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Autore: Lilies    17/10/2013    1 recensioni
Mnemophobia: paura insensata e ingiustificata dei ricordi.
"La maggior parte delle volte si ritrovava, urlante, steso a terra con il capo pulsante stretto fra le mani e l'ultimo, esiguo, rimasuglio di emozioni intrappolato sulla punta della lingua, tra i denti scheggiati e la trachea rinsecchita.
Cosa gli era rimasto, se non una testa penosamente piena di passato ed un odio a stento represso a mangiargli il cuore?
Loro cercavano di rubarglieli, quei ricordi, ma l'anima di Sirius pareva essersene appropriata in un modo talmente malsano e sadico da aver penetrato tutti i pori del suo essere, mettendo radici eterne.
Ed in un modo o nell'altro, quei ricordi, riuscivano a tornare.
Osservò per qualche istante le disordinate incisioni sulle pareti che lui stesso aveva fatto con le unghie, spezzandole; incisioni che ripetevano sempre lo stesso, stupido nome.
James.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
- Questa storia fa parte della serie 'Marauders' Tales'
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Mnemophobia




Arido.
Così si sentiva, rinchiuso in quel luogo maledetto e senza la possibilità di uscire alla luce del sole per respirare. Ma per respirare aria vera, e non quella intrisa di angoscia e disperazione, quella sporca che era costretto ad inspirare servendosi di quei suoi polmoni incatramati, rauchi e malati, come faceva ogni giorno da ormai dodici anni.
Lanciò un'occhiataccia al muro scrostato di quella che era ormai diventata la sua casa, il posto in cui si trascinavano, lenti, i miserabili giorni della sua miserabile vita.
Perché così si era ridotta, la vita di Sirius. Ridotta ad un tedioso susseguirsi di stupide giornate all'insegna della paura più traumatizzante, di sinistri sospiri di creature mostruose che, avide, si aggiravano silenziose in cerca di un briciolo, pur se infinitesimale, di allegria; fluttuavano leggiadre, i mantelli evanescenti, tra le arrugginite celle di quella prigione chiusa in un mondo parallelo e sconosciuto e lontano da quello reale...
L'ansia sembrava rodergli il fegato ogni volta che intravedeva un paio di quei putridi arti spuntare tra le sbarre della sua cella, le lunghe dita scarnificate che si stringevano al metallo arrugginito delle sbarre frementi d'impazienza e cibo. E poi tutto si consumava nel giro di qualche respiro soffocato.
La maggior parte delle volte si ritrovava, urlante, steso a terra con il capo pulsante stretto fra le mani e l'ultimo, esiguo, rimasuglio di emozioni intrappolato sulla punta della lingua, tra i denti scheggiati e la trachea rinsecchita.
Cosa gli era rimasto, se non una testa penosamente piena di passato ed un odio a stento represso a mangiargli il cuore?
Loro cercavano di rubarglieli, quei ricordi, ma l'anima di Sirius pareva essersene appropriata in un modo talmente malsano e sadico da aver penetrato tutti i pori del suo essere, mettendo radici eterne.
Ed in un modo o nell'altro, quei ricordi, riuscivano a tornare.
Osservò per qualche istante le disordinate incisioni sulle pareti che lui stesso aveva fatto con le unghie, spezzandole; incisioni che ripetevano sempre lo stesso, stupido nome.

Una pungente fitta all'altezza delle costole lo costrinse a rannicchiarsi violentemente contro il sudicio giaciglio impidocchiato in cui dormiva, le ginocchia ben strette contro il petto e la gola più secca e bruciante che mai.
Strinse forte gli occhi, quegli occhi che un tempo erano stati di un penetrante ed imperscrutabile color ghiaccio e che allora ricordavano gli involucri vuoti dei bruchi trasformatisi in farfalle, crisalidi morte e prive di un qualsiasi soffio vitale.
Urlò, un urlo stridente che si estinse nel giro di pochi istanti.
La voce mancò definitivamente e Sirius si portò le ruvide mani ricoperte di graffi alla testa, che aveva ripreso a vorticare incontrollabilmente e stava per rilanciarlo in un mondo che ben conosceva ed in cui mai, mai avrebbe voluto tornare, ma che puntualmente si manifestava ogni dannato giorno, ogni dannata ora, dopo ogni dannato pasto...
...un mondo che aveva gli occhi ed il sorriso di James.







NdA: Ciao a tutti :)
Mi sono imbattuta per caso in un testo molto bello sulle cosiddette “fobie”; ne venivano elencate soltanto quattro, di cui una era, appunto, la 'paura dei ricordi'. E mi si è istantaneamente accesa una lampadina in testa.
Sirius. Azkaban. La presenza dei Dissennatori, il ricordo del suo migliore amico morto.
Non ho mai scritto una fanfiction incentrata su di lui, ahimè. So che non è il massimo iniziare a farlo partendo da un clichè come questo ma... sapete, volevo mettere
su schermo i miei pensieri idioti e le mie emozioni. Perché a tutti capita di sentirsi come il povero Padfoot, a volte.
Una cosa che vorrei puntualizzare: i Dissennatori prosciugano l'anima delle loro vittime di tutti i loro ricordi felici, per cui sembra quasi un controsenso che Sirius riesca a ricordare James anche dopo che essi si sono per così dire
nutriti del suo passato. La paura di Sirius in sé è quella di non riuscire a separarsi da questi pezzi di vita passata che ogni volta tornano, è un po' come se lui desiderasse dimenticare, così da scordare anche il dolore.
Oddio, che cosa contorta.
Spero di essere stata sufficientemente chiara D:
Sarei felice di conoscere i vostri pareri, anche e soprattutto se non vi è piaciuta per qualche motivo :)
Un abbraccio



  
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