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Autore: Caesar    09/04/2008    4 recensioni
Tu arderai in questa buia notte, mia stella.
E le stelle, Tom, prima o poi, si spengono –.
Genere: Generale, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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The Nameless

Capitolo III:

- Ardent star in the night -

 

Moriva, Elios.

Calava sotto l’orizzonte, disco di fuoco e fiamme.

Languiva, lento.

Incendiava ogni cosa, in un ultimo sguardo vermiglio che trafisse aria, nubi e terra.

Sembrò serpeggiare qualcosa, nel vento freddo.

Come una rauca risata che precedette i tamburi di guerra.

Fu nella biblioteca di Hogwarts che Tom Riddle avvertì giungere la litania del silenzio.

Sembrò ammutolire per un istante, il mondo.

Il fiato perso, davanti allo scemare della luce. E alla giunta dell’ombra.

Fu in un lampo verde, che Elios sparì, inabissandosi

In una colonna di luce smeraldo che congiunse cielo e terra.

Calò il purpureo sipario del giorno, finì lo spettacolo.

E ne cominciò subito un altro.

Selene si intagliò imperiosa nel cielo, regina di notte.

Diamanti lucenti andarono a incastonarsi nel nero della notte, appena sopraggiunto.

Luci tremolanti di flebili candele si specchiarono nel Lago nero, provenienti dal castello.

Aveva un passo leggero, Tom, mentre camminava lento e sinuoso tra gli scaffali.

Il mantello scuro frusciava sul pavimento freddo, in un’eco spettrale.

La camicia bianca risaltava, al contrasto.

La conosceva bene la biblioteca, Tom.

Oh sì.

Ma era da molto che non entrava in quell’area. Due anni, a dir la verità.

Ma d’altra parte non c’era più niente che gli potesse insegnare.

Era presuntuoso? Forse, non che gliene importasse.

Erano antichi, quelli scaffali. D’ebano. I libri intrappolati in spessi strati di pelle scura e dura.

La polvere si era adagiata come un manto d’acciaio su ogni cosa.

E c’era oscurità. Pochi spiragli di flebile e foca luce da vecchie finestre incrostate.

Ora, neppure quelli: era calata la notte. Era sopraggiunto il suo dominio. Di lei. Selene.

Ghignò impercettibilmente Tom, guardandosi intorno.

Gli era sempre piaciuto il Reparto Proibito.

Sembrava traspirare….potere.

Camminava con passo deciso, la bacchetta d’osso stretta saldamente nella mano destra.

Un debole serpente dorato a illuminare la via.

Emettevano tetri riflessi, le targhette sugli scaffali. Alcune d’ottone, altre d’argento.

Non importava. Tutte riflettevano bagliori sinistri.

Sembravano esserci visi antichi, in quei metalli.

Si odevano grida, risa sciatte, in deboli e pallidi echi portatori di terrore.

Si intravedevano dita sporche, di corpo senz’anima, al riflesso della pallida luce.

Si specchiavano folli e savi occhi, che non erano quelli bui e scuri di Riddle.

Ma tutto ciò, a Tom, non importava.

Era solo una targhetta che lui cercava.

E la trovò, incastonata in un arco di pietra scura che sormontava una porta d’ebano.

D’argento, le lettere incise in stile gotico.

- Genealogia Delle Più Grandi Famiglie Di Maghi –-

Sembrò ghignare per un istante, Riddle. Ma forse fu soltanto l’immaginazione.

Spense la luce in un singolo pensiero.

Allungò lento la bacchetta, verso la porta incassata tra due muri massicci e umidi.

Chissà da quanto un essere umano non varcava quella soglia…

Fu uno sfrigolare sinistro quello che mise in allarme Tom, distogliendolo dai suoi pensieri.

Come quello di una candela che si spegne.

Ci furono scintille azzurre e bianche, che illuminarono fiocamente gli scaffali più vicini.

Che illuminarono il suo viso alabastrino deformato da una smorfia di sorpresa.

O forse, di aspettativa delusa.

Fu un vento feroce ad avventarsi su Riddle, con forza.

Il mantello oscillò sinuoso, come il movimento di un serpente.

Si specchiò per un istante nelle sue iridi buie, quella luce bluastra.

Tom fece un rapido salto indietro, in tempo per evitare una cascata di scintille blu scuro. 

Squarciarono le tenebre per un breve istante, finche la bacchetta non indietreggiò.

Fu allora che il vento cessò, che le scintille scomparvero.

Riddle scoccò uno sguardo divertito, alla barriera azzurrina davanti alla porta.

Sembrava fatta…d’aria. Un’aria densa, pesante. Come nebbia. Una delusione, quasi.

Tom spostò lo sguardo verso a bacchetta.

E fu allora che una smorfia stupita si delineò sulle sue labbra.

Rossa. Come fuoco. La punta della bacchetta era incandescente.

Ridacchiò, vagamente divertito. Puntò deciso la bacchetta, con un ghigno maligno in volto.

Non parlò. Pensò e basta.

Un lampo d’argento.

Fu questo a scoppiare dalla bacchetta e ad avventarsi contro la barriera, cercando di forzarla.

Come una violenta saetta di luce squarciante l’oscurità notturna.

Variò in continuazione la direzione dell’energia, Tom, cercando un punto debole.

Risucchiò l’aria tra i denti  serrati, quando sentì le forze iniziare a venir meno.

E fu con un grido rauco che la barriera si sciolse.

Come cera. Avvolta un una nube grigia fumo. Quasi… tossica.

Ghignò soddisfatto, oltrepassando velocemente la soglia.

Ghermito dall’ombra.

Forse, alla fine, non era stata proprio una delusione.

Fu poche ore dopo che una risata gracchiante risuonò. Spettrale.

Simile al sinistro e gelido sibilo di un serpente.

E fu dopo poche ore che, a miglia di distanza, Orfin Gaunt spalancò gli ambrati occhi serpentini.

Strappato violentemente dalle braccia di Morfeo, si tirò la coperta sopra la spalla.

Era la prima volta, in tanti anni di vita, che sentiva… freddo.

 

*

C’erano quattro Case, ad Hogwarts.

La più nobile e pura, quella di Slytherin.

O almeno, a detta di Tom Riddle era così.

Aveva uno strano ghigno in volto, quella mattina.

Se ne accorsero tutti. E tutti, cercarono di starci alla larga.

O almeno, chiunque avesse un minimo di buon senso.

E chi conosceva Ludwig Potter, però, sapeva che lui non ne aveva affatto.

E sapeva anche, che per lui un buon risveglio era uno cattivo per qualche Slytherin.

E guarda caso, fu anche il primo ad accorgersi dell’entrata di Tom in Sala Grande.

Riddle varcò la soglia con passo arrogante, quasi, avvolto in un mantello scuro.

La pelle alabastrina risaltava contro il grigio fumo della camicia, contro il verde scuro della cravatta.

Splendeva, il marchio di Slytherin, al riflesso di una luce che effettivamente, non c’era.

Era una mattina buia, quella. Non che a Tom importasse.

- Hai pietrificato qualcun altro stanotte, Riddle? –

Fu una voce profonda a parlare, arrogante. Tom neanche si voltò, ma mise mano alla bacchetta.

Ludwig, avvolto nella sua divisa dai bordi rossi-oro, se ne accorse.

- Forse ora preferisci i vecchi metodi? –

Chiese sarcastico, sistemandosi megli la cravatta cremisi, con fare indifferente. Il profilo della mascella di Tom si indurì.

Non che fosse stata la sua battuta a irritarlo. Piuttosto, la sua impassibilità.

- Taci –

Ordinò duro Riddle, senza degnarlo di uno sguardo.

- Non sia mai che i Potter rimangano senza erede con cui continuare la loro sporca e sudicia stirpe di stupidi Gryffindor –

Tom continuò la sua avanzata, arrivando al tavolo di Slytherin.

Ghignò appena, guardando i suoi compagni di Casa.

Mediocri burattini che si muovevano sul volgare palcoscenico da lui creato.

Stolti a tal punto da credere nella sua voce melliflua, piuttosto che essere considerati eguali ai “sanguesporco”.

Si godessero pure la loro pallida e dolce illusione che Tom aveva rafforzato.

Un giorno –questo era certo-, le loro sicurezze si sarebbero incrinate.

Ma a quel punto –anche questa era una certezza-, sarebbe stato troppo tardi.

Per loro. Per tutti. Non certo per lui. No. Lui, stella ardente nella notte.

Ma per il momento, doveva stare attento.

E aspettare. 

 

*

- Il tuo progetto è pura follia -

- Dimmi qualcosa che non mi hai già detto -

Tom Riddle scroccò le vertebre del collo, continuando la sua lettura.

Era sdraiato su una roccia levigata, quasi fatta apposta per lui.

Nell’oscurità che lo circondava, qualcosa si mosse. Tom sentì il suo respiro cavernoso.

- Non puoi sperare di evitarla in eterno, Tom –

La creatura si mosse nelle tenebre, facendo saettare la lingua biforcuta nell’aria fredda e umida.

- Neppure Salazar ci ha mai provato. La morte, Tom, ti prende sempre. In un modo, o nell’altro –

Riddle non sollevò neppure lo sguardo, quando il basilisco fu illuminato dalla fioca luce bianca soffusa della Camera dei Segreti.

- Le tue parole sono illuminanti, serpente -

Sibilò sarcastico in serpentese, appoggiandosi al marmo raffigurante il viso di Slytherin.

Il basilisco sibilò adirato, sollevandosi in tutta la sua imponenza.

- Non prenderti gioco di me, umano! -

I suoi grandi occhi aurei lampeggiarono. E le squame verdi splendettero alla pallida luce.

- Non di me, io che ho visto più di ogni altro! -

Tom sollevò per la prima volta lo sguardo da suo libro, per indirizzarlo beffardo contro le scaglie del Re delle serpi.

- Che hai vissuto più di ogni altro –

Lo corresse con voce melliflua.

- Dubito che tu abbia visto altro che le sudice fogne di questo castello, in questi mille anni –

Sibilò maligno, ghignando. Il serpente si avvicinò minaccioso; gli toccò lo nuca con il capo, sfiorandogli le guance incavate con la lingua biforcuta.

- Sta attento a come parli, Tom –

Sibilò a bassa voce, quasi stesse parlando a un bambino incapace di comprendere le sue parole.

- Non sia mai che – incidentalmente -, il mio veleno entri in circolo nel tuo purissimo sangue Slytherin –

Riddle non sembrò impressionato, mentre riprendeva in mano il suo amato libro.

- Minaccia vuota –

Sibilò con voce atona, accennando con un gesto vago della mano al massiccio portone incantato che costituiva l’ingresso della Camera: era sigillato.

- Se io morissi, l’ultima linea diretta discendente da Slytherin finirebbe –

Gli occhi del basilisco rimase impassibili.

- E nessuno potrebbe liberarti da questa prigione di pietra. E saresti dimenticato –

Fu un suono rauco quello a provenire dal Re delle serpi. E gracchiante.

Come la squallida imitazione di una risata umana.

- Ho passato dieci secoli da solo, con unica mia compagnia la mia voce e i miei ricordi -

Sibilò piano, piano.

- Racchiuso tra anguste e umide pareti di roccia, in attesa che qualcuno venisse a destarmi dal mio sonno –

Il serpente fece saettare la lingua, e sembrò udirsi il cupo eco dello schiocco di una frusta.

- Sono passati i secoli, generazioni e generazioni di uomini sono sbocciate e appassite –

Riddle rimase immobile, ma la pupilla non si muoveva, benché fosse fissa sulle righe della pagina.

- Il terreno si è impregnato di sangue e lacrime mille volte e mille volte ancora -

Gli occhi bui persi nella sua visione.

- La guerra e giunta e così la pace, poi la guerra è giunta di nuovo. 

Così, in una spirale di sangue e odio che non avrà mai fine, insista nel vostro sangue rosso come la morte della luce. 

Pioggia, sole, giorno e notte si sono alternati, in questa miserabile e dannata vita che nulla mi ha donato e tutto tolto -

Il Re delle serpi abbassò la voce.

- Non temo la morte così come non l’ha temuta Salazar. 

Non temo l’oblio della memoria, che mi ha avvolto nelle sue spire molto, forse troppo tempo fa.  

Non temo la solitudine, mia fidata compagna –

Il basilisco sembrò sospirare, osservando attentamente il suo interlocutore.

- Il tempo mi ha insegnato molte cose, Tom. Una in particolare –

Disse, abbassandosi fino a giungere all’orecchio di Tom.

- Lentamente, siamo già tutti morti –

Bisbigliò, prima di rialzarsi.

- Come vedi, non sono le mie parole a essere vuote, bensì le tue –

Tom non si mosse, ma si alzò. 

Chiuse con calma il libro, sotto lo sguardo perforante del serpente; attraversò con passo sinuoso la Camera, giungendo al massiccio ingresso: l’aprì.

- Và, e svolgi il tuo compito –

Ordinò soltanto in un bisbiglio, che però risuonò come un affilato pugnale mentre squarciava l’aria fredda e umida. 

Tom Riddle uscì, la mente ora presa da troppi pensieri, da troppe cose a cui pensare.  Da troppi piani da progettare.

- Sei così giovane, piccolo uomo pieno di invidia verso le piccole stelle  

Sussurrò il basilisco, strisciando lento.

- Così perso nei tuoi sogni, così occupato a scappare dalla nera signora da dimenticarti di vivere i pochi anni che ti sono concessi.  

Brillerai, come nessuno ha mai osato pensare a fare prima d’ora.

Ma il dazio sarà pesante, piccola stella. Per ottenere l’immortalità, bisogna morire mille volte finche si è in vita.       

Ma tu lo farai, perché il tuo cuore verde-argento conosce il potere –

Uscì dalla Camera.

- Mio piccolo uomo, entrambi ci perderemo nell’oscurità di questa tua follia. 

Ma forse, mia stella ardente, non saremo solo noi a dover pagare questo esoso dazio.

Quante anime trascinerai in questo tenebroso oblio della pazzia, Tom?

Quante piccole stelle oscurerai per poter essere la più brillante in questa nera notte che altro non è se la vita? –

Entrò nelle umide fogne della scuola, mentre i suoi occhi aurei lampeggiarono, tingendosi di vermiglio.

- Ci perderemo in questa oscurità, ma credo sia notte già da molto tempo, Tom.

Tu arderai in questa buia notte, mia stella. E le stelle, Tom, prima o poi, si spengono –.

Continua...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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