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Autore: Teyra Five    16/10/2013    7 recensioni
Il mondo è diviso in quattro: la terra dei Vampiri, quella dei Licantropi, quella dei Maghi ed, infine, degli Umani.
Elsa è un vampiro, è stata trasformata all'età di cinque anni dal capo dei Vampiri, Samuel, ed ogni volta che guarda nei suoi occhi le sembra di averlo già conosciuto.
Da secoli durano sanguinose guerre tra le quattro razze e solo pochi ne sanno il vero motivo e Samuel non vuole rivelarlo ad Elsa.
Perchè? Cosa nasconde il capo dei Vampiri? Cosa lo lega al passato di Elsa?
Dal capitolo XIII:
Il giovane si accomodò accanto alla ragazza prendendole una mano baciandola. Lei tremò, sentiva i brividi.
Ormai erano tanti mesi che si conoscevano, uscivano di nascosto, parlavano di tutto e di più. Era abituata a sentire le labbra di lui sulle sue mani, ma ogni volta sentiva sensazioni nuove, come se fosse sempre per la prima volta.
Il ragazzo la guardò negli occhi regalandole un sorriso, un raggio di luce.
-I vostri occhi mi ricordano l'oceano. L'oceano di Elisaveta -le disse.
-L'oceano? Ma i miei occhi sono marroni!
-Oh, Lisa, l'oceano non si misura in base al colore, ma in base alla profondità del cuore.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XV: la mia Lisa

Presi per la mano Diana trascinandola verso la porta. Non avevamo neanche discusso, nemmeno una parola o una frase del genere: '' Dobbiamo seguirli! Chissà dove sono andati!''.
No. Ci era bastato uno sguardo per capire le intenzioni dell'altra.
-Intanto, dove dobbiamo andare precisamente? -chiesi mentre stavamo scendendo le scale. Alcuni vampiri che ci stavano andando incontro mi guardarono per poi sussurrare qualcosa di simile a ''Si è già ripresa, peccato''.
-Nelle miniere, dove vuoi andare, scusa? Al cesso? -rispose Diana spostandosi la frangia nera.
-Hai scoperto l'America. Lo so che dobbiamo andare nelle miniere, ma dove sono? Hai detto che sono in un'isola, ma sai quante ce ne sono?
-Quante? -chiese fermandosi. I suoi occhi blu brillarono, mi prendeva in giro, ma non mi sembrava il momento migliore.
-Non lo so -le risposi continuando a guardarla, ma lei sorrise e ricominciò a camminare.
-Comunque, non mi ricordo come si chiama... -disse. Ci guardammo a vicenda con lo sguardo ''Ma-che-cavolo-mi-guardi?''.
-Guarda nel libro -le suggerì indicando il libro che teneva con la mano destra.
-Ah sì, è vero.
''Che genio''.
-Harwalli. No, aspetta. Harwai. No. Hawaii... -disse infine.
-Bene.
Ci dirigemmo verso la porta, ma andai a sbattere contro qualcuno. 
La ferita ricominciò a farmi male, una scossa elettrica mi attraversò il corpo ancora stanco e debole. Alzai lo sguardo verso il colpevole. Mr Areiv.
''Sei morto, Mr Areiv!'' -pensai guardandolo male.
Prima che potessi rimproverarlo lui mi parlò:
-Oh, mi dispiace. Dove andate così di fretta? -chiese aggiustandosi i suoi baffi da due centesimi. Che schifo.
-Ma cosa ti interessa? -s'intromise Diana chiudendo il libro e nascondendolo dietro la schiena.
-Veramente...ma sei ancora qui? Vai nella tua cucina! E comunque andiamo alle Harwaii! -dissi io.
-Hawaii, Elsa -mi corresse Diana.
-E' lo stesso!
-Non sei ancora la regina, quindi non darmi degli ordini. -rispose calmo Mr Areiv.
-Regina? -ripetei disorientata.
-Lo sanno tutti che da quando sei arrivata il capo ha perso la testa per te.
Arrossii sentendo le guance diventare calde, come se fossi in mezzo al fuoco. 
-Ma che dici...stupido finocchio...vai nella tua cucina... -balbettai guardando da un'altra parte.
-Va bene, arrivederci! -disse Diana e mi trascinò con sè verso la porta.
Vrykolakas, come tutti gli altri Regni tranne quello umano, erano dei mondi paralleli. Si diceva che furono creati dallo stesso mago, padre dei vampiri e i licantropi, grazie alla magia. Prima, tutte le razze abitavano sulla Terra, ma poi si decise di staccarsi e vivere nei mondi a sè. 
Nel Regno dei Vampiri, i raggi solari erano molto deboli, perciò non avevamo quasi danni se uscivamo fuori durante il giorno. Ma io stavo andando sulla Terra, dove tutto era diverso, perfino la luce, soprattutto in una zona come quell'isola.
Fuori faceva abbastanza fresco, un leggero venticello mi accarezzava il viso e i capelli si disperdevano nell'aria.
-Adoro il vento -disse Diana chiudendo gli occhi per godersi quel tempo calmo.
''Ed io odio la luce'' -pensai. Questo problema era abbastanza grave se ci avessimo messo molto tempo, ma, dopottutto, nelle miniere i raggi solari quasi non arrivano. Era l'unico pensiero che mi tranquillizava. E poi anche Samuel ci era andato.
Eravamo già vicine ai Cancelli Oscuri, quando Diana mi disse:
-Pronta?
-Certo!
Il mio corpo sembrò strapparsi a piccoli pezzettini, ma non provavo alcun tipo di dolore a parte la ferita. Mi sentivo pesante, la mente non riusciva a pensare a nulla ed era strano avercela completamente vuota, sembrava quasi di esser morti.
La morte.
All'improvviso pensavo di essermi addormentata e vedere un film, all'inizio non riuscivo a vedere nulla.

-Spero che ti sei vendicato, ora. -disse la donna dai lunghi capelli biondi e mossi. Le lacrime le rigavano il viso, la voce sembrava un sussurro, ma carico di odio e di sofferenza. Le mani tremavano mentre teneva fra le braccia il corpo di suo marito.
-Oh, Myriam. La mia vendetta è solo cominciata -le rispose l'uomo davanti a lei. Un sorriso apparve sul suo volto, ma non era un sorriso di gioia o di pace raggiunta, non era un sorriso di una persona che cercava vendetta. Era un sorriso spento e triste, pieno di dolore che non avrebbe potuto mai e poi mai descrivere a nessuno. 
-Sei terribile...guarda cosa hai fatto...hai ucciso Kendel e tante altre persone innocenti...sei un mostro... -continuò Myriam e le sembrò soffocare, così come morì 
prima suo marito.
-Mi parli tu dell'innocenza? Parli tu?! -urlò l'uomo.
-Kendel ha fatto una cosa orrenda, è vero, non ha...non aveva scuse per questo. Ma cosa c'entrava il nostro popolo?
-Soffri, Myriam, soffri. E non ti credo. Non ti interessa nulla del popolo, questa sì che è una scusa. Non ci crederò mai a quello che dici. Soffri. Soffri come soffro io.
-Non te lo perdonerò mai. Mai!
-Sarò io che dovrò perdonare te e la tua stupida razza. Ma la guerra è appena cominciata, e fino alla fine dei miei giorni non ti darò pace.
-Cosa ci avrà trovato in te quella povera ragazza...
-Non potrai mai capire, tu. E non osare nominarla -sussurrò il ragazzo con la voce tremante.


Mi ritrovai per terra con davanti la faccia di Diana che mi guardava preoccupata. Cercava di farmi aria con il libro, come se fosse un ventaglio. Quando vide che avevo aperto gli occhi, lasciò un sospiro, mettendo la mano sul cuore.
-Dio, pensavo fossi morta.
-Uhm... -balbettai alzandomi. Tenevo la testa fra le mani, il dolore mi attraversava ogni vena, ogni cellula del mio corpo bruciava. 
Cos'erano quei continui ricordi? Perchè non riuscivo a riconoscere i volti delle persone? Almeno la voce, perchè no? Mi sembravano solo degli urli lontani, cristallini.

Lui teneva l'altro uomo con la mano destra per il collo. 
Il poveretto era molto più adulto dell'altro. Aveva lunghi capelli neri e gli occhi gialli. Si era quasi trasformato, ma troppo tardi.
-Oh, stai soffocando? Proprio come la mia Lisa. -rise l'altro stringendo ancor più forte il collo. Il moro cercò di strappare la sua mano, ma era troppo forte -Dimmi come ci si sente, bene? Stava bene la mia Lisa? Stava bene?! Perchè stai zitto? Ah, scusami, non puoi parlare, Perchè ti manca l'aria, perchè stai soffocando, perchè non riesci a dire nulla visto che non hai fiato. Così si sentiva Lisa, così. E' bello sapere che stai per morire? Dimmi, è bello? Rispondi! Hai riso tu, quando lei stava morendo, hai solo riso. 
-S-s-scusami... -riuscì a mormorare il moro.
-Scusami? -ripetè l'altro- No. Mai e poi mai. Lisa non tornerà, non tornerà grazie alle tue scuse. O sì? Tornerà? Tornerà? 
-L-l-lasciami...
-Ti supplico! -urlò la moglie del moro, seduta in un angolino, con le ginocchia al petto e le lacrime lungo le guance.
-Guarda come sta tua moglie. Lei sì che ora potrà capire come mi sentivo io. La mia Lisa...dov'è, ora, la mia Lisa?! -chiese con un urlo soffocato e scareventò 
fortemente il corpo del moro contro il muro di pietra. E questo morì in un batter d'occhio.

-Oddio, non ce la faccio più, Diana, non ce la faccio più! -gridai stringendo più forte la mia testa che sembrava esser sul punto di scoppiare.
-Elsa, ma che ti succede? -mi accarezzò il braccio con le dita. La sua voce parve preoccupata, gli occhi erano quasi lucidi. Piangeva per me? -Siamo a Greenwich, è molto lontano dalle Hawaii...pensavo di usare il dominio dell'aria per trasportarci...ma ora che stai male...Dio, Elsa, come posso aiutarti?! Cerco di rintracciare Alex, verrà qui con Samuel, resisti...
Ma ormai non sentivo più nulla. Le ossa sembravano quasi spezzarsi, i muscoli erano duri e bruciavano, tutto il mio corpo tremava. Sentivo il battito del mio cuore in testa e nelle vene, non riuscivo a respirare. E svenni. Di nuovo.

Quando mi svegliai sentii il calore di un altro corpo accanto a me. Delle braccia forti mi stringevano al proprio petto. Mi sentivo bene, in quel momento. Nessun dolore, nessun brutto pensiero.
Delle gocce cadevano facendo rumore che sembrava quasi un eco. A parte quello, il posto in cui ero era silenzioso. Faceva anche più freddo, non che lo sentissi, ma la temperatura sembrava esser cambiata in modo brusco. Aprii gli occhi e notai che stavo stringendo con la mia mano una maglietta nera.
-Elsa... -sussurrò sorridendomi -Finalmente...mi hai fatto preoccupare...
-Samuel? Uhm, dove siamo? -chiesi guardandomi intorno. Delle mura di pietra ci circondavano e c'era il buio totale a parte un buco nel soffitto da cui sbuccavano alcuni raggi bianchissimi e cadevano dei fiocchi di neve.
-Nelle miniere. -rispose accarezzandomi i capelli.
-Ma...io...mi aspettavo...Diana aveva detto che c'era un vulcano...invece...nevica... -dissi confusa.
-Avete sbagliato completamente posto. Siamo in montagna, dall'altra parte della Terra.
''Ti pareva'' -pensai.
-Piccola, non devi più spaventarmi così... -continuò sfiorandomi con le sua dita il viso.
-Io...non so...è che...faccio dei sogni, delle visioni...mi spaventano...e, soprattutto, mi sembra di riconoscere le persone, ma alla fine non è così...cioè...
Samuel mi guardò allarmato smettendo per un attimo di accarezzarmi, ma poi, mi sorrise timido.
-Non pensarci.
-Tu ne sai qualcosa -dissi convinta.
-So solo che capita a tutti di avere le visioni.
-Ed essere quasi sul punto di morire?
-Taci, Elsa, taci.
-Sono più che sicura che stai di cosa stia parlando. Non sono pazza e neanche stupida.
-Shh.
-No...
-Basta...-si fermò sfiorandomi a malappena le labbra con il pollice.
Il cuore riprese a battere veloce, gli occhi blu mi guardavano. Tremai, i brividi mi percorrevano la schiena.
-Alex e Diana dove sono? -chiesi borbottando.
-Tornano fra poco.
-Uhm...mi sento ancora debole...
-Hai fame? -mi chiese. Sul suo viso, però, vidi lo sguardo ''ti-prego-dimmi-di-no''.
-Immagino che sia un problema trovarmi una fonte di sangue, qui, in montagna...
-Sì, è problematico... -rispose.
-Posso resistere. -dissi sorridendo, ma in realtà una fame incredibile si ribellava in me.
-Puoi bere da me.
''Puoi bere da me'' -mi ripetei la frase nel mio cervello. Davvero mi stava dicendo che potevo bere il suo sangue?
Le regole dei Vampiri, date dal mago che ci aveva creato, non che la nostra divinità ormai, dicevano che era illegale bere il sangue di un altro vampiro se non era il proprio/la propria marito/moglie. Era pure considerato un tradimento se il compagno assaggiava il sangue di un altro. Ovviamente, non c'era nessuno che avrebbe potuto punirci, visto che Samuel era il capo, ma comunque erano delle regole importanti che ogni vampiro cercava di seguire per il bene sociale.
-Ma è proibito... -dissi e arrosii. Avrei dato di tutto pur di assaggiarne almeno una goccia.
-Non ci vede nessuno.
-Ma...
-Allora stai qui. Alex e Diana sono andati nel bosco per prendere un pò di legna, hanno freddo.
-Tu puoi dominare il fuoco...
-Sì, ma non volevo averceli fra i piedi. Dicevo, vado a prenderti qualcosa.
-No, ti prego, resta. -lo fermai prima che si alzasse.
-Elsa, da quando non bevi? Ora che stai pure male, poi per la ferita...devi mangiare.
-Non andare. Non andare.
-E che facciamo, allora?
Mi alzai aggrappandomi al suo collo. Leccai la sua pelle morbida, sentivo di nuovo le farfalle nello stomaco, che erano così pesanti da sembrare dei bisonti. Stavo per bere il suo sangue. Del mio capo. Del mio amore. Sentii i denti allungarsi e lo morsi sentendo la sua pelle scoppiare un pochino. 
Era dolce, buono come il miele. Chiusi gli occhi e gemetti. Era una sensazione stupenda. Si diceva che si crea un forte legame tra i vampiri che bevono il sangue uno dall'altro, era un modo per guadagnarsi la propria fiducia.
Samuel mi cinse la vita con un braccio stringendomi forte a sè.

-Vi amo, Elisaveta -disse lui guardandola negli occhi.
Erano ormai tante le volte ch'egli le ripeteva la stessa frase, ma ella sorrideva timidamente ogni volta e il rossore le riappariva sul viso.
-Vi amo anch'io -rispose stringendo la mano di lui.


Era un altro ricordo o sogno o visione o altro. Ma fu l'unico che non mi preoccupò e mi sembrò innocente.
 

     Angolo d'autrice     

Allora, com'è? Ci state capendo qualcosa?
Non posso rivelarvi il gesto simbolico che era un indizio del capitolo precedente, ma ve lo ripeto di nuovo: è un gesto che si era verificato in uno dei sogni di Elsa, prima.
Chissà chi lo scopre ;)

Per ora non ho l'ispirazione giusta per Raccoglitrice di anime, ma scriverò al più presto, credo.

Le recensioni sono diminuite, ma ormai non ho più voglia di farci caso, tantomeno supplicarvi di scriverle, perchè è inutile e non mi servono assolutamente a nulla a parte alzare un pochino l'autostima scesa a zero.

A presto, miei cari :)

Myrtus.
  
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