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Autore: Iris214    17/10/2013    5 recensioni
Seguito di "Between Blood and Love".
Dopo una divertente vacanza con Stefan, Liza torna in città intenta a voltare finalmente pagina. Ma le cose a Mystic Falls sembrano aver preso una piega inaspettata. Kol è apparentemente svanito nel nulla, mentre Klaus, seppur presente, sembra intenzionato a costruirsi un futuro con Caroline. Una nuova minaccia, nel frattempo, incombe sui protagonisti...
- Dal primo capitolo -
I capelli le ricadevano liberi sulle spalle, mossi appena dal vento che soffiava su Mystic Falls. Liza respirò quell'aria, immaginando fosse la stessa che, in quel momento e da qualche altra parte, stava accarezzando il viso e il corpo del ragazzo che amava. Ma dov'era Kol? Non riusciva a smettere di chiederselo, nonostante la consapevolezza che fosse sbagliato...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Damon Salvatore, Kol Mikaelson, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dark Paradise'
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cover


Psycho Killer


Occorre avere un po' di caos in sé per partorire una stella danzante.
Friedrich Nietzsche


Convincere Damon a prestarle la Camaro era stato complicato quasi come scucirgli di bocca ciò che sapeva su Kol. Alla fine, però, ce l'aveva fatta e adesso era diretta come un fulmine verso Baltimora. Si era chiesta più volte quale fosse il reale motivo per cui si stava catapultando nel Maryland, ma non era riuscita a darsi nessuna risposta abbastanza convincente. Damon, oltretutto, aveva ragione: non poteva mettersi a psicanalizzare un vampiro millenario con manie decisamente omicide e credere che lui potesse pentirsi dei suoi crimini solo perché a chiederglielo sarebbe stata lei. Alla fine, quindi, si era dovuta arrendere all'evidenza dei fatti. Se stava correndo come una matta verso Baltimora, il motivo era solo uno: desiderava rivedere il ragazzo che amava.
Si diede della stupida per almeno una decina di volte, mentre cercava un parcheggio nei pressi di Chase Street. Alla fine lasciò la Camaro ad alcuni isolati dal Belvedere Hotel, si strinse nel giubbotto di pelle e cominciò a camminare a passo deciso verso l'edificio, un ex albergo di undici piani in stile Secondo Impero costruito agli inizi del Novecento e ora sede di lussuosi appartamenti. Varcata la soglia dell'edificio si ritrovò all'interno del sontuoso atrio. Un uomo in abito Armani le passò accanto stringendo nella mano destra una ventiquattrore, mentre alcune donne, anch'esse in abiti firmati, sostavano nei pressi di una delle ascensori. Liza avrebbe voluto evitare il portiere, ma notò lo sguardo di lui indugiare a lungo sulla sua figura. Sembrava stranamente incuriosito. Gli si avvicinò sorridendo e lui ricambiò il sorriso.
«Buongiorno. Ho appuntamento con il signor...» esitò. Kol, di certo, non aveva preso un appartamento utilizzando il suo vero nome.
«Andrews dell'interno 26! Certo.» Ridacchiò l'uomo. Liza inarcò un sopracciglio. Che Kol avesse lasciato delle false generalità l'aveva messo in conto, ma come diavolo faceva il portiere a sapere che stava cercando proprio lui? Si allontanò perplessa dalla reception e il ticchettio delle sue decolletè nere l'accompagnò fino all'ascensore. All'esterno c'era una piantina dell'edificio: l'interno 26 si trovava al sesto piano. Entrò nella cabina e pigiò il numero sei sul tasto cromato. Poi sospirò e diede un'occhiata all'enorme specchio di fronte a lei, controllando che la sua mise fosse perfettamente in ordine. Per l'occasione aveva indossato un pantalone nero e aderente, mentre sotto il giubbotto, anch'esso nero e sfiancato, faceva bella mostra di sé la generosa scollatura di un corpetto color carta da zucchero. I capelli, invece, erano liberi e mossi. Stava per incontrare un serial killer, eppure ciò che più di tutto le premeva era che lui la trovasse irresistibile. L'ascensore arrestò la sua corsa al sesto piano e Liza si infilò nel corridoio che ospitava quattro appartamenti. Individuò l'interno 26 e, senza pensarci un attimo di più, premette il campanello. Dall'altra parte, però, ci fu il silenzio assoluto. Suonò ancora, ma nulla. Quindi afferrò la maniglia d'ottone e, con nonchalance, la scassinò. Entrò silenziosamente in casa e richiuse la porta alle sue spalle. Si tratta bene il signorino... pensò, osservando le pareti color crema perfettamente dipinte e il lampadario di cristallo dell'immenso soggiorno. Sfiorò con due dita il legno laccato del tavolo al centro di esso, poi si accorse di non essere sola e si voltò di scatto. Katherine Pierce era proprio di fronte a lei, con le braccia incrociate sotto il seno e un sorriso sornione sulle labbra. A quella visione, Liza trasalì. «Che diavolo ci fai tu qui?»
Katherine mosse appena un passo nella sua direzione, ignorando completamente quella domanda. «Liza Salvatore... che piacere rivederti!» Esclamò, guardandola dal basso verso l'alto. «Vedo che hai adottato il mio stesso look. Non male!» Ammiccò.
Liza si accorse solo in quel momento di essere vestita quasi come Katherine e le fu tutto chiaro. Il portiere doveva averla scambiata per lei, forse perché non era la prima volta che la ex Petrova metteva piede in quell'appartamento. Scosse la testa, malcelando il senso di fastidio. «Che ci fai qui? E dov'è Kol?»
Katherine sembrò ignorare ancora una volta la prima domanda, sospirando e cominciando a giocare con una ciocca dei suoi capelli. «Non sono la babysitter del tuo ragazzo, Liza. E quello che fa quando non è in casa, non mi interessa!»
Come facesse Katherine Pierce a sapere sempre tutto era e sarebbe rimasto un enorme mistero. Kol non era il suo ragazzo, ovviamente, ma se la vampira snob aveva lanciato quella frecciatina, doveva aver captato qualcosa e probabilmente era stato proprio Kol ad informarla sugli ultimi avvenimenti.
In quel momento fu lei a sospirare. «Allora dimmi cosa cerchi da lui quando è in casa e facciamola finita!» Esclamò, lievemente ironica.
Non riusciva proprio a immaginare cosa potesse legare Kol a Katherine o viceversa. Erano amanti? Probabile, anche se il solo pensiero la nauseava. «Ci vai a letto?» Le domandò, quindi, senza girarci intorno.
Katherine restò in silenzio per qualche secondo, con gli occhi fissi in quelli di Liza. Incontrare la gemella di Stefan in quell'appartamento di Baltimora era l'ultima cosa che si sarebbe aspettata. E non poteva certo dirle la verità, non prima di aver concluso l'accordo con Kol. Perciò decise di mentire, cosa che, d'altra parte, le era sempre riuscita piuttosto bene. «Diciamo che... ci facciamo compagnia qualche volta. Lui è qui tutto solo, io anche... ma non temere! Sono in partenza!» Ammiccò, ma non ebbe il tempo di aggiungere altro, dato che si ritrovò con le spalle al muro ed entrambe le mani di Liza strette intorno alla gola. Annaspò come se stesse annegando, tenendo le iridi color cioccolato ben piantate in quelle in fiamme di Liza.
«Tu e la tua maledetta collana...»
«Tu e la tua maledetta fama di sgualdrina!»
Katherine sembrò sorridere, o forse la sua fu una semplice smorfia di sofferenza, mentre Liza non accennava a mollare la presa. «So dov'è...» disse, con la voce spezzata, e Liza inarcò un sopracciglio. Poi allentò la stretta intorno al collo di Katherine. «Parla!» Le ordinò. Katherine annuì. «Mi ha detto di avere un appuntamento, una cena a casa del sindaco. Intende ucciderlo. Io avrei dovuto aspettarlo qui!»
Liza lasciò andare definitivamente la gola di Katherine e la vampira prese a massaggiarla. Kol il serial killer aveva nel mirino nientepopodimeno che il sindaco di Baltimora. Tipico di un buffone del suo calibro, dopotutto. Liza indietreggiò di un paio di passi, sempre tenendo d'occhio la sua vecchia amica. «Vado da lui. Tu, invece, evapora! Non voglio trovarti qui al mio ritorno!» Le intimò, prima di voltarsi e correre via veloce come un lampo.

«Okay, ci vediamo lì tra un minuto!» Damon infilò il suo cellulare nella tasca interna del giubbotto di pelle, poi aprì la porta della pensione e si trovò di fronte Klaus. Non si aspettava di vederlo, non dopo ciò che si erano detti l'ultima volta che avevano parlato, circa un mese dopo la partenza di Liza e Stefan. Superata l'iniziale incertezza, ritrovò il suo sorriso sornione e lo rivolse all'indirizzo dell'ibrido. «Come vedi sto uscendo e sono anche piuttosto di fretta...»
Fece per chiudere la porta alle sue spalle, ma la mano di Klaus sul suo braccio glielo impedì. «Oh non sono qui per te... sto cercando Liza, è con lei che desidero parlare.» Disse risoluto, varcando la soglia della pensione e fermandosi a pochi metri dal vampiro.
Damon lo seguì all'interno della casa, richiuse la porta dietro di sé e alzò gli occhi al cielo. «Liza non c'è. Le dirò che sei passato, se ci tieni tanto!»
Klaus si voltò per cercare gli occhi di Damon, li trovò e vi piantò dentro i suoi. «Dov'è andata?»
Il vampiro si portò una mano tra i capelli, scompigliandoli nervosamente. «E' a Baltimora.»
A quelle parole seguì il silenzio. Damon si accorse di quanto Klaus fosse contrariato e poteva capirlo, lui stesso avrebbe desiderato avere Liza lì con sé, invece di saperla insieme a Kol. L'ibrido serrò la mascella, poi scosse la testa. «Mi sembrava di averti detto di tenerla lontana dai casini che combina mio fratello.»
«C'ho provato! Ma sai quanto può essere testarda. Ha letto i giornali, ha fatto due più due e...»
«E ha deciso di andare da lui.» Concluse Klaus con il sorriso sulle labbra e la delusione dipinta sul viso.
Damon aggrottò la fronte, poi avanzò di un paio di passi, fino a trovarsi faccia a faccia con l'ibrido. «Non sei geloso, vero? Voglio dire, la tua è semplice preoccupazione, giusto?» Gli domandò. Ricordava perfettamente l'ultima conversazione che avevano avuto, soprattutto perché mai avrebbe immaginato di ritrovarsi di fronte il suo più acerrimo nemico con il cuore tra le mani. Klaus gli aveva detto di amare Liza e di essere consapevole di non avere alcuna chance con lei. Lui si era semplicemente limitato ad ascoltare e annuire, sentendosi perfino a disagio.
Sto frequentando Caroline, adesso. Per Liza sarò per sempre un buon amico. Gli aveva detto con determinazione, raccomandandosi inoltre di tenerla lontana da Kol e dalla sua follia. In quel momento, però, non sembrava esserci più traccia di quella determinazione.
Klaus smise di sorridere, ma non di guardare Damon negli occhi. «Se vuoi posso ripetertelo, Damon. Sto andando avanti con la mia vita, ma per Liza ci sarò sempre. Siamo indissolubilmente legati, dopotutto.»
Damon annuì e l'ibrido sperò che ciò che gli aveva detto potesse bastare. Non amava le insinuazioni, soprattutto se a farle era il maggiore dei Salvatore. Che poi i sospetti del vampiro fossero fondati o meno, che importava! Aveva preso una decisione, intendeva stare con Caroline, anche se Liza avrebbe occupato un posto d'onore nel suo cuore, per sempre.
«Avrei voluto dirlo a tua sorella, in realtà, ma immagino che lo farai tu non appena la vedrai.» Stavolta sorrise. Damon scosse la testa.
«Tornerà prima o poi, perciò sarai tu a farlo.» Anche lui sorrise. Non sopportava i Mikaelson, ma l'esperienza gli aveva insegnato di chi ci si poteva fidare e Kol, di certo, non sarebbe mai stato degno della sua fiducia. Klaus, invece, sì. L'ibrido raggiunse la porta e, dopo aver rivolto al vampiro un'ultima occhiata, lasciò la pensione. Guardò il cielo sulla sua testa e si accorse che era scuro. Si incamminò verso casa, mentre alcune gocce di pioggia cominciavano a cadere bagnandogli il viso.

Per rintracciare il sindaco di Baltimora – o per meglio dire la sua casa – Liza era stata costretta a soggiogare un poliziotto. Per via della criminalità che dilagava in città, infatti, la villa di Stephanie Jefferson, questo il suo nome, era praticamente blindata. Kol doveva aver adoperato lo stesso metodo per riuscire a entrare nelle sue grazie e il fatto che si trattasse di una donna, ovviamente, gli aveva reso le cose ancora più semplici. L'ingresso principale della villa, una delle più grandi e belle dell'intera Baltimora, era sorvegliato notte e giorno da una pattuglia della polizia, ma c'era anche un'entrata secondaria, quella che dava su un immenso giardino di castagni, che, almeno in quel momento, sembrava incustodita. Liza sospirò. Era riuscita – più o meno senza problemi - a nascondersi sul tetto della villa e, attraverso i vetri di una delle finestre, si era perfino sincerata delle condizioni di Stephanie Jefferson. Di Kol, invece, sembrava non esserci traccia. Liza si mosse furtiva sul tetto in direzione dell'ingresso principale, avvistò la pattuglia, ma non il vampiro. Poi il rumore di alcuni passi nell'erba catturò la sua attenzione e, come un fulmine, si portò dal lato opposto. Lanciò un'occhiata in giardino e vide qualcuno farsi sempre più vicino. Il respiro le mancò per un istante mentre Kol Mikaelson avanzava deciso verso l'entrata secondaria della villa. Il vampiro salì i pochi gradini che lo dividevano dalla porta d'ingresso e si bloccò di colpo, respirando l'aria intrisa di un profumo che avrebbe riconosciuto tra mille.
«Dove credi di andare?» La voce di Liza lo raggiunse alle spalle con la stessa intensità di una scarica elettrica. Kol si ritrovò a sorridere, felice, poi scacciò in fretta quel sorriso dalle sue labbra e si voltò, mostrando alla vampira il suo solito e insopportabile ghigno.
«A cena da un'amica. Tu, piuttosto, non dovresti essere in vacanza col tuo adorato gemello?»

«La vacanza è finita. Appena in tempo direi!» Esclamò Liza, incrociando le braccia sotto il seno e sfidando l'originario con lo sguardo. Lui aggrottò la fronte. «In tempo... per cosa?» Chiese, infilando le mani nelle tasche anteriori dei jeans.
«In tempo per impedire al mostro di Baltimora di commettere l'ennesimo omicidio!»
A quelle parole, Kol ridacchiò. «Allora perdi il tuo tempo, darling! Quella donna è già morta. Adesso, per favore, lasciami in pace!»
Si voltò verso la porta, intento a suonare il campanello, ma Liza, in un lampo, gli fu addosso. Afferrò il vampiro per la gola e lo scaraventò a qualche metro di distanza dall'entrata. Kol si ritrovò con la schiena sull'erba e gli occhi di Liza, a cavalcioni su di lui, piantati dritti nei suoi. Abbassò lo sguardo sulla scollatura di lei, individuando il pendente in oro e acquamarina, e in seguito tornò a fissarla negli occhi. «Hai riottenuto i tuoi superpoteri, a quanto pare...»
Liza strinse entrambe le mani intorno alla gola dell'originario, poi avvicinò il suo volto a quello di lui. «Proprio così, quindi ti conviene fare ciò che ti dico. Prenderle da una comune vampira deve essere parecchio frustrante!» Sorrise sghemba, ma Kol non ricambiò il sorriso. L'afferrò per i capelli e, una volta costretta sull'erba, le fu addosso. Strinse il volto di Liza tra le dita della sua mano destra e, con quella libera, le bloccò entrambe le braccia sulla testa. Solo in quel momento sorrise. «Cosa stavi dicendo?» Ridacchiò. Poi lasciò andare il viso della vampira, ma non le sue braccia. Liza respirò affannosamente, senza ribattere né reagire. Lui appoggiò le labbra su quelle di lei e la baciò. Liza ricambiò, dapprima, il bacio, poi piantò il suo tacco dodici nel petto del vampiro e, con un spintone, lo allontanò da sé. Kol si rimise subito in piedi e Liza fece lo stesso.
Sul volto di lui, in quel momento, aleggiava la rabbia. «Non devi intrometterti nella mia vita. Torna a casa. Io farò lo stesso.»
Liza inarcò un sopracciglio. «Intendi dire che non ammazzerai il sindaco?»
Kol scosse la testa. «Intendo dire che non lo farò stanotte.»
La vampira azzerò la distanza tra loro e piantò l'indice nel petto dell'originario. «Tu non ammazzerai più nessuno, Kol. Hai chiuso con Baltimora. Tornerai a Mystic Falls insieme a me!»
Il vampiro inarcò un sopracciglio. «E perché mai dovrei farlo?»
«Perché sono io a chiedertelo.»

Liza varcò la soglia dell'appartamento di Kol per la seconda volta, realizzando con piacere che Katherine non era più lì. Dopo la trasformazione si erano frequentate per lungo tempo ed era stata proprio lei, l'ex fiamma dei suoi fratelli, ad insegnarle come affrontare quella nuova esistenza e, soprattutto, come evitare di farsi uccidere alla prima occasione. Ma mai l'aveva considerata un'amica, né una persona affidabile. D'altra parte, ciò che aveva fatto a Damon e Stefan era ancora bene impresso nella sua mente. Averla tra i piedi, ne era certa, avrebbe comportato solo ulteriori seccature. Se il pensiero di saperla in un letto insieme a Kol non si fosse insinuato nella sua mente come un tarlo in un vecchio mobile di legno, avrebbe cancellato la loro discussione di poco prima con un colpo di spugna, invece di rimuginarci sopra dilaniata dalla gelosia. Rivolse un'occhiata fugace al vampiro, appoggiato a braccia conserte ad una delle pareti color crema del soggiorno, e si accorse che anche lui la stava osservando. Per tutto il tragitto fino al Belvedere, Kol non aveva più proferito parola. Liza aveva creduto che quel silenzio fosse sinonimo di meditazione, che il vampiro fosse intento a fare i conti con il suo orgoglio rimasto ferito nel giardino del sindaco e che stesse prendendo in considerazione la possibilità di tornare a Mystic Falls insieme a lei. Ma il ghigno insopportabile che aveva sul viso in quel momento, le suggerì che, probabilmente, non era così. Kol era un idiota e gli idioti non erano abituati a pensare. Si mosse a braccia incrociate per il soggiorno, lentamente, evitando di incontrare lo sguardo di lui e sperando che si ostinasse in quel mutismo ancora per molto. Se l'avesse provocata, ne era certa, quella stanza elegante e ordinata sarebbe diventata irriconoscibile. Raggiunse quella che doveva essere una libreria e cominciò a osservare ciò che era disposto sulle mensole, passando in rassegna libri e soprammobili di ogni tipo, pur di fingersi disinteressata alla presenza del vampiro. Qualcosa, però, catturò la sua attenzione. Infilò una mano tra "I fiori del male" e una miniatura della Statua della Libertà e toccò quello che riconobbe come un paletto di legno di quercia bianca. Senza pensarci due volte, lo impugnò e lo scrutò per filo e per segno. La punta era tinta di scuro, probabilmente a causa del sangue agrumito. Il suo sangue. Kol osservò tutta la scena col sorriso sulle labbra, poi la raggiunse alle spalle.
«Se te lo stai chiedendo, , è proprio quel paletto. Mark ti saluta, anzi, immagino avrebbe voluto farlo. O, forse, no. Credo che non lo sapremo mai» Ridacchiò. Liza si voltò di scatto, piantando i suoi occhi castani in quelli del vampiro. «L'hai ucciso. Come diavolo ci sei riuscito?» Ricordava perfettamente quanto Mark fosse forte e, soprattutto, ricordava le grida di dolore di Kol in preda al susseguirsi senza sosta degli aneurismi cerebrali provocatigli dallo stregone.
«Gli sono stato dietro per un po'. Si era rifugiato a New York e viveva rintanato come un topo di fogna. L'incantesimo di Bonnie, oltre a spezzare il legame che aveva con te, deve averlo privato anche dei suoi poteri. Io, ovviamente, ne ho approfittato. Dopotutto, avevo un conto in sospeso con lui, ricordi?» Ammiccò. Liza scosse la testa, tornando a guardare il pezzo di legno che teneva tra le dita. «Certo. Ha tentato di ucciderti e ti sei vendicato»
«Già. Ma l'ho fatto anche perché ha ucciso te. Meritava una lezione!»
Liza ripose in fretta il paletto sulla mensola, come a volersene disfare il prima possibile, poi si voltò verso Kol e gli rivolse un'occhiataccia.
«Era solo un ragazzo distrutto dal dolore. Ma tu non puoi capire, come potresti? Non guardi al di là del tuo naso, sei uno stronzo egoista, un megalomane, un pazzo omicida, tu sei..» l'idiota di cui mi sono innamorata, avrebbe voluto dire, ma si limitò a stringere i pugni, imponendosi di finirla lì. Tanto, qualsiasi cosa gli avesse detto, a Kol sarebbe scivolata addosso come l'acqua nella doccia.
Il vampiro aggrottò la fronte, ma non smise di sorridere. «Sono uno stronzo, un egoista, un pazzo... eppure mi hai appena chiesto di tornare a casa con te. Ti contraddici, Liza, proprio come farebbe una ragazza innamorata. Oops! E' vero. Tu sei innamorata!» Esclamò scoppiando a ridere. Liza afferrò la Statua della Libertà e gliela tirò addosso. Lui, ovviamente, la scansò e questa si infranse in mille pezzi sul pavimento bianco in granito. «Hai intenzione di distruggermi l'appartamento, per caso? Volevo solo prenderti un po' in giro!» Continuò, seguitando a ridacchiare. Liza alzò gli occhi al cielo. Avrebbe potuto scaraventargli addosso un armadio, senza ottenere una reazione che non fosse un ghigno o una battuta di pessimo gusto. Kol era fatto così, superficiale e privo di tatto, e lei lo amava, nonostante quella consapevolezza. Ridusse la distanza tra loro e scrutò il viso dell'originario per qualche istante, prima di ricominciare a parlare.
«Dimmi cosa c'è tra te e Katherine Pierce!»
Kol smise di sorridere. «Katherine... Pierce?» Domandò aggrottando la fronte. «Nulla. E' Elijah quello che ci va a letto» Scrollò le spalle e infilò le mani nelle tasche dei jeans. «Elijah è mio fratello, il..»
«So chi è Elijah!» Esclamò Liza visibilmente contrariata. «Ma è qui dentro che l'ho trovata e in questo appartamento ci vivi tu
Kol trasalì. «Quindi... ci sei già stata. Sei tu che hai scassinato la maniglia..»
«Tu non c'eri e io dovevo entrare. Ringrazia che non abbia buttato giù la porta!»
Kol scosse la testa e ridacchiò. Per un momento aveva creduto che fosse stata Katherine a rompere la maniglia, e invece... «Okay, ci siamo visti un paio di volte. Che male c'è? Forse non lo sai, ma Katherine ha avuto una liaison sia con Nik che con Elijah. Oltre al defunto Finn, mancavo io alla lista dei fratelli Mikaelson da portarsi a letto. E io, ovviamente, l'ho accontentata»
«Ovviamente.» Ripetè Liza, palesemente delusa. Kol notò l'amarezza negli occhi della ragazza e si maledisse per ciò che era stato costretto a dirle. Ma in che altro modo avrebbe potuto spiegare la presenza di Katherine in quell'appartamento? Una storia di sesso gli era sembrata la migliore delle scuse e un ottimo modo per tenere lontana Liza dalla verità, da Joel e, soprattutto, da se stesso. Continuò a guardarla, mentre la ragazza si stringeva nelle sue stesse braccia, ripensando all'ultima volta che erano stati insieme, a ciò che le avevo detto e a quello che, invece, le aveva fatto credere buttando giù poche righe su un misero bigliettino. Anche in quel caso, l'unico a conoscere la verità sarebbe stato lui. Scacciò dalla mente il desiderio di afferrare Liza e stringerla forte a sé, ma non riuscì a dire altro. Allora fu la ragazza a rompere il silenzio.
«Hai ucciso Mark perché mi ha fatto del male, facendo quindi intendere di tenere a me, ma poi non hai perso tempo a portarti a letto un'altra donna, una che conosco, tra l'altro! Anche tu sei un tantino contraddittorio, non trovi?» Gli domandò, con gli occhi stretti e l'aria di sfida. Kol sorrise appena. «Colpito e affondato!» Esclamò, passandosi una mano tra i capelli già spettinati. «Cosa vuoi che ti dica, Liza. Hai ragione tu. Ma, se può consolarti, il sesso con te è... è stato... insomma... con te è più bello.»
Liza inarcò un sopracciglio. Kol era un ruffiano, lo sapeva bene, eppure le sembrava molto a disagio in quel momento. Non stava mentendo solo per tenerla buona. Pensava sul serio ciò che le aveva appena detto. Purtroppo, però, quella confessione non sarebbe bastata a scacciare via la delusione. «Non stento a crederlo, Kol. Insieme ci siamo divertiti molto, è vero. Peccato che non accadrà più. Dovrai accontentarti di farlo con Katherine o con chissà chi e struggerti al ricordo dei bei tempi andati!» Rise e la sua risata cristallina riempì l'intera stanza.
Lui increspò le labbra, divertito. «E, se, invece accadesse ancora?»
«Non accadrà più, te l'ho detto. Dopotutto, sei stato tu a lasciarmi andare.» Liza ammiccò e si mosse in direzione del vampiro fino ad avvicinarsi a lui e sfiorarne il petto con leggera malizia. Poi sollevò lo sguardo dalle labbra agli occhi di Kol, soffermandosi in quell'oscuro abisso in cui avrebbe voluto perdersi per l'eternità, e respirò forte il suo odore. Non sarebbe più accaduto, non gli avrebbe più permesso di disporre del suo corpo per poi abbandonarla ancora una volta. Ne era convinta, ma allora perché tutto ciò che desiderava in quel momento erano le sue mani addosso e i suoi baci dappertutto?
«Non sai mentire, Liza. Mi vuoi... te lo leggo negli occhi!» Kol sorrise sghembo, chinando appena la testa e riducendo ulteriormente la distanza tra i loro volti. Liza avvertì un brivido lungo la schiena, poi si morse lievemente il labbro inferiore. Sì, lo voleva, e negarlo non sarebbe servito a niente, allora chiuse gli occhi e cercò la bocca del vampiro - già pronta a ricevere quel contatto – anche se sapeva quanto fosse sbagliato cedere, anche se lui le aveva scritto di non ricambiare i suoi sentimenti. Le loro lingue si intrecciarono avide, mentre la mano del vampiro andava in cerca della pelle di Liza sotto la stoffa del suo corpetto carta da zucchero. Lui la strinse a sé, senza smettere di baciarla e di respirare il suo inebriante profumo. Lei infilò una mano tra i capelli del vampiro, stringendoli forte tra le dita, poi, con uno strattone, lo obbligò a tendere il capo all'indietro e a mostrarle il collo. Vi appoggiò le labbra, facendo scorrere la punta della lingua fino alla giugulare, e, infine, bucò la pelle coi canini. Il sangue di Kol si riversò nella sua gola, ma il vampiro non accennò alcuna reazione. Quando Liza lasciò andare la presa, lui tornò a guardare il suo viso, le labbra morbide tinte di rosso, gli occhi carichi di malizia e sorrise compiaciuto. Liza ricambiò quel sorriso, leccando il sangue che ancora aveva sulle labbra. Kol si sfilò la maglietta e la lanciò sul divano, poi fece lo stesso col giubbotto e col corpetto di Liza. Lei afferrò la cintura del ragazzo, la slacciò con foga e sbottonò uno ad uno i bottoni dei suoi jeans. In un lampo si ritrovarono nudi, distesi e avvinghiati sul pavimento del soggiorno. Kol entrò in lei con veemenza e Liza soffocò un gemito. Il susseguirsi ritmico e profondo delle spinte dell'originario, la condusse ben presto sull'orlo del piacere. «Mordimi...» Sussurrò, spezzando i respiri. Kol appoggiò i canini sulla gola della vampira e lacerò la pelle diafana. Poi, come aveva fatto Liza in precedenza, si riempì la bocca del suo sangue e lo ingoiò. I movimenti del ragazzo divennero ancora più intensi e Liza si lasciò andare al piacere insieme all'uomo che amava, tra gemiti e respiri spezzati. Kol le baciò le labbra ancora una volta, prima di scivolare sul pavimento accanto a lei. Liza restò per qualche istante con gli occhi puntati sul soffitto candido, poi ruotò il collo verso il vampiro e cercò il suo sguardo. Lui teneva gli occhi chiusi e non sorrideva più.
«Dimmi che mi ami.»
A quelle parole, Kol riaprì di colpo gli occhi. «Che hai detto?» Chiese, aggrottando la fronte.
Liza lo fulminò con lo sguardo. «Non fingere di non aver sentito. Dillo!» Esclamò, puntando il dito indice nel petto del vampiro.
Lui le rivolse un'occhiata perplessa. «Perché diavolo dovrei dirlo. Io non ti amo, lo sai!» Detto ciò, richiuse gli occhi, ma Liza non sembrò scoraggiarsi. Si sollevò appena su un gomito, poi avvicinò le labbra all'orecchio del ragazzo. «Non sai mentire, Kol. Mi ami. E me lo hai detto tu!» Affermò decisa.
Il vampiro aprì nuovamente gli occhi e li piantò in quelli di lei. «Cosa c'era scritto nel biglietto che ti ho lasciato? Lo hai letto, giusto?»
«Oh, certo che l'ho letto. Ma non è importante quello che hai scritto su quel pezzo di carta, Kol. Contano le parole pronunciate dalla tua bella bocca. Ti ho sentito, ho sentito tutto!» Avvertì un fremito al ricordo di quel momento stretta nelle sue braccia, mentre lui, credendo che lei non potesse udirlo, le confessava i suoi reali sentimenti.
Kol si mise a sedere e scosse la testa. «Tu... dormivi!»
Liza scoppiò a ridere. «Kol sono un vampiro! E i vampiri non dormono mai veramente. Un sonno profondo ci renderebbe vulnerabili, insomma, possibile che debba essere io a dirtelo. Sei un vampiro anche tu!» Ridacchiò. Poi anche lei si mise a sedere, incrociando le braccia sotto il seno nudo. Kol restò in silenzio per un po', sentendosi per la prima volta realmente a disagio.
«Se hai sentito ogni cosa, saprai anche perché ho deciso di scriverti quel biglietto. Non conta ciò che provo, Liza, conta ciò che ho scritto.» Ammiccò, con un sorriso sghembo sulle labbra.
La vampira gli afferrò i capelli e lo indusse a stendersi nuovamente sul granito bianco. «Mi ami oppure no?» Il suo seno premette forte sul petto di lui e Kol sbuffò alzando gli occhi al cielo. «Sei insopportabile, lo sai?
«Mai quanto te! Avanti, rispondi!» Incalzò Liza, senza smettere di guardare Kol negli occhi. Lui sorrise, poi le accarezzò il viso con un dito. «Ti amo. Ma non cambia nulla. Non farò mai parte della tua vita, non come vorresti tu.»
Liza sospirò. «So come la pensi ed è per questo che non ti ho più cercato, fingendo di credere alle parole scritte sul biglietto e tentando in tutti i modi di starti lontana, ma... come vedi non ci sono riuscita! Non ha senso imporci delle distanze, se ciò che desideriamo è stare insieme, Kol. E tu devi smetterla di credere che sia uno sbaglio far parte della mia vita, perché sono al mondo da più di un secolo e so distinguere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e tu... tu non lo sei. Non avrei mai creduto possibile dirlo, ma è così. Non sei un errore, Kol, tu sei la cosa più bella e giusta che mi sia capitata in centosessantotto anni!» Respirò, felice di aver detto al ragazzo che amava ciò che per troppo tempo si era tenuta dentro. Kol, invece, con la fronte corrugata e l'aria incredula, sembrava in trance. Stavolta stava pensando, senza ombra di dubbio, e Liza avrebbe voluto leggergli la mente e scoprire quei pensieri. Piegò le ginocchia e le strinse a sé. «Tornerai a casa insieme a me?»
Liza desiderava una risposta - una vera risposta e non la solita battutina ironica - e Kol ne era consapevole. Respirò profondamente, poi scosse la testa. «Io non ho più una casa a Mystic Falls. Cosa dovrei fare? Tornare a vivere con Nik? Lo sai che mi detesta!»
«Potresti sistemarti nella vecchia casa abbandonata. Era il tuo rifugio segreto un tempo. Oppure...» esitò per un istante, conscia del rischio che si sarebbe dovuta assumere una volta pronunciate quelle parole. «Potresti trasferirti alla pensione!»
Kol scoppiò in una fragorosa risata. «Ma certo! Perché, dopotutto, ai tuoi fratelli sono simpatico!» Scosse ancora la testa. «Liza è una pazzia. Tu sei pazza, lo sei più di me.»
«E da quando in qua le cose folli ti spaventano?» Chiese lei, assottigliando lo sguardo.
«Niente mi spaventa.»
«Allora affare fatto!» La ragazza tese la mano destra verso il vampiro e ridacchiò. Lui restò a fissarla per un istante, poi l'afferrò, tirò Liza a sé e la baciò.





Ed ecco il secondo capitolo con un lungo confronto tra Liza e Kol. Ora tocca a voi, che ne pensate? :)

   
 
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