parte è merito vostro se cerco di rendere questa storia migliore. Garzie anche a chi mette la storia tra le seguite, le preferite e le ricordate: in quelahce modo rendete Gioco di prestigio speciale e per questo ve ne sono immensamente grata.
Al prossimo Mercoledì.
Daisy

 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Daisy Pearl