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Autore: bennina_bennina    16/10/2013    1 recensioni
Primwood, piccola cittadina della Virginia, sembra essere tranquilla, lontana dal crimine e dagli avvenimenti misteriosi. Ma nulla è come sembra. Essa è la casa del potente stregone Lucian, famoso per aver sconfitto le altre creature sovrannaturali e aver imprigionati i suoi più grandi nemici. Egli vive nell'ombra, come potente imprenditore, insieme al figlio Cameron ( e la sua ragazza-strega Aria), agli aiutanti Seline, Delia e Walden e all'amata figlia adottata diciotto anni prima: Victoria. Ma Victoria non sa nulla della sua famiglia. E non sa nemmeno di avere un segreto che potrebbe sconvolgere tutta la sua vita: in verità Victoria è una fata, nemica del mago e l'unica in grado di sconfiggerlo. Infatti verrà contatta da una segreta comunità composta da fate, demoni, vampiri, licantropi, sirene decisa a togliere il potere dalle mani di Lucian. Come potrà lottare contro colui che poco prima considerava suo padre e amava? Una lotta contro le proprie emozioni. Inoltre Victoria di ritroverà nel bel mezzo di una complicata situazione amorosa bel lonatano dall'essere risolta. Inoltre le appassioanti storie di altri personaggi andranno a incrociarsi con la sua. Le scritte verdi individuano canzoni suggerite per godersi al meglio la lettura. Leggete e commentate :D
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Incest, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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  • Scusa, scusa, scusa il ritardo! – disse, Kate, arrivando armata di ombrello e scivolando quasi su una pozzanghera.
  • Tranquilla, sono appena arrivata anche io – mentii, sorridendole.
  • Non credo – disse lei – ma grazie. Scusa, ma madre aveva bisogno che l’aiutassi a caricare alcune cose sul suo camioncino. La domenica va in alcune fiere a vendere i suoi gioielli fatti in casa. Così arrotondiamo un po’.
Le sorrisi senza dire nulla, mi sentivo maledettamente a disagio. Sapevo di essere infinitamente più ricca di loro e avevo paura di sembrare una che se la tirava, che disprezzava gli altri. Ma io non ero nulla di tutto ciò, non mi accorgevo nemmeno di quanti soldi possedeva la mia famiglia.
 
  • Allora andiamo? – le chiesi indicandole la fila, davanti al botteghino dei biglietti.
Ci mettemmo in fila dietro due ragazze bionde. Kate osservò meglio una delle due, la più bassa, che dopo qualche secondo si voltò verso di noi. Era molto carina e sembrava sensuale anche solo nel modo di voltarsi e di guardarci. Anche la sua amica si voltò; credo fosse la ragazza più bella che avessi mai visto. Aveva una bellezza genuina, naturale.
 
  • Kate! – esclamò la più bassa – anche tu qua?
  • Ciao Jenna, si non potevo mancare!
  • Certo, è un film stupendo! Ti presento mia cugina Cassidy, è entrata anche lei nel club di teatro. È appena arrivata da Los Angeles.
  • Ciao – ci salutò Cassidy, con un sorriso.
  • Piacere – le dissi io.
  • Lei è … – disse Kate indicandomi.
  • Victoria Morgan, lo so – disse Jenna – l’ho intravista spesso nei corridoi.
  • Anch’io ti ho visto spesso  – mentii, non so perché ma non mi ricordavo per niente di quella ragazza, sebbene fosse decisamente indimenticabile.
  • Oh è il nostro turno – disse Jenna – beh ci vediamo dentro, a dopo!
  • A dopo – le fece eco Cassidy.
Aspettammo il nostro turno nel silenzio, scandito solo dal rumore delle gocce che si scontravano con l’asfalto. Dopo che Jenna e Cassidy ebbero finito, ci avvicinammo al botteghino.
 
  • Due biglietti – dissi alla ragazza alla cassa, una bellissima mora dalla pelle olivastra e i capelli lunghi, porgendole dieci dollari prima che Kate potesse dire qualcosa.
  • Ecco qua – disse lei, abbozzando un sorriso.
Io e Kate ci allontaniamo dalla fila e le diedi il suo biglietto.
 
  • Quanto ti devo? – mi chiese prendendo mano al portafoglio.
  • Niente, è un regalo.
  • No, non  è giusto. Dai, dimmi quanto è!
  • Non è nulla. Se proprio vuoi tu potrai regalarmi i pop-corn.
  • Un quintale di pop-corn.
  • Hey, scusi! – fece una voce alle mie spalle.
Apparteneva ad una ragazza bionda, molto carina, vestita con un impermeabile nero. Aveva in mano la mia sciarpa, che probabilmente era caduta fuori dalla borsa quando avevo tirato fuori il portafoglio.
Mi avvicinai a lei e man mano che la vedevo da vicino potevo contare ogni lentiggine sul suo viso candido.
 
  • Ti è caduta – mi disse, offrendomi la sciarpa.
  • Grazie – risposi afferrandola.
Non cosa successe, ma fu come un brivido, ma non fu spiacevole. Fu solo totalmente strano. Era come se il mio corpo fosse stato attraversato da una scossa elettrica, una scossa che mi aveva dato potenza; non so come ma sentivo che il mio braccio era potente, che io ero potente. Vidi la ragazza che mi fissava, ma non sembrava impressionata dalla mia reazione da babbea. Piuttosto, mi guardava negli occhi, come se qualcosa fosse successo anche lei. Possibile che anche lei avesse provato quel brivido di potenza?  Ma che cavolo stavo dicendo?! Ero davvero un’idiota. Semplicemente mi ero sognata quella cosa, forse avevo solo il braccio che si era addormentato. Feci un sorriso alla ragazza e raggiunsi Kate, che mi stava aspettando con i biglietti in mano davanti all’entrata.
 
  • Pronta – mi chiese?
  • Pronta – risposi, rimettendo la sciarpa dentro la borsa. Mi voltai per un secondo; la ragazza non c’era più.
 
 
  • Beh sappi che sono secoli che voglio vedere questo film! – mi disse Kate, appena ci fummo sedute, entrambe con in mano un secchio di pop-corn – Appena ho visto il trailer me ne sono subito innamorata.
  • Beh il tuo sogno sta per diventare realtà – le dissi, infilandomi in bocca una manciata di pop-corn.
  • Chissà dove sono Jenna e la sua amica – si chiese guardandosi intorno.
Beautiful- James Blunt
Anche io mi guardai intorno, alla ricerca delle due bionde, ma non sembravano lì. Il mio sguardo attraversò tutta la sala e il mio cuore di colpo si fermò. Era l’ultima cosa che avrei voluto vedere. Poche file davanti c’erano loro, loro che chiacchieravano con la testa vicina, loro che ridevano insieme, loro che si scambiavano sguardi d’intesa. Troy e Mary. Per un attimo mi sembrò di non respirare più. Quello che lui mi aveva detto la sera prima, quell’abbraccio, tutto mi sembrava solo una menzogna. Mi sentivo solo una stupida. Volevo solo andarmene da quella sala. Per quanto troy potesse dire di provare qualcosa per me, nulla avrebbe potuto cancellare il legame tra loro due. Kate seguì il mio sguardo e alla vista di quei due spalancò la mia bocca.
 
  • Oddio, scusa, non avrei mai dovuto costringerti a venire a vedere questo film! – esclamò, sembrava sinceramente dispiaciuta.
  • Tranquilla – le dissi, non volevo farle venire i sensi di colpa, era la persona più vicina ad un’amica che avevo, sebbene la conoscessi da davvero poco.
  • Mi dispiace così tanto. Se vuoi ce ne andiamo – propose.
  • Assolutamente no! Hai detto che non vedevi l’ora di vedere questo film. Ora guardiamolo.
  • Sicura?
  • Si – cercai di abbozzare un sorriso.
Qualche secondo dopo la sala divenne buia e il chiacchiericcio si spense. Cercai di prestare attenzione alle figure che si muovevano sullo schermo, ma il mio cervello non poteva che essere a migliaia di anni luce  da lì, ero totalmente sul pianeta Troy. Dopo la sera prima ero così piena di aspettative, non avevo fatto che sognarlo durante la notte, ma lui, lui era lì con la sua ragazza, nonché colei che doveva essere la mia migliore amica. Era quella la realtà, tutto il resto era solo fantasia.
Quanto volevo andarmene da lì, con tutta me stessa. Poi capii che c’era qualcosa che non andava. C’era qualcosa, qualcosa che mi spingeva ad andarmene fuori, molto più potente della mia stessa volontà. Era più qualcosa di fisico. Tutto il mio corpo mi stava dicendo che dovevo andarmene fuori. Per qualche minuto cercai di resistere, ma era più forte di me. Dovevo uscire.
 
  • Vado in bagno – sussurrai a Kate, che si girò verso di me ed annuii.
Afferrai la borsa e cercai di raggiungere la porta nel modo più discreto possibile e soprattutto cercando di non guardare Mary e Troy. Appena fui fuori respirai a pieni polmoni la situazione sembrava un po’ migliorata, ma il mio corpo mi spingeva ad andare ancora avanti. Ma avanti dove? Decisi che forse avevo dormito troppo poco, che erano solo postumi della stanchezza e mi diressi verso il bagno per potermi dare una sciacquata, per poi ritornare in sala. Spalancai la porta del bagno; la ragazza con l’impermeabile era lì, dalle sue mani sgorgavano flussi di luce bianca.
 
  • Finalmente! – esclamò.
 
 Seven Devils – Florence and the Machine
 
  • Sei arrivata – mi disse, sorridendo, i flussi bianchi provenienti dalle sue mani sparirono.
  • Cosa?
  • Ti stavo aspettando.
  • Chi sei tu? – la attaccai.
  • Ti spiegherò tutto, solo non qua. Ti prego, andiamo fuori dal cinema.
  • Dammi un buon motivo per farlo. Perché dovrei seguirti? Potresti essere una maniaca, una persona pericolosa, un’assassina.
  • Oh, ti assicuro che tu ogni giorno stai a contatto con persone che hanno commesso molti più crimini di me; quelli sono i veri assassini.
  • Che cosa vuol dire? In che senso?
  • Te l’ho detto. Io ti dirò tutto. Devi solo seguirmi.
  • Dove?
  • Solo fuori dal cinema
  • Ok – dissi di getto.
Uscimmo per una porticina di servizio che portava in piccolo vicolo. Aveva smesso di piovere, ma l’aria era comunque fredda.
 
  • Allora? Ora siamo fuori mi sembra.
  • Ed infatti ora ti dirò tutto.
  • Chi sei tu?
  • Mi chiamo Candice.
  • Bene, Candice, e chi ti credi essere per venire qua a dire certe cose?
  • Tua sorella.
 
Il mondo si fermò, tutto si fermò, perfino io smisi di respirare, di pensare, il mio cuore non batteva. Avevo mal di testa. Non sapevo perché le parole di quella ragazza mi avevano colpito così, perché mi avevano fatto quell’effetto. Forse perché c’era stato un qualcosa in lei mentre le diceva, non poteva essere una burla. L’avevo detto come se fosse stata la cosa più importante della sua vita. Mi accorsi che ero seduta. Dovevo essere caduta a causa dello sbigottimento. Lei mi guardava, stringendo le labbra, sembrava preoccupata dalla mia reazione. La osservai, cercando stupidamente di trovare qualche somiglianza tra noi. I capelli biondi, ma quello non era troppo irrilevante. I tratti dolci, le guance rosse, ma non erano ancora abbastanza. La guardai negli occhi. Cavolo, erano celesti. Quante volte avevo visto occhi simili allo specchio, che mi guardavano. Quante volte mi avevano riempita di complimenti per quegli occhi, uguali a quelli che ora mi stavano guardando preoccupati. Non stava mentendo.
 
  • In che modo tu puoi essere  mia sorella?
  • Quello che tu credi sia tuo padre in realtà non lo è. Lui … è una persona terribile. Lui è nostro nemico, tuo nemico.
  • Cosa vuol dire? Perché mio padre, che non è mio padre in verità, dovrebbe essere mio nemico?
  • Perché lui è uno stregone.
  • L-lui è un cosa?
  • Uno stregone. E anche molto potente. E tu, Victoria, come me sei una fata.
Ora la situazione stava sfiorando i limiti dell’assurdo. Io non ero una fata e mio padre ( o non-padre) non era uno stregone. L’avrei saputo o capito o qualcosa del genere se fosse stato così.
 
  • Tutto ciò non ha senso.
  • Capisco che possa essere difficile. Ma ti posso dire tutto. Non ora, però. Dovrai venire in un posto. Scarlet Road numero 7. Non è sicuro parlare al di fuori di quel post..
Non fece in tempo a finire la frase che qualcosa arrivò. Non sapevo cosa fosse, era arrivato talmente velocemente che non ero riuscita a distinguere nulla. Di fronte a me si erano come materializzati un uomo ed una ragazza. L’uomo era sulla trentina, dal volto pallido e occhi come il ghiaccio. Anche la ragazza aveva la pelle pallida, ma con una leggera sfumatura olivastra. Entrambi mi guardarono per qualche millisecondo e poi si voltarono verso Candice, sembravano molto allarmati.
 
  • Devi portarla via da qua – disse l’uomo, la cui voce era profonda.
  • Loro stanno arrivando e non devono vederla – continuò la ragazza.
In quel momento arrivarono altre due persone nel vicolo. Erano due ragazzi e, sbigottita, capii che li conoscevo già. Uno l’avevo visto in giro, lavorava in un negozio di dischi, e l’altro era il ragazzo del ballo. Avevo immaginato che ci fosse qualcosa di strano in lui, ma trovarmelo lì davanti, così fu davvero assurdo.
 
  • Tu! – esclamai, mettendomi in piedi.
  • Si, dolcezza proprio io – rispose lui, con un sorriso sghembo.
Prima che potessi muovermi mi aveva sollevato di peso e mi stava trascinando di nuovo dentro al cinema attraverso la porticina, Candice ci seguiva. Lasciò la porticina semi-chiusa, così che potessimo avere una visuale del vicoletto.
 
  •  Chi è che sta arrivando? – chiesi, ancora sorpresa.
  • Zitta! – fece lui e mi tappò la bocca con una mano.
Decisi di non ribellarmi, mi sembrava di non avere la forza necessaria a fare uno sforzo simile. Poi si sentirono dei passi nel vialetto. “Loro” stavano arrivando. Ma chi erano loro?
 
  • Eccoci qua – fece una voce femminile.
Un peso mi cadde addosso, conoscevo quella voce. Era quella di Delia.
 
  • Ebbene si – rispose l’uomo.
  • Kellan, Kellan, Kellan – fece un’altra voce conosciuta, quella di Seline – lo sai che a lui non piace quando trasgredite le regole.
  • Nessuna regola è stata trasgredita – rispose a tono la ragazza che era arrivata con Kellan.
  • Zitta, vampira – disse Delia.
Vampira? Cosa significava vampira? I vampiri non esistevano, o almeno così credevo.
 
  • Tu non hai alcun diritto di zittirmi – ringhiò la ragazza in risposta.
Ora potevo vedere Seline e Delia, insieme a Walden, silenzioso. Tutti e tre vestivano di nero, come loro solito e stavano di fronte a Kellan, la ragazza, il ragazzo che avevo già visto, più un altro che doveva essere arrivato quando io ero già dentro.
 
  • Io ho tutti i diritti che voglio – rispose Delia, sprezzante, avvicinandosi di più alla ragazza – Melinda, giusto? Cara, tu sei solo feccia.
  • Peggio della feccia – aggiunse Seline.
La ragazza aprì la bocca, potevo notare i suoi canini appuntiti, il contorno dei suoi occhi si era riempito di pieghe, la sua faccia sembrava quasi mostruosa. Merda, forse era davvero una vampira.
 
  • Oh, guardate quanta diversità. Due vampiri -  Delia indicò Kellan e Melinda – un licantropo – indicò il ragazzo che non avevo mai visto – e un demone – per ultimo il suo sguardo si soffermò sul ragazzo arrivato con il biondo.
  • È un bene che voi feccia continuiate a unirvi. Tanto anche cento di voi non farebbero uno di noi. Vi stermineremmo comunque – disse Selina, tra i denti.
Il ragazzo già visto, si chiamava Michael o qualcosa del genere, fece uno scatto in avanti contro Seline e dal suo corpo sembrava uscire un alone di fumo grigio. Lei sembrò quasi ribaltarsi all’indietro. Poi all’improvviso si accasciò a terra, come se qualcosa lo avesse ferito. Walden aveva steso un braccio e la sua mano era aperte rivolta verso il ragazzo. Capii che doveva centrare lui.
 
  • Prova a toccarla di nuovo e ti faccio fuori nel modo più doloroso che conosco – disse, continuando a tenere la mano aperta.
  • Smettila! – urlò Kellan – Sai che neanche il tuo capo sarà felice se lo ucciderai.
  • Non credo che si preoccupi per della feccia.
  • La feccia sarai tu! – esclamò il ragazzo che non avevo mai visto.
  • Cos’hai detto, cucciolo? – fece Delia adirata, girandosi verso di lui.
  • Che succede qua? – una voce fece cadere tutti in silenzio.
Ecco che sui suoi tacchi altissimi, ancheggiando nei suoi jeans aderenti, arrivò Aria. Cosa centrava Aria in tutto ciò? Il suo arrivo sembrò placare gli animi. Walden ritirò la mano e Michael, di conseguenza, smise di accasciarsi dal dolore. Delia, Seline e Walden, si ritirarono di lato, come se avessero timore di lei.
 
  • Gli scagnozzi sono un po’ permalosi  - rispose Kellan, l’unico che osava guardarla negli occhi.
  • Forse – e si girò per qualche secondo verso i tre – non hanno ben capito come funzionano le cose. Ma neanche voi sembrate averlo capito bene. È successo qualcosa di strano qua e per quanto possiate negarlo noi lo scopriremo. O con le buone … oppure con le cattive. Su, andiamo! – disse rivolta ai tre e tutti e tre uscirono dal mio campo visivo.
Jar of hearts – Christina Perri
Il ragazzo biondo mi tolse la mano della bocca e mi sembrò di respirare per la prima volta dopo anni. Dovevo mettere in ordine tutte le cose che erano successe, tutte le persone che avevo visto, tutte le cose che avevano detto. Dovevo andare via. Senza dire una parola corsi lungo il corridoio, senza guardarmi indietro e raggiunsi l’uscita principale. Da lì cercai la mia macchina, salii e guidai fin dove avrei potuto guidare.
 
Ero arrivata. Il lago era rosso, rifletteva lo splendido tramonto che irrorava il cielo. Raggiunsi velocemente il lago e mi buttai a terra, mi tolsi le scarpe, la giacca. Avevo caldo, stavo morendo di caldo. Volevo solo dormire e svegliarmi capendo che era tutto uno stupido sogno. Perché era per forza uno stupido sogno, quelle cose non potevano essere state dette. Sentii un rumore e mi voltai. Eccolo lì, il biondo, che mi guardava con la faccia dubbiosa.
 
  • Mi hai seguito! – lo attaccai.
  • Si, volevo prevenire che facessi cavolate.
  • Tipo?
  • Tipo qualsiasi cosa – rispose lui, sedendosi al mio fianco.
  • Chi sei tu?
  • Chiamami Dexter – rispose lui, con un sorriso.
  • Victoria – risposi io , rendendomi conto che nonostante tutto non potevo fare a meno di abbozzare un sorriso.
  • Lo sapevo già, ma è un bel nome.
  • Quin-quindi tu sia qualcosa di tutto ciò?
  • Si, io lo so. E non sai quanto vorrei dirtelo.
  • E perché non lo fai?
  • Perché non posso. Non è giusto che te lo dica io, non così. E poi non è per niente sicuro, anche qui. Oggi abbiamo rischiato molto per contattarti, come puoi aver notato.
  • È tutto così confuso. Sembra quasi un incubo.
  • Lo so, lo so. Ma ti prometto che se ci cerchi tutto diventerà chiaro.
  • Davvero?
  • Si, te lo prometto io.
Lo disse con un tono dolce, sembrava una persona totalmente diversa rispetto a quella che avevo conosciuto al ballo.
 
  • Ho sonno – dissi, davvero intontita.
  • Dormi. Io sarò qua a vegliare su di te. E ti sveglierò quando sarà ora di andare.
  • Posso fidarmi di te? – gli chiesi, mentre mi accoccolavo contro il suo petto.
  • Sempre.
  
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