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Autore: GraStew    17/10/2013    4 recensioni
Irene e Stefano: un amore senza via uscita. Lei, ventidue anni, si è appena diplomata come estetista. Lui, ventisette anni, è un massaggiatore. Si guardano, si desiderano... ma c'è un'enorme differenza tra di loro, che senza dubbio non gli permetterà di stare insieme.
Dal primo capitolo:
"La verità la conosceva bene.
Era innamorata di lui.
Dalla prima volta che l’aveva visto non aveva smesso un attimo di pensarlo e ora che se lo ritrovava a pochi passi il suo cuore non voleva smettere di battere così velocemente."
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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La differenza tra me e te

*Prega per lui*

 
 
 
Il lento scrosciare della pioggia e l’assiduo silenzio erano da due giorni  gli unici compagni  di Irene.  Affacciata alla finestra, osservava le grigie nubi che si stagliavano nel cielo plumbeo. In quel momento, pensò che il tempo rispecchiasse alla perfezione il suo umore. Si sentiva stupida, senza forze e soprattutto senza via d’uscita. Era come se mille lame le stessero trafiggendo il petto. Le sembrava di essere all’interno di un tunnel buio; voleva vedere la luce, ma al contempo sapeva che non l’avrebbe rivista per molto tempo.  Era a conoscenza del dolore che stava provocando ai suoi genitori. Sapeva di essere egoista, ma non riusciva a trovare la forza di combattere il demone interiore che la stava lentamente consumando.  Si era innamorata di Stefano forse dalla prima volta che l’aveva visto e aver saputo la verità le aveva fatto male. Era  incappata in una situazione insostenibile. Lui era sposato e aveva un bambino che lo aspettava a casa la sera. Una povera creatura indifesa che amava suo padre e che aveva bisogno di averlo accanto in ogni tappa della sua vita.
Irene stessa venerava Nino, suo padre; al solo pensiero di non poterlo vedere più tutti i giorni le si accapponava la pelle.
No! Non avrebbe mai permesso che un bambino innocente soffrisse a causa sua. Pensò ad un modo per ricominciare, per tornare a lavoro senza doversi ritrovare Stefano davanti, ma si ritrovò a scuotere la testa esasperata anche per le continue lacrime che le solcavano il viso.
Pensò anche a come spiegare tutto ai suoi genitori. L’avrebbero capita o accusata? Sorrise perché sapeva in cuor suo che le sarebbero rimasti sempre accanto, in qualunque caso. Teresa era seduta in cucina, intenta a sorreggersi la testa con le mani. Se la sentiva pesante ed era entrata in uno stato confusionale, dovuto al fatto che non sapeva cosa fosse successo alla figlia per ridurla in quello stato pietoso. L’aveva vista soffrire, ma mai in quel modo. Si domandò chi fosse il colpevole. In cuor suo, sapeva che c’era un ragazzo di mezzo. Teresa era davvero esausta e questo influiva anche sul suo rapporto con il marito. La convivenza dentro casa Canale stava diventando insostenibile; lei e il marito litigavano in continuazione perché avevano pensieri  diversi su come affrontare la situazione.
Teresa era più paziente e per questo voleva lasciare a Irene il tempo necessario a smaltire la cosa, sebbene le facesse male vederla ridotta così. Nino, invece, essendo un uomo testardo e frettoloso, voleva buttare giù la porta e spronarla a parlare. Non riusciva a sopportare l’idea di sua figlia chiusa dentro quelle quattro mura a piangersi addosso.
Per questo motivo si scontravano spesso, tant’è che Nino preferiva uscire di casa molto presto la mattina.
Teresa si fece forza, allisciò il grembiule che aveva legato in vita e si avvicinò alla porta di Irene.
«Amore della mamma, esci. Ti preparo qualcosa di buono. Non dobbiamo parlare di niente se non vuoi. Però, esci da questa stanza» disse la donna con un filo di voce, mentre bussava alla porta con le sue piccole mani. Non ricevette risposta, anzi Irene accese lo stereo a tutto volume. <>, pensò Teresa scuotendo la testa; questo era davvero un pessimo segno. Doveva assolutamente escogitare qualcosa. Innanzitutto aprì il frigo ed estrasse il burro, le uova e il cioccolato. Prese, in seguito, gli ingredienti per i due piatti preferiti di Irene: ravioli ripieni con ricotta e spinaci e involtini di carne, con contorno di patate al forno. Erano gli unici due piatti, insieme alla torta al cioccolato e nutella, a far tornare il sorriso alla ragazza.
Avrebbe cucinato fino al giorno dopo se fosse servito a far uscire la figlia da quella stanza,  stanca anche lei di sentire tutte quelle lacrime.
Prima di mettersi all’opera, prese il cellulare e compose uno dopo l’altro i numeri delle persone che sapeva le avrebbero potuto dare una mano se non avesse funzionato la cena.
Nel frattempo dall'altra parte della città, a nord di una Milano caotica, una coppia litigava furiosamente dentro le mura del proprio appartamento.
Stefano e Mariangela non facevano altro da cinque mesi ormai. Si insultavano per ogni cosa, non si sopportavano più. I litigi erano all’ordine del giorno e non sapevano quanto ancora avrebbero resistito prima di chiedere il divorzio.
Litigavano per ogni sciocchezza, come ad esempio la tavoletta del wc alzata o i calzini fuori posto.
«Non gridare!» esclamò a voce alta la giovane donna contro il marito. «Non sopporto più le tue stupide chiacchiere» continuò imperterrita, avvicinandosi pericolosamente all’ormai esausto Stefano.
Lavorava tutto il giorno senza sosta per garantire tutto il necessario a suo figlio e anche a lei… e questo era il ringraziamento.
«Sei tu, cazzo! Sei ridicola e mi stai accusando di una cosa che non sai con sicurezza. Su cosa basi le tue fottute accuse?» chiesi lui con voce sprezzante.
«Il tuo lavoro fa schifo!» sottolineò lei. Era davvero arrabbiata, ma non riusciva a capire che così facendo avrebbe solamente perso suo marito.
«Si da il caso che è grazie al mio lavoro se vai dall’estetista, se tuo figlio ha cosa mangiare. Si da il caso che mi sacrifico ogni santo giorno per farvi felici e ora… ora tu mi dici che non ti piace solo perché sei gelosa? Ti rendi conto?». Stefano era sfinito dalle continue accuse che sua moglie gli rivolgeva da cinque mesi.
Sapeva che nel suo cuore non c’era più posto per la moglie, ma ancora non si era deciso a parlargliene. Era forse il momento giusto? Non voleva farla soffrire, perché di mezzo ci sarebbe andato anche Cristian, il figlio.
Erano tre mesi che conosceva Irene e sua moglie lo accusava da molto prima; Ogni giorno lo accusava, lo insultava.
Era lui il pazzo? O lei? Okay, forse sua moglie aveva ragione ma lui non si sentiva in colpa.
«Mi stai ascoltando? A cosa diavolo pensi?» sbottò Mariangela, scuotendo la testa con vigore. «Lo vedi? Guardati allo specchio! Non ti riconosco più. Sei sempre con la testa da un’altra parte, non usciamo più, non ridiamo più».
«Ti sei mai chiesta il perché?» le chiese senza giri di parole. Aveva appena deciso di confessare tutto; non poteva più stare in silenzio. Voleva uscire allo scoperto prima che fosse troppo tardi.
«Sì,  ed è tutta colpa tua e del tuo stupido lavoro» gridò esasperata.
Per fortuna,  il piccolo non era presente, altrimenti avrebbe assistito ad una scena davvero pietosa. Come glielo avrebbero spiegato?
Cosa gli avrebbero detto per non farlo piangere? Non andava bene, non era la solita lite che terminava un’ora dopo. Entrambi sapevano che quella era la fine di una relazione, di un matrimonio durato cinque anni.
«Ancora continui con queste accuse! Lo vuoi capire che potrei conoscere ed incontrare delle donne anche fuori dall’ambito lavorativo?».
«Bravo! Complimenti!» esclamò battendo le mani energicamente.
«Tu sei pazza!» disse sprezzante lui scoppiando a ridere. Camminava lungo il perimetro della stanza, facendo avanti e indietro e con le mani sulla testa.
Era esasperato e stava per scoppiare.
«Sei uno stronzo! Un lurido stronzo! Tu hai un’altra. Lo sento. Dimmi la verità» sbraitò, avvicinandosi a lui con fare minaccioso.
Stefano la guardò senza dire una sola parola; non c’era bisogno di spiegare nulla. Mille immagini gli passarono davanti agli occhi: il suo matrimonio avvenuto forse troppo in fretta, la nascita del bambino, i sacrifici per crescerlo, l’inizio delle liti. Il suo pensiero, però, si fermò ad Irene, la giovane ragazza dai lineamenti perfetti e dagli occhi verdi, che gli aveva rapito il cuore e l’anima. Non riusciva a capire il perché, ma non faceva altro se non pensarla e per la prima volta nella sua vita si maledì di stare con Mariangela. Nella vita, dicono, si ama una sola volta. Stefano non era più tanto convinto di questo, adesso che guardava sua moglie fisso negli occhi. L’aveva amata con tutto il cuore all’inizio della loro relazione, ma in quel momento si rese conto che non provava più il sentimento forte di prima, quello per il quale saresti disposto a fare pazzie. Il taglio netto era avvenuto quando aveva trovato sua moglie a letto con un altro, il vicino di casa per l’esattezza. L’aveva perdonata per il bene del bambino, che all’epoca aveva solo tre anni. Erano due anni che continuava quella farsa. Voleva bene a sua moglie, ma non la desiderava più come prima e si chiese come lei non avesse capito niente, come lei avesse dato la colpa a lui per la fine del loro matrimonio.
Continuava a fissarla negli occhi senza scomporsi. Alla fine non aveva paura di lei e soprattutto sua moglie non poteva uscirne risentita, dal momento che la prima a tradire era stata proprio lei.
L’aveva perdonata per amore del bambino; perché lei non avrebbe dovuto fare lo stesso?
Questo era il pensiero di Stefano in quel preciso momento, ma si sa, gli uomini non reagiscono tutti allo stesso modo, ma in base a ciò che gli dice il cervello e il cuore.
A Mariangela, il cervello consigliava di colpire Stefano con la lampada del soggiorno ed è quello che fece. Lui non riuscì a proteggersi il volto e fu colpito proprio in testa. Cadde a terra privo di conoscenza.
Mariangela rimase sbalordita dal suo gesto, inorridita dalla persona che era diventata. Si guardò allo specchio in camera da letto e scoppiò a piangere, mentre guardava il corpo di suo marito riverso a terra.
Poi, come un flashback, rivide lei tra le braccia di Pasquale, il suo ex amante. Stefano l’aveva perdonata, lei lo aveva colpito a morte. Si mosse di slancio afferrando il cellulare sopra il tavolo, compose il numero del pronto soccorso e, dopo aver spiegato la situazione, attese l’ambulanza che arrivò dieci minuti dopo.
Mariangela sperò con tutto il cuore di non averlo ucciso, di non avergli causato danni irreversibili.
Pregò con tutto il cuore e lo perdonò.
 
Irene era ancora nella sua stanza quando sentì il buon profumo di cibo. Sorrise pensando a sua mamma intenta a prepararle i suoi piatti preferiti, ma ancora non se la sentiva ad affrontare tutte le domande che sapeva le avrebbe rivolto.
Era ancora con le lacrime quando il suo cellulare vibrò. Una, due, tre chiamate. Sbuffò e curiosa di vedere chi fosse, lo prese. Alla quarta chiamata rispose: era Michael, il truccatore nonché suo amico.
«Pronto» mormorò cercando di smettere di piangere.
«Tesoro… grazie al cielo… come stai?» chiese l’amico sollevato.
«Così così… tu?».
«Sono in ospedale, Ire. Devi venire assolutamente».
Irene sgranò gli occhi e il cuore le cominciò a battere all’impazzata. «Cos’è successo? Che hai?» gli domandò veramente preoccupata. Lo si percepiva dal tono della voce.
«Io sto bene, ma Stefano…» non terminò la frase.
Irene si sentiva svenire e fu costretta a sedersi sul letto. «C-cosa? Che è successo?» quasi urlò mentre glielo chiedeva.
«Ha bisogno di te. Corri. Siamo in terapia intensiva».
Eccola la forza necessaria per abbattere quel muro che si era creata intorno da tre giorni. Pur sentendosi a pezzi, si vestì frettolosamente senza badare a cosa stesse indossando. Aprì la porta, andò in cucina e scoppiò a piangere davanti a Teresa.
La donna non sapeva cosa fare, perciò seguì il suo cuore e abbracciò la figlia che tremava tra le sue braccia.
«Amore che hai?» le chiese amorevolmente mentre prendeva un fazzoletto per asciugarle il viso.
«Mamma devo andare in ospedale. Devo correre! Ti spiego tutto dopo… tu nel frattempo prega per lui, prega mamma. Prega affinché non sia successo nulla di grave» la supplicò Irene prendendo le chiavi della macchina.
«Irene…» la donna non sapeva cosa dire, non era a conoscenza di chi fosse quel “lui”, ma annuì con vigore.
Baciò la figlia e si mise a sedere con il rosario in mano.
 
Michael aspettava la sua amica fuori dalla terapia intensiva, pronto per spiegarle cos’era successo. Le condizioni di Stefano erano stabili, ma era in uno stato di incoscienza da una buona mezzora. Purtroppo, la lampada gli aveva causato una commozione celebrale ma, per fortuna, i medici avevano detto che si sarebbe ripreso.
Michael era nervoso, non sapeva come avrebbe reagito Irene e soprattutto in quali condizioni fosse. Teresa l’ aveva chiamato qualche ora prima dicendogli che la figlia si trovava in uno stato pietoso e che non sapeva cosa fare.
Michael scosse la testa avvilito quando la vide correre verso di lui con il fiatone.
Aveva le occhiaie che si vedevano a distanza; indossava un paio di pantaloni di una tuta tutta sgualcita,  una maglietta piena di buchi e le scarpe erano diverse.
«Michael» strepitò lei afferrandolo per le spalle «che diavolo è successo? Dov’è Stefano?» chiese tutto d’un fiato.
«Innanzitutto rilassati, altrimenti ti dovremo ricoverare. Stefano ha avuto una commozione celebrale dovuta a una botta in testa, ma il medico ci ha rassicurati che si sveglierà a breve. Lo tengono comunque sotto osservazione, ma è fuori pericolo».
«Chi l’ha ridotto così?» chiese Irene in preda al panico. Si sentiva lo stomaco aggrovigliato e le mani le tremavano per il nervosismo.
Sperava che non le venisse un attacco di ansia. 
«Sua moglie».
«Tu come fai a saperlo? Lei dov’è?».
«Mariangela mi ha raccontato tutto. Lui le ha detto di avere un’altra e lei si è arrabbiata. Non voleva fargli del male, ma è successo. Mi ha chiesto chi fosse l’altra e siccome era in preda al panico le ho detto che eri tu. Mi dispiace! Scusa, scusa!» confessò Michael seriamente pentito per le sue parole.
«Non ti preoccupare. L’importante è che Stefano si riprenda. Non mi importa di niente adesso. Voglio vederlo».
«C’è lei con lui» sussurrò l’amico guardandola negli occhi.
Irene annuì angosciata.
Il non poterlo vedere, toccare, stare con lui, la dilaniava. Sapeva che non aveva scelta, era lei sua moglie ma non riusciva a farsene una ragione. Lui amava lei, non Mariangela. Lo sapeva, lo sentiva dentro di lei.
«Vado a chiamare mia mamma» disse lei, pronta per un’altra cascata di lacrime. Non voleva farsi vedere da nessuno, così uscì di corsa fuori dall’ospedale. Aveva bisogno di aria pura, di riprendersi prima di affrontare la moglie di colui che le aveva rubato il cuore. 
   
 
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