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Autore: Colli58    18/10/2013    12 recensioni
La ragazza scosse il capo. “Mi piaceva di più quando ti teneva a distanza, ma anche lei è finita nel tuo letto come tante altre, solo che tu da quando c’è lei non vedi altro.”
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Kate Beckett, Martha Rodgers, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Castle era disteso sul divano facendo zapping con il televisore, accanto a lui, Kate distesa di traverso, appoggiava stancamente la testa sulle sue gambe.
“Dammi una sola ragione Castle, per cui io debba mettermi vestiti imbarazzanti e andare a zonzo per un parco pieno di milionari annoiati che tirano mazzate a piccole palline e poi le guardano cadere.” Disse sbuffando.
“Detto così sembra piuttosto doloroso…”
“Castle!” Ringhiò Kate, cercando di mettere le redini ai pensieri assurdi del suo uomo.
“Ma è solo il golf: si socializza, si scambiano battute mediocri, si mangia in club esclusivi e si spettegola sulle mogli altrui.” Rispose Castle ridendo.
“Dopo questa descrizione così esaustiva, ora sì che sono entusiasta…” Replicò sarcastica. Sbuffò annoiata e si voltò alzando il viso per incrociare lo sguardo di Castle.
“Al Randall ci sono anche molti posticini interessanti per appartarsi… piccole macchie di verde, boschetti dove nascondersi per un’avventura…”
Kate non sapeva se ridere o arrabbiarsi per quell’assurda proposta. Ma Castle non aveva ancora finito.
“La sera, se il tempo è buono, c’è un’atmosfera magica ed il prato… è morbido.” Continuò giocherellando con un ciuffo dei suoi capelli.
“La tua immaginazione non ha confini, almeno spero che sia solo quella, non sono sicura di voler sapere di più.” Castle guardò il soffitto cercando di ricordare qualcosa e lei gli diede un colpo al braccio col dorso della mano. La gelosia di Kate lo riempì di orgoglio.
“Vorresti portarmi a giocare a golf per lanciarti in una nuova esperienza di sesso?” Lo guardò incuriosita, non ancora sicura delle sue reali intenzioni.
Il sorriso di Castle divenne più malizioso. “Non ti sei mai tirata indietro su queste cose…”
Lei si morse le labbra fissandolo intensamente.  “Lo stai proponendo seriamente?”
“Non lo vuoi provare? Potrebbe essere più piacevole di quanto pensi.” Rispose di nuovo Castle andando a posare il telecomando.
Kate osservò gli occhi divertiti del suo uomo, farsi anche più furbi e lei sorrise, raccogliendo la provocazione.
“E perché no? Ma di notte è troppo facile…” rispose quindi andando ad umettarsi le labbra. Castle deglutì.
“Allora ci vieni?”
“No!” Rispose lei tornando a voltarsi verso il televisore, ma osservando con la coda dell’occhio le sue mosse.
“Ok, stavo scherzando!”
“Non lo stavi facendo.” Replicò Kate divertita dal loro ennesimo assurdo battibecco. I loro piccoli scontri verbali erano un toccasana per il suo morale a terra in quel periodo. Castle era sicuramente l’uomo migliore che potesse avere accanto dopo il suo repentino licenziamento dall’FBI.
Aveva speso migliaia di parole per convincerla che la sua onestà e la sua integrità avevano intimorito l’FBI, sicuro che il loro mescolare e nascondere le carte alla bisogna fosse ben distante dalla sua naturale e inflessibile indole. Non sbagliava, la conosceva piuttosto bene. Castle aveva brillantemente definito il tormentone della McCord sull’essere all’oscuro di un disegno più grande non solo un brutto motto vagamente profetico, ma anche un bavaglio di comodo: il ricatto, l’omissione della verità ed i giochi di potere erano cose all’ordine del giorno se lo scopo era la sicurezza nazionale. Aveva riso di gusto anche se era uno dei momenti peggiori della sua carriera.
Castle l’aveva rassicurata argomentando tutte le sue doti e ciò che l’FBI aveva perso licenziandola. Era stato adorabile e nonostante la lontananza avesse comunque pesato molto su di lui, era sinceramente dispiaciuto della sua defezione. Per Castle il suo rientro a New York avrebbe risolto molti problemi, nonostante i vantaggi che ne poteva trarne era stato dapprima deluso quanto lei, stupito e irritato. Si era prodigato in mille modi per alleviare la sua delusione.
Lo amava moltissimo anche per quello, per ogni minuto passato a sentire le sue assurde proposte fatte solo per distrarla dall’amarezza che sentiva, dalla sensazione di fallimento che non riusciva a scrollarsi di dosso.
“…però anche il baseball è un gioco in cui si lancia e si batte una palla” Lo sentì spiegare mimando un colpo con la mazza e cercando di attirare nuovamente la sua attenzione. “Non ci vedo molta differenza…”
“Non ti azzardare a paragonare le due cose.” Kate si alzò e lo guardò con aria di sfida.
“Tecnicamente…” iniziò a spiegare lui ma Kate gli mise una mano sulla bocca.
“No, non sono paragonabili né tecnicamente né socialmente.” Replicò di nuovo Kate con insistenza.
Castle la prese per la vita e se la tirò addosso per stuzzicarla. “I giocatori professionisti di baseball non mi sembrano così modesti nei compensi. Diciamo che i giocatori di golf, i soldi li fanno in altro modo.”
Con gli occhi a fessura Kate congelò il suo uomo con una sola occhiata. “Ci hai provato, ma non funziona.” Rispose scuotendo il capo e strizzando il muso in quell’espressione un po’ indispettita che Castle adorava sbaciucchiare. Si avvicinò per baciarla sul naso ma fu allontanato con un palmo di mano.
“Eh no. Promettimi che non mi chiederai di venire a giocare a golf, né per lo sport tantomeno per il sesso che potremmo fare.” Sentenziò trattenendo un sorriso.
“Allora spara, figurativamente s’intende.” Specificò. “Dimmi tu cosa vuoi fare! Possiamo però escludere ancora lo sci per quest’anno? Il mio ginocchio fa un po’ i capricci.” Disse allungando le sue mani sotto la sua maglia e lei rise per il solletico che lui aveva iniziato a fargli, spazzando via le nuvole nere che stavano imperversando per la sua mente.
“Solo perché non lo tieni allenato come devi. Sei pigro.”
Castle scosse il capo. “Da solo mi annoio…”
Kate roteò gli occhi, ma solo per abitudine. Si stava sforzando di non lasciarsi andare a lui, sebbene quello che desiderasse veramente era una fuga da tutto, dalla realtà e dalle delusioni lavorative.
“Perché non la piscina? Ti farebbe bene del moto, mia splendida balena bianca.” Disse lei cercando di fermare le sue dita con brevi gesti meccanici.
Castle ignorò per una volta il doppio senso latente, su cui spesso avevano discusso tra le lenzuola, e si concentrò sul solo significato letterario di quella definizione.
“Forse ti ho reso troppo facile la caccia?” Le mani di Castle diminuirono la velocità, andando a sfiorare la pelle calda sotto il suo seno. Lei negò con il capo abbassando la guardia. “Non proprio.”
Il suo viso stupito portò Kate a scuotere il capo sorridendo.
“Avevo le tue attenzioni, ma per arrivare al tuo cuore…” aggiunse pensando a quante volte si erano girati intorno. “Tu cercavi di arrivare al mio cuore?”
“Cercavo di evitare di innamorarmi di un folle scrittore vanesio, e mi sono scoperta innamorata di un meraviglioso, dolcissimo, generoso, folle scrittore vanesio!”
Castle stavolta riuscì a darle un bacio sul naso.  “Una valanga di ottimi aggettivi.”
“E non sono nemmeno tutti.” Aggiunse divertita. “Ho evitato quelli peggiori.”
“Spiritosa…” Lui abbassò lo sguardo sul suo corpo.
“Però saprei quale moto fare proprio ora…” disse accarezzando sensualmente il suo ventre sotto la maglia.
Lei appoggiò la testa sul suo torace. “Sei incredibile.”
“Altro ottimo aggettivo…” Mormorò al suo orecchio. “Adesso aspetto di sentire quelli spinti...” La baciò tra i capelli e mosse le labbra sulla sua tempia, mentre le mani si facevano più audaci, scendendo verso il fondoschiena. Kate sbuffò.
“Sai mi è mancato molto questo angolino da baciare…” disse piano spostando le labbra sulla sua clavicola appena scoperta dalla maglia a collo largo. “E quest’altro…” disse spostando con un dito il collo della sua maglia e posando poi le labbra sopra la cicatrice in centro al suo petto.
Lei sospirò ed emise un mugolio di approvazione. Castle sorrise sentendo finalmente il corpo di Kate sciogliersi dalla tensione accumulata. La lontananza gli aveva fatto apprezzare anche di più il contatto con la sua pelle, il piacere che le sue mani gli regalavano, il suo profumo, la voluttà che sprigionava il suo corpo agile ed elastico. Ma anche una sensazione di completezza, non si era mai sentito così bene come tra le sue braccia.
“Piscina. Ottimo. Pochi indumenti per frequentarla. Ne possiedo una tutta mia.” Elencò compiaciuto.
“Visto che abbiamo qualche giorno libero e qui sta per rientrare la mia numerosa famiglia più simpatici scrocconi al seguito, che ne dici di tornare negli Hemptons? La piscina tutta per noi… saremo soli tutto il tempo ed i vestiti potrebbero essere un optional non necessario…” Lei annuì giocherellando con le sue mani e sfregando il naso sulla sua guancia. Il sorriso di Kate si allargò sulle sue labbra mentre Castle la baciava dolcemente. Kate andò ad approfondire il bacio con voracità ma il campanello fece sobbalzare entrambi.
Castle chiuse gli occhi. “Pace finita…” mormorò con aria contrita.
Kate si alzò con decisione dal divano, come se all’improvviso fosse diventato ustionante.
“La valigia è già pronta. Preparo il costume, tu apri la porta o i tuoi penseranno al peggio.”
“Pensavo che il costume non ci servisse…” replicò Castle andando ad aprire la porta.
Martha entrò con un paio di grandi borse da shopping. “Richard caro, eri occupato?” Disse divertita.
“Sì madre. Perspicace…”
Alexis arrivò accompagnata da Pi con borse della spesa piene di frutta esotica e verdure.
“Scorte per l’inverno?” Chiese Castle indispettito. A costo di essere considerato meschino e anche un po’ taccagno, voleva riuscire a fare quella domanda che stava lì appesa alla punta della lingua da un po’, quella domanda che sorgeva spontanea alla vista di quanta roba Pi riusciva a consumare e a ridurre a poltiglie disgustose e dall’aspetto dubbio.
“Ciao papà… non indovinerai mai cosa abbiamo scoperto. A due isolati da qui hanno aperto questo nuovo store con un’incredibile varietà di frutta e verdura proveniente da ogni angolo del mondo.” Disse elettrizzata.
“Davvero Mister C, un’esperienza straordinaria.” Aggiunse Pi solennemente.
“E immagino che la mia carta di credito abbia coperto tutte le spese, dalla boutique al negozio di frutta esotica…” Pi lo guardò con un’espressione idiota e Alexis sembrò irrigidirsi.
La sua espressione cambiò e inviò al padre un’occhiata stizzita, ma non replicò. Trascinò quindi Pi verso la cucina ignorandolo completamente. Martha scosse il capo e indirizzò al figlio uno sguardo deplorevole. Castle alzò le spalle e sgranò gli occhi. “Ehi…” fu solo in grado di dire indicando la cucina mentre qualcosa di metallico cadeva rumorosamente a terra.
Sbuffò e guardò il soffitto, tornando a prendere il telecomando per poi spegnere il televisore.
“Kate non è con te?” Martha si guardò in giro stupita di non vedere la donna al suo fianco. Negli ultimi giorni erano stati anche più inseparabili del solito.
“E’ di là a preparare la borsa.” Rispose posando il telecomando sul mobile e sistemando il divano.
Martha si avvicinò. “Se ne va?” Chiese dubbiosa.
“Ce ne andiamo.” Specificò. “Passiamo qualche giorno negli Hemptons prima che lei torni a lavorare al distretto.”
Si allontanò verso il suo ufficio e Martha lo seguì. “Tesoro, vorrei farti notare che Alexis non ha apprezzato la tua battuta di poco fa. Non era molto educata nei confronti del nostro ospite.”
Castle sbuffò di nuovo. “Non è un mio ospite, se non l’hai notato è una convivenza che mi è stata imposta, ma sono fortunatamente maggiorenne, sono ricco e ho alcune opzioni possibili a mio favore.”
Martha sospirò cercando di ignorare le sue parole. Era inutile insistere alimentando altre discussioni che in quel momento potevano risultare imbarazzanti nei confronti di Alexis e Pi. “Tesoro, quando pensi che verrà a stare da noi Kate?”
“Non lo so mamma, ne parleremo con calma.” Rispose mentre raccoglieva il suo portatile e lo metteva al sicuro nella sua custodia per portarlo con sé.
La donna sentendo di star parlando con un muro, alzò le mani in un gesto di rinuncia e si avviò verso la propria stanza. Castle chiamò il guardiano della villa negli Hemptons e diede alcune disposizioni sul necessario per il week – end. Chiuse lo schermo su cui campeggiava la timeline appena abbozzata per il suo nuovo libro e cercò il caricabatteria del suo cellulare da portare con sé quando Alexis comparve sulla porta.
“Te ne vai di nuovo?” Chiese in tono sterile, ma le braccia incrociate sul petto in segno di difesa indicavano a Castle che sua figlia era di cattivo umore.
“Ci prendiamo qualche giorno al mare prima che Kate torni al lavoro.” Avrebbe dovuto fargli le sue scuse per le battute di poco prima ma la ragazza entrò decisa.
“E questo puoi spiegarmi cosa significa?” Disse quindi mostrando un plico di fogli. Castle fece qualche passo avanti verso di lei, prese i documenti e li scorse rapidamente. Nella confusione dei giorni appena passati se n’era scordato: era il contratto di affitto per l’appartamento di Washington che era arrivato per posta, ma in realtà, visti i cambiamenti avuti nell’ultima settimana, avrebbe dovuto disdire.
“Dovrò mandarlo al mio avvocato per farlo revocare. Ormai non serve più.” Disse ripiegandolo e mettendolo sulla propria scrivania.
Alexis lo guardò stupita. “Non hai altro da dirmi? Oltre che insultare Pi?”
Castle guardò suo figlia e la vide arrabbiata come non mai. “Mi è uscita una battutaccia, mi dispiace…” iniziò a dire ma lei continuò.
“Stavi per trasferirti a Washington senza dirmelo? E a nonna e a me non ci hai pensato?” Alexis era furiosa. Rossa in viso più dei suoi stessi capelli, puntava sul padre uno sguardo feroce. Castle scosse il capo. “Non era una cosa definitiva, così potevamo stare un po’ insieme ed io… beh posso scrivere ovunque.” Replicò cercando di spiegarsi ma lei non glielo permise.
“Non hai risposto alla mia domanda. E di me e nonna? O forse ora nella tua vita c’è solo lei e non ti interessa nessun altro. Non ti interessa nemmeno la tua vita a New York o tua figlia?”
Castle aprì la bocca, troppo sorpreso della sua aggressività per riuscire in pochi secondi a dare una risposta così lei lo incalzò di nuovo.
“Certo Pi è di troppo e allora tu scappi con lei a Washington e ora che non ci va più? Troverai un’altra casa in cui stare con lei? Non ti serviamo più?”
“Alexis ma che cosa stai dicendo? Tu e nonna siete importanti per me e lo sai, farei qualunque cosa per te, qualunque cosa. Però vedi… stiamo costruendo un rapporto serio e abbiamo bisogno di un po’ di privacy…”
Alexis lo interruppe di nuovo. “Perché fare sesso qui non vi basta, non c’è abbastanza privacy? Forse andava meglio quando stavo alla Columbia così avevate campo libero?” Sbottò di nuovo. Castle si arrabbiò a sua volta, punto sul vivo su qualcosa che riteneva un’accusa ingiusta da parte sua.
 “Non ho mai voluto che tu andassi via e lo sai. Ma per il mio desiderio di restare solo con lei il sesso non è certo la sola ragione: voglio un rapporto solido e la privacy, la tranquillità ci servono per parlare di noi, per pianificare un futuro. Non certo come te che passi il tuo tempo con quell’ameba che non ha nemmeno un cognome per apostrofarsi. Il tuo futuro è vivere in una capanna nella giungla?” Replicò quasi urlando.
Kate ascoltò la scena dalla camera da letto, ma nonostante le parole di Alexis avessero colpito molto anche lei, non reputò di doversi intromettere: stavano emergendo i problemi che negli anni si erano venuti a creare senza che nessuno dei due avesse mai avuto modo di affrontarli. Forse quello sfogo era un bene. Aveva subodorato da tempo qualche malumore nella ragazza, non si aspettava però una reazione tanto feroce nei suoi confronti.
“Pi è quello che è, uno spirito libero, non hai voluto nemmeno provare a conoscerlo. Tu invece sei diventato maturo e responsabile tutto ad un tratto? O forse scimmiotti di esserlo per poter avere la scusa di correre dietro a Kate in ogni angolo del mondo?”
Castle rimase allibito alle parole così cattive nei confronti di lui e di Kate. Non aveva mai pensato di trovarsi così distante da sua figlia.
“Che ti ha fatto Kate? Pensavo ti piacesse…” Replicò, sgomento.
La ragazza scosse il capo. “Mi piaceva di più quando ti teneva a distanza, ma anche lei è finita nel tuo letto come tante altre, solo che tu da quando c’è lei non vedi altro.”
Castle non replicò, quasi inorridito dalle parole dette con rabbia da sua figlia. Cominciava a capire come mai Alexis si era trincerata dietro a qualcosa come quel ragazzo scomodo per dargli apertamente fastidio. Non riusciva a credere che fosse un atteggiamento di pura provocazione. Che fine aveva fatto la sua assennata figlia?
“Lo pensi davvero?” Chiese abbassando il tono della voce. “Pensi questo di lei?”
Alexis fece un sorriso forzato tanto da sembrare un ghigno malefico. Non l’aveva mai vista così arrogante nei suoi confronti, così sprezzante ma non rispose direttamente.
“Dovrai lasciarci le penne per capire che forse c’è qualcosa di sbagliato in questa storia?”
Castle espirò contrito. Rimase in silenzio e sedette sul bordo della scrivania. “Vedo che hai già emesso la tua sentenza. Alexis non è così…”
Kate chiuse gli occhi e si appoggiò alla porta, ingoiando un boccone amaro. Alexis vedeva come un errore la loro relazione. Era sua figlia, non avrebbe mai potuto competere.
Castle rimase in silenzio mentre sua figlia lo fissava. “Cosa intendi fare? Il tuo egoismo sta distruggendo la nostra famiglia, papà. Guardati intorno. Meno di un mese fa stavi per morire avvelenato a causa sua e ora ti ci vuoi ributtare in pieno? Perché so che tornerai al distretto con lei. Sei prevedibile.”
Per la prima volta Castle scorse tristezza negli occhi di Alexis e le sua guance si bagnarono di lacrime.
Lui si alzò e le si avvicinò. “Zucca, tu sei la mia bambina, e non potrei ma fare a meno di te. Mai. Per te io ci sarò sempre, lo sai.”
“Senti papà non voglio sentire altro.” Sbottò Alexis.
“Ma lo dovrai sentire! Non so che cosa ti ha fatto Kate per arrivare a dire tanto contro di lei, ma tesoro…” Deglutì la saliva, spaventato e dispiaciuto. “Non ho mai voluto allontanarmi da te, ti avrei fatto avere una stanza nell’appartamento di Washington e sarei comunque tornato spesso a casa. Non c’è stato tempo di parlarne purtroppo, e ora la cosa non ha più importanza.”
Alexis scosse il capo.
“Tesoro, non ti sei mai comportata così in passato. Perché lo stai facendo proprio con lei?”
“Gina non ha mai rischiato di farti uccidere almeno due o tre volte l’anno…” Valutò amaramente Alexis.
Castle strinse gli occhi. Non poteva essere solo quello. “Hai mai pensato che io amassi veramente Gina?”
“Ero troppo giovane allora papà.” Rispose Alexis.
“Dimmelo. Avevi capito che non l’amavo?” Tornò a chiedere con insistenza.
La ragazza annuì. “Però sai che amo Kate?” Gli occhi di Castle si velarono e la sua vista si fece sfocata. Uno dei suoi peggiori incubi poteva dirsi fatto realtà.
“Alexis, sei gelosa di Kate? Della nostra relazione? Perché? Non mi porterà mai via da te, mai…” disse cercando di avvicinarsi a lei.
Alexis stava trattenendo le lacrime e si irrigidì. “Sono anni che lei ti ha allontanato da tutto!” Disse puntando le braccia verso il basso.
“No, non da te e da nonna. Per voi ci sono sempre! Ho abbandonato altre cose, sì lo ammetto. Ma non è una minaccia. Non voglio che la consideri tale. Lei ti capisce, spesso mi aiuta ad affrontare i cambiamenti della tua vita, che evita che io me la prenda per cose stupide. Non è una rivale né una minaccia al nostro rapporto. Sei ingiusta!” Castle tornò a spiegare con forza. La sua delusione stava montando proporzionalmente alla sua rabbia.
“Ma sei pronto ad andartene via con lei senza pensarci due volte! E allora vattene negli Hemptons e restaci!” Replicò la ragazza, correndo via e salendo le scale.
“E’ proprio quello che intendo fare!” Rispose sbattendo con violenza la porta del suo ufficio.
Castle emise un urlo rabbioso in contemporanea con la figlia al piano superiore.
 
Se la situazione fosse stata meno seria, forse avrebbe potuto ridere sul tempismo dello sfogo di padre e figlia, ma dopo aver udito quella conversazione, Kate si sentì a disagio. Amava Castle e gli sembrava un brutto sogno pensare che sua figlia potesse cercare di dividerli obbligandolo a scegliere tra loro due. Si sedette sul letto e finì di sistemare la sua borsa. Ripose la roba di Castle nel suo armadio e quando si voltò per uscire lo trovò fermo a guardarla sulla porta della camera.
“Immagino tu abbia sentito tutto.” Disse entrando.
“Purtroppo sì.”
“Kate, non capisco… Da dove è venuto tutto quell’astio?” Disse ancora furioso da quello scontro.
Cominciò a cercare nervosamente nei suoi armadi e prese il suo borsone da viaggio, andando poi ad aprire alcuni cassetti della biancheria per trarne convulsamente qualcosa che il cervello non definiva.
Si voltò di nuovo verso Kate che lo guardava dispiaciuta.
“Non ha mai fatto così, ha accettato tutte le mie precedenti ragazze, e il matrimonio con Gina senza discutere. Mi ha sempre detto che se fossi stato felice lo sarebbe stata anche lei…” Continuò a dire mentre gettava vestiti a caso nel borsone.
“Castle…” provò a interromperlo lei, ma senza ottenere l’effetto desiderato.
“Ho passato tutta la mia vita ad occuparmi di lei, ora come può dare a me dell’egoista? Finalmente trovo la donna della mia vita e che amo alla follia, e lei che fa? Mi chiede di lasciar perdere perché è pericoloso e perché la sto trascurando?”
Kate sospirò appoggiandosi al muro, inutile cercare di fermarlo, doveva lasciarlo sfogare.
“Lei è passata dalle serate di studio alle convention in costumi succinti e sono io quello che è cambiato?”
Kate abbassò il capo. “Non credo sia il caso di rivangare, è stata una sciocchezza.”
Castle la ascoltò appena. “Sto facendo qualcosa di serio ed onesto, qualcosa di utile al prossimo, qualcosa che stranamente non è mai stato nel mio stile di vita e per una volta so che cosa voglio con chiarezza. Perché crede che la mia scelta non sia dettata dalla maturità ma solo dall’incoscienza? Se c’è una cosa che hai portato prepotentemente nella mia vita è stato proprio il realismo! Ma ai suoi occhi rimango egoista e incosciente? Come può dirlo!” Disse alzando finalmente lo sguardo su di lei cercando aiuto.
Kate gli si avvicinò. “Rick calmati…”
“Questa è l’ultima opportunità che mi sono dato, io voglio che funzioni con te, so che funzionerà! Perché vuole negarmi di essere felice?” Si fermò un istante ansimando per la rabbia e la delusione che gli stava ribollendo in corpo. “Gli ho dato tutto…” disse gettando sul letto un paio di jeans. Si mise le mani tra i capelli mentre le lacrime si facevano strada sul suo viso.
Kate lo abbracciò appoggiando la testa alla sua spalla. “E’ solo un momento di rabbia.” Lo rincuorò.
“Vedrai, quando si calmerà tornerete a parlarvi e troverete una soluzione. Lei ti adora, ha solo paura di perderti.” Aggiunse stringendolo.
“Non lo so più. Non la riconosco più…” Castle avrebbe voluto urlare di nuovo.
“Finisco di preparare la mia borsa, ce ne andiamo.” Disse quindi abbassando la voce. Kate lo bloccò negando con il capo.
“Voglio andare via da qui. Ti prego, sto soffocando…”
“Non è il momento adatto. Non riusciresti ad essere sereno, e torneremmo indietro subito.” Gli disse con un mezzo sorriso. “Sei arrabbiato ma ti passerà e allora vorrai parlarle.” Sperava di convincerlo a non ignorare quello scontro, non se lo sarebbe mai perdonato se la situazione fosse degenerata.
“Non vuoi andare al mare?” Mormorò tra i suoi capelli, osservando la sua sola borsa pronta, poggiata a terra.
“Lo vorrei, ma in questo momento è più importante che resti qui.”
Castle appoggiò la fronte alla sua. “Non vorrai andartene senza di me…”
Kate piegò il capo. “Forse dovrei.”
Castle scosse il capo. “Resta. Sei la donna che amo, non rinuncerò a te.” Kate prese il suo viso tra le mani.
“Alexis era arrabbiata, voleva ferirti, voleva ferire entrambi. Più tardi, quando si sarà calmata prova a parlare di nuovo con lei, ok?”
“Riesci pure a difenderla nonostante ti abbia insultato?"
Kate sospirò. "Non è così grave, penso di capire cosa stia provando."
"Beh, io no davvero. Ma che cosa le è preso?”
“Un attacco di pubertà tardiva?” Ironizzò per dimostrarsi meno preoccupata.
Castle annuì affranto e lei lo baciò con dolcezza.
“Non mi ritengo egoista se decido di non voler scegliere, vi voglio entrambe nella mia vita.”
Kate sorrise. Era così adorabile. Avrebbe lottato a lungo per lei, come già aveva fatto, ma non gli avrebbe mai permesso di perdere l’amore di sua figlia.
Dovevano solo chiarirsi, Alexis avrebbe capito, era sempre stata una ragazza intelligente e sensibile. Avrebbe certamente capito. Inoltre sperava che anche Martha avesse sentito il loro alterco, l’attrice da donna acuta quale era, sapeva come gestire la propria famiglia ed il suo intervento poteva essere d’aiuto molto più del proprio.
“Non sei egoista, al contrario.” Replicò accarezzandogli il viso.
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Mini storia di un paio di capitoli...
C'è così tanto materiale in giro che tutto mi ispira!
 
  
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